Quds Press - PIC – Infopal - 11/8/2018 - Il portavoce del ministero della Salute, Ashraf al-Qedra, ha dichiarato che le forze di occupazione israeliane (Foi) hanno intenzionalmente ucciso e ferito quanti più manifestanti possibile durante le proteste del venerdì ai confini di Gaza. Le forze israeliane hanno, ancora una volta, mostrato la loro politica di “sparare per uccidere” colpendo pacifici manifestanti palestinesi, compresi i bambini, nelle parti superiori del corpo, ha spiegato al-Qedra. Durante le proteste di venerdì 10 agosto, “le Foi hanno aperto il fuoco contro folle di manifestanti disarmati nella Striscia di Gaza, 

uccidendone tre e ferendone altri 307, tra cui 28 bambini, facendo uso eccessivo, non necessario, intenzionale e premeditato della forza. Cinque dei feriti sono ancora in condizioni critiche”, ha sottolineato al-Qedra. Ha aggiunto che lo staff medico e i giornalisti palestinesi sono stati presi di mira direttamente e deliberatamente durante le proteste nonostante indossassero simboli riconosciuti a livello internazionale. Un para-medico palestinese è stato ucciso da colpi sparati dall’esercito israeliano durante le proteste lungo il confine di Gaza, venerdì, mentre cinque dei suoi colleghi sono rimasti feriti. Anche due giornalisti sono stati feriti durante gli eventi.

 

MEMO - Infopal - 11/8/2018 - I palestinesi che vivono in un’area di Nablus orientale designata dall’esercito israeliano come “zona di fuoco” sono a rischio di “sfollamento forzato”, secondo un aggiornamento dell’agenzia delle Nazioni Unite.

Il rapporto, pubblicato questa settimana dall’OCHA, sottolinea come “i recenti sviluppi hanno esacerbato la vulnerabilità dei palestinesi che vivono o dipendono dall’accesso ad un’area del Governatorato orientale di Nablus designata negli anni ’70 come chiusa per addestramento militare israeliano”. Secondo l’OCHA delle Nazioni Unite, le esercitazioni militari delle forze israeliane nella cosiddetta “Zona di fuoco 904A” hanno portato a “trasferimenti temporanei, danni alla proprietà, interruzione della vita quotidiana e nuove restrizioni di accesso”, sviluppi che si sono verificati parallelamente a “crescenti attività coloniali”, comprese violenza ed intimidazione, insieme a una ridotta presenza palestinese”.

In un caso specifico, tra il 17 e il 24 giugno 2018, “le forze israeliane hanno svolto una grande esercitazione militare nell’area che ha sconvolto la vita di circa 250 residenti di Tell al Khashabeh, una comunità di pastori ai margini meridionali della zona di fuoco”.

Due famiglie sono state costrette ad “evacuare le loro case per tre giorni”, mentre “carri armati e jeep militari sono passate sopra circa 170 dunum di terreno agricolo coltivato con grano ed orzo, di proprietà di residenti della comunità, e hanno danneggiato un pozzo d’acqua, colpendo 15 famiglie”. L’agenzia ha osservato che “circa il 18% della Cisgiordania, o quasi il 30% dell’Area C, è designato dalle autorità israeliane come zone di addestramento per esercitazioni militari”, aree che “ospitano 6.200 palestinesi che vivono in 38 piccole comunità beduine e pastorali”. “A diversi livelli”, ha aggiunto l’agenzia delle Nazioni Unite, “queste comunità sono state colpite da un ambiente coercitivo generato da una serie di politiche e pratiche israeliane che mettono i residenti a rischio di trasferimento forzato”.

 

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