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03.08.2018

 

Un senatore americano parla di Siria

di Costantino Ceoldo

 

Negli ultimi mesi la guerra siriana è entrata in una nuova fase grazie alla liberazione della maggior parte dei territori meridionali del Paese. Un’avanzata vittoriosa, quella dell’esercito siriano, che spinge molti a guardare a Idlib come alla battaglia finale, la madre di tutte le battaglie. La liberazione di Idlib suggellerà la vittoria della Siria laica, socialista e multiconfessionale scrivendo la parola fine al piano di smembramento della Siria come condizione ineluttabile alla sicurezza di Israele e soprattutto quale passo necessario alla conquista di Russia e Cina. Conquista, quella di queste due grandi Nazioni, non semplice ridimensionamento geopolitico.

 

In Occidente non sono molti gli uomini politici che si siano schierati contro la guerra in Siria: personalmente, non ne conosco nessuno a parte il senatore repubblicano Richard Black, del senato statale della Virginia. L’ho intervistato varie volte in passato e di nuovo pochi giorni fa, nel corso di una lunga conversazione video di cui propongo qui una sintesi. 

L’atteggiamento di Black non è cambiato rispetto agli anni scorsi: questo senatore americano ha sempre parlato in maniera schietta e coraggiosa contro la guerra che insanguinava la Siria, pur restando nei limiti del suo mandato politico ed ha spesso evidenziato l’inconsistenza ipocrita dell’atteggiamento occidentale sulla crisi siriana. In questo modo si è attirato le critiche aspre di parte del suo stesso partito e l’ISIS lo ha perfino dichiarato pubblicamente suo nemico. 

 

Uno dei punti focali del ragionamento di Black è che la caduta della Siria per opera degli jihadisti sarebbe stata seguita da quella del Libano e della Giordania, portando alla creazione di un califfato islamico integralista che avrebbe costituito un pericolo esistenziale per tutta la società occidentale e soprattutto quella europea. Per questo motivo [min. 2.10dell’intervista], il senatore sottolinea di non aver mai pensato di essere nel torto, di non aver mai creduto di sbagliare nell’opporsi alla narrazione comune. Grazie alla sua passata esperienza come ufficiale al Pentagono, il senatore Black ha potuto analizzare questa narrazione, prima in riferimento alla crisi libica e poi a quella siriana. Proprio la crisi libica [min. 4.00] è stata necessaria per poter fornire armi ai ribelli siriani attraverso la Turchia, affinché potessero usarle contro la Siria che era “la più moderna di tutte le Nazioni in quell’area”, una Nazione dove le donne avevano gli stessi diritti che in Occidente, a differenza di quelle saudite che hanno sempre vissuto e vivono equiparate a cani. Una Nazione, quella siriana, che rispettava tutte le religioni mentre i jihadisti erano in procinto di attuare un genocidio dei cristiani e di tutte le altre minoranze religiose.

 

In questa guerra ci sono solo due parti: quella siriana, guidato dal presidente Assad e i terroristi. Li possiamo anche chiamare “ribelli moderati”, dice il senatore [min. 5.40 – min. 70.10], ma non lo sono: hanno tutti combattuto fianco a fianco, spalla contro spalla, con Al-Qaeda e ISIS che sono i due gruppi principali e tra i loro crimini hanno trasformato donne e bambini siriani in schiavi sessuali, venduti in veri e propri mercati di schiavi nei territori da loro conquistati.

 

Black usa la parola “Quisling” per ricordarci [min. 8.00] quanto le intenzioni di Stati Uniti, NATO e Paesi del Golfo nell’imporre ai siriani un governo fantoccio siano state simili a quelle di Hitler nell’imporre il suo pupazzo Vidkum Quisling al popolo della Norvegia. E come i norvegesi, così i siriani si sono opposti, amando la propria terra e il proprio presidente. Ecco quindi un altro punto focale: gli Occidentali hanno preso la decisione di distruggere una Nazione, sostituendone il governo legittimo con uno fantoccio, per un cinico quanto spietato calcolo geopolitico.

Tuttavia, come sottolinea con forza Black [min. 10.00], i due terzi del mondo industriale e militare si sono focalizzati per distruggere una piccola Nazione di appena 23 milioni di abitanti ma questi 23 milioni li hanno combattuti: c’è quindi una tremenda unità nel popolo siriano, popolo che non fa nessuna distinzione fra i terroristi. L’Occidente ha reclutato mercenari per combattere in Siria, li ha spediti in quel Paese a macellare donne e bambini e tutto questo è stato chiamato “esportare la democrazia” [min. 12.00]. 

Nessuna delle grandi battaglie del passato ricorda la tenacia del popolo siriano nel difendere la propria patria [min. 13.20] ed è personale opinione del senatore Black che la volontà di Dio sorregga il popolo siriano.

 

Il mondo occidentale non ha gradito l’intervento russo, senza il quale Damasco sarebbe caduta. Quello russo è un piccolo contingente, una task force di dimensioni tutto sommato ridotte, se paragonate a quelle occidentali presenti nella zona. Eppure ha conseguito risultati incredibili come la distruzione completa dell’intera flotta di autocisterne che rubavano il petrolio siriano portandolo in Turchia. La coalizione a guida americana, riconosce Black [min. 17.00], non ha mai interferito con i traffici petroliferi dell’ISIS ma l’aviazione russa in due giorni ha distrutto 500 autocisterne che facevano parte della linea di rifornimenti dell’ISIS: i russi non sono stati solo scaltri ed efficaci ma, dice Black, anche dalla parte giusta, contro dei tagliagole invasati.

 

Il senatore Black riconosce la saggezza della linea politica adottata dal ministro degli esteri Lavrov e dal presidente Putin, paragonati a due giocatori di scacchi [min. 20.45]: questa posizione è notevole in un uomo politico americano ed è una di quelle affermazioni che non si erano mani sentite prima della presidenza Trump. È un’ulteriore riprova della necessità di cambiamento che percepisce una parte del mondo politico statunitense e che ha innescato in tempi recenti uno scontro tra schieramenti all’interno dello stato profondo americano.

 

Germania, Francia, Inghilterra ed anche gli Stati Uniti dovrebbero essere grati ai Russi per il loro intervento in Siria [min. 23.00] perché, come effetto collaterale, la Russia ha letteralmente salvato la civiltà Occidentale. Queste sono parole mai udite prima e dal tremendo significato: significa riconoscere che, malgrado le potenze occidentali e le monarchie del Golfo siano state e siano tuttora tra gli sponsor dei jihadisti, il fondamentalismo islamico non è un fenomeno controllabile ed inevitabilmente si rivolge contro i suoi ideatori e sponsor. Le potenze occidentali hanno le loro colpe ma il vero sostenitore del terrorismo islamico è l’Arabia Saudita, non l’Iran come viene spesso detto. Il senatore Black [min. 25.00] non trova alcuna prova del coinvolgimento dell’Iran in attività terroristiche nel mondo: i veri colpevoli si trovano in Arabia Saudita, Qatar, Turchia che è stata, quest’ultima, il principale partner commerciale dell’ISIS. Ma perché l’Iran è presente in Siria? L’Iran combatta il terrorismo sul suolo siriano [min. 29.00] perché Teheran ha bisogno di una Stato-cuscinetto per garantire la propria sicurezza. L’Iran ha bisogno di una Siria unita e forte e di un Iraq unito e forte proprio per garantire la difesa dei propri confini. L’Iran è quindi un alleato della Siria ma non la controlla: Damasco non è agli ordini di Teheran.

 

Per quanto riguarda i curdi, quello di coinvolgerli in attività anti-siriane è stato un piano poco saggio [min. 33.00]: i curdi sono una minoranza divisa, circondati da nemici e privi di un vero esercito e di una vera leadership.  Ancora una volta, secondo il senatore, sarà l’approccio equilibrato dei russi a poter risolvere la situazione, benché rimangano ancora delle sfide da risolvere.

 

Il senatore Black fa un’altra dichiarazione, inconcepibile fino a poco tempo fa [min. 36.00]: gli Stati Unititi sono in guerra nel Medio Oriente oramai da 17 anni e non hanno conseguito una sola vittoria in nessuna delle Nazioni in cui combattono. Sono presenti in Siria da 7 anni ma il governo siriano ha sconfitto ogni singolo gruppo terrorista che gli americani hanno sponsorizzato. Non sono gli iraniani a costituire un ostacolo alla pace in Siria e quando la pace sarà ristabilita, Teheran non manterrà una presenza militare in questo Paese perché un tale presidio sarebbe costoso. Dal canto loro, e queste sarebbero le intenzioni del presidente Trump, gli Stati Uniti dovrebbero tagliare ogni aiuto ai combattenti jihadisti. Ritirate le sanzioni contro la Siria, i rifugiati siriani in altre Nazioni tornerebbero alle loro case per riprendere la loro vita.

 

È interessante notare a questo punto che il senatore Black mette in guardia [min. 39.00] contro l’immigrazione indiscriminata, che non esisteva prima della distruzione della Libia. I Paesi europei lasciano entrare immigrati che sono alieni alla società europea e che nelle Nazioni che li ospitano commettono crimini che non si sono mai visti prima: “È tempo per gli europei di capire che queste guerre nel Medio Oriente stanno distruggendo l’Europa e che devono smettere di seguire la coalizione a guida americana ed iniziare a prendersi cura delle loro Nazioni”. Il senatore Black parla chiaramente: l’immigrazione deve cessare, se vogliamo mantenere le nostre Nazioni. 

 

Mentre l’Occidente impone sanzioni, no-fly zone, bombarda, riempie le strade di cadaveri fatti a pezzi e infiltra terroristi chiamando tutto questo “portare la democrazia” [min. 42.00] la Russia si impegna a portare la pace. Analogamente la Cina, che costruisce strade, fabbriche, ponti, non rovescia i governi… Alla fine, questo approccio risulta vincente. L’Occidente, dice Black, ha attraversato un periodo di follia, di assoluta follia: ci sono brave persone in Occidente ma i governanti sono incompetenti. Qualcosa sta scambiando ma non abbastanza in fretta: la civiltà Occidentale rischia ancora di perire.

 

In campagna elettorale, Donald Trump ha promesso di normalizzare i rapporti con la Russia al fine di evitare tensioni pericolose tra le superpotenze. Il senatore Black riconosce la correttezza di questo comportamento e ritiene infondate le accuse, fatte ai russi, di aver pilotato a loro favore le ultime elezioni in America. Il presidente Trump, secondo Black [min. 46.00], desidera sinceramente collaborare con Vladimir Putin: si può parlare anche con il proprio peggior nemico e se ci parli assieme per un po’, puoi trovare qualcosa su cui sei d’accordo. È il principio del dialogo, mi permetto di aggiungere, sempre necessario tra superpotenze. La Russia non rappresenta un pericolo per l’Europa. Non rappresenta un pericolo per gli Stati Uniti. Non rappresenta un pericolo per nessuno: ha terra e risorse in abbondanza. 

 

La Russia ha avuto problemi con l’Ucraina ma questi problemi non sono esplosi finché [min. 47.00 – 49.00] CIA ed MI6 non hanno rovesciato il governo ucraino in carica, insediandone uno fantoccio al suo posto. 

 

La Russia ha dovuto reagire, muoversi in Crimea perché la sua flotta vi stazionava ma lo hanno fatto senza sparare un singolo proiettile. Si chiede Black: perché? Perché i crimeani considerano se stessi russi e volevano essere parte della Russia. Lo stesso per i popoli russi del Donbass, che hanno rifiutato di essere parte di un gruppo di terroristi a Kiev.

C’è bisogno di pulire la lavagna, ammette Black, di ricominciare da capo lavorando a stretto contatto con i Russi.

 

Il senatore Black ricorda esplicitamente che un terzo del debito pubblico americano è dovuto alle guerre nel Medio-Oriente [min. 53.40]: queste guerre stanno distruggendo la Nazione americana senza che sia stato conseguito un singolo risultato, una singola vittoria. Black ritiene che il presidente Trump abbia davvero il potere di terminare la guerra in Siria, annullando le manovre dello Stato profondo americano. Questo processo è già in atto: Trump ha ordinato la chiusura del programma “Timber Sycamore” gestito dalla CIA e che forniva armi ed equipaggiamenti ad Al-Qaeda, ISIS e a tutti gli altri gruppi di ribelli. È necessario mandare un segnale al resto del mondo: la guerra in Siria è finita. Mandate a casa i terroristi, finiamola con tutto questo. 

 

Come si può ben capire, le opinioni del senatore Black sono l’opposto di quelle fatte proprie dalla narrativa corrente, ancora favorevole alla guerra siriana, agli inesistenti “ribelli moderati”, alla distruzione delle Nazioni medio orientali seguendo un copione che nulla aveva a che fare con la democrazia. È bene ricordare che Richard Black ha conosciuto la guerra in prima persona: ha combattuto in Vietnam quando era un giovane ventenne, è rimasto seriamente ferito in scontri feroci con il nemico, ha visto morire commilitoni che erano ai suoi ordini, è stato insignito della Purple Heart. 

 

Sono fermamente convinto che Richard Black sia un vero patriota americano: è un testimone che non si volta da un’altra parte ma parla con voce ferma per denunciare una situazione insostenibile. Come tutti i veri patrioti, dice cose sgradite, verità scomode ma, anche in America, qualcosa si muove nella giusta direzione.

 

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Video dell’intervista su YouTube: 

https://www.youtube.com/watch?v=0GFghG16bbc

 

Vedi anche:

Eroi comuni: Ouday Ramadan, il vecchio siriano

La crisi siriana peggiora

 

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