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14 set 2018

 

Esercitazioni Usa nel sud, armi turche a Idlib

 

Con la battaglia finale nella provincia nord-ovest sospesa, proseguono le manovre dei paesi coinvolti: Ankara rafforza la sua presenza al confine e invia armamenti ai gruppi islamisti, mentre centinaia di marines Usa mandano un messaggio all’Iran

 

Roma, 14 settembre 2018, Nena News –

 

Sono 37.500 i civili siriani fuggiti, secondo le Nazioni Unite, dalla provincia nord-occidentale di Idlib. Temono lo scoppio della battaglia finale, annunciata dalle prime bombe governative, poi fermata, sospesa, negoziata. Idlib è in attesa, insieme ai suoi 3 milioni di residenti, molti di più del milione originario: è qui che nel corso della guerra si sono ammassati i miliziani dei gruppi islamisti e i loro familiari dopo gli accordi di evacuazione siglati con il governo di Damasco via via che questo avanzava sul terreno e riprendeva Aleppo, Ghouta est, Deraa.

I negoziati proseguono tra minacce e rotture. E ci si muove sul terreno. Il governo siriano ha già dispiegato migliaia di uomini e centinaia di mezzi militari ai confini della provincia trasformata in un hub jihadista. Ma si muovono anche gli altri attori della guerra. In primis la Turchia, la vera sconfitta del conflitto e che a Idlib rischia moltissimo: i gruppi presenti sono quelli che Ankara ha sponsorizzato per anni e che ha in parte utilizzato nella regione settentrionale Rojava, contro il progetto di confederalismo democratico curdo.

Già presente in Siria con le proprie truppe dall’agosto 2015, in questi giorni la Turchia sta aumentando la propria presenza al proprio confine meridionale in attesa dello scoppio della battaglia. Secondo al Jazeera, unità e artiglieria stanno arrivando anche nella provincia di Hama. Molti osservatori puntano l’indice sui timori turchi di una nuova ondata di rifugiati siriani nel proprio territorio, che ne ospita già più di tre milioni. Ma a monte, visto che le frontiere sono serrate da anni e chi prova ad avvicinarsi viene colpito dal fuoco della gendarmeria, sta piuttosto l’intenzione di salvare la propria agenda: la creazione di una zona cuscinetto nel nord della Siria e di una reale influenza sul paese vicino.

Per questo rafforza la presenza nei dodici avamposti militari costruiti in territorio siriano dopo l’accordo di Astana siglato con Iran e Russia, di un anno fa, e invia armi: secondo quanto riportato da al-Arabiya che cita fonti dell’Esercito libero siriano, spalla turca in Siria, Ankara ha mandato ai gruppi islamisti a Idlib munizioni, armi da fuoco e missili Grad.

La partecipazione diretta dalla Turchia allo scontro non è affatto scontata: il presidente Erdogan è consapevole dei rischi che corre in una battaglia già persa. L’avanzata russa e siriana è realtà concreta ed è pressoché impossibile che si fermi adesso, a Idlib. Ankara non intende rompere con Mosca, soprattutto alla luce delle fratture dello storico rapporto con gli Stati Uniti e sta tentando la via diplomatica: bocciata la richiesta di cessate il fuoco su Idlib mossa a Teheran e Mosca il 7 settembre ad Astana, oggi rappresentanti turchi vedranno alti funzionari francesi, tedeschi e turchi a Istanbul per “impedire la battaglia di Idlib e dichiarare la tregua”, spiega una fonte di Ankara.

Intanto, lontano da Idlib, si muovono anche gli Stati Uniti su uno scenario solo apparentemente slegato da quello della provincia nord-ovest. Il colonnello al Talaa, a capo della milizia Maghawir al Thawra – l’ex Nuovo Esercito Siriano creato dalla Cia in Giordania nel 2015 e sostenuto dal Pentagono – ha riportato di esercitazioni statunitensi in corso nel sud-est della Siria, a Tanf. Otto giorni di esercitazioni militari che hanno visto la partecipazione di centinaia di marines e di miliziani.

Un portavoce militare statunitense, il colonnello Sean Ryan, ha confermato alla Reuters le manovre affermando che Washington aveva avvertito la Russia. La zona non è casuale: Tanf si trova sulla strada che collega Damasco a Baghdad ed era considerata una delle principali vie di transito delle armi iraniane in ingresso in Siria. Più che un’esercitazione, la mossa Usa pare un modo per ricordare alla Russia la propria priorità – e quella di Israele e Arabia Saudita: cacciare dalla Siria le forze di Teheran. Nena News

 

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