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13 aprile 2018

 

Haftar è morto. Anzi, no, sta bene

di Vanessa Tomassini

 

E’ guerra di informazioni circa lo stato di salute, se non il decesso, del generale libico “di Tobruk” Khaliha Haftar, dopo che ieri France24 lo dava per ricoverato nella capitale francese a seguito di un ictus ischemico e quindi “clinicamente morto”.


Le notizie che si sono rincorse ieri sulla rete ma anche sui media internazionali erano delle più contrastanti, addirittura c’era chi parlava di avvelenamento, e fonti libiche sentite da Notizie Geopolitiche avevano confermato il peggioramento delle condizioni di salute dell’uomo forte di Tobruk ribadendo la notizia della “morte clinica”. In controtendenza il portavoce del Libyan National Army, Ahmed al-Mismari, aveva smentito in modo fermo in conferenza stampa le notizie circolate sui media, ed oggi fonti del ministero degli Esteri francese hanno confermato che il generale libico Khalifa Haftar si trova ancora nell’ospedale di Clamart Percy, nella periferia di Parigi e che le sue condizioni sono stabili e non gravi, come riporta anche un inviato del canale 218 che si è recato sul posto. Questa mattina è arrivata la conferma sulle condizioni non critiche del generale anche del vicepresidente del Consiglio presidenziale di Tripoli, Ali al-Qatrani, che ha riferito di aver raggiunto al telefono il comandante dell’autoproclamato esercito nazionale. Al-Qatrani ha aggiunto Haftar sta seguendo da vicino l’operato dei suoi uomini e si è detto interessato a comunicare con tutti i partiti locali ed internazionali rispettando gli sforzi dell’Alto Rappresentante della Missione in Libia delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, affinché la Libia esca dalla situazione di stallo. Ieri sera sono arrivate anche le rassicurazioni sullo stato di salute di Haftar da parte del portavoce della Camera dei Rappresentati di Tobruk, Abdullah Balikhak, il quale ha riferito della telefonata intercorsa tra il generale ed il presidente Aguila Saleh. Il portavoce ha smentito con forza le voci circolate sui media, precisando anche il regolare svolgimento delle operazioni militari in corso e che Haftar resta il capo indiscusso delle forze armate, rispondendo ad alcune voci riguardanti ad un cambio di guardia dei vertici del Libyan National Army.

 

Chi è il generale Khalifa Haftar?
Nel conflitto tra Ciad e Libia fu uno dei comandanti dell’esercito del rais Muammar Gheddafi. Nel 1987, è stato fatto prigioniero dai ciadiani durante la battaglia di Ouadi-Doum. Nel periodo di prigionia ha organizzato un contingente di circa 2mila prigionieri libici, chiamato la “Forza Haftar”, equipaggiato dagli Stati Uniti col fine di rovesciare il regime libico. Grazie agli Stati Uniti è stato rilasciato nel 1990, ha vissuto circa 20 anni in America, tanto da ottenere la cittadinanza americana. Nel 1993, mentre si trovava nella sua residenza di Vienna, in Virginia, è arrivata dal Tribunale libico la condanna, in contumacia, alla pena capitale per “crimini contro la grande Jam?h?riyya araba libica”. Alcuni hanno sostenuto negli anni che il generale avesse dei contatti o avesse collaborato con l’agenzia di intelligence americana, la Cia. Ritorna in scena in Libia solamente nel 2011, partecipando attivamente all’insurrezione contro il regime di Gheddafi. Motivo per cui il generale è visto di cattivo occhio da molti libici, sia dai sostenitori del vecchio regime, che lo vedono come traditore, sia dagli islamisti che lo accusano di utilizzare il pretesto della lotta al terrorismo per scopi politici. Nel 2014, proprio con l’aiuto esterno di Egitto, Francia e Russia ha organizzato l’operazione “Karama”, in arabo dignità. Haftar sferrò un attacco contro le milizie filo-fondamentaliste a Bengasi, assaltando con armi pesanti la sede del parlamento libico a Tripoli. Nel corso degli anni il sostegno politico e militare egiziano, espresso dal presidente Abdel Fatah al-Sisi, si fa sempre più esplicito. Il 25 febbraio 2015 viene nominato ministro della Difesa e Capo di Stato Maggiore dal governo cirenaico di Tobruk, diventando di fatto la figura forte del Paese. Oltre all’Egitto anche la Francia, seppur riconoscendo ufficialmente il governo di Tripoli come quello ufficiale, non ha mai fatto grosso mistero del suo supporto al generale insieme ad Emirati Arabi Uniti e Russia.

 

Il meeting di Parigi.
Il 24 luglio 2017 il presidente francese appena eletto, Emanuel Macron, ha organizzato un meeting a La Celle Saint-Cloud, vicino a Parigi, dove il presidente del Consiglio del governo di Accordo Nazionale, Fayez al-Serraj, ed il generale Khalifa Haftar si sono impegnati a rispettare un cessate-il-fuoco e a collaborare per il bene del Paese. Il vertice ha escluso però molte fazioni libiche ed altri Paesi occidentali, a cominciare dall’Italia, che hanno espresso la necessità di un meccanismo più ampio sotto la guida dell’Onu. I tentativi di pace tra le due fazioni iniziarono molto tempo prima, era il 17 dicembre 2015, quando a Skhirat, in Marocco, alcuni delegati del Congresso di Tripoli e quelli della Camera di Tobruk firmarono l’accordo per la creazione di un “governo di accordo nazionale” seguendo le indicazioni delle Nazioni Unite. L’intesa aveva creato un comitato di presidenza del quale facevano parte sei elementi designati dall’Onu: il premier Fayez al-Sarraj, i tre vicepremier Ahmed Maetig, Fathi Majbri e Musa Koni, e i due ministri Omar Aswad e Mohamed Ammar. Nel frattempo si aggiunsero altre tre figure politiche, due in rappresentanza del Fezzan, il sud della Libia, ed uno della Cirenaica, la parte orientale più o meno controllata dal generale.

 

Il rapporto con Saif al-Islam Gheddafi.
Molti esperti hanno creduto che il figlio dell’ex rais potesse essere protetto o supportato in qualche modo dall’uomo forte di Tobruk, condividendo forse alcuni nemici come gli islamisti tenuti nelle prigioni libiche dal padre, Muhammar Gheddafi, durante il regime e poi liberati dallo stesso “dottore” che non sarebbe stato in grado di controllarli fino ai tristi fatti del 2011. Secondo quanto riportato da alcune agenzie arabe tra cui anche i canali riconducibili alla famiglia del Rais, o che quanto meno dichiarano di supportare il delfino libico, il generale Khalifa Haftar avrebbe tentato per ben due volte di assassinare Saif al-Islam Gheddafi mentre si trovava “prigioniero” della milizia Abu Bakr al Siddiq, sotto l’egida del comandante al-Ajami al-Atari a Zintan. In un’intervista al quotidiano francofono “Jeune Afrique” Haftar avrebbe definito Saif “un ingenuo, incapace di governare”, la notizia fu repentinamente smentita dal portavoce al-Mismari, che minacciò di querela il giornalista autore dell’articolo, definito una macchinazione dei “Fratelli Musulmani”.

 

I Fratelli Musulmani.
È a questi che viene attribuito anche le voci del ricovero di Haftar a Parigi. Gli islamisti hanno sempre sfruttato la permanenza di Haftar negli Usa come arma a loro favore, facendo passare il generale alla mercé degli Stati Uniti d’America. Il 7 novembre 2017 un documento pervenuto alla redazione di questo giornale dimostra anche che la famiglia del generale ha assunto Daniel Faraci come consulente politico per 6 mesi, ovvero fino al 30 aprile 2018 versando 20mila dollari al mese ed altri 120 mila dollari americani al termine per attività di Lobby presso il congresso Usa a favore di Haftar. Di recente il capo del partito Giustizia e Costruzione, braccio politico dei Fratelli Musulmani in Libia, Mohamed Sowan, ha accusato pubblicamente Haftar di utilizzare la guerra al terrorismo per perseguire scopi politici ed eliminare i propri avversari. Gli uomini di Haftar sono da sempre accusati di essere più estremisti degli estremisti, tanto che il generale è stato più volte accusato di crimini di guerra e per uno dei suoi uomini, il comandante Mahmoud al-Werfalli, pende un mandato di arresto e consegna immediata da parte della Corte Internazionale di Giustizia.

 

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