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15 dicembre 2018

 

Becky Moses va a morire

di Chiara Scolastica Mosciatti

 

Oggi a Riace la prima proiezione italiana del film documentario "But now is perfect", storia paradigmatica di una donna nera allontanata dal paese calabrese per rigetto della domanda d'asilo e morta in uno dei roghi del campo profughi di San Ferdinando

Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) è stato lo strumento da cui si è sviluppato il modello di inclusività di Riace, progettato da Domenico Lucano, che ben prima dell’incoronamento a leader mondiale avuto nel 2016 dalla rivista Fortune, aveva portato all’attenzione globale il suo piccolo villaggio. Uno dei punti forza dell’esperimento guidato dal sindaco “Capatosta” è stato quello di creare una narrativa che riattualizza gli elementi del patrimonio culturale, religioso e politico europeo. Il mito fondativo della nuova Riace si riallaccia allo sbarco degli Argonauti e ai cammini francescani; la vicenda dei curdi accolti in terra straniera ci riporta all’amicizia romana e alla pietà cristiana; il sogno di ricostruire una comunità estinta usando il lavoro e la fratellanza, infine, non solo è uno degli elementi più classici dell’utopia socialista, ma si riconnette a quella vocazione europea che col trattato di Lisbona del 2007 sancisce il principio di solidarietà.

La narrativa creata da Lucano, quindi, è stata fondamentale per dare impulso a quel flusso di attivisti, scrittori, giornalisti e registi che in brevissimo tempo hanno creato su Riace una letteratura e una filmografia internazionali, spesso di altissimo valore artistico e documentale.

Coloro che dalla fine degli anni Novanta a oggi hanno incontrato il sindaco e gli ospiti della cittadina, privatamente o durante gli eventi pubblici del festival delle migrazioni e della cultura locale, si sono interrogati sul futuro di un esperimento in grado di sviluppare intorno a sè una rete mondiale di solidarietà strutturata e sulla sfida culturale di cui questo modello è depositario, ossia la messa in discussione del vocabolario di massa contemporaneo, il quale più o meno deliberatamente mira a confondere l’identità con l’origine, il movimento con la sicurezza e il lavoro con il riscatto.

La questione dei migranti e la loro precarietà assoluta è un ottimo campo di sperimentazione per questi temi.

Tra i personaggi che hanno frequentato Riace spicca Carin Goeijers, documentarista originaria di Amsterdam e direttrice del film “But now is perfect”. Il film proiettato e premiato all’Idfa (International Documentary Filmfestival Amsterdam) è uno straordinario documento sulla vita della nigeriana Becky Moses, la quale, pochi giorni dopo essere stata allontanata da Riace per rigetto finale della domanda d’asilo, il 26 Gennaio 2018 muore in uno dei roghi del campo profughi di San Ferdinando.

«Con il mio gruppo di lavoro siamo stati a Riace sei o sette volte a partire dal 2014. Il mio scopo era quello di filmare la vita quotidiana riacese al fine di comprendere quale vincolo interpersonale rendesse non solo possibile ma anche sicura una comunità così profondamente diversa e potenzialmente conflittuale. Stavo filmando e Becky è comparsa nella mia inquadratura. Ha iniziato a parlarmi. All’epoca le indagini sul sindaco erano già in corso e questo rappresentava uno dei maggiori argomenti di discussione nel villaggio».

Becky, al contrario di molti altri ospiti di Riace connessi tra loro da vincoli familiari o da amicizie presenti fin dal paese d’origine, è una giovane donna cha ha autonomamente deciso di lasciare il proprio nucleo familiare costituito dalla sua sola nonna. Becky rifiuta un matrimonio forzato con un uomo molto più vecchio di lei e scappa dalla propria città. Trova poi un impiego come parrucchiera in un altro villaggio della Nigeria ma dopo poco viene venduta dalla sua datrice di lavoro ai trafficanti. Trasferita in Libia è trattenuta finchè, incapace di pagare un riscatto per tornare indietro, viene imbarcata per l’Italia con un debito da ripagare. A Rosarno viene cooptata nel giro della prostituzione. In qualche modo riesce a raggiungere Riace e a trovare un rifugio sicuro. Estremamente vulnerabile, ha però una fede incrollabile nella vita e nonostante tutto crede nel futuro e ne parla. Anche questo è un elemento eccentrico rispetto agli altri migranti, spiega la Goeijers.

 

Carin Goeijers

«Trovandosi i migranti in una situazione di grande insicurezza è difficile che sviluppino un discorso sui loro programmi per il futuro. A Riace ho scoperto che in realtà nessuno aveva l’intenzione di venire in Europa. Al netto di tutte le barriere linguistiche, l’unica esperienza condivisibile è quella del presente. Riace era spesso l’argomento di discussione più importante tra gli ospiti».

Nella condizione di attesa, la violenza psicologica in cui si ritrovano i migranti consiste nella privazione degli assi concettuali di tempo e di spazio, entro i quali la psiche umana è in grado di sviluppare consciamente memorie e proiezioni esistenziali. Se il passato è occupato da traumi e il futuro è negato, la mente si assesta su una modalità di sopravvivenza. Riace rappresenta la cornice entro la quale Becky e tutti i migranti percepiscono se stessi e sono in grado di connettersi con i locali.

«Lo sforzo del sindaco a costruire una comunità sicura in termini di fiducia e di dignità, si ripercuoteva in maniera virtuosa sulle relazioni tra gli abitanti e i migranti. Durante le riprese notavo come l’amicizia, seppur sottratta a una progettualità, si configurava come vincolo di interdipendenza, un riconoscimento di essere necessari gli uni agli altri e di onorare gli impegni presi. L’amicizia a Riace era la coscienza di un’umanità condivisa. In questo modo il lavoro diventava un contributo alla comunità di cui si è parte e non un’imposizione atta a riscattare il soggetto da una condizione di cattività o di emarginazione sociale».

Lo sguardo della Goeijers segue Becky fino alla stazione il giorno della sua partenza da Riace. Fino ad allora  Becky si relaziona alle telecamere come a uno specchio: sussurrando, cantando e muovendosi senza aspettarsi altro che il suo proprio riflesso, conscia del fatto di essere invisibile agli occhi del mondo, ma priva di ogni rancore verso di esso. Incapace di riconoscere un predatore eppur decisa a non lasciare che la miseria mangi la sua mente, Becky consegna alla regista i propri traumi passati e il disegno del proprio futuro. Fino alla stazione.

Conoscendo come la storia si è conclusa nel campo di San Ferdinando, l’angoscia di Becky alla stazione è un’immagine che riporta lo spettatore ad altri tempi, altri binari, altri campi, altri roghi.

“But now is perfect” ha incontrato già ad Amsterdam un grande consenso. Se l’indagine sui rifugiati ha sempre più pubblico, la storia paradigmatica di una donna nera in cerca di emancipazione in un contesto comunitario che promuove valori umani, offre una risposta ulteriore alle forti ansie della società olandese, in piena resa dei conti con il proprio passato coloniale.

«Seppure non c’è un lieto fine alla storia di Becky” commenta la Goeijers «io sono sicura che l’esperienza di tutte le Riace che esistono abbia fornito una strada importante a questa Europa.

Come a dire che è persa una battaglia, e seppure un altro corpo è stato bruciato, il nome e il volto della vittima sono salvi dall’oblio e dall’indifferenza della burocrazia, che ammucchia i morti in colonne di numeri.La guerra è ancora da combattere.

“But now is perfect” verrà proiettato per la prima volta in Italia il 15 Dicembre 2018, alle 18,30 presso la mediateca di Riace.

«Sono felice do tornare a Riace, anche se ormai il villaggio è quasi vuoto” dice la Goeijers. «Immagino che la proiezione del film sarà un momento di grande commozione”.

*Chiara Scolastica Mosciatti, artista, vive stabilmente ad Amsterdam. Il suo atelier è al Vluchtmaat, uno spazio misto abitativo e lavorativo condiviso tra imprenditori artisti e richiedenti asilo.

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