Fonte: https://www.strategic-culture.org

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5 febbraio 2018

 

Russiagate o No … c’è una Deriva verso un 1914 Nucleare?

di James George Jatras

traduzione di Bosque Primario

 

 

Nel periodo che precedeva la prima guerra mondiale quanti europei sospettavano che presto le loro vite sarebbero cambiate per sempre – e che, per milioni di loro, sarebbero finite? Chi negli anni, diciamo, tra il 1910 al 1913, avrebbe mai potuto immaginare che i decenni di pace, di progresso e di civiltà in cui erano cresciuti e che sembrava dovessero continuare in eterno, sarebbero improvvisamente sprofondati nell’orrore di massacri in scala industriale, di rivoluzioni e di brutali ideologie?

 

La risposta è, probabilmente molto pochi, proprio come poche sono oggi le persone che si preoccupano per quei  dettagli  che si nascondono tra gli affari internazionali e  misure di sicurezza. La gente normale ha cose migliori da fare nella propria vita.

 

A dire il vero, in quell’epoca lontana di un rispettabile jingosim – un nazionalismo aggressivo – c’era sempre qualche bella sceneggiata per cui la  “nostra” parte aveva costretto “loro” a fare marcia indietro, in qualche  parte esotica del mondo, come accadde nell’incidente di Fashoda  (1898) o  durante le Crisi Marocchine (1906 , 1911). Persino le guerre balcaniche del 1912-13 non sembravano più messaggere del cataclisma in arrivo di quanto non lo sembrassero le tante risse a carattere locale che i stavano accendendo ai margini del continente, dove una pace diffusa non era stata disturbata nemmeno dalla guerra di Crimea o da quella franco-prussiane molto più dirompente.

 

Inoltre, non si metteva nemmeno in dubbio la statura degli statisti che governavano nelle varie capitali e che assicuravano che le cose non sarebbero loro sfuggite di mano.

Fino a quando non sono sfuggite loro di mano.

 

Una grossa eccezione al solito buonumore che dominava gli affari – che niente ha mai avuto a che vedere con gli umori della gente –  fu  il memorabile  Memorandum del Feb. 1914 allo Zar Nicola II  di Pyotr Durnovo,  nel quale espose non solo quello che avrebbero fatto le grandi potenze all’approssimarsi di una guerra mondiale, ma anche il comportamento dei paesi minori. Inoltre, anticipò pure che in caso di sconfitta, la Russia, sarebbe stata destabilizzata da una “agitazione” socialista che non sarebbe stato possibile controllare date le difficoltà del tempo di guerra e che il paese sarebbe  “piombato in una anarchia senza speranza, della quale non si potevano prevedere gli esiti”. Allo stesso modo, la Germania,  era “destinata a soffrire”, in caso di sconfitta, con non minori sconvolgimenti sociali della Russia, che l’avrebbero portata ad intraprendere un percorso puramente rivoluzionario “di una tonalità nazionalista”.

 

Quando le grandi potenze entrarono in guerra nell’agosto del 1914, tutte confidavano nelle loro capacità di liberarsi rapidamente dei rivali, il prezzo che fu pagato (includendovi anche il pedaggio per la rivincita del 1939-1945) superò i  70 milioni di vite. Ma il costo che pagheremmo oggi, se si dovesse ripetere lo stesso errore, potrebbe essere letteralmente incalcolabile – nel senso che forse non resterà nessuno  che potrà fare questo conto.

Durante la prima Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, c’era una sensazione diffusa che una Terza Guerra Mondiale fosse, in una parola, impensabile. Come sintetizzò bene Ronald Reagan:  “Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere mai combattuta”.  Allora si comprese che la guerra a tutto campo, indipendentemente dai motivi scatenanti, significava ICBM (Intercontinental Ballistic Missile) concentrati sul Polo Nord e la “fine della civiltà come la conosciamo”.

 

Non è più così. Ciò che era impensabile ai tempi della vecchia guerra fredda è diventato fin troppo pensabile  in quella nuova tra USA e Russia. Come  ha scritto  Scott Ritter , un veterano degli ispettori di controllo sugli armamenti, nella bozza del US Nuclear Posture Review (NPR) del 2018, la soglia per l’uso di armi nucleari è diventata pericolosamente bassa per gli USA:

“La NPR del 2018 ha una visione del conflitto nucleare che va ben oltre l’immaginario tradizionale, quando si pensava solo a qualche raffica di lanci di missili. Mentre gli ICBM e i bombardieri con i loro equipaggi continueranno a restare in stato di allarme, le punte di diamante per i  lanci nucleari nel NPR ora  sono le cosiddette  forze nucleari “supplementari” – che agiscono in due modi con aerei come il caccia F-35 armato con B- 61 bombe gravitazionali in grado di portare un carico nucleare low-yield, una nuova generazione di missili da crociera con testate nucleari  e missili balistici lanciati da sottomarini e dotati di testate nucleari low-yield – a rilascio lento. Il pericolo che si corre nell’integrare questi tipi di armi nucleari tattiche in una strategia globale di deterrenza è che si abbassa sostanzialmente la loro soglia d’impiego. […]

 

“Notando che gli Stati Uniti non hanno mai adottato una politica di “no first use” la NPR del 2018 afferma che “rimane politica degli Stati Uniti mantenere qualche ambiguità riguardo alle precise circostanze che potrebbero portare a una risposta nucleare USA”. A questo proposito, la NPR afferma che l’America potrebbe impiegare armi nucleari in “circostanze estreme che potrebbero includere rilevanti attacchi strategici non nucleari” … L’aver preso in considerazione  le “tecnologie di attacco strategico non nucleare” come potenziale fattore alla base di una guerra nucleare è un fatto nuovo che finora non esisteva nella politica americana. Gli Stati Uniti sostengono da tempo che le armi chimiche e biologiche rappresentano una minaccia strategica che potrebbero essere un banco di prova per la capacità di deterrenza nucleare americana. Ma la minaccia portata da attacchi informatici è ben altro. Se non altro per il potenziale errore di calcolo e di reale comprensione degli intenti – che mette sullo stesso pianoarmi di cibernetica e armi nucleari – dovrebbe sconcertare tutti. […]

 

“Ancora più inquietante è l’idea che una intrusione informatica, come quella perpetrata contro il Comitato Nazionale Democratico e attribuita alla Russia, possa far tirare sul grilletto della guerra nucleare. Cosa che non è così inverosimile come pare. L’evento del CND è stato definito da influenti politici americani, come il Presidente del Comitato dei Servizi Armati John McCain,  “un atto di guerra.” Ma anche l’ex vicepresidente Joe Biden ha lasciato intendere che, all’indomani della violazione del CND, gli Stati Uniti hanno lanciato attacchi come rappresaglia cibernetica contro la Russia. La possibilità  che uno scambio di attacchi cibernetici potesse spingersi fino a trasformarsi in un conflitto nucleare, prima sarebbe stata respinta immediatamente; oggi, grazie al NPR 2018, è entrata nel regno del possibile.

 

L’idea che un attacco first-strike del piano Schlieffen  possa mettere fuori combattimento i russi (e senza dubbio in contingenze simili anche i cinesi) all’inizio delle ostilità riflette una pericolosa illusione. La verità può essere solo la prima vittima provocata dalla guerra, ma “il piano” è inevitabilmente il secondo. Questo perché questi signori che pianificano le guerre, di solito, non consultano il nemico, che –  con un certo fastidio per lor-signori – può decidere anche lui.

 

Recentemente il segretario di Stato americano James Mattis ha dichiarato che “attualmente è  la grande competizione per il potere – non il terrorismo – il principale obiettivo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, specificando che Russia e Cina sono le nazioni che cercano di “creare un mondo in linea con i loro modelli autoritari, per mezzo del diritto di veto su decisioni di altre nazioni in materia economica, diplomatica e di sicurezza.”  Con queste affermazioni, almeno, possiamo far cadere la pretesa che la politica USA abbia voluto combattere il terrorismo jihadista e non usarlo come strumento politico in Afghanistan, Bosnia, Kosovo, Libia, Siria e altrove. E ovviamente Washington non si è mai e poi mai intromessa in “decisioni economiche, diplomatiche e di sicurezza di altre nazioni”. . .

 

C’è molta attesa che la pubblicazione di un memo del House Intelligence Committee  – che “indica i nomi” di quelli dell’FBI e di  altri  dentro e fuori dal governo – possa servire non ad ostacolare  Donald Trump e a paralizzare la sua amministrazione con una fasulla “collusione” russa, ma invece sia come un proiettile d’argento che ribalterà le prove di Mueller e servirà a ripulire le stalle di Augia dello Stato Profondo.

 

Anche in quel caso improbabile, il danno è già stato fatto. Lo scopo principale del Russiagate è sempre stato il volersi assicurare che Trump non sarebbe riuscito a stendere una mano a Mosca, come sembra suo sincero desiderio. Anche se la storia è partita come un boomerang contro chi l’ha cominciata, i difensori di Trump (come il fanatico russofobo Nikki Haley) sono rigidi quanto lo sono i suoi detrattori sul fatto che la Russia sia, e rimarrà, il peggior nemico: la Russia era dietro il Dossier Steele, la Russia ha cercato  di  “spiazzare il mercato” su “la materia prima per le armi nucleari”  con l’accordo dell’Uranio One, ecc. L’ostilità verso la Russia non è un mezzo  ma è un fine:  è la fine.

A questo punto Trump si trova legato all’asse dei neocon e dei generali, e tutto ciò che può fare è girare su questa asse. Facendo eco a Mattis, Trump nel suo dicorso sullo Stato dell’Unione  ha messo insieme  “rivali come Cina e  Russia” con “regimi canaglia” e “gruppi terroristi” definendoli tutti dei  “pericoli orribili” per gli Stati Uniti. (Nota: la parola “orribile” non appare nel testo ufficiale, che evidentemente era solo nella versione di Trump.) La lista dei “nomi della vergogna” tra i  russi di maggior spicco, pubblicata di recente è un vero Who’s Who del governo e del business, per assicurarsi che non ci sia nessun impegno economico americano con chiunque si trovi troppo vicino al Cremlino.

Per essere onesti, anche  russi e cinesi si stanno preparando alla guerra. Il “Kanyon” russo, un siluro nucleare da giorno del giudizio  ha una imponente testata, che ha lo scopo di annientare le coste Est e Ovest degli U.S.A, rendendole inabitabili per generazioni. (…. Ma ….  un attimo, sarà una coincidenza, compagno, che le città delle coste siano proprio quelle dove vive la forza elettorale dei Democratici? Qui si parla di “collusione!” Qualcuno chiami Bob Mueller!) Da parte sua, la Cina sta sviluppando mezzi per eliminare i nostri bianchi branchi di elefantiache portaerei – che servono solo per bombardare l’entroterra dei paesi del Terzo Mondo ma che sarebbero inutili in una guerra con una potenza maggiore – dove si useranno sciami di droni  e di missili ipersonici.

 

Proprio come nel 1914, quando Durnovo si riferiva ad una “presenza di tanta legna al fuoco in Europa”,  oggi ci sono parecchi punti di infiammabilità globale che potrebbero trasformare la “grande competizione per il potere” di Mattis in una grande conflagrazione che probabilmente nessuno vorrebbe cominciare. Tuttavia, se  dovesse accadere il peggio, e le lampade si spegnessero di nuovo – forse questa volta per sempre – gli americani non resteranno ancora immuni dalle conseguenze come lo restammo nelle guerre del 20° secolo.

 

Il resto della nostra vita, per quanto possa essere breve, potrebbe risultare molto diverso da quello che ci aspettavamo.

 


Link: https://www.strategic-culture.org/news/2018/02/02/can-impending-collapse-russiagate-halt-slide-toward-nuclear-1914.html

2.02.2018

 

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