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gennaio 21, 2018

 

Gli USA incastrati nel nord della Siria

di MK Bhadrakumar

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

La guerra siriana prende una piega epocale con l’aperta operazione turca sulla città siriana di Ifrin, iniziata sabato. Il presidente Recep Erdogan annunciava l’avvio dell’operazione via terra a fianco dei bombardamenti d’artiglieria ed aerei. Affermava anche che un’operazione successiva sulla città di Manbij, 140 miglia ad est, seguirà. (Vedasi la mappa qui). Ifrin e Manbij sono attualmente controllate dalle forze curde siriane allineate agli Stati Uniti, che hanno 5 basi nel nord della Siria nei territori controllati dalle milizie curde, e che contribuirono direttamente all’occupazione di Manbij da parte delle milizie curde nel 2016. Pertanto, l’operazione turca è una sfida strategica agli Stati Uniti. Washington aveva ripetutamente invitato Ankara a non compiere alcuna mossa militare contro la milizia curda. Ma ciò che infine si è dimostrato decisivo sembra essere il piano degli Stati Uniti per creare una forza curda di 30000 uomini nel nord della Siria con l’intenzione di usarla come agente. Erdogan sa che gli Stati Uniti avanzano il piano per creare un’enclave curda nel nord della Siria al confine turco, come centro strategico per i futuri interventi in Siria e Iraq. Certamente, tale enclave del Kurdistan minaccerà la sicurezza nazionale della Turchia dando ai separatisti curdi in Turchia una base. Erdogan continuò a supplicare Washington di non seguire i curdi, ma senza risultato e ora ha deciso di prendere in mano la situazione. Lo sviluppo di oggi potrebbe portare allo scontro tra Stati Uniti e Turchia. Il portavoce della Casa Bianca aveva esplicitamente invitato la Turchia a non intraprendere alcuna azione militare. Il segretario di Stato Rex Tillerson aveva telefonato all’omologo turco Mevlut Cavusoglu non appena apparve che le operazioni erano imminenti. La posizione di Iran e Russia sarà cruciale. L’Iran condivide le preoccupazioni della Turchia sull’alleanza degli Stati Uniti coi curdi (che hanno anche legami con Israele) e su un qualsiasi Kurdistan nella regione. Pertanto, mentre l’Iran può esprimere riserve sull’operazione turca (violazione della sovranità della Siria), è improbabile che agisca contro la Turchia. L’Iran si concentra sulle operazioni del governo siriano nella provincia nord-occidentale d’Idlib, estremamente strategica, data la vicinanza al Mediterraneo. La Russia si concentra sulle operazioni ad Idlib, adiacente alla provincia di Lataqia (sul Mediterraneo) dove si trovano la base navale di Tartus e la base aerea di Humaymim.
In teoria, c’è la tacita intesa che la Turchia non possa obiettare (tranne, ovviamente, verbalmente) alle operazioni siriane (supportate dalle milizie sostenute da Iran e Russia) per annientare gli affiliati di al-Qaida presenti ad Idlib e assicurare la grande provincia. I media iraniani hanno riferito oggi che le forze del governo siriano avevano preso la base aerea Abu al-Dhuhur, a sud-est d’Idlib, a Jabhat al-Nusra (affiliato di al-Qaida). Sulla posizione russa, in modo significativo Erdogan ordinava al Capo di Stato maggiore Generale Hulusi Akar e al capo dell’Organizzazione nazionale d’intelligence turca Hakan Fidan di volare a Mosca per incontrare il Capo di Stato Maggiore russo Valerij Gerasimov e dell’intelligence russa. Chiaramente, un elevato coordinamento tra Mosca e Ankara rientra nella decisione di Erdogan di ordinare l’operazione militare turca. Mosca ha espresso preoccupazione per le operazioni turche e chiesto moderazione, ma allo stesso tempo ritirava il personale russo dalle vicinanze di Ifrin. Non esiste una ragione plausibile per cui Mosca debba aiutare gli statunitensi, sullo sfondo della Nuova Guerra Fredda. È interessante notare che il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov accusava duramente gli Stati Uniti sostenendo che balcanizzano la Siria. L’ha detto in una conferenza stampa nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Per Lavrov, “gli Stati Uniti creano organismi governativi alternativi in Siria, il che è contrario agli obblighi sull’integrità territoriale della Siria che hanno ribadito, impegnandosi in particolare alle riunioni del Consiglio di sicurezza. Ne siamo preoccupati“. Il 15 gennaio a una conferenza stampa a Mosca, Lavrov faceva chiarezza: “Possiamo vedere l’aspirazione a non risolvere il conflitto (siriano) il prima possibile, ma ad aiutare chi vorrebbe avviare misure pratiche per cambiare il regime… Le azioni, possiamo vederlo ora, dimostrano che gli Stati Uniti non vogliono una Siria integra territorialmente. Solo ieri abbiamo sentito di una nuova iniziativa con cui gli Stati Uniti vogliono aiutare le cosiddette forze democratiche della Siria a organizzare alcune zone di sicurezza frontaliera. In realtà, ciò significa separare un enorme territorio ai confini con la Turchia e l’Iraq”. Cosa comporta tutto questo? A mio parere, Russia e Iran si siederanno semplicemente a guardare mentre Erdogan schiaccia il principale agente degli Stati Uniti (la milizia curda) nel nord della Siria. In effetti, non hanno nulla da perdere da una brutale resa dei conti tra Stati Uniti e Turchia, due grandi potenze della NATO. D’altra parte, se la Turchia riuscirà a sconfiggere la milizia curda, gli Stati Uniti non avranno altra scelta che lasciare la Siria settentrionale, che andrà a vantaggio di Russia e Iran. In poche parole, l’amministrazione Trump ha dato un morso più grande di quanto può masticare con l’imprudente decisione di mantenere indefinitamente la presenza militare USA in Siria “per contrastare Assad e Iran”. Tehran sa perfettamente che se gli Stati Uniti sono costretti a lasciare la Siria, il piano statunitense-israeliano contro l’Iran sarà una battuta da bazar del Medio Oriente.
Le prossime settimane saranno cruciali. Se gli Stati Uniti sembrano impotenti mentre la Turchia ne schiaccia gli alleati in Siria, sarà un’enorme perdita di faccia per l’amministrazione Trump. Nel frattempo, la Turchia coopera attivamente con la Russia nei preparativi per il dialogo nazionale siriano (tra rappresentanti governativi e dell’opposizione) a Sochi del 29-30 gennaio. La Russia ora ha un’altra opportunità per accelerare la sistemazione siriana.

 

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