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26 giugno 2018

Migranti, corridoi umanitari: cosa sono e quanto costano
di Cecilia Attanasio Ghezzi

Il progetto pilota ha già portato 1.300 profughi in Italia. Senza spese per lo Stato. Cecilia Pani della Comunità di Sant'Egidio: «È l'unica soluzione per applicare quanto prevede il diritto d'asilo». L'intervista.

Dal 1993 oltre 34 mila migranti sono morti nel tentativo di raggiungere l'Europa: 3.915 solo nel 2017. Numeri che ci aiutano a capire come quella che ci ostiniamo a definire "emergenza migranti" sia un fenomeno a cui assistiamo, senza trovare soluzioni umanitarie, da almeno 25 anni. Ma c'è chi sta sperimentando un modello che permette ai profughi di arrivare a destinazione in sicurezza. «I corridoi umanitari sono l'unica soluzione non solo per applicare quanto prevede il diritto di asilo, ma anche per entrare regolarmente in Italia», dice a Lettera43.it Cecilia Pani, capo-progetto per i corridoi umanitari dall'Etiopia per la Comunità di Sant'Egidio.

I CORRIDOI UMANITARI.
Regolati da un protocollo firmato a dicembre 2015 con il ministero dell'interno e quello degli Affari esteri, fino a oggi hanno permesso l'arrivo legale di quasi 1.300 profughi dai campi di Libano e Etiopia, Paesi che ospitano circa 1 milione di rifugiati ciascuno. E tutto a spese della Comunità di Sant'Egidio, della Chiesa Valdese e della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia che a loro volta si finanziano attraverso l'8 per mille. Un modello che è stato già replicato in Francia e Belgio e che, sperano i promotori, potrebbe essere adottato da tutti i Paesi dell'area Schengen. Il prossimo 27 giugno arriveranno regolarmente e in sicurezza dall'Etiopia altri 139 profughi. Si tratta del primo corridoio umanitario che si apre con il governo Conte.
Nel riquadro, Cecilia Pani capo-progetto della Comunità di Sant'Egidio.

DOMANDA. Quanto costa l'arrivo dei profughi e la loro accoglienza? L'accoglienza base prevede 15 euro al giorno a persona, a cui va aggiunto il biglietto aereo (tra i 300 e i 600 euro), più spese extra per casi delicati. Ovviamente sto indicando una cifra indicativa. Come si può immaginare un profugo accolto a Bolzano costa circa il doppio di uno accolto in Sicilia.

D. Facendo un calcolo sommario sono 5.800 euro a migrante all'anno... R. Sì, ma ci appoggiamo a una rete di volontari piuttosto consistente. Quasi la totalità dei locali sono offerti gratuitamente da parrocchie, congregazione religiose, strutture Sprar che non sono state riempite ma sono già state organizzate... E poi ci sono le famiglie che offrono l'ospitalità nelle loro case.

D. E come scegliete i beneficiari del progetto? R. Il criterio di selezione è soprattutto la vulnerabilità: famiglie con un solo genitore, o con figli malati o disabili, singoli vittime di tortura o che hanno già tentato il viaggio ma sono finiti nelle prigioni del Sudan o dell'Egitto. Ma ci assicuriamo anche che almeno un membro del nucleo familiare sia in grado di emanciparsi economicamente entro uno o due anni. Abbiamo scelto di tenere il più possibile unite le famiglie e di non prendere in consegna minori non accompagnati.

Il criterio di selezione è soprattutto la vulnerabilità: famiglie con un solo genitore, o con figli malati o disabili, singoli vittime di tortura o che hanno già tentato il viaggio ma sono finiti nelle prigioni del Sudan o dell'Egitto

D. I singoli casi sono valutati nel Paese d'origine? R. No, sarebbe un processo troppo lungo. Stiamo parlando di Paesi che ospitano circa 1 milione di rifugiati. I loro campi profughi sono grandi come città.

D. E allora come fate? R. Lavoriamo su liste di potenziali beneficiari. Abbiamo una rete locale costituita da Ong internazionali, Unhcr e congregazioni religiose. Poi, visto che sono anni che lavoriamo nell'accoglienza, possiamo contare anche sulle segnalazioni di parenti già in Italia. I nominativi vengono anche trasmessi alle autorità consolari italiane dei Paesi coinvolti per permetterne il controllo.

D. E quando arriva il via libera? R. Prenotiamo loro un posto su un volo di linea. L'arrivo è sempre all'aeroporto di Roma Fiumicino dove il Viminale fa arrivare una task force di esperti per formalizzare le domande di asilo e mandare alla questura impronte digitali e registrazione. Una procedura che sveltisce di molto i tempi di attesa per i documenti.

D. E poi? R. Il progetto prevede l'accompagnamento del profugo per circa un anno, ma di fatto si interrompe con l'arrivo dei documenti. Le persone che arrivano sono accompagnate nell'apprendimento della lingua e nella ricerca del lavoro e quindi dell'autonomia. Forniamo anche un appoggio psicologico se, come spesso accade, nel loro percorso i migranti hanno subito violenze. Bisogna dire che nella maggior parte dei casi raggiungono la piena autonomia entro due anni.
Parliamo sempre di emergenza migranti. Ma davvero lo è? I primi 5 mesi del 2018 registrano un calo del 77% rispetto all'anno precedente. E poi le nazionalità dichiarate e i minori non accompagnati. Le infografiche del ministero dell'Interno.

D. L'arrivo del 27 giugno sarà il primo sotto il nuovo governo. Temete intoppi? R. Non al momento. Ma il prossimo novembre dovremmo rinnovare il protocollo per altri 500 profughi dall'Etiopia. Speriamo che ce lo accordino rapidamente e senza intralci.

D. Il Viminale ha mai riscontrato criticità? R. No, anzi. Il suo timore, come quello di altri Stati europei, era quello degli spostamenti secondari. Ovvero la possibilità che i profughi utilizzassero il passaggio verso l'Italia per andare a chiedere asilo altrove. Abbiamo dimostrato che nella stragrande maggioranza dei casi questo non è avvenuto.

D. E la Comunità di Sant'Egidio, ne a riscontrate? R. Avremmo bisogno di maggiori finanziamenti. Ma d'altra parte l'autofinanziamento permette il coinvolgimento della società civile. Un momento importante per non cadere vittime di paure dettate dall'ignoranza e favorire la piena integrazione.

D. Pensa che i corridoi umanitari possano essere un modello? R. Esattamente questo è lo spirito. Stiamo parlando di un progetto pilota. Noi ci possiamo permettere solo un numero limitato di profughi per ragioni economiche, ma l'idea è proprio quella che diventi modello per l'accoglienza in Europa. Al momento, per altro, è l'unica forma di ingresso regolare in Italia.

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