Telegrammi della nonviolenza in cammino

Numero 2936 del 4 gennaio 2018

 

Riflettendo sul messagio di Papa Francesco per la giornata della pace

di Anna Grazia Casieri

 

Riflettendo sugli ultimi discorsi di Papa Francesco e in particolare sul messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018, mi permetto di condividere alcune considerazioni personali.

 

Da secoli immemorabili e in modo sempre piu' pressante, risuona nel mondo, direi nell'universo intero, l'aspirazione profonda a "vivere in pace", pace tra le persone, pace tra i popoli, pace con la nostra madre terra.

 

Eppure, noi esseri "razionali" continuiamo a mettere in secondo piano tale priorita', accecati da un'irrefrenabile corsa agli armamenti che non conosce sosta, nella ricerca di un ingannevole senso di sicurezza che riponiamo nel possesso di ordigni nucleari, anziche' nella nostra capacita' di "esseri in relazione".

 

Ma da che mondo e' mondo non abbiamo ancora capito che tutto questo non ha mai garantito la serenita' e la pace tra i popoli. Assolutamente no!

Solo la ricerca instancabile e umile di una pacifica convivenza tra i popoli e' garanzia di autentico progresso che orienti alla crescita e non all'autodifesa, che permetta di mettere insieme le forze per costruire un mondo piu' umano e non si limiti a spendere le proprie risorse per garantire mezzi di autodifesa.

Dice con saggezza Giovanni XXIII nella Pacem in Terris (cf. n. 61) che l'arresto agli armamenti e' impossibile o quasi se nello stesso tempo non si procedesse a disarmare anche l'interiorita' della persona, quella psicosi bellica che ogni uomo porta in se'.

 

Non e' forse vero che troppo spesso lasciamo atrofizzare in noi quello sguardo carico di fiducia che diventa opportunita' autentica per costruire un futuro di pace.

Non e' forse vero che e' piu' facile chiudersi all'altro considerato "diverso" per cultura, religione, etnia..., visto come minaccia alla nostra sicurezza.

No! Ogni essere umano dovrebbe ribellarsi a chi fomenta la paura nei confronti dello "straniero", ogni credente dovrebbe alzare lo sguardo e riconoscere nell'altro, in qualunque altro, un fratello che condivide con noi l'appartenenza all'unica terra.

 

E' proprio guardando ai migranti con lo sguardo di Dio che potremo riconoscere in loro non una minaccia, ma un carico di coraggio, di tenacia, di spirito di sacrificio, insieme alla ricchezza delle loro culture di origine. Ce lo ricorda Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018.

 

Ma direi ancora di piu'. Francesco chiede ai responsabili delle nazioni di farsi carico di quello sguardo contemplativo che permetta di "osare" fino al massimo consentito per una politica di accoglienza in cui l'unico vero bene perseguito sia quello dell'unica famiglia umana.

 

E com'e' sua caratteristica nel suo discorso non si ferma alle motivazioni, ma indica una strategia concreta: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.

Strategie che accomunano tutti al di la' del proprio credo religioso, da cui nessuno si debba sentire escluso. Ma a Papa Francesco non sfugge di fare un forte richiamo rivolto soprattutto ai cristiani, che con forza motiva sul fondamento della Scrittura e che mi preme sottolineare.

 

"Accogliere", ampliare le possibilita' di ingresso legale, sapendo bilanciare sicurezza nazionale e tutela dei diritti umani fondamentali. La Scrittura ci dice: "Non dimenticate l'ospitalita', alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Eb 13,2).

 

"Proteggere" la dignita' di quanti fuggono da situazioni di pericolo. La Scrittura ci dice: "Ricorda che il Signore protegge lo straniero e sostiene l'orfano e la vedova" (Sal 146,9).

 

"Promuovere" lo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati, cosi' come l'istruzione e la capacita' di dialogo. La Scrittura ci dice: "Amate lo straniero, perche' anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Dt 10,18-19).

"Integrare", permettere la piena partecipazione alla vita sociale dei paesi che accolgono, in un dialogo di feconda collaborazione. La Scrittura ci dice: "Voi non siete piu' stranieri, ne' ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio" (Ef 2,19).

 

Onestamente mi chiedo se noi credenti meditiamo e ci impegniamo a vivere queste parole della Scrittura, o piuttosto, lasciandoci contagiare dai piu', viviamo anche noi in una chiusura sinonimo di morte.

 

E non giustifichiamoci pensando che questa e' responsabilita' dei capi delle nazioni. Un mondo di pace si costruisce con l'apporto di ogni singolo essere di buona volonta' che getta germogli di pace finche' diventino una pioggia capace di far germogliare la terra.

 

Alziamo il nostro sguardo, non lasciamoci rubare la speranza, guardiamo all'esempio di tanti che nella storia hanno creduto in questo sogno e, senza aspettare i grandi della terra, mettiamo il nostro tassello perche' il sogno diventi realta'.

top