Originale: The Independent

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12 ottobre 2018

 

Linciare i giornalisti

di Charles R. Larson

Professore Emerito di Letteratura  alla  American University di Washington, D.C

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Il corrispondente della sezione Opinioni globali del Washington Post, Jamal Khashoggi che è saudita, è entrato nel consolati del suo paese a Istanbul, Turchia, la settimana scorsa e da allora non è stato più visto. Peggio ancora, i funzionari turchi dicono che è stato ucciso all’interno del consolato, che il suo corpo è stato fatto a pezzi e poi portato fuori di nascosto dall’edificio, linciati, si potrebbe dire, e poi fatto sparire, invece che essere appeso a un albero. Il giornalista aveva scritto articoli in cui criticava il giovane leader del suo paese, Mohammad bin Salman, il principe  della corona che ha 33 anni, che si considera una specie di liberale o almeno un riformista. Che cosa ironica che questo atto barbarico sia avvenuto in Turchia dove, in anni recenti sono scomparsi più giornalisti che in qualunque altro paese (245 dall’inizio di quest’anno, anche se, per quanto ne sappiamo, nessuno è stato ucciso.

Quasi contemporaneamente all’incidente di Istanbul, una giornalista bulgara di 30 anni,  Viktoria Marinova, è stata brutalmente violentata e uccisa a Ruse, nel nord-est del paese, dove lavorava come giornalista televisiva. Era stata un’investigatrice politica. Non è stata l’unica giornalista europea uccisa durante l’anno scorso.

Daphne Caruana Galizia che, analogamente,  faceva servizi giornalistici su problemi politici (corruzione nel governo è stata uccisa a Malta da un’autobomba. Jan Kuciak, un giornalista slovacco che si occupava anche lui della corruzione del governo, è stato ucciso da colpi di arma da fuoco insieme alla sua fidanzata.

Uccidere i giornalisti è diventata un’industria in crescita. In aprile, Jason Rezaian (un altro giornalista che scrive per la sezione di Opinioni Globali del Washington Post e che è stato tenuto prigioniero in Iran per 544 giorni), ha descritto la morte di giornalisti in Nicaragua, India, Brasile e  Messico avvenute l’ano scorso.  Cita il Presidente  delle Filippine Rodrigo Duterte, che ha detto: “Proprio perché sei un giornalista non sei “dispensato” dall’assassinio, se sei un figlio di puttana.” In altre parole, forse meno colorite, Donald Trump si è sfogato sui giornalisti ( e i media falsi) fin da quando è diventato presidente. E’ sorprendente che un  giornalista americano nel nostro paese sia stato ucciso per aver criticato questa amministrazione (l’uccisione, avvenuta in giugno, di cinque giornalisti che lavorano  per la  Capital Gazette, ad Annapolis, nel Maryland, anche se orribile, rientra in una categoria leggermente diversa: l’assassino aveva una lunga contesa con il giornale).

Comunque, e questo è vero soprattutto nel nostro paese, le opinioni considerate contrarie alla propria hanno portato a una ripresa delle minacce di morte, spesso indirizzate a persone del campo politico opposto. Considero l’aumento di tali minacce uno dei risultati della brutta magniloquenza del Presidente Trump, delle dichiarazioni fatte ai suoi comizi politici che apparentemente rendono tale violenza – possano massacrarlo – possibile. Pensate alla polemica continua di Trump contro gli immigrati e le minoranze. Tutti sappiamo che i crimini di odio contro le minoranze (o quelle percepite come minoranze) sono aumentati moltissimo. Abbiamo molto di cui essere grati.

La preoccupante escalation delle minacce di morte è stata visibile soprattutto nelle scorse due settimane durante l’udienza che coinvolge il candidato alla Corte Suprema, Brett Kavanaugh. Abbiamo ascoltato sdegnati il racconto della Dottoressa Christine Blassey Ford circa ciò che le è accaduto dopo che la sua accusa al giudice Kavanaugh è diventata pubblica. Lei e la sua famiglia sono dovuti andare via dalla loro casa a causa di minacce di morte. In tutta franchezza nei confronti di Kavanaugh, sospetto che anche lui e la sua famiglia abbiano sperimentato analoghe minacce di morte. Grazie alle mie letture nei due anni passati, so che le minacce di morte verso molte, molte persone (come gli studenti di Parkland, in Florida che si sono espressi a favore del controllo delle armi) sono ora comuni. Sappiamo anche che la maggior parte delle minacce sono affermazioni vuote, ma se una è  contro voi stessi, fareste bene a prenderla sul serio. Compromettete quindi la vostra vita e quella della vostra famiglia per pagarvi la sicurezza.

Ho cominciato a scrivere riguardo ai giornalisti che muoiono a causa di vile violenza in molte parti del mondo e poi sono passato a occuparmi del numero crescente delle minacce di morte che in America le persone messe sotto i riflettori sono andate sperimentando. Entrambe sono disgustose, ma la seconda sospetto che sia più benigna della prima. (Il recente resoconto di una persona famosa riguardo alle minacce di morte, descriveva il modo incerto di scrivere quei messaggi, che implicava un contesto di istruzione minimo della persona che faceva la minaccia). Molti di loro forse si sfogano, “gasandosi”, o così credono.

Questo non si può dire delle persone che uccidono i giornalisti o che assumono dei professionisti per fare il loro sporco lavoro. Il loro potere è stato minacciato, i loro reati sono stati svelati, la loro accusa di ricchezza è stata ridimensionata e da questo deriva la violenza sfacciata (stupro, tortura, dissoluzione fisica) contro gli altri. Considero questi atti (dato che non c’è alcun tentativo di nasconderli) come i linciaggi di oggi. Avvertimenti. Smetti di scrivere oppure sarai il prossimo.

E il giornalismo viene decapitato.

 


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Fonte: https://www.counterpunch.org/2018/10/12/lynching-journalists

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