Originale: Alternet

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18 marzo  2018

 

 

L’America sta cercando di andare in guerra con la Siria? 

di Vijay Prashad 

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Come venuto fuori dal nulla, un generale russo annuncia che se gli Stati Uniti attaccassero il centro di Damasco (Siria) con un attacco aereo, i Russi reagirebbero.

 

All’inizio di quest’anno era sembrato che la possibilità di un attacco americano contro obiettivi del governo siriano – una possibilità seria nel 2013 e nel 2014 – era ora accantonata. Sembra che il governo siriano – con l’appoggio russo e iraniano – avrebbe presto preso il controllo delle ultime restanti roccaforti dell’opposizione, ora

Principalmente ridotte a una forma o a un’altra di estremismo. La presa di Aleppo – la città più grande della Siria – è stato il segno dell’inversione di rotta. Ogni volta che le forze del governo siriano circondavano i combattenti dell’opposizione – in gran parte estremisti – questo avrebbe fatto un accordo e li avrebbe inviati nella provincia di Idlib, nel nord della Siria. Non sembrava possibile alcun importante tentativo di rovesciare il governo di Bashar Assad.

 

Durante gli incontri, i funzionari del governo siriano erano soliti dire ai Russi a agli Iraniani che in questa guerra avrebbero trionfato. I negoziati divennero difficili perché ora appariva che a malapena ci sarebbero stati sufficienti capi dell’opposizione siriana per riempire le sedie dall’altra parte del tavolo. C’era un serio disaccordo tra questi alleati, dato che i Russi erano per lo più focalizzati sulla preparazione di una strada politica tra il governo siriano e i vari gruppi siriani di opposizione (tranne gli estremisti incalliti, ora in gran parte circondati, a Idlib).

 

E’ in questo momento che la conversazione sulle armi chimiche è di nuovo sul tavolo. Un rapporto delle Nazioni Unite non pubblicato fa pensare a un commercio di armi chimiche tra la Corea del Nord e la Siria. Quello che si è dedotto dal rapporto indica che le prove di questo arrivano da un governo occidentale che non vuole rivelare la sua identità. Questo rende il rapporto piuttosto sospetto. Ci sono anche dichiarazioni circa l’uso di armi chimiche nell’attuale fase della guerra. E’ questo che potrebbe fornire il pretesto per un rapido bombardamento su Damasco da parte degli Stati Uniti. Nell’aprile 2017, l’amministrazione Trump ha lanciato missili da crociera contro obiettivi del governo siriano. Hanno detto che era stato fatto in segno di rappresaglia per l’uso delle armi chimiche. Il Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Wilbur Ross, ha fatto capire che l’attacco era stato ‘un intrattenimento dopo cena’. Sembrava ci fosse molto cinismo riguardo all’attacco del 2017.  In seguito non se ne è mai parlato.

 

Due generali 

Valery Gerasimov, il capo di Stato Maggiore della Russia, ha avvertito che, nelle prossime settimane, se non nei prossimi giorni, gli Stati Uniti potrebbero davvero dare il via a un attacco contro obiettivi del governo siriano. Ha detto che i ribelli nell’enclave di Ghouta Est dove i combattimenti sono stati molto aspri, ‘simulerebbero un attacco chimico’ per provocare l’appoggio aereo da parte degli Stati Uniti. Proprio adesso, questi ribelli affrontano una forza asimmetrica: l’aeronautica militare siriana domina i cieli. Il tributo di vittime civili è stato consistente. Gerasimov ha avvertito gli Stati Uniti che se ci fosse un attacco del genere, e se un solo russo dovesse essere ucciso, la Russia reagirà attaccando obiettivi statunitensi. Questo è stato un avvertimento molto brusco. Gerasimov il giorno successivo ha parlato con il Capo di Stato Maggiore delle forze armate, Generale Joseph Dunford. I due generali hanno soltanto detto in pubblico che avrebbero continuato a mantenere i loro canali di comunicazione. E’ probabile che si siano scambiati assicurazioni contro un’azione belligerante di questo genere. Questa notizia non è stata, però, confermata.

 

Osservatori attenti del conflitto a Damasco e a Beirut dicono che ora sono preoccupati per un attacco, considerate le persone imprevedibili che sono responsabili della strategia politica degli Stati Uniti. Rex Tillerson, malgrado tutti i suoi difetti, perlomeno era una persona pratica. Ora il triumvirato in carica – Trump, Pompeo e la Haley, sono ideologi che hanno poca comprensione della regione e di questa guerra. Per arrivare all’Iran, che è l’ossessione di Pompeo, gli Stati Uniti potrebbero essere molto desiderosi di indebolire ulteriormente il governo siriano e di rafforzare alcuni dei suoi alleati. Meglio continuare questa guerra, in altre parole, che permettere agli Iraniani di ottenere una vittoria. Gli Stati Uniti non sono stati capaci di impedire agli Iraniani di costruire un ponte di terra da Teheran al Libano che permetterebbe agli Iraniani di rifornire Hezbollah quando è necessario. A Pompeo piacerebbe rompere quel ponte. Un attacco a Damasco potrebbe essere il suo mezzo.

 

Trump di recente ha parlato della Siria con i suoi alleati occidentali – Francia, Germania e Regno Unito. La Merkel e Trump, in marzo hanno detto che deve essere rispettato il cessate il fuoco (Risoluzione dell’ONU 2401). Macron e Trump, in febbraio hanno detto che le ‘linee rosse’ (cioè l’uso delle armi chimiche) stanno venendo testate dal governo siriano. Questo tipo di dichiarazioni sono dei test della reazione pubblica. Macron aveva già detto, proprio dopo la sua elezione – che se le armi chimiche venivano usate in Siria, allora prometteva una ‘ritorsione e una replica immediata’.  Questa era una ‘linea rossa molto chiara’.

 

Che questi leader si focalizzino sulle armi chimiche, è indicativo. Significa che non hanno alcun problema con le armi convenzionali e con e con il carattere della guerra in Siria. Piacerebbe loro riservarsi il diritto di colpire in un momento scelto da loro. forse per accrescere la loro posizione diplomatica attualmente debole.

 

Potenze esterne 

Oggi, ad Astana, si incontrano gli Iraniani, i Russi e i Turchi.  Parlano della Siria. E’ oramai un fatto familiare avere degli estranei che parlano del destino della Siria. Mi dicono che l’incontro cementerà un accordo tra queste parti. Alla Turchia che è concordato entri ad Afrin, il bastione della regione curda siriana, verrà detto che né i Russi né gli Iraniani né di fatto l’esercito siriano interferiranno nei piani per la Siria Settentrionale. In cambio, i Russi e gli Iraniani riceveranno una garanzia dalla Turchia che non permetterà neanche – come mi ha detto una persona – che ‘una bottiglia d’acqua’ vada dalla Turchia ad Idlib quando il governo siriano comincerà il suo assalto a quella città. La Turchia, che aveva per lungo tempo fornito supporto proprio a quei ribelli, dovrà osservarli mentre verranno distrutti in un momento successivo di questo anno. Ciò che questo significherà è che la resistenza curda siriana – presumibilmente appoggiata dagli Stati Uniti – sarà distrutta come anche lo saranno i Turchi e i combattenti appoggiati dal Golfo ora a Idlib. Questi due eventi offriranno un vantaggio alla Siria se i Turchi, dopo avere indebolito le ambizioni dei Curdi siriani, si ritireranno in Turchia. Allora il governo siriano potrà rivendicare la sovranità nominale sul suo territorio.

 

Un attacco con bombe da parte dell’Occidente su Damasco, indebolirebbe il governo siriano e costringerebbe l’Occidente ad avere un posto al tavolo dei negoziati. Questo non aiuterebbe l’opposizione che è stata messa da parte. E non riaprirebbe l’idea che ‘Assad deve andarsene’. Un’incursione di bombardamenti servirebbe semplicemente a far entrare l’Occidente in Siria come protagonista e non permetterebbe al paese di essere o un proxy russo/iraniano o di avere un percorso indipendente. Questo sarebbe un motivo per un’incursione di bombardamenti. Le armi chimiche sarebbero semplicemente il pretesto per un’azione del genere. Non è il liberalismo che motiva queste considerazioni. E’ il potere.

 


Vijay Prashad è il capo redattore di LeftWord Books (leftword.com) e direttore di Tricontinental Institute for Social Research. E’ autore. Oltre ad altri libri, di Red Star Over the Third World (La stella rossa sul Terzo mondo) e di The Death of a Nation and the Future of the Arab Revolution [La morte di una nazione e il futuro della rivoluzione araba], (University of California Press, 2016).


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/is-america-trying-to-go-to-war-with-syria

 

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