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21 novembre 2019

 

ET sta arrivando

di Carlo Bertani

 

Non sono certo le mille fregnacce del governo e dell’opposizione a rendermi perplesso, e nemmeno le mille disgrazie economiche: previste, annunciate, poi scorporate, quindi riammesse…nel gran calderone della politica e dell’economia: si sta muovendo qualcosa di serio da tutt’altre parti. La prima notizia è giunta dalla NASA, poche settimane or sono: d’ora in avanti, non vogliamo più sentir parlare di Oggetti Non Identificati in cielo…beh…consideriamoli come “elementi non censiti nelle aeronautiche terrestri” o qualcosa del genere, insomma, ci sono cose che volano in cielo che non sappiamo cosa siano. E non sono, sia chiaro, palloncini sfuggiti ai bambini al luna park né palloni aerostatici dispersi dai meteorologi: non possiamo dirvi chiaro e tondo che sono extraterrestri – perché, ad onor del vero, non lo sappiamo nemmeno noi (?) – però ‘sta roba può essere pericolosa per il traffico aereo, quindi – cari piloti – state accuorti.

 

La comunicazione della NASA giunge a proposito, perché – grazie alle mille diavolerie informatiche oggi possibili – nessuno prendeva più troppo sul serio i filmati degli UFO, giacché il sospetto veniva: questi, tanto per guadagnare contatti su Youtube, macchineranno chissà che cosa. Invece è proprio la NASA a dirlo: non sono roba nostra e ci sono veramente.

Aggiunge anche, a pochi giorni di distanza, che su Marte c’è acqua ed una quantità “interessante” di Ossigeno: partiamo?

 

La NASA è in vena di scherzare, oppure hanno ricevuto l’ordine di mettere una ciliegina in più sulla gran torta della comunicazione planetaria? Può essere, ma non sono mica i soli.

A giro di ruota, parla anche Padre Funes, (astronomo e professore di fisica all’Università del Salvador a Buenos Aires), gesuita ed ex direttore della Specola Vaticana – che è il centro di ricerca scientifica della Chiesa Cattolica, munito anche di un osservatorio astronomico – e sentite cosa dice: “Gli Ufo sono oggetti reali le cui strutture, velocità e traiettorie, sono state sia fotografate, sia registrate dai radar. Quelle navi di lontani pianeti sono state più volte inseguite dai nostri aerei militari. Da due degli Osservatori, molte volte ho seguito le evoluzioni degli Ufo. Quasi sempre essi seguivano dei “satelliti” o i missili che li mettevano in orbita, ma sempre ad una certa distanza, come per non disturbarli con il loro campo magnetico. Quando i “satelliti” entrano nel cono d’ombra della Terra, essi spariscono; per contro, gli Ufo rimangono luminosi e cambiano generalmente rotta, e questo a velocità fantastiche. Una notte e senza dubbio per la prima volta al mondo, abbiamo seguito uno di essi al telescopio. Tutto ciò è assolutamente certo e controllato da tecnici”.

 

Qui, c’è poco da aggiungere, ma sono altre ancora le “rivelazioni” che fanno pensare.

Da qualche anno a questa parte, il maggior fenomeno editoriale italiano è quello di Mauro Biglino, lo studioso torinese che, traducendo letteralmente dall’antico ebraico la Biblia Hebraica Stuttgartensia, un testo masoretico contenuto nel cosiddetto Codice di Leningrado, ha “rivoluzionato” le nostre conoscenze dell’Antico Testamento (e parte del Nuovo). Ovviamente, non ho alcuna competenza per giudicare il lavoro di Biglino, però le tesi contrarie al biblista torinese – ho notato – non sono così “virulente” come ci si potrebbe attendere. Soprattutto nei confronti di chi – bene o male – sostituisce Dio Padre con un extraterrestre un po’ bisbetico e parecchio arrogante! Ma non basta ancora, perché – recentemente – ha pubblicato un nuovo libro nel quale va a “rivedere” anche il Nuovo Testamento, nel quale Gesù Cristo potrebbe non essere più un pescatore con la strana abitudine della parabola per ogni occasione, bensì un semidio che doveva riscattare il popolo ebraico dalle sue mille e una vicissitudini. Certo, da Dio dei Cristiani a semidio fallito per gli Ebrei, di acqua ce ne passa.

 

Per cercare di capirci qualcosa di più, non stiamo a disquisire sulle sottigliezze di una traduzione, ma osserviamo con franchezza ciò che la Scienza ci dice e le prove che porta per dimostrarle. Sia Biglino e sia Geremia Sitchin, riportano che la vera Storia c’è stata negata nei suoi assiomi fondamentali, vale a dire per il dubbio sulle nostre origini: se la teoria creazionista richiedeva forzatamente la Fede per crederci, nemmeno l’evoluzionismo darwiniano ci spiega poi molto. Sulle basi della teoria evoluzionista di Darwin non c’è nulla da obiettare: è ovvio che chi è dotato del miglior “corredo” per un determinato scenario, esce vincitore su chi era in possesso di un “corredo” – maggiore, minore, stupendo, fatiscente, ecc – ma inadatto ad interloquire con quello scenario. Basti riflettere che chiunque di noi – Homo Sapiens Sapiens – dotato di conoscenze iperboliche rispetto a 100.000 anni fa, non sopravvivrebbe più di qualche giorno in quell’ambiente.

 

In buona sostanza, non verifichiamo i percorsi storici dall’analisi dei fatti, bensì dalla ricostruzione degli eventi operata mediante le nostre conoscenze attuali, senza considerare le mille differenze – culturali, scientifiche, economiche, spirituali, ecc – rispetto al periodo interessato. E adattiamo i tempi – inesorabilmente, anche se ci sforziamo di essere “clementi” con quei poveri ignoranti del tempo antico – ai nostri tempi, al massimo annacquandoli un pochino, e ci sembra sufficiente questa operazione misericordiosa per assolverli e, dunque, confermarci nel nostro ruolo d’infallibili tessitori delle trame della Storia. Un fenomeno che è definito non-contestualizzazione storica. Operiamo un semplice esempio: l’ultima glaciazione terminò circa nel 10.000 a. C. Subito dopo vi fu un apocalittico scioglimento di ghiacci – dalle Alpi alla Scandinavia, mica un “allarme rosso” dei nostri giorni! – che, si ipotizza, terminò intorno al 9.600 a. C. Un po’ pochini 400 anni di alluvioni? Avvenne quello che fu ricordato in molte tradizioni come il “diluvio universale”? Non lo sappiamo con certezza, possiamo solo ipotizzare che parte del mondo euroasiatico, almeno dal 9.000 a. C., sia stato “agibile” per i nostri progenitori.

 

La piramide di Cheope fu costruita intorno al 2.600 a. C., Babilonia circa nel 2.000 a. C., ma se consideriamo la capitale dei Sumeri, Ur, giungiamo al 3.800 a. C., ossia a soli 5 millenni dallo scioglimento dei ghiacci!

Insomma, in un periodo di circa 5-7.000 anni l’umanità conosciuta dovette mettere assieme tutte le conoscenze per passare dal nomadismo alla sedentarietà: agricoltura, allevamento, metallurgia, trasporti, conservazione degli alimenti, scrittura, classi sociali, ecc. Ed avere tempo sufficiente per costruire (come, poi, è ancora un mistero) il manufatto più alto del Pianeta, che restò tale fino al 1.300 d. C., con la costruzione della guglia della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra.  Può essere? Chiediamo aiuto ad un bravo scrittore, Jared Diamond, per il suo bellissimo “Armi, Acciaio e Malattie”: ben scritto, ben costruito e ben bilanciato fra Scienza ed ipotesi scientifiche, laddove cerca proprio di dipingere i “movimenti” degli ultimi 9.000 anni.

Diamond “concede” poche migliaia di anni per la domesticazione delle piante e degli animali, per la metallurgia e tutto il resto. Ma noi, osservando i secoli più prossimi a noi – sui quali siamo meglio documentati – possiamo dire altrettanto sulla capacità umana di fare “presto e bene”? I primi mulini ad acqua comparvero durante l’impero di Augusto, ma dopo? Quanto tempo ci volle per giungere ad una generale e diffusa macinazione dei cereali senza più ricorrere alla forza fisica, umana ed animale? Altri 1.000 anni.

 

Quanto ci volle per capire che la trazione animale era la metà di quella che si poteva trarre da un cavallo, se non si usava la “collana”, ossia un anello piuttosto spesso (fatto con cuoio e paglia all’interno) che appoggia sulle spalle dell’animale e non sul collo? Per millenni tutti legarono un cappio (non scorsoio! Fin qui c’arrivavano…) od una cinghia al collo dell’animale, che in questo modo faticava di più perché respirava male, ma solo poco prima del Rinascimento si comprese finalmente l’inghippo e si dotarono i cavalli della necessaria, nuova bardatura. Quel, all’apparenza, modesto artifizio raddoppiò la potenza trainante di tutti i cavalli da tiro e concorse parecchio allo sviluppo del Rinascimento: ma ci vollero migliaia d’anni.

 

Fenici, Greci, Romani e popolazioni medievali varie navigarono, ovunque: andarono nelle Americhe e fino in Oceania, ma solo nel tardo Settecento gli olandesi s’accorsero che i pennoni, se collegati all’albero per uno dei vertici invece che nella parte centrale, potevano ruotare, e dunque “raccogliere” il vento molto meglio dai quadranti al traverso e, addirittura, sfruttare venti che avevano un angolo con la prua (oggi, si arriva a circa 35° da prua): si poteva andare controvento! Finalmente! Eppure, a poppa, i grandi velieri avevano spesso una modesta vela latina (più o meno come quelle inventate dagli olandesi) ma a nessuno passò per la mente d’espandere quel concetto. Migliaia di anni a remare controvento. Gli stessi motori automobilistici – ossia strumenti che sfruttano cicli chimici/termodinamici per trasmutarli in forza motrice – ci misero quasi tre secoli, dai primi esperimenti di trazione a vapore, per giungere agli affidabili motori a ciclo Otto: quasi trecento anni!

 

Ora, tornando a Diamond che immagina 5.000 anni come sufficienti per giungere da una società di cacciatori-raccoglitori ad una società stabile, stanziale, che si è data strutture affidabili in tutti i campi, al punto di poter meditare di costruire opere ciclopiche, vi sembra coerente? Questo è un bell’esempio per comprendere ciò che intendevo all’inizio dell’articolo: “pensare all’evoluzione dei nostri antenati con la mentalità moderna” soprattutto per quanto concerne i tempi. Diamond spiega che le aree di scelta delle sementi e delle piante da frutto erano, per forza, i cessi. Sì, i cessi del villaggio, ammettendo che gli antichi avessero aree adibite per i bisogni corporali e non la facessero dov’erano e senza preoccuparsi molto di chi passava lì vicino: d’altro canto, ancora nel Medio Evo, la facevano nel vaso e poi la buttavano dalla finestra. Ma, ricordiamo, che per giungere ad un villaggio con aree stabili per la deiezione, bisogna essere stanziali, e non nomadi. Quindi, una piccola difficoltà già all’inizio.

 

Cosa facevano i nostri antenati nelle aree di “scarico”? Ovviamente – sempre seguendo l’ipotesi di Diamond – mentre la facevano, osservavano, non avendo ancora Topolino da sfogliare. E cosa notavano? Delle piante, cresciute in un humus molto ricco di principi nutritizi, che derivavano per forza da semi passati attraverso l’intestino – interi – e che avevano germinato. Sorvoliamo sul fatto, già di per sé strano, che dei semi passassero indenni alla forte corrosione dell’acido cloridrico che abbiamo nello stomaco e mantenessero la capacità di germinare, come facevano a sapere quali erano da raccogliere e da seminare? I più grossi, ovviamente. Ma, quei semi – cresciuti in mezzo agli escrementi – godevano di una condizione privilegiata (ricchezza di nutrienti) che poteva migliorare il fenotipo, ma che non poteva influire minimamente sul genotipo! Con questo “strano” metodo di selezione, si poteva verificare la “sorpresa”: ossia che seminati in campo aperto dessero dei risultati deludenti, perché il genotipo non era affatto cambiato, i semi s’erano soltanto trovati in un ambiente più propizio.

 

Oppure, dobbiamo sostenere che dei cacciatori-raccoglitori nomadi cogliessero dei semi di graminacee e li selezionassero scegliendo i più grossi, sapessero (e come avevano fatto a capirlo?) che dovevano metterli sotto terra – né troppo e né poco – aspettare molto tempo, ripassare da lì e verificare cosa era successo: un ragionamento perfetto per un uomo del nostro tempo, ma possiamo affermare che sicuramente le cose sono andate così? Per della gente che ammazzava qualsiasi cosa gli capitasse a tiro con asce e lance con la punta di pietra? Per le quali l’orizzonte temporale degli eventi era limitato al “qui e ora”, ossia giungere a fine giornata con la pancia, perlomeno, abbastanza piena? No, nessuno è in grado di farlo. Senza criminalizzare Diamond, sono soltanto ipotesi molto nebulose, anche se “dilatiamo” le possibili date di qualche millennio, se ammettiamo che giunsero prima all’allevamento del bestiame… non sono mille anni in più od in meno a fare la differenza.

Ricordiamoci che né i Greci e né i Romani s’accorsero che le bardature dei cavalli sottraeva loro la metà della forza da tiro dell’animale e che, per “provare” a variare il punto di collegamento dei pennoni delle vele, si giunse quasi all’Ottocento! Insomma, i nostri antenati fecero un passo così complesso – che richiede conoscenze, anche empiriche, ma molto variegate – mentre i nostri avi più vicini a noi non furono in grado di provare, per secoli e secoli,  a collegare una vela in modo diverso?

 

Come potrete notare, si possono – parallelamente – costruire anche altre ipotesi: i primi reperti metallurgici ritrovati datano circa 5.500 anni prima di Cristo, perciò, prima, erano veramente cavoli amari andare a caccia con le punte di selce.

Finalmente, nel 5.500 a. C., grazie all’uso dei metalli la caccia diventa più proficua e quindi tutto prende una nuova accelerazione, impensata fino a quel momento…ma…tutto questo avviene solo 2.200 anni prima d’edificare la città di Ur e d’inventare la scrittura cuneiforme? 3.000 anni prima di costruire la piramide di Cheope (senza conoscere ancora il Ferro)? Sono sempre i tempi ad essere troppo “compressi”: già, oggi andiamo di fretta… Se, invece, cerchiamo conforto negli abissi del tempo, c’è veramente poco da star allegri. Possiamo affermare che l’Homo Sapiens esiste da circa 200.000 anni, ma per il resto…gli antropologi ed i paleo-biologi si danno da fare, certo…ma è il “quadro” ad essere troppo distante nel tempo, dovendo ricavare tutto da frammenti di ossa e qualche raro utensile, sempre col dubbio che quel pezzo di pietra scheggiata sia capitato lì per caso, abbia una datazione differente…insomma, è un mestiere per gente che non si fa spaventare dai grattacapi, avendo di fronte il puzzle più complicato che possa esistere.

 

In fin dei conti, tutto si basa su poche centinaia di frammenti di crani e di ossa lunghe, mentre i crani completi non sono più di qualche decina, ad essere molto “larghi”. E, soprattutto, pochissimi indizi riguardanti gli aspetti culturali (caccia, altri alimenti, abitazioni, ecc)…ne consegue che le uniche prove certe sono le dimensioni, i volumi cranici e poco altro. Basti pensare al rompicapo della convivenza nell’Africa Meridionale di due specie d’ominidi, l’Homo Abilis – che visse fra i 2,4 e 1,44 milioni di anni fa – e l’Homo Erectus – che visse fra 1,8 ed 1,3 milioni di anni fa. Mentre l’Homo Abilis era abbastanza piccolo, sul metro, o poco di più, forse ancora quadrupede ed aveva una capacità cranica di circa 500 cm3, l’Homo Erectus aveva un’altezza quasi come la nostra, era bipede ed un volume cerebrale di circa 1.000 cm3 (Homo Sapiens 1.300 cm3), conosceva ed usava il fuoco e si presume avesse un embrione di vita sociale.

Due specie d’ominidi così diverse vissero negli stessi territori per 500.000 anni? E si estinsero quasi contemporaneamente? Senza volerne nei confronti dei paleo-biologi, mi sembra piuttosto curioso che due specie così diverse siano riuscite a “sopportarsi” (ossia a non eliminare l’altra) per un periodo così lungo. E poi, quella strana estinzione contemporanea, mentre si era ancora lontani un milione di anni dall’Homo Sapiens?

 

Passiamo ora ad una storia di tecnologia più “digeribile”, che riguarda il calcolo automatico.

Ci furono parecchi studiosi che s’interessarono al calcolo automatico, fra i quali Pascal e Leibnitz, ma fino al 1790 non si uscì dal sistema della ruota ad ingranaggi, derivata dagli orologi, per quanto complessa essa fosse. Fu un ignaro progettista di telai per tessitura ad applicare la teoria del calcolo binario, ossia Joseph-Marie Jacquard che inventò il telaio automatico, a funzionamento ancora manuale, ma con il controllo dei movimenti affidato a schede perforate. Sì/No: vi ricorda qualcosa? Alcuni matematici più solerti d’altri – Charles Babbage ed Ada Lovelace (figlia del poeta Byron), ad esempio – compresero che il principio del calcolo binario sarebbe stato il futuro del calcolo automatico. Passarono gli anni: quel che mancava era qualcosa che potesse leggere un codice acceso/spento in una sequenza: finalmente, nel 1946, gli USA ci riuscirono con ENIAC – il primo calcolatore elettronico generalmente accettato – che pesava “solo” 30 tonnellate, aveva 18.000 valvole termoioniche ed alla sua prima accensione assorbì così tanta energia da mandare in black-out la rete elettrica di Filadelfia. Ma, nel 1948…scocca il fulmine! Finalmente, la Bell Technology inventa il primo transistor funzionante! Da dove viene?

 

I modelli precedentemente costruiti non funzionavano ed avevano dimensioni troppo grandi…dal transistor si passò poi ai bit e decollò l’informatica che oggi conosciamo.

Ma cosa successe nel 1948? Niente d’importante…ma nel 1947 – si dice – qualcosa “piovve” su Roswell, un ameno paesino di campagna americano…qualcosa che nessuno riusciva a capire come funzionava…però, l’anno dopo William Shockley, il direttore del progetto della Bell, vinse il Nobel! Forse, da un pezzettino di materiale piovuto dal cielo – accomunandolo ai nostri studi “indigeni” – partì la grande rivoluzione? E siamo giunti all’oggi. Quel che mi stupisce non è la presenza o meno degli extraterrestri: operando un semplice calcolo probabilistico, è difficile che attorno ad una stella, fra miliardi di stelle della nostra galassia, non ci sia vita. E che, magari, siano più sviluppati di noi. Fino ad ora, c’era un po’ di riserbo a parlarne, per non venir investiti da una slavina di reazioni che potremmo restringere ad un solo concetto: sei scemo? Allucinato? Visionario? Adesso, però, abbiamo almeno due istituzioni – la Chiesa Cattolica e la NASA, ossia l’amministrazione USA, difficile pensare che non ci sia l’approvazione presidenziale – le quali ci dicono che gli extraterrestri esistono e, probabilmente, vivono accanto a noi.

In questo caso, cosa potrebbe succedere?

 

Per la NASA si tratta di una comunicazione che non coinvolge profondamente la struttura della società americana: in fin dei conti, si tratta soltanto di trasfondere ET da un film alla realtà. E notate la “prudenza” del comunicato “per le difficoltà che possono creare al traffico aereo”…e per la Chiesa Cattolica? Qui si va a toccare nel vivo i punti fondanti di quella dottrina religiosa: se le rivelazioni di Biglino sono vere, tutto il castello crolla. Perché va bene che l’antico Dio degli ebrei fosse un extraterrestre, ma che Gesù Cristo fosse anch’egli un inviato da qualche lontana costellazione, non va tanto bene. Tutto l’alone di mistero e misticismo scompare, e con esso molti esegeti e filosofi della religione cattolica.

Fra l’altro – mi sono chiesto – considerando il potere della gerarchia vaticana, come mai Biglino sia stato lasciato libero di pubblicare quel che ha pubblicato: per molto meno, altra gente non ha potuto pubblicare nulla oppure, metaforicamente, è “sparita”. In questo caso, potremmo azzardare che Biglino – che lavorò molti anni alle Edizioni San Paolo – sia stato più che “tollerato”: in fin dei conti, si tratta di spostare solo più in là il concetto di creazione, ossia siamo i “figli” di qualcuno che è stato creato. Difatti, il traduttore torinese traduce e basta: non si occupa di questioni filosofiche, non traccia sentenze in questo senso.

A meno che sia la NASA e sia il Vaticano siano stati costretti ad accettare, obtorto collo, ciò che qualcun altro imponeva.

 

E, a questo punto, bisogna domandarci i motivi di questa accettazione. Se si considerano valide le traduzioni di Biglino, gli “dei” extraterrestri si fecero vivi fino al 70 d. C., laddove c’è una cronaca riportata da Giuseppe Flavio (e confermata da Tacito) la quale racconta della “fuga” di “carri volanti” prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme, operata dai Romani proprio in quell’anno. C’è poi un’altra testimonianza, più o meno coeva, di Plinio il Vecchio che cita una “battaglia” fra “carri volanti” sopra l’Umbria. Dopo, più nulla.

Se ci hanno “dato una mano” nel corso della nostra evoluzione, ad un certo punto – probabilmente – ritennero che era giunta l’ora di cavarcela da soli, cosicché si nascosero e rimasero a guardare. Dopo il “trattamento” riservato a Gesù Cristo… Qualcuno ritiene che siano in mezzo a noi, ma non abbiamo né prove né concrete ipotesi da portare per dimostrarlo. Cosa può essere successo per obbligare il Vaticano e gli USA a “preparare” – in qualche modo – l’incontro ufficiale? Cos’avranno da dirci di così importante? Beh…non è che la salute della Terra, negli ultimi decenni, sia stata tanto florida: dopo la Guerra del Golfo del 1991, è stato uno stillicidio di guerre e violenze infinite, che hanno contrapposto l’Oriente contro l’Occidente in maniera devastante.

 

Decenni di guerre, sempre correndo sul filo del rasoio che una guerra più balzana delle altre conducesse ad uno scontro fatale, a qualcuno che premesse il bottone delle armi nucleari, sicuramente la fine dell’avventura umana. Perché prima del 1945 ci ammazzavamo e basta, mentre dopo – e soprattutto senza più il bilanciamento USA/URSS delle armi nucleari – tutto può accadere. E il clima? C’arroventiamo in dibattiti infiniti, in sofismi iperbolici, sotto ai quali c’è sempre un attore consueto a tirare le fila: il dio denaro. Non ci vorrebbe molto a dire, molto semplicemente: smettiamo di bruciare carbone, petrolio e rifiuti perché, oggi, abbiamo i mezzi per fare le stesse cose meglio ed in modo meno dirompente per l’ambiente? Invece, nessuno di noi conosce i destini ecologici di questo pianeta, però tutti si arrogano il diritto di farlo. Io non ho certezze che l’equilibrio planetario sia in procinto di deflagrare, però penso che ricavare l’energia dal sole e dal vento sia più conveniente e sicuramente meno pericoloso del carbone e del petrolio: ad oggi, costa di meno che bruciare carbone e, nonostante Trump continui a provarci, le aziende termoelettriche a carbone stanno accumulando passivi iperbolici. Non pensate che, dopo Greta, si voglia tirare in ballo ET (pagando uno scotto mica da poco, soprattutto per il Vaticano) per sostenere una tesi: piuttosto, provate a spiegarvi perché il Vaticano e gli USA ammettono l’esistenza degli extraterrestri sul nostro pianeta. Provate, perché l’hanno appena fatto.

 

Carlo Bertani, “ET sta arrivando”, dal blog di Bertani del 21 novembre 2019.

 

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