Originale: RichardFalk.com

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16 dicembre 2019

 

Crisi bioetica

di Richard Falk

Traduzione di Giuseppe Volpe

 

 

Una prospettiva

L’umanità ha di fronte nei prossimi decenni una sfida senza precedenti che minaccia le fondamenta della vita stessa, e tuttavia sino le reazioni della società sono state deludentemente deboli ed evasive, a parte voci nel deserto. Nonostante studi documentati espertamente degli scienziati più qualificati del clima, la reazione generale di élite politiche ed economiche presunte responsabili sono state tiepide, utopiche e persino negazioniste. Il governo degli Stati Uniti ha aperto la strada alla sventura ritirandosi dall’Accordo dell’ONU di Parigi del 2015 sul Cambiamento Climatico, un accordo internazionale che non si era spinto abbastanza in là per affrontare le sfide del cambiamento climatico, ma era stato un passo incoraggiante nella giusta direzione intrapreso virtualmente da ogni governo sulla faccia della terra. Con un’audacia nichilista il presidente statunitense Donald Trump ha formalmente ritirato la partecipazione statunitense a questo quadro internazionale che impone riduzioni nazionali delle emissioni di carbonio con l’obiettivo complessivo di mantenere l’aumento del riscaldamento globale sotto il 2 per cento, cioè più elevato dell’1,5 per cento proposto dall’unanimità scientifica come necessario, ma molto inferiore a quanto possiamo aspettarci se le attuali tendenze delle emissioni proseguissero senza tali significativi e un controllo disciplinare.

Desidero dedicare attenzione a questa situazione estremamente inquietante in evoluzione definendola ‘la prima crisi bioetica affrontata dall’umanità’. E’ bioetica nel senso primario che le sfide poste sono fondamentalmente dirette al benessere e persino alla sopravvivenza della specie nel suo complesso, il che è un avvenimento nuovo per la specie umana. La crisi ha un carattere etico perché esistono sapere e risorse per superare queste sfide, e tuttavia tale intervento adeguato non è intrapreso. Dobbiamo chiederci il perché, per discernere gli ostacoli. In essenza, queste sfide al nostro futuro umano potrebbero essere affrontate nel vasto quadro di una riconfigurazione realizzabile delle fondamenta industriale e della prospettiva etica della modernità, tuttavia ciò non sta avvenendo.  Disporre della conoscenza di tale minaccioso futuro e tuttavia scegliere di non agire è di per sé una scelta etica della massima grandezza. Non è come se una gigantesca meteorite si stesse dirigendo verso la terra senza alcun modo conosciuto per deviarne il percorso o ammortizzarne l’impatto. Sappiamo, e tuttavia manchiamo della forza d’animo per agire persino nell’interesse di future generazioni che subiranno le maggiori conseguenza della nostra profonda irresponsabilità.

Inserendo queste preoccupazioni nel contesto del diritto al cibo e alla sicurezza alimentare in generale, siamo intensamente consapevoli che cibo e acqua sono gli aspetti più indispensabili della vita stessa. Ci rendiamo anche conto che i diritti alle necessità materiali sono svuotati di significato se la povertà estrema priva i più poveri tra noi del potere d’acquisto per procurarsi cibo accessibile, sufficiente e nutriente. Anche se alcuni governi sono più protettivi rispetto ad altri dei segmenti vulnerabili della propria popolazione, l’esperienza ci insegna che la protezione sociale non può essere lasciata alla buona volontà dei governi. I diritti devono essere rafforzati mediante rimedi pratici che siano accessibili alla gente comune e che possano essere attuati con successo. In molti paesi dell’occidente in cui prevalgono il capitalismo e l’austerità fiscale, c’è un’insistenza ideologica eticamente carente sul consentire al mercato di decidere del benessere dei membri della società. Ciò trasmette un messaggio etico perverso: i ricchi meritano la loro abbondanza, mentre i poveri meritano le loro avversità. Da un simile punto di vista strettamente capitalista, implorare l’intervento dello stato è denunciato rendere le cose peggiori imponendo limiti alla crescita economica.

Il mio tentativo consiste nell’identificare gli ostacoli e suggerire come essi possano essere superati. Detto in altro modo, sappiamo che cosa non va, sappiamo che cosa si dovrebbe fare, e tuttavia ciò non avviene.

Inoltre, quanto più a lungo ciò non avviene tanto più onerosa sarà la correzione e ci sono rischi che non agendo responsabilmente nel presente, saranno superati punti critici di irreversibilità rendendo le correzioni sociali se non impossibili, almeno quasi. Esemplificativamente, se le diete oggi limitassero il consumo di carne mediante uno o due giorni senza carne alla settimana potrebbe esserci qualche prospettiva di ottenere un equilibrio ecologico attraverso misure graduali, ma se le diete saranno indisciplinate nei prossimi due decenni, la correzione per evitare la catastrofe potrà richiedere una dieta vegetariana obbligatoria.

Affrontare gli ostacoli: Questi ostacoli si sovrappongono e si rafforzano reciprocamente e non dovrebbero essere considerati interamente distinti. Tale valutazione suggerisce che dovrebbe essere sviluppato un approccio integrato e trasformativo per comprendere questi quattro tipi di ostacoli in un mondo integrato e complessivo, e che cosa andrebbe fatto per superarli.

Ideologici

Il nostro rapporto sociale con il cibo e l’agricoltura riflette profondamente l’interazione del capitalismo – massimizzazione del profitto e consumismo – che incluse la massimizzazione della scelta, identificata positivamente come libertà. Interferenze delle autorità di governo si verificano solo se dimostrazioni schiaccianti di effetti avversi sulla salute possono essere dimostrate, ma solitamente solo dopo costosi ritardi derivanti da riassicurazioni di “esperti” circa la sicurezza del cibo fornite da consulenti delle imprese lautamente remunerati. Tali schemi mossi dal mercato, alimentati da pubblicità e prodotti che danno dipendenza producono abitudini dietetiche insalubri in tutta la società, causando epidemie di obesità e molti gravi problemi sanitari.

Le preoccupazioni sociali a livello internazionale sono comprensibilmente concentrate sull’evitare catastrofi umanitarie sotto forma di fame o carestie di massa. Questo genere di preoccupazione pone l’accento sul soccorso nei disastri e sulla reazione alle emergenze, ignorando il problema ideologico alla base che sorge da priorità distorte di profitti e da mercati non disciplinati rispetto alla salute umana e alla stabilità ecologica. Le stesse forze che cancellano e distorcono le informazioni relative alla salute sono violatrici irresponsabili dell’ambiente e distruttrici dell’equilibrio ecologico. Un recente esempio vivido è l’incendio della foresta pluviale brasiliana per soddisfare richieste del mercato di legname e allevamento di bestiame altamente redditizi, minando contemporaneamente la vita della foresta pluviale quale maggiore risorsa assorbitrice di carbonio e prezioso deposito di biodiversità.

Strutturali

Parlare di equilibrare la sicurezza alimentare rispetto a queste preoccupazioni ecologiche è spesso in conflitto con l’interesse umano globale. Le strutture di autorità che modellano la politica globale sono rispondenti in misura soverchiante a interessi nazionali, e ciò include il sistema dell’ONU. Di nuovo, usiamo l’esempio del Brasile che dà priorità allo sfruttamento rispetto alle dimensioni planetarie riguardo alla foresta pluviale dell’Amazzonia, invocando la rivendicazione della sovranità nazionale in modo da superare le obiezioni a proposito dell’impatto pericoloso del suo comportamento sul riscaldamento globale e l’equilibrio ecologico. Nonostante la dimensione globale dell’agricoltura, specialmente dell’agroindustria, non esiste alcun meccanismo internazionale efficace per ottenere un comportamento responsabile a livello nazionale.

Anche quando i governi collaborano per il bene pubblico comune, come è stato nel caso dell’Accordo di Parigi sul Cambiamento Climatico (2015), l’impegno è inquadrato in un modo inapplicabile e rispettoso della sovranità. Questo significa che anche se le promesse di riduzione delle emissioni di carbonio fossero adempiute, ciò non sarebbe comunque all’altezza di quanto il rispettato gruppo dell’IPCC prescrive come essenziale per evitare effetti dannosi, forse catastrofici, di un ulteriore riscaldamento globale. Considerazioni simili pesano sul consumo di carne intrapreso senza alcuno sforzo di ottenere una prospettiva disciplinare globale. Un tale approccio è anche scosso da una leadership globale irresponsabile, così come attualmente esercitata dagli Stati Uniti, esemplificata dal recente appoggio alle rivendicazioni di sovranità del Brasile rispetto alla gestione della foresta pluviale amazzonica e dal ritiro degli USA dall’accordo di Parigi, creando terribili precedenti che certamente colpiranno i paesi più poveri e più economicamente stressati, e alla fine il resto di noi. Perché un paese che subisce una crisi alimentare e agricola, ad esempio lo Zimbabwe, dovrebbe trascurare opportunità di sviluppo agendo in modo più ecologicamente responsabile quando il maggior emittente di carbonio pro capite del mondo si comporta così irresponsabilmente?

Temporali

Le fonti più influenti e le maggiori strutture d’influenza e autorità si sono evolute nel periodo moderno mostrando eccessiva attenzione ai risultati di breve termine. Tale concentrazione sul breve termine è associata alla chiamata dei leader politici e dei dirigenti industriali a rispondere nei confronti di cittadini e azionisti. La democrazia si basa su quest’affermazione che gli elettori hanno una possibilità ogni quattro anni di ascoltare l’appello che “è ora di cambiare” o, più crudamente, “di cacciare i bastardi”. Questo schema può essere osservato nella preoccupazione dei leader politici riguardo ai cicli elettorali, che sono considerati decisivi quando si tratta di valutare i risultati. Anche nelle forme di governo non democratiche i risultati di breve termine plasmano l’idea che la dirigenza debba essere appoggiato e le si diano segni di approvazione.

Non è diverso nell’economia, che esibisce una tendenza ancor più pronunciata al breve termine. La maggior parte dei dirigenti industriali e finanziari è giudicata in base ai bilanci trimestrali per quanto riguarda i risultati e dagli azionisti e dai gestori di fondi speculativi le è riconosciuto scarso credito per risultati normativi relativi alla salute, alla sicurezza e all’ambiente.

L’importanza di orizzonti più vasti di responsabilità è una conseguenza del carattere delle sfide dell’attuale ordine mondiale, con la difesa dell’ambiente, la prevenzione di un cambiamento climatico causato dall’uomo e il mantenimento della stabilità dell’ecosistema che esemplificano la crescente importanza di guardare più avanti che in passato, specialmente quando si tratta del comportamento del governo e del settore privato. Tuttavia proporre una tale correzione è molto più facile che ideare come possano essere realizzate tali correzioni temporali al benessere umano ed ecologico. In periodi precedenti, cambiamenti avversi causati da cattiva gestione e miopia hanno determinato danni relativamente locali e nazionali, o al massimo regionali, ma questa volta le minacce sono sistemiche, totali, e più costose da invertire o correggere. Problemi quali l’uso delle terre, i pesticidi, gli erbicidi, la difesa del suolo, cibi geneticamente modificati, e priorità della produzione agricola suggeriscono quanto cruciale si divenuto pianificare in una arco temporale che è quanto più possibile sensibili per il principio di precauzione nella sua applicazione alla gestione del rischio e dunque relativamente a tutti gli aspetti della politica alimentare.

Normativi 

Nel considerare questi vasti problemi di rischi e scelte in un contesto alimentare incontriamo una serie distintiva di preoccupazioni normative di carattere etico, legale e persino spirituale. In discussione è fondamentalmente il modo in cui l’umanità interagisce con la natura. La modernità, con la sua visione del progresso basato sulla scienza e la tecnologia ha considerato la natura che ci circonda come una serie di occasioni utili da sfruttare per arricchire la società umana. Tale percorso ci ha arrecato molti benefici e piaceri temporanei, ma ha anche messo in moto tendenze che nel tempo hanno prodotto l’attuale crisi bioetica che sfida, come mai prima, il benessere futuro e persino la sopravvivenza della specie umana. E’ rilevante anche in questa situazione di crisi bioetica modificare il nostro modo di vedere in modo che comprenda il benessere ecologico in aggiunta al benessere umano.  E’ mia convinzione che questo genere di coscienza ecologica in alternativa agli orientamenti antropocentrici offrirà agli umani anche benefici di natura spirituale che vanno oltre la soluzione delle sfide materialiste all’esistenza umana, in tal modo ridando all’esperienza umana significato e scopo in modi in cui lo hanno fatto le grandi religioni nel passato.

Il cibo e l’agricoltura offrono i collegamenti vitali tra questa ricerca di forme migliori di coesistenza con la natura e l’esperienza umana, ciò che la società premoderna ha spesso realizzato ma perso con l’avvento della modernità. Tradurre tale visione in politiche pratiche è compiti di specialisti e di coloro che sono sintonizzati sia con gli imperativi umani sia con quelli ecologici, ma la cui guida fallirà a meno che leader di tutte le sfere dell’esistenza collettiva non siano chiamati a rispondere dalla volontà popolare, rafforzata dall’attivismo e dall’istruzione, in modo a essere correttamente sintonizzati con l’interazione complessa dell’attività umana e della capacità sostenibile di sostegno della terra.

Un appello conclusivo

Puntare a una desiderata conciliazione tra imperativi ecologici e adempimento del diritto al cibo richiede la nostra attenzione, così come la nostra immaginazione morale e politica. Da una tale prospettiva io offro questi suggerimenti:

 

 - applicare il principio di precauzione in tutte le arene decisionali politiche con la consapevolezza della necessità di conciliare politiche alimentari e agricole con gli imperativi ecologici;

 - identificare gli ostacoli a tale conciliazione con un accento sull’umano rispetto al nazionale, sull’ecologico rispetto all’antropocentrico, sul medio e lungo termine rispetto al breve termine;

 - senza minimizzare la dimensione delle sfide o la resistenza degli ostacoli, trovare speranza in una ‘politica di impossibilità’; molti sviluppi storici, dal crollo del colonialismo a quello dell’apartheid in Sudafrica e del comunismo repressivo in Unione Sovietica dimostrano che ‘l’impossibile accade’. In conseguenza il futuro è incerto nella misura in cui abbiamo un’opportunità, e la relativa responsabilità, di agire che se ciò che pare impossibile possa tuttavia essere fatto accadere. Tale è la nostra situazione, tale è la nostra speranza.

 


Osservazioni, riviste, presentate inizialmente al “Secondo Congresso Internazionale su Agricoltura e Cibo”, 25 ottobre 2019, Izmir, Turchia. 

 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte:  https://zcomm.org/znetarticle/bio-ethical-crisis/

 

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