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5 giugno 2018

 

L’opzione Salvador: gli Stati Uniti stanno ancora una volta appoggiando le squadre della morte in America Centrale

di Brett Wilkins

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Gli Stati Uniti hanno continuato tranquillamente a finanziare e a equipaggiare le unità di polizia paramilitare a El Salvador, accusate di avere ucciso sospetti membri di bande in maniera extragiudiziale, secondo un imminente rapporto delle Nazioini Unite esaminato in anticipo dalla CNN.

 

A cominciare da George W. Bush nel 2003, successive amministrazioni statunitensi hanno fornito diecine di milioni di dollari di aiuto all’esercito e alla polizia del Salvador, in appoggio al programma di sicurezza del governo denominato “Mano Ferma”,  una campagna energica per combattere la violenza incontrollata delle bande in un paese che ha una delle più alte percentuali di omicidi al mondo.

 

Gli aiuti a “Mano Ferma” sono aumentati in maniera significativa durante l’amministrazione Obama che erano paragonabili allo sforzo di Plan Colombia, cioè la campagna anti droga durata decenni in cui miliardi di dollari di aiuti statunitensi finanziavano unità dell’esercito  tipo mafia che, insieme alle squadre paramilitari della morte, sequestravano, torturavano e assassinavano con impunità migliaia di civili innocenti. Come era successo con il Plan Colombia*, il nuovo rapporto dell’ONU accuserà le forze di sicurezza dell’ONU, in questo caso alcune delle sue unità di élite della polizia di “un modello di comportamento da parte del personale della sicurezza equivalente a esecuzioni extragiudiziali” e di un “ciclo di impunità” in cui queste uccisioni restano impunite.

Un’unità della polizia, la FES (Forze Speciali di Reazione), uccise 43 sospetti membri di una banda durante la prima metà del 2017, secondo il rapporto dell’ONU. Mentre gli ufficiale delle FES uccidevano i sospetti nelle strade, il governo degli Stati Uniti continuava a finanziare e a equipaggiare quella unità. L’assistenza totale di Washington aumentò da 67,9 milioni di dollari nel 2016 a 72,7 milioni di dollari l’anno scorso. L’espulsione di membri dell’MS-13 (Mara Salvatrucha) * – formata a Los Angeles da giovani rifugiati salvadoregni fuggiti dalla guerra civile nella loro patria, governata da una dittatura militare appoggiata dagli Stati Uniti – e di altre bande, ha ulteriormente esacerbato la crisi.

 

Un portavoce dell’Ambasciata degli Stati Uniti a San Salvador ha assicurato la CNN che “il governo statunitense valuta le accuse di uccisioni extragiudiziali con estrema serietà,  che “ha espresso costantemente preoccupazione “ circa gli abusi sui diritti umani e che controlla ampiamente le unità che ricevono aiuto. Queste rassicurazioni  suonano false a molti Salvadoregni che ricordano in che modo l’amministrazione Reagan aveva insabbiato orribili violazioni dei diritti umani per far continuare il flusso degli aiuti militari al regime militare anticomunista durante la guerra civile degli anni ’80.

 

Quell’aiuto che comprendeva la formazione, l’addestramento, il finanziamento e la fornitura di armi alle squadre della morte, era iniziato durante l’amministrazione Carter ed era aumentato moltissimo con Reagan. Ufficiali, truppe e polizia venivano addestrati sequestrare, torturare, assassinare, e a sopprimere la democrazia nella Scuola delle Americhe (SOA) dell’Esercito USA, nota anche come Scuola dei Golpe e Scuola degli Assassini perché produceva molti di entrambi.

 

I diplomati alla SOA, e altre forze di sicurezza salvadoregne appoggiate dagli Stati Uniti, pianificavano, ordinavano e commettevano le atrocità più efferate della guerra

civile durata 12 anni, che comprese anche il rapimento, la tortura, lo stupro e l’uccisione di 4 suore amaricane e di volontari religiosi nel 1980, l’assassinio dell’amatissimo arcivescovo cattolico del Salvador, Oscar Romero, nello stesso anno, e il massacro di sei sacerdoti Gesuiti, della loro domestica e di sua figlia, nel 1989. Dopo che le 4 suore furono uccise, l’amministrazione Reagan fece un vergognoso tentativo di dare la colpa alle vittime.

 

L’unità più famigerata dell’esercito salvadoregno, il Battaglione Atlacatl, era stato creato nel 1980 nella SOA e fu salutato come “l’orgoglio della squadra militare degli Stati Uniti a El Salvador.” Come rito di passaggio i suoi nuovi soldati radunavano carcasse di animali investiti per strada –“cani, avvoltoi, qualsiasi cosa,” secondo un ex membro del battaglione – e li facevano bollire per ottenerne un brodo che tutti tracannavano. Le vittime umane del Battaglione Atlacatl se la passavano anche     peggio degli animali morti che i suoi componenti mangiavano. L’unità commise innumerevoli massacri, compreso quello di 117 uomini, donne e bambini al Lago Suchitlan nel 1983 e il massacro di 68 civili, molti dei quali erano bambini, a Los Llanitos, l’anno successivo.

 

Anche questi massacri, impallidivano, però, in confronto al crimine più micidiale, il massacro di oltre 900 abitanti di villaggi, per lo più donne, bambini e anziani, a El Mozote, l’11 dicembre 1981. Lì, i soldati hanno sparato, pugnalato, fatto a pezzi, annientato e impiccato gli abitanti indifesi. Hanno stuprato in gruppo donne e bambine prima di ucciderle. Hanno infilzato i neonati sulle baionette. Hanno fatto cadere grosse pietre sulla pancia delle donne incinte. Alla fine dello stupro e del assassinio, hanno raso al suolo incendiandolo, El Mozote, riducendo il villaggio a quello che un testimone ha definito “un tappeto nero impressionante” di avvoltoi che rovistavano, di mosche e cani che banchettavano  con i corpi delle vittime.

 

Il giorno successivo,  El Mozote finì in prima pagina negli Stati Uniti, il Presidente Reagan garantì ufficialmente che El Salvador “stava facendo uno sforzo coordinato   e significativo di rispettare i diritti umani riconosciuti a livello internazionale,” e che stava operando “per porre fine alla tortura e all’assassino indiscriminato dei cittadini salvadoregni.” Nel frattempo, Elliott Abrams, allora funzionario del Dipartimento di Stato per i diritti umani, e che in seguito è stato coinvolto nello scandalo Iran-Contra, prima di diventare assistente speciale del Presidente George W. Bush,  contribuiva  a guidare un tentativo di negare che il massacro a El Mozote fosse mai accaduto.

Gli aiuti degli Stati Uniti a El Salvador furono raddoppiati e atrocità brutali continuarono fino alla conclusione della guerra civile.

 

Non si trattava soltanto di El Salvador. Gli Stati Uniti hanno anche appoggiato o insabbiato l’attività delle squadre della morte in tutta l’America Centrale e l’America del Sud negli anni ’70 e ’80. In Guatemala hanno appoggiato i dittatori militari di destra compreso Efraín Ríos Montt, che è morto di recente mentre scontava una condanna per genocidio, e anche brutali squadre della morte come l’unità di élite dell’esercito, Kaibiles, che ha torturato, violentate e ucciso più di 200 abitanti di villaggi a Dos Erres, nel dicembre 1982.

In Honduras, l’ambasciatore di Reagan, John Negroponte, ha sovrainteso alla creazione del famigerato Battaglione 316 a cui era stato assegnato il compito di eliminare studenti, professori universitari, sindacalisti, membri del clero, attivisti per i diritti indigeni, e altri, considerati una minaccia alla dittatura, Negroponte ha anche svolto un ruolo fondamentale nel sostenere l’esercito dei Contra appoggiato dagli Stati Uniti che combatteva una guerra terrorista contro il popolo del Nicaragua.

 

Non è accaduto soltanto in passato. Dopo che un golpe militare nel 2009 depose il presidente progressista honduregno, José Manuel Zelaya, Obama e il suo segretario di stato, Hillary Clinton appoggiarono il regime repressivo di destra, anche quando furono rivelati rapporti della sua brutalità che comprendevano sparizioni forzate, tortura e uccisioni extragiudiziali di oppositori. Malgrado l’assassinio di critici di alto profilo, compresa l’attivista ambientalista Berta Cáceres, l’amministrazione Obama ha profuso al golpe contro il regime honduregno e alle sue forze di sicurezza assassine, diecine di milioni di dollari di aiuti militari e di altro genere.

Per lungo tempo gli Stati Uniti hanno gestito o sostenuto squadre della morte, a partire dal Programma Phoenix in Vietnam (40.000 persone uccise),  tramite l’attuazione della “opzione Salvador” durante la recente invasione e occupazione dell’Iraq. Questo secondo impegno è stato gestito dal Colonnello James Steele, un veterano decorato delle sporche guerre in America Centrale, compreso un periodo di addestramento per unità di squadre della morte salvadoregne durante la guerra civile. Prevedibilmente, le prigioni segrete, la tortura e le uccisioni extragiudiziali divennero normali in tutto l’Iraq occupato.

 

Sembra ora che la “opzione Salvador” stia ritornando in patria dall’altra parte del mondo terrorizzando ulteriormente, colpevoli e innocenti allo stesso modo, in quello che era già uno dei più spaventosi angoli del pianeta.

 

note

https://it.wikipedia.org/wiki/Mara_Salvatrucha

http://www.treccani.it/enciclopedia/il-plan-colombia-e-la-relazione-speciale-con-gli-stati-uniti_%28Atlante-Geopolitico%29/


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://www.counterpunch.org/2018/06/05/the-salvador-option-the-us-is-once-again-supporting-death-squads-in-central-america

Originale: non indicato

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