Fonte: Accademia nuova Italia

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25/02/2018

 

Prigionieri della nostra “civiltà”?

di Francesco Lamendola

 

Quel che è accaduto nella enclave spagnola di Ceuta, il 17 e il 21 febbraio 2017, e poi di nuovo, l’8 agosto, con il muro alto sei metri, che segna il confine con il Marocco, preso d’assolto, in maniera coordinata, da centinaia e centinaia di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana, parecchi dei quali sono riusciti a oltrepassarlo, oppure a tagliare e sfondare la rete, e passare, così, nel territorio dell’Unione Europea, tutto ciò potrebbe ripetersi, e in forme sempre meno pacifiche e sempre più allarmanti, nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Si tratta di persone che giungeranno sulle coste dell’Europa letteralmente disperate, non perché siano partite da situazioni disperate, ché, anzi, si tratta per lo più di possidenti terrieri pastori benestanti, gente che può permettersi di pagare migliaia di dollari per il “viaggio della speranza”; ma perché, per affrontare l’impresa, essi hanno venduto tutto, si son tagliati i ponti dietro le spalle e non hanno più nulla da perdere, se non la vita, e perciò sono sorrette da una incredibile, fortissima determinazione nel voler arrivare ad ogni costo. S’illudono che, una volta giunti in Europa, troveranno il Paese di Bengodi; così ha fatto credere loro una certa propaganda, una visione distorta ricavata dalla televisione, e, senza dubbio, una mano occulta, che si leva dalle parti di Dubai, di Riad e degli Emirati Arabi, carica di petrodollari e interessata a spingere quanti più islamici possibile in Europa, per favorirne la conquista incruenta da parte dei seguaci di Maometto. Questa è la verità, e non quella che ci raccontano quotidianamente Boldrini, Galantino, Gentiloni e Bergoglio, nonché la maggioranza dei giornali e delle reti televisive: il 95% dei cosiddetti migranti (un tipico neologismo creato ad hoc, per dare il senso della fatalità, della necessità e della inarrestabilità) sono, per usare un eufemismo, dei migranti economici: gente che non proviene da nessuna guerra, da nessuna carestia o altra calamità naturale, anzi, che avrebbe di che vivere più che dignitosamente, e che, nei rispettivi Paesi, viene considerata appartenente al ceto benestante, ammirata e invidiata.

 

Queste cose le ha spiegate, con molta chiarezza, la professoressa Anna Bono, docente di storia all’Università di Torino ed esperta dell’Africa (vedi la sua intervista pubblicata su Il Giornale del 01/09/2015), che smentisce e polverizza tanti luoghi comuni della vulgata migrazionista. Perché partono, allora?, chiederà qualcuno, giustamente; perché intraprendono un viaggio che potrebbe costar loro la vita, se, a casa loro, non mancano di nulla? Essenzialmente per un movente psicologico, suggestionati anche da chi ha interesse a sospingerli nella folle avventura: accade a loro quel che accadeva agli Albanesi negli anni ’90 del secolo scorso, le immagini della televisione italiana li aveva persuasi che sarebbe bastato attraversare il mare e mettere piede nel nostro Paese, per trovare, di colpo, la bella vita, e lasciarsi alle spalle una patria che avevano smesso di amare e un destino al quale volevano sottrarsi, smaniosi di novità e di benessere, tutto e subito. E che non si tratti di veri profughi, del resto, lo vedrebbe anche un cieco: peraltro, le immagini provenienti da Ceuta – ma lo stesso vale per gli incessanti sbarchi nei porti italiani – sono più che eloquenti: tutti giovanotti baldi e robusti, oltre che moto aggressivi, fra i diciotto e i trent’anni al massimo; niente bambini, niente donne, niente vecchi o persone di mezza età; tutti sani e muscolosi, niente malati, niente denutriti, niente disidratati (se non, eventualmente, per gli incerti della traversata del deserto). Insomma, gente giovane, piena di muscoli e di salute: altro che poveracci mezzi morti di fame e inseguiti dalle bombe al napalm d’implacabili nemici. Queste sono pure leggende metropolitane, almeno per la stragrande maggioranza dei migranti; sono vere solo per poche centinaia o migliaia di persone, per lo più provenienti dall’Iraq e dalla Siria, non dall’Africa. In Africa c’è il Sudan, dove si combatte atrocemente, ma nessuno viene da lì; vengono dal Senegal, dalla Guinea, dal Camerun, dal Congo e soprattutto dalla Nigeria (con tanto di mafia nigeriana al gran completo, specializzata nel mercato della droga: andare in giro per una qualsiasi città italiana e vedere coi propri occhi, per credere) e con tanto di rituali stregoneschi e sacrifici umani (vedi il caso della povera Pamela Mastropietro a Macerata). Nella Nigeria settentrionale c’è il terrorismo e c’è la guerriglia anticristiana di Boko Haram, ma quasi nessun migrante viene da lì: strano, vero? Al contrario, i nigeriani che partono per l’Europa sono quasi tutti provenienti dal Sud del Paese, dove non ci sono né terrorismo, né guerriglia, e dove anche le condizioni economiche e ambientali sono molto, ma molto migliori. E anche questo è strano, non è vero? Non concorda per niente con quel che ci dicono, tutti i santi giorni, i nostri giornalisti, i nostri politici, i nostri vescovi e preti solidali, accoglienti e misericordiosi, ma non troppo interessati ai disagi, ai pericoli, alle angustie in cui questa invasione mascherata da emergenza umanitaria sta gettando milioni di cittadini italiani. Soprattutto, guarda caso, quelli che appartengo alle classi meno fortunate, quelli che vivono nelle case più modeste, nei quartieri più degradati, quelli che lottano già per conto loro per mettere insieme il pranzo con la cena, ma ai quali, fino ad oggi, nessuno si era sognato di dedicare speciali iniziative pastorali, né di teorizzare, in loro nome, nuove interpretazioni del Vangelo; né si era offerto di ospitarli in casa propria, né lo Stato li aveva collocati in alberghi a sue spese. Tutte persone che hanno vissuto dignitosamente la loro povertà, o piuttosto il loro impoverimento criminale (cioè causato dalla crisi finanziaria criminale del 2007, esportata da noi nel 2011, e che ci è costata più del 3% del prodotto interno lordo) e che adesso si vedono circondate da una presenza massiccia di stranieri dalle abitudini incompatibili con le nostre, molti dei quali dediti al malaffare e alla criminalità vera e propria; al punto da non essere più sicuri né uscendo di casa, né restando in casa propria, tale è l’impudenza dei ladri e dei rapinatori stranieri – compresi  non pochi ospiti dei centri di accoglienza, cioè richiedenti asilo come profughi – i quali s’introducono nelle abitazioni, nei negozi, anche più volte di seguito, per rubare, violentare, terrorizzare questi italiani dimenticati dal loro Stato e dalla loro Chiesa, e che, se si permettono di protestare, vengono bollati come fascisti, razzisti, populisti, nonché additati come persone insensibili, egoiste e come cattivi cristiani.

 

Alcune stime parlano di qualcosa come 300 milioni di abitanti dell’Africa nera pronti a partire, a mettersi in viaggio verso il Mediterraneo, per arrivare, in un modo o nell’altro, in Europa. Il Paese più vicino da raggiungere è la Spagna, anche per via delle due enclaves di Ceuta e Melilla, ma l’atteggiamento delle autorità spagnole è molto restrittivo, per cui si calcola che qualcosa come 18.000 persone siano affogate nelle acque del Mediterraneo, nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra o le sue vicinanze, a bordo dei barconi, mentre pochissime sono riuscite a sbarcare effettivamente sulle spiagge della Penisola Iberica. Molti di più si riversano in Europa dall’Italia e dalla Grecia, per tutta una serie di ragioni, anche e soprattutto di tipo burocratico e legislativo: le lungaggini relative agli accertamenti della identità, della nazionalità e del possesso dei requisiti per essere considerati “profughi” sono, da noi, tali e tante, che almeno 600.000 persone, secondo le stime ufficiali (ma in realtà, secondo ogni evidenza, molte, ma molte di più) permangono illegalmente in Italia, pur avendo ricevuto un rifiuto alle loro domande di accoglienza e pur essendo state oggetto di un provvedimento, peraltro puramente formale, di espulsione. Ovvio che, in simili condizioni, i migranti – che sono veri profughi solo al 5% dei casi - preferiscano tentare l’ingresso in Europa passando dall’Italia, piuttosto che dalla Spagna. Il governo di Madrid sta portando avanti un braccio di ferro con l’Unione europea e con altri organismi internazionali per vedersi riconosciuto il diritto di respingere comunque coloro i quali tentino di entrare illegalmente nel suo territorio, scavalcando o forzando il muro di Ceuta e Melilla; da noi, una simile proposta sarebbe improponibile, perché  gli stessi politici italiani, prima ancora del Parlamento di Bruxelles e delle nazioni Unite, griderebbero allo scandalo, al fascismo, al razzismo e al genocidio. L’unico Paese al mondo in cui proteggere i propri confini viene considerato inaccettabile, qualcosa di barbaro e d’incivile, è il nostro; in tutti gli altri, i confini sono i confini e vanno fatti rispettare, costi quello che costi: senza confini non esiste la sovranità, e senza la sovranità non esiste più lo Stato, ma solo un volgo disperso che nome non ha, come direbbe Manzoni; facile preda del primo venuto, incapace di difendersi perché paralizzato dalle ideologie buoniste, pacifiste, umanitarie e filantropiche, tutti i cascami della fallimentare filosofia di Rousseau e tutti i trucioli della illusione comunista e sessantottina, terzomondista e pauperista, che tanto male ha fatto a tre generazioni di italiani e tanto incretinimento ha causato nei cervelli dei nostri giovani, complici le cattedre scolastiche e soprattutto universitarie, affollate da professori marxisti, internazionalisti, catto-comunisti e simili, i quali hanno predicato, in tutte le maniere possibili, che tutta la terra è di tutti gli uomini e che chiunque, sia i singoli individui, sia le migliaia e i milioni, hanno il diritto di andare dove vogliono, stabilirsi dove vogliono, che ciò piaccia o che dispiaccia ai legittimi cittadini di quel territorio e di quello Stato.

 

E adesso siamo qui, prigionieri del nostro buonismo, disarmati dal nostro umanitarismo, ricattati dai politici di sinistra e dai preti che non credono più al Vangelo, ma alla lotta di classe, e traditi da chi dovrebbe difenderci, proteggere i confini, far valer la nostra sovranità e porre il bene e l’interesse nazionale prima di tutto il resto. Siamo arrivati al punto che se una banda di narcotrafficanti nigeriani, dediti alla stregoneria e al cannibalismo rituale, uccide e taglia pezzi una ragazza italiana, quello è un semplice fatto di cronaca nera; però se un italiano, già esaltato di suo, ma comunque esasperato, come tanti altri che non osano dirlo a voce alta, reagisce sparando all’impazzata contro ogni singolo uomo di colore che gli capita a tiro (e sia chiaro che ha sbagliato e ha commesso un crimine) allora il fatto vero diventa quello; le autorità si preoccupano di quello; l’opinione pubblica si mobilita per quello; i ministri della Repubblica si recano in devoto pellegrinaggio di contrizione ed espiazione, solo per quello, e le televisioni pubbliche e private organizzano dibattiti e tavole rotonde per parlare di quello, per agitare lo spauracchio del pericolo fascista e razzista, e non per l’altro fatto, quello della ragazza italiana massacrata, tagliata a pezzi e messa dentro un paio di valigie. Sono storie di ordinaria follia, sempre più comuni, tanto che ormai non fanno quasi più notizia. Ma i cortei di solidarietà ai migranti, quelli sì, che non si fermano mai; e il ditino puntato dei preti di sinistra, tutti usciti dalla scuola di Bergoglio, per accusare e criminalizzare gli italiani stanchi e stufi, quel ditino arrogante e presuntuoso lo vediamo sempre più spesso agitato in aria, che ammonisce, che colpevolizza, che minaccia scomuniche (ideologiche: perché quella religiosa è passata di moda, a meno che si tratti di qualche “ultratradizionalista” lefebvriano). C’è qualcosa che non va, in tutto questo; anzi, c’è molto, c’è moltissimo che non va, che non è come dovrebbe essere. Stato e Chiesa hanno rovesciato le loro funzioni, si son fatti difensori a oltranza di una causa estranea, spacciata per umanitaria, ma in realtà ideologica e anti-nazionale, oltre che anticattolica: è come se lo Stato avesse deciso che l’Italia deve scomparire, insieme al suo popolo e alla sua civiltà (e non si dica che stiamo esagerando: si guardino le rispettive proiezioni demografiche, degli italiani e degli stranieri residenti in Italia, legali o meno, e si capirà che questo è semplice realismo); e che la chiesa abbia deciso di piantare in asso i veri cattolici, o di trasformarli in qualche cosa d’altro, in mezzi protestanti, mezzi laicisti e mezzi umanitaristi radicali, più interessati a tutelare i diritti della persona, per esempio la scelta e il libero esercizio del proprio orientamento sessuale, che non alla difesa del Vangelo, della sua dottrina e della sua morale. Per questi cattolici progressisti e “misericordiosi”, è più importante che un professore, una mattina, possa scegliere liberamente di entrare in classe vestito da donna, con i tacchi a spillo, le calze a rete e una vistosa minigonna, più una bella parrucca in testa (fatto realmente accaduto in provincia di Venezia, lo scorso anno), e che tutti gli altri soggetti coinvolti, dal preside alle famiglie, accettino con serenità e tolleranza la sua libera manifestazione del proprio essere, che non difendere i credenti da una invasione islamica senza precedenti, nonché dal terrorismo islamico, terrorismo che il falso papa Bergoglio nega addirittura che esista, così come nega che gli stranieri clandestini abbiano creato un intollerabile problema di sicurezza e di legalità. La sua ultima sparata in proposito lascia senza parole: commentando i dati di una città italiana, in cui il 40% degli stupri è stato commesso da stranieri, tutto ringalluzzito se n’è venuto fuori a dire: Avete visto? Il 60% degli stupri sono stati fatti da italiani! Già: solo che, se i dati ufficiali sono veri, non è affatto normale che il 92% della popolazione (zingari compresi, perché hanno la cittadinanza italiana) commetta il 60% degli stupri, mentre l’8% , cioè gli stranieri fuori controllo, ne commette il 40%.

Dobbiamo rassegnarci a subire questa invasione, anzi, a lasciare che altri italiani, specialmente i  capi politici e religiosi, la favoriscano in ogni modo, solo perché siamo la patria del diritto, la patria di Cesare Beccaria e la sede della Curia romana, divenuta la principale agenzia dell’auto-invasione, in nome di un vangelo che non è quello vero? Sta a noi far vedere che non siamo affatto d’accordo…

 

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