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10/08/2018

 

Venezuela. Da Miami, le destre avvertono: “Ci riproveremo a settembre. Con l'aiuto di Ivan Duque”

di Geraldina Colotti

 

L'opposizione golpista lancia un'altra sfida al governo Maduro

 

Ci riproveranno a settembre: con il favore di Duque, nuovo presidente della Colombia. Dal sud della Florida, l'opposizione golpista lancia un'altra sfida al governo Maduro. Lo fa nella nuova puntata di Agárrate, il programma che conduce Patricia Poleo, una giornalista sperimentata in fatto di eversione. Ai tempi del colpo di Stato contro Chavez, nel 2002, dirigeva il quotidiano El Nuevo Pais, di proprietà del padre Rafael, anch'egli di opposizione. Da allora è ricercata come mandante intellettuale dell'omicidio del giudice Danilo Anderson, che indagava sui massacri di quel golpe a guida Cia.

 

Il suo programma è illuminante sotto vari punti di vista. Intanto, per gli elementi concreti che fornisce, nell'ansia di mostrarsi “informata dei fatti”. E' stata lei, infatti, la prima a leggere il comunicato dei Soldados de Franelas, il gruppo armato che ha rivendicato l'attentato coi droni contro Maduro. Per dimostrarne l'autenticità, ha diffuso l'intera corrispondenza tenuta con gli attentatori durante i mesi nei quali si è preparata quella che avrebbe dovuta essere una strage.

 

Un massacro annunciato, come hanno rivendicato con arroganza altri personaggi di opposizione, di stanza negli Usa o in Colombia: dal giornalista peruviano Jayme Bayly a Salvatore Lucchese, ex direttore della polizia a San Diego, nello Stato del Carabobo. Il Carabobo ora è governato dal chavista Rafael Lacava, ma resta un bastione dell'estrema destra, come si evince anche dagli arresti seguiti all'attentato e dalle confessioni di alcuni sospettati.

 

Lì si trova il Fuerte Paramacay, la guarnigione attaccata l'anno scorso da un gruppo armato di opposizione. Per quel reato vennero arrestate 18 persone, alcune sono tutt'ora ricercate e risultano implicate anche in questo nuovo attentato, che avrebbe dovuto decapitare l'intera direzione politico-militare del chavismo e che ha provocato il ferimento di 7 militari. Per i grandi media internazionali, però, l'attentato continua a essere definito come “presunto”, e tutte le preoccupazioni sono rivolte verso “ i diritti umani degli arrestati”.

 

Dall'Università di Carabobo è intervenuto via skype il professor Pablo Aure, fan della ex deputata filo-atlantica Maria Corina Machado, leader del partito Vente Venezuela, ex golpista amnistiata da Chavez, amica personale di George W. Bush e di Alvaro Uribe. E proprio su quest'ultimo conta l'estrema destra venezuelana per far fuori Maduro: ovvero conta su Ivan Duque, il nuovo presidente della Colombia, che è pedina di Uribe e che già in campagna elettorale ha messo al primo punto del programma il rinnovo della guerra sporca contro il Venezuela.

 

Con lui le cose cambieranno – ha detto Aure – annunciando guerra aperta dagli inizi di settembre. Gli studenti – ha minacciato – saranno di nuovo il detonatore, come nelle “guarimbas” del 2014 e del 2017. Ma, soprattutto, bisogna premere “sui padri di famiglia” i quali, ridotti alla disperazione per gli alti prezzi degli alimenti che “non permetteranno di mandare i figli a scuola” accetteranno finalmente azioni di forza per cacciare l'odiato “dittatore”.

 

E così, finalmente i “soldi torneranno nel paese”, ma non “per essere distribuiti, torneranno alle imprese per essere reinvestiti”. In che modo si dovrà far fuori Maduro? Intanto, “organizzandosi meglio” di quanto sia stato fatto prima. Poi, convincendo il popolo “ormai provato psicologicamente” che “la comunità internazionale” sostiene l'opposizione, e spingendo la Forza Armata Bolivariana alla rivolta, perché la costituzione consente di farlo contro un governo che “violi i diritti umani”.

 

L'uso pretestuoso dei “diritti umani” e delle multinazionali dell'umanitario è l'altro dato che emerge e su cui soffermarsi. Il professore in questione, che accusa il governo di impedire la “libertà di espressione” fa il suo mestiere di eversore in tutta tranquillità, e racconta di aver percorso il paese in lungo e in largo insieme a Maria Machado per diffondere i suoi proclami.

 

Con la rivendicazione sfacciata dei propri piani, queste destre golpiste, forti dell'appoggio di Trump, della Colombia, del Gruppo di Lima e degli organismi internazionali che appoggiano le sanzioni imposte dagli Usa e dall'Europa, sono passate a un'altra fase: quella dell'attacco esplicito e diretto.

 

Al punto da disorientare anche quelle frange più moderate che cercano di arrampicarsi sugli specchi, e di addossare la colpa al governo.

 

Anche la Rivoluzione Bolivariana, infatti, è pronta a passare a un'altra fase. Il piano economico-monetario approvato dal governo intaccherebbe interessi giganteschi, supportato dalla svolta politica del IV congresso del PSUV, che mira ad approfondire il potere popolare e l'attacco ai monopoli.

 

L'attentato a Maduro è stato anche un test per misurare le reazioni internazionali. Oggi è arrivata quella dell'Unione Europea, più spostata sulla richiesta di “riconoscimento” delle prerogative del Parlamento governato dall'opposizione, quindi dell'immunità parlamentare di due deputati di Primero Justicia, Juan Requesens e Julio Borges, accusati da alcuni pentiti di essere implicati nell'attentato. L'opposizione, fidando nell'appoggio incondizionato del Segretario Generale Luis Almagro – che ha giuramentato il Tribunal Supremo de Justicia “in esilio” per disconoscere le istituzioni bolivariane – ha protestato formalmente all'Osa, e gli Stati Uniti stanno già facendo pressione sull'ex presidente cilena Michelle Bachelet, eletta come Alto Commissario per i diritti umani all'Onu per perseguire il Venezuela.

In quanto organo plenipotenziario, votato l'anno scorso da oltre 8 milioni di persone, l'Assemblea Nazionale Costituente ha deciso all'unanimità per la revoca e ora Borges – che si trova in Colombia – è ufficialmente ricercato. Requesens è invece stato arrestato. E' comparso oggi in un video trasmesso durante la conferenza stampa del Ministro di Comunicazione e Informazione Jorge Rodriguez, andata in onda quasi in contemporanea al programma di Poleo.

 

Requesens ha confermato le accuse dell'ex sergente della Guardia Nazionale, Monasterio, che lo accusa di avergli favorito il passaggio in Colombia per preparare l'assalto con i droni. Droni programmati per un massacro, che hanno fallito il bersaglio grazie agli “scudi protettivi” previsti dai sistemi di sicurezza e dall'”intelligence sociale” attiva nel circondario, che hanno bloccato due degli assalitori quando un drone respinto è tornato indietro, esplodendo in un edificio.

 

Ma un altro dato importante è emerso dal programma di Poleo, che ha contato con la presenza di altri due personaggi: Marianella Salazar, una “editorialista” di El Nacional, e Roberto Carlo Olivares, giornalista fuggito a Miami, che ha pronosticato la caduta di Maduro “entro i primi tre o sei mesi del prossimo anno”. Come? Mediante altre “azioni libertarie”, ma organizzate meglio, e con l'intervento diretto di Usa e Colombia. “Non si deve pensare a un'invasione militare vera e propria – ha detto Olivares – ma a tutte quelle modalità di pressione militare che esistono”. Le basi militari Usa, nella regione, non mancano. C'è la questione dei “profughi” alle frontiere. C'è l'Ecuador di Lenin Moreno che sta consentendo il ritorno degli Usa e che si è unito al coro dell'”emergenza umanitaria” alle frontiere. C'è l'embargo deciso da un giudice Usa nei confronti dell'impresa venezuelana Citgo, basata negli Stati Uniti, su richiesta di una impresa multinazionale, che pretende pagamenti multimilionari.

 

Soprattutto, dice Olivares, occorre foraggiare la sovversione interna. Che però deve “mostrarsi unita”. E questo è forse il dato più importante emerso dalla trasmissione: il tasso di litigiosità delle destre venezuelane, pronte a sbranarsi per contendersi il potere e la rappresentanza nei confronti dei loro padroni occidentali.

 

Anche in questa occasione, fra loro sono volati gli stracci. Ci sono state accuse di tradimento, le varie fazioni golpiste della cosiddetta “resistencia” paiono divise. L'ex sergente Monasterio accusa Requesens che accusa Borges, il quale ha già tradito una volta – dice Poleo – consegnando i cospiratori del “piano Azul”. Tutti contro tutti. Bel covo di vipere. Grandi “campioni dei diritti umani”. Se tornassero a governare, farebbero tabula rasa.

 

 

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