Middle East Eye

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24 aprile 2019

 

Algeria, continua la protesta per cambiare il sistema

 

La capitale algerina è scossa da un movimento popolare di protesta da nove settimane. Nonostante le prime vittorie, il movimento prosegue nella sua richiesta di ribaltare il sistema politico cristallizzato dai tempi dell’indipendenza dalla Francia.

 

Un giovane ferito durante le proteste nella capitale algerina di venerdì scorso è morto, secondo la TV Ennahar. La stessa emittente ha affermato che ci sono due narrazioni in contrasto una con l’altra in merito alla morte del diciottenne. La prima è che sia stato bastonato durante le proteste di venerdì, la seconda che sia caduto da un furgone lungo la strada per andare alla manifestazione.

La polizia, sempre secondo Ennahar, sta investigando sulla sua morte e non ha ancora rivelato il nome.

Enormi folle di manifestanti hanno riempito le vie centrali di Algeri per il nono venerdì consecutivo di proteste di massa, rafforzati dal ritiro dalla scena dell’eterno presidente Abdelaziz Bouteflika, ma con l’intenzione di continuare a lottare con le richieste di ampie riforme.

La rinuncia di Bouteflika all’inizio di questo mese ha stimolato i manifestanti a chiedere ulteriori cambiamenti, a partire dal ritiro dei tre storici alleati di Bouteflika.

Gli attivisti hanno conseguito una seconda vittoria lo scorso martedì quando uno dei tre Capi del Consiglio Costituzionale, Tayeb Belaiz, ha seguito Bouteflika nelle dimissioni.

Ma le folle di venerdì scorso, che hanno intasato le strade del centro di Algeri per molti chilometri, esigono maggiori riforme concrete.

I manifestanti fuori dall’iconico edificio delle poste centrali cantavano «Il popolo vuole che se ne vadano tutti!» e «Basta con questo sistema!»

«Non è che perché Belaiz si è dimesso che è finita», ha detto Lyes Adimi, di 24 anni, all’AFP.  «Cosa avrà mai fatto il Consiglio Costituzionale, tranne che validare la frode del sistema a cui appartiene?»

Le proteste, iniziate il 22 febbraio, sono continuate poiché in molti richiedono il ritiro di un’élite ­ chiamata con disprezzo “il potere” o “il sistema” ­– che ha governato l’Algeria dall’indipendenza dalla Francia del 1962 e chiedono la messa in stato di accusa di coloro che considerano corrotti.

I manifestanti stanno chiedendo le dimissioni dei due membri rimanenti del gruppo soprannominato i “3B” – il leader ad interim Abdelkader Bensalah e il Primo Ministro Noureddine Bedoui – dicendo che i sostenitori del precedente governo devono essere interamente esclusi da ogni transizione politica.

Il grido «Bensalah dimettiti!”» si è sentito forte ad Algeri venerdì, mentre la folla cercava di mettere sotto pressione il sostituto del presidente.

Il sostituto di Belaiz, infatti, il poco conosciuto ex pubblico ministero Kamel Feniche è considerato pure uno fedele al potere

Anche se Bensalah ha convocato elezioni presidenziali per il 4 luglio, i manifestanti algerini stanno chiedendo un più ampio ribaltamento dell’intero sistema politico.

Il sofferente Bouteflika ha visto la sua presa sul potere, durata venti anni, venire meno dopo che l’esercito si è accodato alle  richieste che venivano dalle strade e ha spinto per la sua partenza.  Ora l’esercito è diventato l’attore chiave nel determinare come si svilupperanno i prossimi passi.  L’esercito è «convinto che la crisi può essere gestita attraverso la riconciliazione», ha detto l’analista politico, residente a Ginevra, Hasni Abidi. La strategia dell’esercito è quella di «minimizzare gradualmente la portata delle concessioni ai manifestanti».

Il capo dell’esercito Ahmed Gaid Salah ha accennato questa settimana che l’esercito può ammorbidire le proprie posizioni dicendo che «tutte le opzioni rimangono aperte al fine di trovare una soluzione alla crisi appena possibile».

Ha pure chiesto che l’esercito algerino non spari sulla propria gente e di garantire che «non si versi neanche una goccia di sangue algerino».

La presidenza ha annunciato che Bensalah ha iniziato incontri con “figure nazionali” per svolgere consultazioni rispetto al futuro, ma queste ultime sembrano ben lontane dal centrare l’obiettivo delle richieste dei dimostranti.

I partiti di opposizione marginalizzati per anni – che però sono stati tenuti a lato anche dal movimento di protesta di base ­– sono stati invitati a colloqui lunedì 22 aprile.

 

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