Fonte: journal-neo.org

https://comedonchisciotte.org/

16 Marzo 2019

 

Le proteste algerine sono una Rivoluzione Colorata?

di Jean Perier

Scelto e tradotto da Markus

 

Le proteste in corso contro il presidente in carica Abdelaziz Bouteflika, che è rimasto al timone della politica algerina per due decenni e che stava per candidarsi per la quinta volta, hanno portato ad un brusco deterioramento della situazione politica in questo paese. In effetti, il governo di Bouteflika aveva cercato, fin dalla fine di febbraio, di affrontare i dilaganti disordini pubblici, ma senza risultato. Gli analisti ritengono che il movimento di protesta guidato dalla gioventù algerina (oltre il 70% della popolazione di questo paese non arriva a 30 anni) possa far precipitare questa repubblica nordafricana nella guerra civile. È stato sottolineato che la giovane età della generalità dei partecipanti alla rivolta popolare spiega l’assenza di figure di spicco alla guida del movimento di protesta. In realtà, l’intero movimento è sorto spontaneamente, in risposta al totale disinteresse nei confronti dell’opinione pubblica palesato dal governo in numerose occasioni, e questo per l’assenza di una vera forza di opposizione nel paese.

Come è stato riportato da APS [Algérie Press Service], nel corso di appena un paio di giorni di proteste all’inizio di marzo, durante i quali si erano visti atti di vandalismo diffuso e attacchi alle forze dell’ordine, circa 200 persone erano state ferite mentre un’altra ventina erano state arrestate. Era risultato che la maggior parte di quelli che erano stati fermati si trovavano sotto l’influenza di sostanze psicotrope e correvano il rischio di diventare violenti. Diverse migliaia di membri della diaspora algerina in Francia e in altri paesi europei hanno preso la decisione di sostenere le manifestazioni di protesta contro Bouteflika e le sue politiche.

Tuttavia, anche se gli osservatori sul campo non riescono ad individuare un vero e proprio centro del movimento di protesta, sarebbe forse troppo azzardato asserire che una serie di rivolte si è propagata in tutta l’Algeria solo per le difficoltà interne di questo paese. Vi sono notevoli analogie nel modo in cui sono stati promossi i disordini pubblici in Algeria, che li mettono in relazione all’ondata di rivolte della Primavera Araba, che aveva colpito la regione nel 2011. Quelle rivoluzioni, che avevano gettato Tunisia, Egitto, Libia in uno stato di perenne caos politico erano state orchestrate dall’Occidente, utilizzando in modo assai ingegnoso numerosi social network. All’epoca, l’Algeria era riuscita ad uscirne illesa, in gran parte perchè il potente governo Bouteflika aveva avviato nel paese una serie di riforme sociali che avevano fatto in modo le fiamme che divoravano il mondo arabo non incendiassero l’Algeria. Tuttavia, nel corso degli anni, la situazione interna nel paese è peggiorata notevolmente, mentre le azioni intraprese dagli oppositori occidentali di Algeri e le loro politiche sono diventate sempre più raffinate e sistematiche.

Negli ultimi giorni, Washington e un paio di stati satelliti hanno manifestato il desiderio di usare le proteste in Algeria per assoggettare questo Paese alla loro volontà e rimetterlo in riga. La Casa Bianca, di recente, è stata particolarmente frustrata dal governo Bouteflika a causa del riavvicinamento tra Algeri e una serie di importanti attori dell’UE nel campo della sicurezza energetica, dal momento che l’Algeria è diventata un importante fornitore di gas naturale per il mercato europeo, dove Washington è comunque impegnata in un braccio di ferro con la Russia nel tentativo di costringere Bruxelles ad acquistare, come alternativa, il suo costoso gas naturale liquefatto (GNL). Quindi, se l’Algeria dovesse precipitare nel caos o se il suo governo venisse abbattuto, permettendo all’Occidente di mettere le mani sulle vaste risorse energetiche di questo stato nordafricano, le oligarchie occidentali vincerebbero in entrambi i modi.

Tuttavia, bisogna riconoscere che, nonostante il desiderio di alcune forze occidentali di agitare le “acque della politica algerina” descrivendo Bouteflika come uno spietato dittatore, è necessario ribadire che la società civile di questo paese considera il presidente in carica e le sue politiche di governo in due modi molto diversi. In contrasto al piccolo numero di giovani radicali, fomentati dai propagandisti occidentali sui social media, la stragrande maggioranza degli Algerini non odia il proprio presidente. Al contrario, molti di loro sono tuttora grati a Bouteflika per essere riuscito a porre fine alla massiccia carneficina che, negli anni ‘90, stava lentamente facendo a pezzi l’Algeria. Durante questo difficile periodo, circa 200.000 persone erano morte nel corso degli scontri tra gli Islamisti radicali e le forze di sicurezza di questa repubblica araba. Certo, alcuni erano rimasti insoddisfatti del suo gesto di riconciliazione nazionale e della conseguente amnistia per quegli Islamisti che non avessero commesso crimini gravi nel corso delle ostilità, ma non si può fare una frittata senza rompere le uova.

Non c’è proprio da discutere sul fatto che sia stato Bouteflika a portare la pace in Algeria e ad avviare una serie di difficili riforme che erano riuscite a riappacificare un paese dilaniato. Inoltre, c’è chi ricorda ancora il ruolo da lui svolto nella guerra d’Algeria per l’indipendenza dalla Francia. Infine, tutti i posti chiave nel paese sono ancora occupati da persone fedeli ad Abdelaziz Bouteflika, dal momento che l’intero governo è composto da veterani della guerra di indipendenza contro la Francia del 1954-62.

Tuttavia, in un paese in cui la maggioranza della popolazione non raggiunge i 30 anni, la maggior parte delle persone non hanno avuto la possibilità di constatare con i propri occhi la saggezza politica del proprio leader e sono pronti a prendere misure disperate per forzare un cambiamento, visto che molti di loro non hanno niente da perdere perché pensano di aver visto tutto: alti tassi di disoccupazione, anni di stagnazione, la totale mancanza di prospettive di vita. Tutto questo spinge gli studenti e i giovani nelle strade, proprio dove gli sponsor occidentali di questa protesta vogliono vederli.

In ogni caso, qui l’Algeria non è l’unica ad essere dalla parte del perdente. Quando gli Islamisti ritorneranno in questo paese, l’Europa verrà spazzata da una nuova ondata di migranti che supererà tutto ciò che aveva visto prima.

Solo l’anno scorso, l’Algeria aveva espulso dal proprio territorio oltre 25.000 migranti dell’Africa Occidentale, che intendevano utilizzare l’Algeria come via di transito per entrare illegalmente nell’Unione Europea. L’esercito algerino li aveva riportati su autocarri al punto di partenza, al confine tra l’Algeria e il Niger e li aveva salutati, con il consiglio di non riprovarci. Tuttavia, il fenomeno dei migranti è andato intensificandosi negli ultimi due anni e perdere l’Algeria, oltre alla Libia che ospitava i migranti, non beneficerebbe in nessun modo l’UE.

Sullo sfondo delle proteste di massa in Algeria, il governo del paese si è già dimesso e l’attuale presidente ha accettato di rinunciare alla propria candidatura nelle prossime elezioni presidenziali. Ma Washington è determinata a mantenere l’Algeria divisa, il che significa che non ci sarà più il gas algerino a basso costo per l’Europa, che sarà rimpiazzato dal più costoso LNG americano. Di conseguenza, nell’UE aumenteranno le spese di produzione, insieme al costo della vita.

A questo proposito, c’è una domanda logica da porsi: chi è interessato ad uno scenario del genere? I vincitori qui sono gli Islamisti radicali e gli Stati Uniti. È Washington che ha bisogno di un’Europa debole e non competitiva. Un’Europa, che obbedirà ai suoi diktat.

 

All’Europa piacerebbe un simile scenario?

Ecco perché i  politici europei moderati e, soprattutto, il presidente francese Macron, devono dimostrare che Parigi è in grado di perseguire una politica estera indipendente per quanto riguarda le sue ex colonie. Oggi, l’Algeria si aspetta che l’Europa non incoraggi ulteriormente le forze antigovernative, ma ciò che le piacerebbe ancora di più è che le venisse data una mano.


Link: https://journal-neo.org/2019/03/15/are-algerian-protests-a-color-revolution/
15.03.2019

 

top