Al-Araby Al-Jadid 

15 /01/2018

 

Il ministero della verità in Egitto

di Osama al-Rashidi

giornalista e uno scrittore egiziano

Traduzione e sintesi di Laura Serraino

 

Si dice che un terrorista abbia preso di mira i cristiani durante la celebrazione delle loro feste, andando in un negozio di loro proprietà e uccidendo 11 persone negli attacchi e, se il guardiano della chiesa non si fosse affrettato a chiudergli le porte in faccia, le conseguenze degli attacchi sarebbero state ancora peggiori. Il terrorista non ha trovato nessuno a opporgli resistenza, tranne alcuni residenti disarmati: vagava per le strade della zona, sfoderando la sua arma, come se cercasse qualcuno che lo bloccasse o come sorpreso dalla facilità con cui portava avanti la sua missione. Ha completato il suo tour fino a quando non è stato colpito da un proiettile sparato da un civile che aveva ottenuto le armi da un ufficiale di polizia ferito nell’attacco alla chiesa.

 

Questa grande farsa della sicurezza è stata tradotta in significati completamente diversi dal regime: l’operazione, in cui 11 persone sono state uccise, è stata descritta come “ostacolata” dai servizi di sicurezza, che sono stati descritti come “vigili”! Il Ministero dell’Interno ha detto che il terrorista aveva effettuato un altro attacco nel governatorato di Beni Suef e che aveva già ucciso due persone in un caffè nella provincia di Giza quattro giorni prima, vale a dire che questa persona ha compiuto tre grandi operazioni in tre province in soli quattro giorni e durante questi si è spostato con la sua arma, senza essere fermato da nessuno. L’altra possibilità è che gli uomini della sicurezza stiano cercando di chiudere questi casi accusando il terrorista perché non riescono ad individuare i veri responsabili. Che gran vigilanza! Sembra, poi, che il Ministero dell’Interno egiziano abbia deciso di far parte dello spettacolo: ha deciso di onorare i leader della sicurezza per il loro successo nel contrastare l’operazione. Sembra che il ministero non abbia visto le 11 persone uccise e quando ha scoperto di essere stato ridicolizzato dai cittadini per quest’opposizione immaginaria, ha deciso di vendicarsi del cittadino che aveva arrestato il terrorista, sostenendo che fosse un criminale.

 

L’insuccesso è un segnale del successo e l’abbiamo visto anche nella dichiarazione di Abdel-Fattah al-Sisi che ha descritto l’operazione come un “tentativo disperato che non minerà la determinazione degli Egiziani”. Questo è un metodo standard utilizzato dal regime per affrontare incidenti simili e perfino i commentatori fanno a gara per dire che questa operazione riflette il successo dell’esercito e della polizia nell’affrontare il terrorismo e “il fallimento e la disperazione” dei terroristi. Non ci si limita a fornire etichette contrarie alla realtà, ovviamente, riguardo le operazioni armate, ma questa è l’area più evidente. L’ultima di queste è stata l’attacco dei media egiziani al Sudan, accusato di rinunciare alla sovranità sull’isola di Suakin nel Mar Rosso, dopo l’annuncio di un accordo con la Turchia per lo sviluppo e la gestione dell’isola per un tempo prestabilito. I giornali e i canali satellitari egiziani hanno riferito che “Bashir ha venduto la sua terra”, anche se non è vero, al contrario di Sisi con la cessione isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita.

 

Nel suo famoso romanzo “1984”, George Orwell parlò del “Ministero della Verità”, che si occupa della produzione di notizie false, menzogne e false vittorie del leader (il grande fratello) portando allo sviluppo di un nuovo linguaggio, in cui i significati delle parole sono cambiati, così che le contraddizioni vengano accettate il più possibile. Sembra che stiamo assistendo all’incubo di Orwell nel modo più arrogante e insolente poiché i funzionari vogliono che il cittadino creda che il fallimento della sicurezza e l’aumento degli attacchi armati siano una vittoria e un aumento della sicurezza. Sono idee che si contraddicono, proprio come faceva il “ministero della verità”.

 

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