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20 aprile 2018

 

L’intervista di Lavrov

 

Il presidente Putin potrebbe incontrarsi con il presidente Trump. È quanto avrebbe dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov al sito Sputnik.

 

L’incontro Putin-Trump

Le dichiarazioni di Lavrov in realtà sono meno stringenti del titolo che il sito russo ha dato all’intervista: il ministro ha infatti riferito quanto già noto, ovvero che quando Trump ha telefonato a Putin dopo la sua rielezione a presidente della Russia, gli ha rivolto tale invito.

E più volte, in seguito, ha espresso la volontà di avere rapporti più cordiali con Mosca.

Detto questo, ha precisato Lavrov, non è stato fatto alcun passo per “dare concretezza” all’intenzione; aggiungendo, però, che Putin “è pronto”.

 

I raid in Siria e il confronto Russia-Stati Uniti

Appare molto più che significativo quanto affermato da Lavrov in merito al raid in Siria e al contrasto che oppone Mosca e Washington.

 

Chiarito che Mosca aveva ammonito Washington di non superare la “linea rossa”, in quanto ciò avrebbe comportato una risposta russa contro i vettori del raid (navi e aerei), Lavrov ha affermato che, attraverso contatti “al livello più alto dell’esercito”, i russi avevano specificato nel dettaglio tali linee rosse agli americani. Anche a livello “geografico”.

Insomma, di fatto i bersagli dei missili lanciati dalla Triplice (Usa, Gran Bretagna e Francia)’contro la Siria sono stati di fatto tacitamente concordati.

 

Riguardo al confronto globale, Lavrov ha elogiato il ministro della Difesa Mattis e il Capo di Stato maggiore degli Stati Uniti Dunford, spiegando che i militari comprendono “meglio di molti altri” le conseguenza che può provocare uno “scontro diretto tra la Russia e gli Stati Uniti”.

 

Ancora più interessante la rassicurazione successiva, quando Lavrov ha detto  di essere “assolutamente fiducioso nell’affermare che i militari non lo consentiranno, e naturalmente nemmeno il presidente Putin o il presidente Trump”.

 

La crisi coreana

Ma, insieme alle rose, le spine, almeno per alcuni. Infatti, il ministro degli Esteri russo ha manifestato dubbi su una risoluzione a breve della crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord, nonostante i preparativi per un vertice tra Trump e Kim Jong-un.

 

La criticità del nucleare nordcoreano, nodo del conflitto, non può non essere influenzata dall’analoga criticità iraniana, ha spiegato Lavrov.

 

In altri termini, Pyongyang non può siglare un accordo sul disarmo nucleare se gli Stati Uniti, come sembra, stracceranno in parallelo quello siglato a suo tempo con Teheran.

 

I nodi mediorientali

Ancora più spinosa la risposta alla domanda riguardo un’eventuale fornitura dei russi di sistemi antiaerei S-300 alla Siria.”Il Presidente ha parlato di questo. Ora non abbiamo più obblighi morali” a tale riguardo, ha detto Lavrov.

 

Il cambio di linea da parte dei russi, riporta il sito israeliano Debka, sarebbe avvenuto dopo l’attacco della Triplice alla Siria.

 

Per alcuni ambiti israeliani la risposta di Lavrov equivale a una dichiarazione di guerra. Il dominio incontrastato dei cieli della regione è alla base della dottrina della sicurezza di Tel Aviv da circa un quindicennio.

 

Grazie a tale libertà di movimento l’aviazione israeliana ha condotto attacchi preventivi nei Paesi vicini, eliminando dallo scacchiere mediorientale elementi che ritenevano una minaccia alla propria sicurezza.

 

La netta presa di posizione russa fa il paio con un’analogo irrigidimento israeliano. In Israele in questi ultimi tempi c’è chi ha affermato che la questione della presenza iraniana in Siria è talmente dirimente da poter giustificare addirittura uno scontro frontale con Mosca.

 

La nota di Debka citata informa che in questi giorni una nave russa ha portato armamenti sofisticati in Siria.

 

Le operazioni di scarico sono state occultate agli occhi dei droni, degli aerei spia e dei satelliti israeliani tramite una cortina fumogena artificiale. Dunque gli S-300 potrebbero essere già giunti a Damasco, conclude il sito israeliano.

 

La criticità Mosca-Tel Aviv si intreccia in maniera inestricabile con quella tra Teheran e Tel Aviv. D’altronde entrambe hanno come punto focale la presenza iraniana in Siria. Durerà tempo. Gli sviluppi sono imprevedibili e rischiosi.

 

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