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31.01.2018

 

Un “Rapporto” sul Cremlino che taglia tutti i ponti

di Giulietto Chiesa

 

Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti sembra sia diventato il braccio principale della teoria “America First” di Donald Trump.

 

Facendo seguito alla direttiva, ovvero Ordine Presidenziale, del 21 dicembre scorso "contro le minacce alla sicurezza degli Stati Uniti d'America" che proverrebbero dalla "violazione dei diritti umani e dalla corruzione imperante" in tutto il mondo, il dicastero finanziario del Governo USA ha stilato un "Rapporto sul Cremlino", in cui — nella parte che è stata desecretata — mette nel mirino delle sue indagini ben 114 alti funzionari e dirigenti politici russi, insieme a 96 uomini d'affari, sempre russi.

 

Per il momento non sono indicati (per meglio dire non si conoscono) i capi d'imputazione di tutti questi "sospetti". Ma appare evidente che la mossa — la pubblicazione della lista — lascia prevedere sviluppi successivi. Tra i sospettati (si presume di corruzione o violazione dei diritti umani) si annoverano il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, il primo Ministro Dmitrij Medvedev, e il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov. E l'elenco comprende ministri di ogni orientamento politico, dai filo-occidentali ai patriottici, insieme ai grandi imprenditori industriali e bancari delle imprese quasi statali della Russia post-sovietica. 

Gesto indubbiamente scortese e sicuramente minaccioso nei confronti della galassia dirigente russa nel suo complesso. Infatti l'Ordine presidenziale sopra citato — diretta emanazione della legge IEEPA (International Emergency Economic Powers Act) — conferisce al Ministero del Tesoro Usa poteri, praticamente mondiali, di sequestro dei beni delle persone indicate, creando una specie di nuova legislazione planetaria, in cui gli Stati Uniti hanno il diritto di decidere in splendida solitudine dei destini individuali di personalità politiche ed economiche del resto del mondo.

 

Vladimir Putin ha ironicamente dichiarato il proprio stupore per essere stato escluso dall'elenco, mentre il suo portavoce, Peskov, ha notato, senza alcuna ironia, la pesantissima ingerenza di Washington sia negli affari interni della Russia, sia nella campagna presidenziale russa attualmente in corso. Altri, tra i "colpiti" dal provvedimento, hanno messo in evidenza le pesanti ripercussioni nelle relazioni tra Russia e Stati Uniti, incluse le possibilità di azione di una miriade di grandi imprese industriali e finanziarie russe che agiscono nei mercati finanziari e commerciali di tutto l'Occidente.

Ma è l'intero quadro dei rapporti tra le due potenze ad essere messo in grave difficoltà da una mossa che, in pratica, mina tutti i ponti di dialogo attualmente esistenti. A Mosca non resta, al momento, che prendere atto del degradarsi progressivo dei contatti, in una guerra fredda unilaterale di nuovo tipo che sembra rispondere a un disegno di rottura totale.

 

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