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07 feb 2018

 

Resta alta la tensione: un palestinese ucciso, blitz esercito a Nablus

 

La vittima aveva accoltellato una guardia di sicurezza della colonia di Karmei Tzur. Il presidente Abbas: “Pronti alla pace, ma Usa mediatori non credibili”. Il segretario Onu lancia l’allarme: “Soluzione a uno stato incompatibile con le aspirazioni di palestinesi e israeliani”

 

Roma, 7 febbraio 2018, Nena News –

 

Resta molto alta la tensione nei Territori Occupati dove stamane è stato ucciso dall’esercito un palestinese che aveva accoltellato una guardia israeliana. I fatti sono avvenuti all’entrata dell’insediamento illegale di Karmei Tzur (Gush Etzion). Secondo la versione fornita dall’esercito israeliano, il palestinese (di cui al momento non si conoscono le generalità) ha aperto la porta del posto di controllo della colonia e ha ferito leggermente alla mano una guardia 34enne prima di essere raggiunto dai colpi di pistola di un secondo uomo della sicurezza.

L’attacco a Karmei Tzur di oggi giunge nelle ore in cui Tel Aviv sta dando la caccia a Abdel al-Hakim Asi (19 anni), il palestinese cittadino d’Israele autore dell’omicidio di lunedì del rabbino colono Itamar Ben Gal. Ieri l’esercito ha compiuto un blitz a Nablus (nel nord della Cisgiordania) scontrandosi con circa 500 palestinesi. Fonti israeliane fanno sapere che le tensioni sono esplose quando i soldati si stavano ritardando dalla città: i militari sarebbero stati oggetto di pietre, esplosivi, bombe incendiarie e colpi d’arma da fuoco sparati dal campo profughi di Balata. Ma i militari non sarebbero stati affatto a guardare: secondo il ministro della salute palestinese, l’esercito ha ferito una dozzina di palestinesi con proiettili veri (sei hanno riportato ferite giudicate serie). Nel corso del blitz, i militari hanno arrestato anche sette persone, ma non sono riusciti a trovare Asi.

I blitz d’Israele nelle città e villaggi palestinesi si sono intensificati in questi giorni. Ieri mattina Tel Aviv aveva ucciso a Yamoun (Jenin) Ahmad Jarrar, il palestinese che Tel Aviv ritiene responsabile dell’assassinio dello scorso mese del rabbino colono Raziel Shevach. Unendosi al movimento islamico Hamas e alle altre fazioni politiche nazionali, anche Fatah, il partito del presidente palestinese Abbas, ha condannato l’uccisione di Jarrar definendola una “esecuzione”, un “crimine che viola il diritto internazionale”.

Ieri, intanto, è tornato a parlare pubblicamente anche il presidente palestinese Abbas.L’anziano leader si è scagliato contro le “bugie” secondo cui il suo popolo sarebbe contrario ai negoziati con Tel Aviv. “Sfido qualunque persona a dire che ci ha invitato [al tavolo delle trattative] e noi abbiamo detto no”, ha tuonato. Abbas ha quindi aperto all’altra parte: “Le nostre mani sono tese in direzione della pace. Sosteniamo la guerra al terrorismo in ogni posto del mondo”. Tuttavia il capo di Fatah ha voluto ribadire un concetto più volte espresso in questi ultimi due mesi: l’amministrazione Usa di Donald Trump non è più un mediatore credibile e onesto per risolvere il conflitto israelo-palestinese dopo le sue recenti esternazioni su Gerusalemme e sul taglio dei fondi all’Unrwa, l’agenzia Onu che assiste i rifugiati palestinesi.

Proprio a supporto dell’Unrwa è intervenuta ieri la rappresentante della politica estera dell’Unione Europea (Ue), Federica Mogherini. Per Mogherini il lavoro dell’Agenzia è “fondamentale per un accordo tra Israele e Palestina” perché “fornisce uno spazio politico che porta ad una intesa tra le parti e a costruire uno stato palestinese”. “Investire nell’Urwa – ha spiegato lady Pesc – vuol dire anche investire nella nostra sicurezza collettiva regionale. Perciò l’Ue continuerà a sostenerla finanziariamente ed esorta i paesi donatori e anche quelli meno coinvolti ad aumentare le donazioni”.

La situazione nei Territori Occupati preoccupa le Nazioni Unite. Lunedì il segretario Onu Antonio Guterres aveva lanciato l’allarme: i recenti eventi potrebbero creare “una realtà irreversibile a uno stato che è incompatibile con le aspirazioni legittime, nazionali, storiche e democratiche di palestinesi e israeliani”. Il consenso sul conflitto israelo-palestinese, ha aggiunto, “potrebbe venir meno rendendo così un’azione concertata efficace più difficile da implementare in una fase storica dove è più che mai importante farlo”. Nena News

 

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