Originale The Guardian

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1° dicembre 2019

 

Piattaforma per il pianeta

di George Monbiot

Traduzione di Giuseppe Volpe

 

Ci dicono spesso che ridurre la libertà d’impresa è coercitivo e antidemocratico. Ma in base a quale principio democratico le imprese e i miliardari decidono il destino delle generazioni attuali e future? Quando un governo li libera dalla disciplina, consente loro di decidere se altri vivono o muoiono. Nessuno li ha eletti per far questo.

Anche a imprese con credenziali apparentemente forti non può essere concesso un così straordinario potere. Si prenda la Marks and Spencer, famosa per i suoi standard ambientali da “piano A”. Il suo obiettivo è “essere un’azienda a rifiuti zero in tutto quello che facciamo… già inviamo alle discariche zero rifiuti”. Ma alcuni giorni fa ha commissionato un inserto panoramico al giornale Metro, in cui era incorporato uno schermo video, che promuoveva maglioni di Natale. Lo schermo, batterie, elettronica e confezione erano progettati per un utilizzo singolo.

E’ difficile immaginare una forma più immorale di usa e getta. La difesa di Marks and Spencer di questo spreco disgustoso è che “gli schermi video possono essere riciclati in punti di raccolta di dispositivi elettronici”. In altri termini, sta a chi è stata data carta bianca per sistemare il casino prodotto dall’azienda (non che questi materiali complessi possano essere riciclati interamente, comunque). Mi aspetto che il 99 per cento degli schermi finisca in discarica.

Questa settimana abbiamo scoperto che i gas serra nell’atmosfera hanno raggiunto livelli record, proprio quando devono precipitare per evitare una catastrofe climatica. Il principale compito di tutti i governi oggi consiste nel bloccare interessi potenti, come Marks and Spencer, dal lordare il pianeta abitabile.

Questo è il criterio principale in base al quale dovremmo giudicare i partiti politici. Tenendo presente questo, ho letto tutti i programmi per le elezioni generali britanniche pubblicati sinora. Sono rimasto immediatamente colpito da una considerevole abisso: tra la loro enfasi e l’enfasi dei media nel riferirli. Per la prima volta in assoluto, le politiche ambientali sono oggi centrali, quasi dovunque. Ma sono state scarsamente citate nella maggior parte dei servizi mediatici, che sono tutti concentrati sulla Brexit, occupandosi di promesse, immigrazione e i soliti temi del ventesimo secolo. Ci ricorda che l’industria più ambientalmente dannosa che abbiamo di fronte, largamente controllata da miliardari, è costituita dai media.

Con questo non si vuol dire che i programmi abbiano azzeccato. Il “contratto” privo di contenuti del Partito della Brexit è una totale barzelletta. Il Partito Unionista Democratico (DUP) scrive come se avesse sfogliato il dizionario in cerca di scoprire che cosa significhi “ambientale”.  Alcune delle promesse del Partito Conservatoresono promettenti, ma sono così vaghe che potrebbe svincolarsi da esse. La trasformazione del Partito Laburista è genuinamente eccitante, ma è tuttora afflitta da alcune contraddizioni importanti. Le proposte del Plaid Cymru sono parecchio buone, ma c’è un angolo cieco sull’agricoltura (vuole mantenere la disastrosa Politica Agricola Comune della UE, apparentemente senza modifiche). I LibDem prevalentemente ci azzeccano. Ma solo i Verdi hanno realmente compreso che cosa significhi democratizzare il nostro rapporto con il mondo vivente.

Una caratteristica straordinaria di queste elezioni è che il termine ‘crescita’, per alcuni partiti, è diventato quasi una parolaccia. E’ citato solo due volte nel programma laburista, entrambe le volte con precisazioni. I LibDem hanno operato una svolta cruciale, sostenendo che il PIL non dovrebbe essere più l’obiettivo centrale di un governo. Ci si dovrebbe invece concentrare sul benessere. Questa è una politica che i Verdi vanno sollecitando da anni. Per contro, nonostante tutti i suoi discorsi di “rivoluzione industriale verde”, il partito Conservatore continua a sproloquiare a proposito di “liberare” le imprese e accendere la crescita mediante progetti disastrosi quali la superstrada Oxford-Cambridge. Davvero non ha riflettuto a fondo.

Quasi tutti i partiti, persino il DUP, ora parlano di transizioni verdi e di economia circolare, ma con livelli radicalmente differenti di dettaglio. La minaccia laburista di cancellare dalla quotazione in borsa ogni società che non affronti le nostre emergente ambientali affronta direttamente il problema che ho sollevato all’inizio di questo articolo. Il suo New Deal Verde, il comitato sugli investimenti sostenibili e il fondo per la trasformazione verde sono tutti passi cruciali, anche se è profondamente deludente vederlo eludere l’obiettivo di un’economia a emissioni nette zero che era stato concordato al congresso del partito.

Ci sono alcune forti contraddizioni, quali il suo sostegno condizionato a nuovi aeroporti e la sua adozione dell’obiettivo della National Farmers Union di una produzione alimentare neutra riguardo al carbonio entro il 2040. Le emissioni nette zero nel resto dell’economia significano che la campagna va usata come una grande discarica di carbonio, dunque l’agricoltura deve realizzare un dato non pari a zero, bensì un notevole dato negativo, ed entro il 2030, non il 2040.

Le politiche rurali del Partito Laburista sono in genere deboli e ci sono vuoti nei suoi piani sui trasporti di superficie e sull’energia. Se formerà un governo – di minoranza o maggioranza – dovrebbe invitare Caroline Lucas dei Verdi quale segretaria all’ambiente , importando il profondo coinvolgimento che manca. Anche se dissento dai Verdi circa un paio di temi minori, il loro manifesto fissa lo standard rispetto al quale gli altri possono essere giudicati.

La portata del nuovo pensiero dei liberaldemocratici è una delle maggiori sorprese in queste elezioni. Il nuovo dovere della cura dell’ambiente che propongono per gli organismi pubblici e privati, le loro proposte di legge sulla natura e i rifiuti zero, il suggerimento di nuove imposte sui passeggeri aerei frequenti, la protezione legale dello spazio pubblico e il sostegno alla riforestazione, sono tutte cose nuove e benvenute. Ma c’è ancora troppo volontarismo: sollecita banche e imprese, ma non le obbliga, a riformare i loro standard ambientali.

Non possiamo affidarci alle forze del mercato e alla buona volontà delle imprese per difenderci dalla catastrofe. Dovremmo votare per partiti – in questo caso Verdi o Partito Laburista – che ci consentono di prendere decisioni collettive riguardo ai nostri interessi comuni, portando all’intervento democratico. Nessuno ha il diritto di scegliere se distruggere o no le nostre vite.

 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  https://zcomm.org/znetarticle/platform-for-the-planet/

 

 

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