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6 Gen 2018

 

Nucleare: quando la tecnologia uccide la dissuasione

di Stefano Silvestri

direttore editoriale di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello IAI.

 

Mentre assistiamo stupiti, divertiti e, forse, anche un po’ preoccupati alla competizione tra chi pensa di avere a sua disposizione il “bottone rosso” più grosso, lucido e potente, è il caso di domandarsi in che condizioni sia la dissuasione nucleare: la famosa “deterrenza” che sinora ha potentemente contribuito ad evitare la guerra tra le superpotenze e a mantenere la pace nella nostra Europa.

 

Per ora, fortunatamente, essa sembra ancora in salute, malgrado molti segnali negativi (ultimo il sostanziale abbandono da parte di Usa e Russia del Trattato Inf che aboliva i loro missili a medio raggio). In realtà però sarebbe bene cominciare a preoccuparsi del suo futuro prossimo, quando potremmo scoprire che essa è improvvisamente scomparsa e che il nostro mondo sta rotolando verso un baratro inimmaginabile.

 

Tre segnali preoccupanti di natura tecnologica
I segnali sono molteplici, ma quelli più preoccupanti non sono tanto di natura politica o ideologica, bensì tecnica. Almeno tre di essi richiedono la nostra attenzione immediata.

Il primo già esiste da tempo, ma ora sta diventando realmente operativo, ed è lo sviluppo di nuove armi convenzionali così veloci, precise e di tale potenza da poter condurre attacchi intercontinentali anche contro il potenziale nucleare avversario, prendendolo di sorpresa.

Il secondo, anch’esso in cantiere da anni, ma ora in fase di accelerazione, è lo sviluppo di nuove testate nucleari a capacità esplosiva variabile (anche molto bassa, vicina a quella delle più potenti testate convenzionali), che possono avere effetti radioattivi bassissim e che sono studiate per compiere missioni specialistiche come ad esempio la distruzione di bunker sotterranei.

Il terzo, forse il più preoccupante, attualmente in fase di sviluppo negli Usa, in Cina e in Russia, consiste nella produzione di missili non balistici e teleguidati (in grado cioè di cambiare direzione in volo e di ingannare le difese avversarie) iper-veloci: volano, cioè, a 20-25 volte la velocità del suono. Si tratta sia di nuovi missili di crociera intercontinentali, sia di ordigni plananti portati in orbita da missili balistici e di lì in grado di planare a iper-velocità, con volo guidato. Questa categoria di armi non può essere intercettata dai sistemi difensivi antimissile e lascia agli attaccati un periodo di preallarme di circa 5 o 6 minuti, per reagire.

 

Soglie impercettibili e rischi accresciuti
Tutto ciò da un lato riduce fino a renderla quasi impercettibile la distinzione tradizionale, la ‘soglia’, tra armi convenzionali e armi nucleari, rendendo così più facile l’uso di queste ultime. E se all’inizio il loro uso potrebbe apparire limitato e circoscritto, cosa accadrà successivamente, quando entrerà in gioco la reazione di chi ha subito il primo colpo? Sappiamo come comincia, ma non come finisce.

D’altro lato, in particolare le armi iper-veloci, ma in qualche scenario anche le nuove armi convenzionali, accrescono moltissimo il rischio di lancio su allarme o addirittura la tentazione di primo colpo, in chi si sente minacciato, aumentando di molto la possibilità di errori fatali e riducendo praticamente a zero (in caso di risposta ad un attacco, reale o percepito che sia) il controllo politico sull’uso delle armi nucleari. Ad esempio è possibile che, se i tempi di reazione dovessero ridursi a pochissimi minuti, la ‘chiave’ attualmente a disposizione di Donald Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping debba essere ignorata, e la decisione restare tra le mani di alcuni militari. Con buona pace del “bottone rosso”.

 

Tornare a parlare di controllo degli armamenti e regole di dissuasione
Per questo è assolutamente necessario che gli Usa, la Russia e la Cina ricomincino a parlare seriamente tra loro di controllo degli armamenti e di regole della dissuasione, per la loro stessa sicurezza oltre che per la nostra. E dovremmo pure domandarci cosa accadrà nel futuro, anche se i tre grandi riuscissero ad evitare il peggio, quando queste tecnologie cominceranno a diffondersi ad altri Paesi, in particolare a quelli con capacità nucleari.

 

 

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