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08 marzo 2019

 

Addio ghiacciai, ormai non c’è più tempo (ed è tutta colpa nostra)

di Luciano Canova

 

L’oceanologo Peter Wadhams, tra i massimi esperti mondiali della zona artica è autore di “Addio ai ghiacci”, finalista del premio Galileo di divulgazione scientifica. Un pugno al cuore che non lascia scampo né concede riposo alla coscienza

 

C’è qualcosa che, a mio avviso, unisce intimamente Greta Thunberg, la giovanissima attivista che, da mesi, conduce una battaglia personale per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sull’urgenza cambiamento climatico, e Peter Wadhams, oceanologo con cattedra a Cambridge, tra i massimi esperti mondiali della zona artica e autore di Addio ai ghiacci, fresco finalista del premio Galileo di divulgazione scientifica. Ma che cosa c’è di così consonante tra uno scienziato giunto al termine di una brillante carriera e la giovane donna che, con una sicurezza invidiabile, augura alla platea di influenti politici presenti al World Economic Forum di andare nel panico? Continuo a chiedermelo, in questi giorni, mentre guardo, ormai in loop, i video Youtube di Greta, con quell’inglese perfetto e la ferocia chirurgica, accompagnando la sua call to action alla mole di dati che Wadhams accumula, di pagina in pagina, presentandoci uno scenario inevitabile di collasso del pianeta.

Sarà la freddezza, ancora più visibile per contrasto mentre si parla di un pianeta che brucia e di poli che si sciolgono? No, sia nello scienziato che nei discorsi della ribelle ambientalista io scorgo passioni che davvero scaldano il cuore. Calma non significa assenza di emozioni: è un mare profondo che ti avvolge gentilmente, ma arriva dentro. Piuttosto, rispolvero una parola che, normalmente, detesto, perché la Thunberg e Wadhams sono accomunati da una lentiggine di luminosa purezza. Sì, purezza. Quella di una giovane disarmante che, calando l’asso sul tavolo del suo e nostro futuro, ti tende una mano senza bluff per dirti una cosa soltanto: dietro tutta la complessità dell’analisi, di dati e fattori a volte contraddittori tra loro, di difficoltà nel passare dalla volontà all’azione e di incertezza sulle magnifiche sorti e progressive dell’umanità.

Dietro tutto questo, si nasconde un interruttore binario: ON/OFF. Nella lotta al cambiamento climatico, o si sta di qua o si sta di là. Semplice. Netto. Puro. E purezza è anche quella di uno scienziato che racconta quasi 50 anni di ricerche per descrivere il neanche lento decadimento dei ghiacci artici, con il rigore degli inverni migliori e un placido quanto inesorabile senso della catastrofe. È in purezza che Greta e Peter (mi consento l’informalità) rimano, trovando corrispondenza in ciò che diceva il poeta: «non puoi toccare un fiore senza turbare una stella». "Addio ai ghiacci" è un libro straordinario.

Lo è come esempio di divulgazione scientifica: ogni capitolo mostra la situazione disperata, forse oltre il punto di non ritorno, del ghiaccio artico, con tutti gli effetti di feedback che un suo scioglimento produce e produrrà sul sistema climatico, rendendo ancora più grave il fenomeno del global warming: l’aumento della temperatura delle acque superficiali che accelera il fenomeno di riscaldamento; la drastica riduzione dell’albedo (il fenomeno per cui, in presenza di ghiaccio, circa l’80-90% della radiazione solare viene rimbalzata verso l’atmosfera, mentre in sua assenza la percentuale si riduce al 10%); il possibile scioglimento dei sedimenti di metano intrappolati nelle acque profonde dell’artico, con ulteriore innalzamento della temperatura di mezzo grado centigrado nel giro di pochi anni; l’aumento della formazione di onde che, non trovando più ostacoli davanti a sé, renderanno ancora più rapido lo scioglimento dei ghiacci residui; la modifica permanente delle condizioni di regolazione del clima con conseguenti maggiori frequenze di eventi estremi nelle zone temperate, che si tratti di ondate di freddo, di caldo, di inondazioni o gravi siccità.

Wadhams non lascia scampo né concede riposo alla coscienza. Il suo è un incedere che si fa glorioso, quasi, verso la conclusione più ovvia: bisogna agire ora. Anche per questo, oltre all’opera di divulgazione, Addio ai ghiacci è un atto di coraggio e onestà intellettuale: l’integrità di Wadhams emerge quando non si pone problemi a denunciare, da un lato, ovviamente, i facili bersagli del mondo industriale e politico, responsabili delle emissioni di CO2 ma, dall’altro, anche chi si considera dalla parte del bene, in primis l’IPCC (International Planet on Climate Change), responsabile secondo lo scienziato di sottovalutare nei suoi modelli gli effetti non lineari dello scioglimento dei ghiacci, con l’imperdonabile effetto di spianare la strada al rilassamento dei policy maker che devono adottare misure concrete di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

Per il coraggio, invece, mi affido a un passo autobiografico in cui lo scienziato racconta di un incidente a bordo di un sottomarino nucleare, sul quale era in missione per raccogliere evidenze empiriche sullo scioglimento dei ghiacci: «Mi aspettavo di morire nel giro di pochi secondi – di solito le esplosioni all’interno di un sottomarino significano la sua fine – e tutti ci eravamo messi le maschere a ossigeno e attendevamo i nostri ultimi momenti. Eppure mi sentivo assolutamente calmo. Ero talmente terrorizzato da non provare nemmeno panico. Mi ero messo la maschera, mi ero seduto nello scomparto e attendevo la morte. Credo che la mia frequenza cardiaca non fosse nemmeno aumentata. È stato il momento in cui sono stato più vicino alla morte nella regione artica e, stranamente, la cosa non mi preoccupava». Addio ai ghiacci, nei tempi della data visualization, infine, ossia dei numeri da rappresentare in modo efficace e chiaro perché ci comunichino qualcosa, è un esempio perfetto di “messa in pratica”. E lo è tramite il grafico qui sotto.

Noto come Arctic death spiral, la spirale della morte artica, è potentissimo. Leggetelo come un orologio che si muove dal 1979 al 2017, in cui ogni cerchio rappresenta il volume dei ghiacci al Polo Nord di mese in mese. Per la cronaca, settembre è il punto di minimo per l’estensione dei ghiacci artici, al termine dell’estate, e infatti il cerchio relativo è quello più interno, il nero. Poi, con l’abbassarsi delle temperature autunnali, il ghiaccio tende a riformarsi e ad aumentare di estensione, in un normale ciclo stagionale.

Se le cose non fossero mutate, dal 1979 a oggi, notereste una serie di cerchi concentrici per i differenti mesi. Quello che invece vediamo, di anno in anno, è una dinamica per cui ogni cerchio si arrotola in una spirale a rappresentare il volume dei ghiacci in continuo e rapido assottigliamento. Davvero colpisce di Wadhams la serenità trascendente, nel senso che è uno scienziato che guarda al pianeta senza l’ansia della sopravvivenza antropica. Ti attraversa come una lama per passare oltre, un po’ come il Guido Morselli di Dissipatio h.g. E per questo, forse, quello che non è un grido ma un’accumulazione precisa di fatti, spiegazioni fisiche e dati puntuali, ghiaccia il cuore come nessun allarme disperato saprebbe fare. E con la macabra ironia di un orologio di dati che si scioglie davanti ai nostri occhi, a dirci con la passione di Greta la cosa più semplice: non c’è più tempo.

 

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