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19 gen 2019

 

Camerun dilaniato da violenze, proteste e separatismo

di Federica Iezzi

 

La conferma alla presidenza, dopo 36 anni di potere, di Paul Biya, lo scorso ottobre, ha aggravato la crisi di un Paese considerato fino a qualche anno fa un’isola di relativa calma in una regione martoriata

 

Roma, 19 gennaio 2019, Nena News –

 

La crisi nelle aree anglofone del Camerun, il South West e il North West Regions, iniziata nel 2016 dopo decenni di emarginazione, è sul punto di destabilizzare il Camerun, un Paese un tempo considerato un’isola di relativa calma in una regione travagliata. L’inizio della crisi coincide con le proteste di insegnanti e avvocati anglofoni contro l’uso strisciante del francese nei sistemi di istruzione e nei sistemi legali.

Queste dimostrazioni si sono trasformate in proteste più ampie sull’emarginazione della minoranza anglofona del Camerun, che rappresenta circa un quinto della popolazione dell’intero Paese. Il governo ha rifiutato di riconoscere le rimostranze degli anglofoni mentre le forze di sicurezza hanno represso violentemente le proteste, imprigionando gli attivisti.

La conferma alla presidenza, dopo 36 anni di potere, di Paul Biya, lo scorso ottobre, ha intensificato ulteriormente gli scontri. Quasi dieci milizie separatiste ora combattono le forze governative, con a capo il governo ad interim dell’Ambazonia, autoproclamato Stato anglofono camerunense. Da allora, una lotta sempre più secessionista ha contrapposto il governo di lingua francese di Yaoundé, alle Forze di Liberazione dell’Ambazonia e altri gruppi ribelli.

Almeno 500 civili sono morti nelle violenze. Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, si contano 30.000 rifugiati anglofoni in Nigeria e 437.000 sfollati interni in Camerun, tra le rappresaglie del governo e l’intimidazione delle milizie. Secondo le stime dell’International Crisis Group, i combattimenti hanno già ucciso circa 200 soldati, gendarmi e agenti di polizia, con circa 300 feriti, e ucciso più di 600 separatisti.

Disinnescare la crisi richiederà il rilascio da parte del governo di tutti i detenuti politici, compresi i leader separatisti, un impegno da entrambe le parti per concretizzare un cessate il fuoco, colloqui tra il governo e i leader anglofoni, seguiti da qualche forma di dialogo nazionale comprensivo di discussione per un eventuale decentramento o per un’unione federale tra le due componenti francofona e anglofona. Già a metà dicembre le autorità camerunesi hanno rilasciato 289 detenuti anglofoni, sebbene centinaia, compresi i leader separatisti, siano ancora dietro le sbarre. Senza un significativo e reciproco compromesso, il Camerun rischia di scivolare verso un conflitto destrutturante.

Nonostante gli investimenti, il Paese sta soffrendo economicamente a causa del conflitto nelle regioni anglosassoni. La lobby del commercio camerunese ha dichiarato che, a causa della crisi, le perdite ammontano a 500 milioni di dollari insieme a 6.500 posti di lavoro.

Il Camerun anglofono nelle regioni amministrative del sud-ovest e del nord-ovest, armato di fucili da caccia, piccoli cannoni e armi bianche, usa tattiche di guerriglia per sfidare un esercito ben equipaggiato e altamente sofisticato, appoggiato da Francia e Stati Uniti. Le truppe governative mantengono il controllo dei principali centri urbani, mentre l’Ambazonia Defence Forces (ADF), l’ala militare del movimento separatista, opera in villaggi e territori remoti, dove i soldati meno numerosi e le infrastrutture stradali povere, limitano la portata diretta dello stato. Le operazioni governative hanno tuttavia gravemente danneggiato la catena di comando dell’ADF, costringendolo a operare in modo clandestino.

Il Camerun è un membro chiave della Multinational Joint Task Force contro le milizie di Boko Haram, nella sua regione più settentrionale, tra Nigeria a ovest e Ciad a est. Contribuisce con circa 1.000 soldati alla missione di peacekeeping MINUSCA, United Nations Multidimensional Integrated StabilizationMission in the Central African Republic. Ospita almeno 300.000 rifugiati dalla Repubblica Centrafricana nella sua impoverita regione orientale, già terreno di scontro tra pastori e agricoltori del bacino del Lago Ciad. Qualsiasi escalation del conflitto nel sud estenderebbe inevitabilmente nell’area l’esercito camerunense ben finanziato e ben addestrato, compromettendo così gli sforzi regionali per mitigare lo jihadismo militante e per migliorare la sicurezza e il mantenimento della pace alle frontiere. Nena News

 

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