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Una foto, forse l'ultima, di Jamal Khashoggi mentre entra nel Consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre scorso per ottenere dei documenti. Nessuno l'ha più visto uscire, non ci sono scatti a certificare che il giornalista sia andato via. 

Fonte: Ansa -New York Times - NBC

https://www.lantidiplomatico.it/

10/10/2018

 

Il giornalista Jamal Khashoggi sarebbe stato fatto a pezzi con una sega nel consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul "Come nel film Pulp Fiction", scrive il New York Times.

 

Il giornalista saudita Jamal Khashoggi, scomparso 8 giorni fa dopo essere entrato nel Consolato del dell’Arabia Saudita a Istanbul, sarebbe stato fatto a pezzi con una sega dentro l'edificio da agenti dei servizi di Riad, "come nel film Pulp Fiction". I suoi resti sarebbero quindi stati portati fuori nascosti dentro un minivan nero. Lo sostiene una fonte investigativa turca, citata dal New York Times. 

 

La scomparsa, e a questo punto l’omicidio del giornalista, pone ancora una volta un grosso problema: gli Stati Uniti non intendono limitare la tracotanza di Riad. Come spiegato dal giornalista Alberto Negri. Perché? Semplice, per soldi. I sauditi finanziano gli Stati Uniti e gran parte dei paesi occidentali. 

 

Intanto il quotidiano turco Sabah, molto vicino agli ambienti governativi, ha pubblicato le presunte immagini - tratte dalle telecamere di sorveglianza dell'aeroporto Ataturk - e i nomi dei 15 agenti dei servizi sauditi giunti a Istanbul lo stesso giorno della sparizione del reporter e ripartiti dalla sede diplomatica di Riad poche ore dopo.

 

Il giornale lo definisce come lo "squadrone della morte" responsabile dell'omicidio. LKanal 24, ha invece mostrato immagini di Khashoggi che entra 8 giorni fa nel suo Consolato a Istanbul e quelle di un minivan nero uscito poco dopo, sostenendo che dentro si trovava il cadavere. 

 

Il regno del Golfo Persico ha definito le accuse di qualsiasi coinvolgimento nella sua scomparsa "infondate", dicendo che Khashoggi ha lasciato il consolato. 

 

Entrambe le nazioni sono alleati militari degli Stati Uniti. La Turchia è nella NATO e l'Arabia Saudita è stata la prima destinazione all'estero del presidente Donald Trump. 

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http://www.occhidellaguerra.it/

ott 10, 2018

 

L’ordine della casa reale saudita: “Uccidete e smembrate il dissidente”

 

Ucciso e smembrato all’interno del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul. Pare esser stato questo, secondo la ricostruzione fornita dal New York Times, il destino di Jamal Khashoggi, dissidente saudita e commentatore di punta del Washington Post. “È come Pulp fiction“, ha detto un ufficiale al quotidiano statunitense.

 

Comprendere cosa sia successo all’interno del consolato il 2 ottobre scorso è praticamente impossibile. Le fonti del Nyt provano però a fare chiarezza. 

 

Il giorno in cui è scomparso Khashoggi, a Istanbul sarebbero arrivati 15 agenti sauditi su due voli charter. Poche ore dopo la scomparsa del giornalista, gli uomini di Riad sarebbero rientrati in patria. Tra di loro ci sarebbe stato anche un esperto di autopsie, “probabilmente per aiutare a smembrare il corpo“, sottolinea il Nyt.

 

Un’altra fonte, invece, avrebbe raccontato che i sauditi avrebbero registrato un video sull’uccisione del giornalista e che ora questo filmato sarebbe nelle mani dell’intelligence turca.

 

La morte di Khashoggi e l’ombra di Casa Saud

La decisione di uccidere un dissidente così famoso e per di più in un Paese straniero non può non esser frutto dei piani più alti della casa reale saudita. Scrive a tal proposito il New York Times, che cita fonti di sicurezza turche: “L’ordine di uccidere Khashoggi proviene direttamente dai vertici perché solo i più anziani leader sauditi possono ordinare un’operazione di questo tipo e di questa complessità”. 

 

Insomma, qualcuno ai vertici della Casa reale aveva deciso che Khashoggi doveva esser eliminato. Ma chi? Nei suoi commenti, il dissidente saudita ha espresso critiche violentissime alla guerra in Yemen, sponsorizzata dal principe Moahmmad bin Salman, ora il vero detentore del potere a Riad. Ma era davvero necessario eliminare un dissidente simile? Khashoggi era davvero in grado di modificare così tanto l’opinione pubblica da giustificare – seguendo uno spietato ragionamento – la sua uccisione? 

 

Tra tutti questi interrogativi, colpisce la posizione della Turchia, che fin da subito ha puntato il dito contro Riad. Come abbiamo ricordato su queste pagine, “lo scorso marzo MbS era stato molto critico nei confronti del Paese guidato da Erdogan, inserendolo in un immaginario “triangolo del male”. La vicinanza di Ankara ai Fratelli Musulmani e le posizioni opposte in molte delle crisi che hanno investito la regione sono solo alcuni motivi di astio tra i due Paesi. Dal giugno dello scorso anno inoltre Arabia Saudita e Turchia si trovano contrapposti anche sulla questione del Golfo: mentre la coalizione guidata da Riad ha isolato il Qatar, accusato di sostenere e finanziare il terrorismo, la Turchia di Erdogan è sempre stata al fianco di Doha, inviando aiuti e rifornimenti. L’omicidio di Khashoggi potrebbe essere considerato come una violazione della sovranità turca e portare così ad una nuova rottura tra i due Paesi”. 

È quindi altamente probabile che Erdogan cercherà vantaggi da questa situazione. Vantaggi che, ovviamente, saranno a discapito della casa reale saudita.

 

I sauditi si difendono

Fin dall’inizio della vicenda, Riad ha detto di non c’entrare nulla con la sparizione del giornalista. Ieri, il principe Khalid bin Salman bin Abdulaziz. ambasciatore saudita negli Stati Uniti, ha detto: “Vi assicuro che le notizie che insinuano che Jamal Khashoggi sia scomparso nel consolato di Istanbul o che le autorità del Regno (saudita, NdR) lo abbiano detenuto o ucciso sono assolutamente false e infondate”.

Il diplomatico ha poi proseguito dicendo che “ci sono molti fatti riguardanti la sua sorte che si spera saranno rivelati dalle indagini in corso. Malgrado ciò, negli ultimi giorni abbiamo assistito a fughe di notizie maligne e a biechi pettegolezzi sulla sorte di Jamal. Normalmente preferirei non discutere di affermazioni così oltraggiose, specialmente quando riguarda il benessere di un cittadino scomparso che ha dedicato gran parte della sua vita a servire il suo Paese – ha proseguito il principe – Va da sé che la sua famiglia nel Regno rimane seriamente preoccupata per lui e anche noi. Jamal ha molti amici nel Regno, tra cui me stesso, e nonostante le nostre differenze e la sua scelta di andare in ‘auto-esilio’, abbiamo mantenuto contatti regolari quando era a Washington”.

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