Osservatorio Globalizzazione

20 luglio 2019

 

L’Eurasia di Dugin, una narrazione non originale

di Giuseppe Gagliano

 

Presentato molto spesso come un pensatore sulfureo, eminenza grigia dei palazzi di potere russi, Aleksandr Dugin è in realtà un bravo narratore che è riuscito ad amalgamare diverse correnti di pensiero della più eterogenea estrazione in una sintesi personale, senza tuttavia apportarvi innovazioni significative.

 

Nella riflessione dell’intellettuale russo l’Eurasia corrisponde a un’entità continentale opposta a quella oceanica rappresentata oggi dall’isola mondiale degli Stati Uniti. L’Eurasia è insomma la potenza della terra in base alla quale bisogna respingere un’interpretazione occidentalistica della Russia. Infatti l’identità russa è sorta da una sintesi certamente originale tra elementi slavi e turco -musulmani che furono rivalutati in modo positivo sia da Gengis Khan sia dall’Orda d’oro. 

Dugin, da un punto di vista storico, si collega certamente anche alla tradizione slavofila secondo la quale la vera Russia era quella precedente alle riforme di Pietro il Grande, cioè ad una Russia fortemente contraria alla filosofia illuministica. Infatti gli slavofili sottolineano l’originalità della cultura russa ed esaltano la tradizione della Chiesa ortodossa sottolineando l’estraneità della Russia a un Occidente che si è fondato sul razionalismo e l’individualismo. La Russia auspicata dai fondatori del progetto euroasiatico è la Russia dei secoli 15 e 16º, cioè la Terza Roma destinata a succedere a Roma e a Bisanzio. I sostenitori della visione eurasiatica sostengono e sottolineano l’importanza della diversità della Russia dall’Europa. 

Fra i più importanti sostenitori del progetto euroasiatico l’intellettuale russo individua nella riflessione di Nikolaj Alexiev un punto di riferimento fondamentale: egli gettò le basi del diritto euro asiatico opposto a quello europeo fondato sulla filosofia razionalistica, atomistica ed individualistica.Sempre Alexiev contrapponeva opportunamente il concetto di comunità a quello di società in un’ottica analoga a quella del Tonnies. Questo Stato deve rifiutare tanto i principi liberali quanti i principi totalitari cercando di creare un regime che permetta al popolo di partecipare al suo destino a differenza della democrazia rappresentativa (concezione questa certamente analoga a quella di Moeller van den Bruck). 

Fondamentale nella formazione dell’intellettuale russo è stato il concetto di spazio di Lev Gumilev, concetto analogo a quello deterministico di Hausofer (ben descritti entrambi da Amedeo Maddaluno in Geopolitica – Storia di un’ideologia). Per quanto riguarda la formazione filosofico-politica il percorso dell’intellettuale russo è sovrapponibile a quello di de Benoist. Anche in questo caso gli autori e i movimenti culturali che hanno influenzato Dugin sono gli stessi di de Benoist: Jean Thiart, Evola, Guenon, la Rivoluzione conservatrice, Heidegger, il gruppo Mauss, Dumezil e Dumont. Anche grazie a questi autori, in modo particolare a Guenon e Evola, Dugin è stato profondamente influenzato dalla metafisica, dalla politica ermetica e dall’esoterismo musulmano. A tale proposito è opportuno nuovamente sottolineare che il progetto euroasiatico, oltre a essere antitetico a quello dell’Occidente, è soprattutto un progetto meta-geografico, spirituale e universale. Infatti il richiamo alla tradizione nella riflessione di Dugin è fondamentale e costante.

Concretamente l’intellettuale russo ha cercato di realizzare il suo progetto con la fondazione del movimento euroasiatico internazionale creato nel 2003 riuscendo a internazionalizzarlo soprattutto in Asia coinvolgendo il Kazakistan, la Turchia, il Caucaso e naturalmente alcuni responsabili del governo russo ma riuscendo anche ad arrivare in Francia -grazie a de Benoist -e in Italia grazie sia a Claudio Mutti che a Giancarlo Savoini. Quanto alla realizzazione del movimento della gioventù euroasiatica questi è nato anche per fronteggiare la rivolta arancione di ispirazione americana.

 

Il pensiero di Dugin e la traiettoria geopolitica della Russia

In Continente Russia, una delle poche opere di Dugin che abbia avuto traduzione italiana, l’autore esemplifica il suo pensiero, giungendo fino a vette oniriche: “L’autocoscienza dei popoli e delle nazioni tradizionalmente insediati sul territorio della Russia è in intima relazione con la geografia sacra specifica di questo territorio; nel complesso della geografia sacra le terre dei russi occupano un luogo centrale in virtù dell’antica logica delle corrispondenze astronomiche e astrologiche; il patriottismo russo riflette un destino di dimensioni cosmiche e non può essere paragonato al semplice nazionalismo di altri popoli” (“Continente Russia”, Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma, 1991, pp. 29-30).

L’ermetismo filosofico di Dugin mal si concilia col pragmatismo strategico dell’attuale leadership russa. Come ha sottolineato su Startmag Luigi De Biase, “non è possibile che Putin legga Dugin, che abbia contatti con lui, che cerchi appoggio nella sua ideologia, e non ci sarebbe neppure bisogno di ricordare che Putin e la Russia vanno nella direzione esattamente opposta a quella tracciata da Dugin, o che Dugin ha perduto negli ultimi anni persino la cattedra alla Facoltà di Studi sociali dell’Università di Mosca, per segnare la distanza fra il Cremlino e questo pensatore”.

 

Russia e USA

Dugin rifiuta in modo categorico di ammettere che gli americani siano portatori di una verità universale. Sostiene infatti che la filosofia dei diritti dell’uomo, l’economia di mercato, il sistema democratico liberale, il parlamentarismo e la divisione dei poteri siano valori legittimi ma solo in termini locali poiché relativi ad un’esperienza storica facilmente collocabile nello spazio europeo e poi americano e soprattutto determinata dalla modernità. 

Le altre nazioni possono e devono avere altri valori cioè possono dare la priorità a valori collettivi e religiosi invece che di darlo all’individuo, possono prediligere la gerarchia, la monarchia o addirittura la teocrazia in sostituzione della democrazia. In altri termini gli Stati Uniti devono essere combattuti fino a quando loro identità si confonderà con l’universalismo occidentale e con il messianismo atlantista. Proprio attraverso il progetto euroasiatico bisogna porre fine al loro egemonismo e alla loro espansione planetaria. 

Dugin sostiene che sia perfettamente legittimo da parte degli americani aderire ai loro valori ma che non è legittimo pretendere che questi valori siano universali. La Russia, al contrario, ha il diritto di costituire una civiltà a parte. Il conflitto quindi fra Stati Uniti e Russia potrà concludersi solo nella misura in cui gli Stati Uniti si limiteranno ad avere un ruolo di potenza regionale. Fino a quando gli Stati Uniti pretenderanno di avere un’egemonia globale, il progetto eurasiatico di cui si fa portavoce Dugin dovrà sostenere tutti quei movimenti che si oppongono all’egemonia planetaria americana.

Ebbene la filosofia euroasiatica non è altro che una mondializzazione alternativa che non consiste nella diffusione di un modello universale ma si fonda al contrario sui principi dell’autonomia delle culture e delle azioni cioè sulla necessità della differenza. Da questo punto di vista il progetto dell’intellettuale russo dovrebbe costituire una risposta globale all’ideologia liberale e planetaria di origine americana. Infatti chi sostiene il progetto euro asiatico non può che contrapporsi a quello atlantista poiché entrambi sostengono due visioni del mondo che si escludono vicendevolmente come aveva sostenuto, fra l’altro, Trubetskoy. Il progetto eurasiatico – profondamente influenzato dalla posizione degli slavofili – sostenuto dall’intellettuale russo si oppone al globalismo inteso come volontà di omogeneizzare della civiltà sul modello americano. Da questo punto di vista la riflessione del politologo meritano Samuel Huntington è estremamente interessante: secondo l’intellettuale russo infatti il politologo americano ha perfettamente ragione quando afferma che le civiltà riappaiono ma ha torto nel dolersene. Infatti si deve rallegrare del riemergere delle civiltà.

 

Strategia americana

Secondo l’intellettuale russo gli americani vogliono creare un impero planetario posto sotto il loro controllo e per farlo hanno bisogno di premunirsi contro la sparizione dei grandi spazi. Proprio per questo la Russia rappresenta il loro nemico principale. Concretamente gli americani stanno cercando di accerchiare la Russia per soffocarla. Infatti oggi si spostano a est attraverso la NATO per impiantare il maggior numero possibile di basi militari nel Caucaso e in Asia centrale. Per impedire che la Russia possa diventare una grande potenza regionale gli americani cercheranno di tagliare fuori la Russia dall’Europa e fanno di tutto per far deteriorare le sue relazioni con la Cina e l’Iran. D’altra parte a questo scopo sono servite le rivoluzioni colorate in Ucraina, Georgia, Mongolia eccetera. In questo contesto ,o in questa strategia che dir si voglia, rientrano le relazioni che gli americani stanno costruendo con paesi ex socialisti come Polonia, Repubblica ceca, Croazia, Romania. Alcuni strumenti privilegiati dagli Stati Uniti per conseguire questi obiettivi sono le organizzazioni non governative, le fondazioni e i vari movimenti di difesa dei diritti dell’uomo.

 

Geografia eurasiatica

Nel contesto balcanico la Serbia, la Bulgaria, la Macedonia e il Montenegro hanno dimensione sia eurasiatica sia europea e quindi costituiscono una sorta di zona intermedia. La Manciuria si può considerare, secondo Dugin, a tutti gli effetti russa. La Georgia invece costituisce un problema: mentre infatti l’Ossezia del sud è pienamente eurasiatica il suo orientamento filo -americano e la sua volontà di chiedere l’integrazione all’interno della Nato la fanno diventare una nemica della Russia. La Russia di Putin, secondo Dugin, in modo legittimo è ostile allo Stato nazione ucraino perché fondamentalmente atlantista e filo americano. A tale proposito l’intellettuale russo distingue due tipi di geografia e cioè quella moderna che si limita a tenere conto della dimensione statico e quantitativa ispirandosi alla fisica classica e la geografia qualitativa o sacra che si iscrive in una prospettiva ontologica e ciclica.

 

Europa

In questo contesto la riflessione dell’intellettuale russo riprende in larga misura quella sia della Nuova Destra francese che quella evoliana. Da un lato sostiene che l’Europa debba essere una civiltà distinta, libera e indipendente cioè non americana e neppure atlantista riappropriandosi delle sue radici culturali e sacre. Dall’altro lato afferma che l’Europa deve fare propria una concezione tipica del progetto eurasiatico e cioè devi aderire all’idea universale che non c’è una civiltà universale . Pur nella sua autonomia l’Europa dovrebbe diventare, secondo l’intellettuale russo, un’alleata in funzione antiamericana ed antiatlantista. La cooperazione tra la Russia e l’Europa è non soltanto possibile, sottolinea l’intellettuale, ma assolutamente auspicabile. La collaborazione con la Russia si dovrebbe concentrare soprattutto nell’ambito delle risorse energetiche naturali. Aldilà di questo ciò che noi auspichiamo, sottolinea Dugin, è la nascita di un’Europa veramente europeo e continentale cioè un Europa capace di creare proprie forze di difesa e di sicurezza rifiutando di diventare il pilastro europeo della potenza militare americana. Tuttavia ,allo stato attuale l’Europa è sostanzialmente una Europa franco-tedesca cioè fondata sulla volontà dei francesi e dei tedeschi di creare una sorta di egemonia. Tuttavia l’Inghilterra, insieme ai paesi della cosiddetta nuova Europa, coordinati dall’America, cerca di impedire questa ambizioso impresa cercando di metterlo al servizio degli interessi americani.

 

Democrazia liberale ed organica

La democrazia liberale si fonda sull’individualismo e pretende di presentarsi con una forma politica universale. Per Dugin la democrazia rappresentativa non è altro che una forma di manipolazione del popolo da parte delle oligarchie politiche. Al contrario noi dobbiamo ammettere che le disuguaglianze fisiche e spirituali dell’uomo sono oggettive cioè la disuguaglianza è una legge della natura. Ebbene, secondo Dugin, solo la democrazia organica è in grado di interpretare in modo valido questa disuguaglianza naturale. Facendo riferimento alla rivoluzione conservatrice la democrazia organica è la vera partecipazione di un popolo al suo destino. 

In una democrazia organica bisogna comprendere e mettere in opera la volontà storica profonda di un popolo considerato come un organismo unico. La natura giuridica di questa democrazia organica viene indicata con una formula paradossale e contraddittoria che ricorda con troppo da vicino le differenze formulate da Evola tra totalitarismo e sistema organico: Dugin parla infatti di monarchia democratica o di una sorta di sistema autoritario democratico. Se poi facciamo riferimento alla Russia di Putin, sottolinea l’intellettuale russo, Putin ha creato una democrazia sovrana in cui le elezioni sono una formalità del tutto marginale. Concretamente il regime di Putin è autoritario ed è fondato sulla forte personalità di Putin che lotta per difendere gli interessi del suo popolo. Non c’è dubbio che Putin abbia salvato la Russia e non c’è dubbio che grazie a Putin il paese abbia iniziato a riprendersi e che Russia abbia cominciato a contraddire gli americani facendo valere i suoi interessi.

 

Impero

“Il nostro progetto”, sottolinea Dugin, “è quello di fare della Russia un impero”. La sovranità del centro imperiale infatti implica la possibilità di disporre delle risorse necessarie a rafforzare e salvaguardare l’indipendenza dell’impero. Il federalismo e il principio di sussidiarietà consistono proprio di fare in modo che le decisioni siano prese al livello in cui esercitano le loro conseguenze: i poteri locali cioè devono poter prendere tutte le decisioni che interessano la vita sociale mentre le decisioni di ordine strategico devono invece essere prese a livello centrale. Sul piano economico l’impero deve propendere per un modello misto di mercato e socialismo.

L’impero, è necessario chiarirlo secondo l’intellettuale russo, non ha a che fare lo Stato nazionale e se ne differenzia per tre caratteristiche: in primo luogo l’esistenza di una missione storica o metastorica che eccede largamente il semplice gioco degli interessi pragmatici ; in secondo luogo la preservazione delle enclave etniche con le loro specificità ed infine il controllo di un grande spazio con una naturale tendenza all’espansione in nome della missione che l’impero deve compiere. Superfluo , dal punto di vista strettamente storico, sottolineare come questa riflessione sia per certi versi molto simile a quella compiuta da Evola in relazione al concetto di imperialismo pagano.

 

Conclusione

Aldilà dei riferimenti esoterici dell’intellettuale russo non c’è dubbio che la sua riflessione geopolitica, e più in generale politica ,non sia nient’altro che una rielaborazione sia delle riflessioni tradizionali euroasiatiche russe e slavofile sia della Nuova destra di de Benoist, riflessioni queste che hanno come unico scopo quello di fornire una giustificazione filosofica e geopolitica, dopo il crollo del comunismo,alla proiezione di potenza russa nello spazio eurasiatico.