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14 Febbraio 2019

 

La fame in Africa continua a crescere. Ed è colpa anche del cambiamento climatico

 

237 milioni di persone affamate nell’Africa sub-sahariana. A rischio l’obiettivo Onu fame Zero

«La fame in Africa continua a crescere, dopo molti anni di declino, minacciando gli sforzi del continente di sradicarla e raggiungere gli Obiettivi di Malabo 2025 e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare il secondo Obiettivo di sviluppo sostenibile (Sdg2)». E’ la terribile realtà che emerge  dal  rapporto “Africa Regional Overview of Food Security and Nutrition. Addressing the threat from climate variability and extremes for food security and nutrition”, pubblicato da Fao e United Nations economic commission for Africa (Eca). Nell’Africa sub-sahariana 237 milioni di persone soffrono di denutrizione cronica, annullando così tutti i passi avanti fatti negli ultimi anni.

Il rapporto congiunto Fao – Eca  dimostra che Sempre più persone continuano a soffrire di denutrizione in Africa rispetto a qualsiasi altra regione. I dati suggeriscono che nel 2017 il 20% della popolazione africana era denutrita».

Nella prefazione al rapporto, Helena Semedo, vice direttrice generale della Fao, Abebe Haile-Gabriel vice direttore Generale della Fao e rappresentante regionale per l’Africa, e Vera Songwe, segretaria esecutiva dell’Eca, scrivono che «Il peggioramento del trend in Africa è dovuto alla difficile situazione economica globale, al peggioramento delle condizioni ambientali e, in molti Paesi, ai conflitti e alla variabilità climatica e agli eventi estremi, a volte insieme. La crescita economica è rallentata nel 2016 a causa dei bassi prezzi delle materie prime alimentari.  L’insicurezza alimentare è peggiorata nei Paesi colpiti da conflitti, spesso esacerbati dalla siccità o dalle inondazioni.  In Africa meridionale e orientale, sono molti i Paesi hanno sofferto di lunghi periodi di siccità».

Dei 257 milioni di persone che soffrono la fame in Africa (un africano su 5), ben 237 milioni vivono nell’Africa sub-sahariana, gli altri 20 milioni nell’Africa settentrionale. Il rapporto annuale delle Agenzie Onu indica che, «Rispetto al 2015, ci sono altri 34,5 milioni di persone denutrite in Africa, di cui 32,6 milioni nell’Africa sub-sahariana e 1,9 milioni nell’Africa settentrionale. Quasi la metà di questo incremento è dovuto all’aumento di persone denutrite in Africa occidentale, mentre un altro terzo proviene dall’Africa orientale».

Ci sono anche buone notizie: «A livello regionale – dicono Fao ed Eca – la diffusione dell’arresto della crescita nei bambini sotto i 5 anni sta diminuendo», ma avvertono che «Solo pochi Paesi sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo nutrizionale globale di bloccare questa tendenza».

Mentre a milioni soffrono la fame «Il numero di bambini in sovrappeso sotto i 5 anni continua ad aumentare ed è particolarmente alto nell’Africa settentrionale e meridionale». Secondo il rapporto, «I progressi verso la realizzazione degli obiettivi nutrizionali globali dell’Organizzazione mondiale della sanità sono molto lenti nel continente».  In Africa i bambini sotto i 5 anni colpiti da arresto della crescita (altezza bassa per l’età) sono 59 milioni (30,3%); i bambini sotto i 5 anni colpiti da deperimento cronico (basso peso per l’altezza) sono 13,8 milioni (7,1%); i bambini sotto i 5 anni in sovrappeso (peso elevato per l’altezza) sono 9,7 milioni (5%); gli adulti obesi sono l’11,8%; le donne in età riproduttiva colpite da anemia sono il 38%; i bambini di età inferiore a 6 mesi che sono stati allattati esclusivamente al seno materno sono il 43,5%

Poi ci sono i cambiamenti climatici che sferzano l’Africa incolpevole: «In molti Paesi, in particolare nell’Africa orientale e meridionale, condizioni climatiche avverse dovute a El Niño, hanno portato a un calo della produzione agricola e all’aumento vertiginoso dei prezzi alimentari. La situazione economica e climatica è migliorata nel 2017, ma alcuni Paesi continuano a risentire della siccità e delle scarse precipitazioni».

Il rapporto afferma che «Sono necessari maggiori sforzi per raggiungere l’obiettivo Sdg 2 e i traguardi nutrizionali globali prefissati, a causa delle importanti sfide che deve affrontate il continente, come ad esempio la disoccupazione giovanile e il cambiamento climatico. L’agricoltura e il settore rurale devono svolgere un ruolo chiave nella creazione di posti di lavoro dignitosi per i 10-12 milioni di giovani che ogni anno entrano sul mercato del lavoro. Un’altra minaccia presente e crescente alla sicurezza alimentare e all’alimentazione in Africa, in particolare nei Paesi che fanno molto affidamento sull’agricoltura, è il cambiamento climatico, i cui effetti – precipitazioni ridotte e aumento delle temperature – influenzano negativamente le rese delle colture alimentari di base».

Ma Fao ed Eca evidenziano che «Allo stesso tempo, esistono importanti opportunità per l’agricoltura sviluppando il commercio intra-africano, sfruttando le rimesse dall’estero e investendo nei giovani. Le rimesse dalla migrazione internazionale e interna svolgono un ruolo importante nel ridurre povertà e fame e nello stimolare investimenti produttivi. Le rimesse internazionali ammontano a quasi 70 miliardi di dollari, circa il 3% del PIL africano e rappresentano un’opportunità di sviluppo nazionale su cui i governi dovrebbero lavorare».

Secondo l’Onu, «La firma dell’accordo per una zona di libero scambio nell’Africa continentale offre l’opportunità di accelerare la crescita e lo sviluppo sostenibile facendo incrementare il commercio, compreso quello di prodotti agricoli. Sebbene le esportazioni agricole intra-africane siano passate da 2 miliardi di dollari nel 2000 a 13,7 miliardi nel 2013, rimangono relativamente modeste e spesso informali». Ma il rapporto sottolinea anche che «L’apertura del commercio di alimenti comporta anche rischi per i consumatori e i produttori, e che i governi dovrebbero evitare di utilizzare la politica commerciale per più obiettivi, ma piuttosto unire la riforma del commercio con strumenti aggiuntivi, come reti di sicurezza e programmi di attenuazione del rischio, per raggiungere la sicurezza alimentare e gli obiettivi nutrizionali».

Il tema scelto per il rapporto, “Affrontare la minaccia della variabilità e degli estremi climatici per la sicurezza alimentare e la nutrizione”, evidenzia che «La variabilità climatica e i fenomeni estremi, in parte dovuti al cambiamento climatico, sono fattori importanti alla base del recente aumento dell’insicurezza alimentare e della severa crisi nutrizionale del continente. Molti Paesi in Africa corrono un grande rischio per i disastri legati al clima e ne soffrono frequentemente. Negli ultimi dieci anni, i disastri legati al clima hanno colpito in media 16 milioni di persone e causato annualmente danni per 0,67 miliardi di dollari in tutto il continente. Sebbene non tutte queste variazioni climatiche a breve termine possano essere attribuibili ai cambiamenti climatici, i dati mostrano che eventi climatici più estremi e più frequenti e l’aumento della variabilità climatica stanno minacciando di erodere i guadagni realizzati per porre fine alla fame e alla malnutrizione».

Per questo Fao ed Eca hanno sottolineato che «E’ necessario costruire con urgenza una maggiore resilienza delle famiglie, delle comunità e dei Paesi alla variabilità climatica e agli eventi estremi. Dobbiamo affrontare una miriade di sfide per costruire capacità istituzionali nel progettare, coordinare e potenziare le azioni per il monitoraggio dei rischi, sistemi di allerta precoce, preparazione e risposta alle emergenze, misure di riduzione della vulnerabilità, protezione sociale shock-reattiva e pianificazione e attuazione di misure per la resilienza. Le strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione del rischio di catastrofi devono essere allineate e coordinate con gli interventi nei settori dell’alimentazione e dei sistemi alimentari».

Per quanto riguarda lo sviluppo e l’attuazione di strategie di adattamento climatico il rapporto conclude: «La necessità di maggiori sforzi nella raccolta dei dati, nel monitoraggio e nell’attuazione di pratiche agricole intelligenti dal punto di vista del clima. Gli sforzi continui attraverso i partenariati, la fusione dell’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione del rischio di catastrofi e il finanziamento a lungo termine possono mettere insieme le esigenze umanitarie e quelle di sviluppo».

 

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