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11 dicembre 2019

 

Ecco come saranno i nuovi caccia di sesta generazione

di Paolo Mauri 

 

L’industria aerospaziale mondiale sta procedendo a larghi passi verso la definizione dei primi prototipi dei nuovi velivoli da caccia di sesta generazione. Aerei come gli americani F-35 ed F-22, il russo Su-57 o il cinese J-20, saranno quindi presto soppiantati da altri che, molto probabilmente, cominceranno a vedere la luce nella seconda metà degli anni 20 del secolo in cui viviamo.

 

L’evoluzione dei velivoli è guidata principalmente dagli enormi progressi nel campo dei sistemi elettronici, siano essi radar, di disturbo, di navigazione, di comunicazione oppure sensori di raccolta informazioni. Questa gamma di sistemi on board fanno di un velivolo non più solo uno strumento per sganciare bombe o abbattere un caccia o bombardiere avversario, ma un componente di un’architettura più grande: il campo di battaglia moderno è paragonabile a una rete i cui nodi sono rappresentati da diversi mezzi e sistemi interconnessi, ridondanti, che condividono tra di loro le informazioni raccolte in tempo reale, in cui anche il singolo soldato viene integrato e rappresenta il livello base.

 

Il caccia moderno, o contemporaneo, rappresenta quindi un nodo di questa rete, e velivoli di quinta generazione come il tanto (ingiustamente) vituperato, ma rivoluzionario, F-35 sono il modello di partenza per stabilire i requisiti del futuro caccia di sesta generazione, e vedremo perché.

 

Tradizioni aeronautiche diverse ma requisiti comuni

Prima di addentrarci nella descrizione di quelli che sono i requisiti di un caccia di sesta generazione, è opportuno sottolineare come Paesi che hanno storicamente avuto tradizioni industriali aeronautiche diverse, guidate da esigenze diverse, siano arrivati, soprattutto con i caccia di sesta generazione ma anche coi velivoli di quella precedente, a elaborare più o meno gli stessi parametri costruttivi.

 

Basti pensare all’invisibilità, sia nel campo delle emissioni Ir o in quello radar, diventata requisito fondamentale per un caccia di quinta generazione e ricercata, se pur con gradi diversi, da tutti i Paesi che hanno costruito questi tipi di velivoli: dagli Stati Uniti, con un’attenzione quasi maniacale che ha il suo culmine nell’F-35, alla Russia e Cina che hanno optato per una soluzione di mezzo per ovviare agli inconvenienti dati dalle tecniche costruttive elaborate, dalla difficoltà di manutenzione, dalle prestazioni aerodinamiche (e quindi di autonomia) scadenti dati dalla ricerca di una stealthness spinta. Un velivolo come il Su-57, ad esempio, ha una discreta invisibilità radar nella sua sezione frontale ma scarsa in quella del 3/4 posteriore; il J-20 cinese se possibile lo è ancora meno, a causa di soluzioni aerodinamiche come la scelta di piani anteriori canard.

 

Questa “uniformità” della ricerca dei requisiti per un velivolo è andata ancor più accentuandosi nel caso di quelli di sesta generazione. Russia, Stati Uniti, Cina ed Europa sembrano tutti essere giunti alle medesime richieste che vogliono il caccia futuro dotato di alcune caratteristiche comuni a tutti.

 

Il nuovo caccia di sesta generazione dovrà, innanzitutto, continuare ad essere stealth. L’invisibilità radar, Ir ed elettronica è ormai imprescindibile anche a fronte della continua ricerca e aggiornamento dei radar di difesa aerea terrestri, la cui evoluzione va di pari passo con le scoperte aeronautiche in questo campo. C’è chi pensa che la ricerca dell’invisibilità radar sia giunta ad un punto morto, non sia più implementabile, proprio perché i radar hanno maggiori possibilità di sviluppo in campi di ricerca che superano quello delle onde elettromagnetiche propriamente dette: si pensi a radar quantistici o a sistemi laser (Lidar), questi ultimi potrebbero tornare in auge in una nuova versione proprio per far fronte alle minaccia dei caccia invisibili. I nuovi progetti, almeno nei disegni preliminari che comunque non sono mai definitivi ma danno utili indicazioni, vedono infatti l’assenza dei piani verticali di coda proprio per abbattere la segnatura radar.

 

I nuovi velivoli dovranno avere anche un nuovo tipo di motorizzazione che dovrà permettere di raggiungere altissime velocità cercando di moderare i consumi. Da questo punto di vista le soluzioni sono molteplici e si diversificano a seconda dei bureau di progettazione e delle tradizioni nazionali, con la Russia che punta sulle tecnologie ipersoniche derivate dai propri missili già in servizio e il blocco occidentale che sta riprendendo la via dei motori a ciclo variabile, abbandonata per i costi elevati già ai tempi del progetto Atf (che portò all’F-22) e ora tornata di moda. Un motore a ciclo variabile è più performante a ogni regime di funzionamento ed è in grado di razionalizzare i consumi in funzione della spinta richiesta variando il rapporto di diluizione: verso l’alto per una maggiore efficienza durante il volo di crociera, verso il basso per avere la stessa efficienza durante le fasi di accelerazione e spinta a velocità supersoniche tipiche di un caccia.

Componente essenziale dei nuovi progetti sarà anche l’armamento ad energia diretta. Si prevede che i caccia di sesta generazione saranno dotati di armi laser, a impulsi Em o a microonde in grado di colpire un velivolo nemico e metterne fuori uso i sistemi di bordo. Correlata a questa esigenza c’è anche quella di un nuovo sistema di presentazione dei dati per il pilota: non più inchiodato agli schermi o all’Hud (Head Up Display) dell’aereo, ma con un casco che gli offre una panoramica a 360 gradi con presentazione virtuale delle minacce, degli assetti amici, e di tutti i dati di cui ha bisogno per effettuare la propria missione: qualcosa che già esiste, peraltro, per il caccia F-35 americano.

 

Il nuovo caccia, poi, nascerà non solo come piattaforma di gestione di Uav e Ucav (capacità già prevista per F-35 e Su-57 ad esempio), ma sarà esso stesso un velivolo senza pilota. Questo è forse il requisito più rivoluzionario e fondamentale per quanto riguarda le specifiche dei velivoli di sesta generazione. Il caccia dovrà pertanto essere in grado di effettuare le missioni in modo del tutto autonomo tramite l’impiego di intelligenza artificiale (Ia) che sostituirà il fattore umano, limitante per quanto riguarda le possibilità manovriere proprio a causa della sua fisiologia che non gli permette di sopportare violente accelerazioni. Questo aspetto apre però molti interrogativi e problemi che dovranno essere risolti, tra di essi, oltre alla sicurezza data dalla stessa intelligenza artificiale, quello della resistenza alla contromisure avversarie: esistono già sul campo di battaglia sistemi elettronici o a energia diretta in grado di “friggere” le componenti digitali di velivoli o missili da crociera come i laser simili al complesso russo Peresvet. La soluzione potrebbe essere data da un sistema doppio: un velivolo con intelligenza artificiale di cui si disponga la versione con equipaggio e quella totalmente automatica.

 

Abbiamo già accennato alla capacità di interconnessione con gli altri assetti del campo di battaglia, già presente su velivoli come l’F-35. Questa caratteristica sarà ulteriormente implementata e sarà uno degli altri requisiti fondamentali del caccia di sesta generazione: non è pensabile, sul campo di battaglia del futuro, di non poter raccogliere e condividere in tempo reale dati sulle forze del nemico. Una capacità definita “netcentrica” che è già realtà e che lo sarà ancora di più in futuro, anche con l’ingresso della cyber warfare.

 

I progetti attualmente in sviluppo

I velivoli di sesta generazione sono già in via di sviluppo, e come accennato vedranno la luce molto probabilmente entro la fine del prossimo decennio ormai alle porte. Se pensiamo che un caccia come l’F-22 pone le sue radici negli anni ’80 e l’F-35 negli anni ’90 possiamo quindi immaginare che se il traguardo è fissato a così breve termine i vari bureau di progettazione aeronautica siano già al lavoro sul caccia di nuova generazione.

 

Gli Stati Uniti vogliono un velivolo totalmente “inter service”, e quindi stanno riproponendo l’idea di “macchine diverse per compiti diversi”, sempre però considerando un alto livello di comunalità: la stessa Defense Science Board ha fortemente sconsigliato il Pentagono di optare per un velivolo joint come l’F-35.

Le specifiche, dicevamo, sono il discriminante per la nascita di una nuova macchina (e anche per il suo successo o fallimento) e negli Usa Us Navy e Usaf ne hanno di diverse: la Usn vorrebbe un cacciabombardiere con buona autonomia per sostituire l’F/A-18 Super Hornet, ma in ultima analisi questo aereo è rappresentato dall’F-35, quindi sembrerebbe più portata verso un intercettore puro come era l’F-14 Tomcat, visto il mutato panorama strategico globale che vedrà la Marina americana sempre più impegnata in teatri lontani come in Estremo Oriente; quindi diventano necessari una lunga autonomia e un carico bellico modesto, ma una elevata efficienza aerodinamica.

 

L’Usaf vuole un caccia intercettore a lunga autonomia e alta manovrabilità, qualcosa di molto simile all’attuale F-22 Raptor, ma aggiornato ai nuovi scenari geopolitici: il programma prende il nome di Penetrating Counter Air. Gli americani, al contrario dei russi, hanno divulgato al pubblico i primi disegni di quelle che potrebbero essere le macchine del futuro: la Northrop Grumman ha mostrato un monomotore ad ala volante senza piani di coda né impennaggi, una sorta di B-2 in piccolo, dotato però di armi a energia diretta. La configurazione aerodinamica scelta dalla Northrop Grumman però richiede un sistema complesso di controllo elettronico del volo unito a un fly by wire di nuova generazione, occorrerebbe pertanto una lunga fase di sperimentazione trattandosi di un campo, quello dei caccia senza coda, quasi del tutto inesplorato se escludiamo l’X-31 e il programma sperimentale della Us Navy per un Ucav: l’X-47B.

 

Anche Boeing pare abbia preso la stessa strada del “senza coda né piani” sebbene con la formula bimotore. Di diverso avviso è la Lockheed Martin che ha presentato una formula più classica, con una sezione anteriore di fusoliera ispirata all’F-22, ala con forte freccia sagomata a gomito e derive verticali fortemente inclinate a V: soluzione che permetterebbe di rendere meno difficoltoso il controllo della stabilità alle basse velocità di atterraggio.

 

La Russia, come da copione, non ha al momento divulgato nessun disegno del suo progetto, ma ha rilasciato le specifiche per bocca dei vertici della sua amministrazione politica e di Roscosmos, l’agenzia russa per l’aviazione e lo spazio. Oltre ad essere unmanned, dotato di armi a energia diretta e stealth, dovrà avere caratteristiche di volo suborbitali ad altissima velocità, come riferito dallo stesso generale Viktor Bondarev, già comandante delle forze aerospaziali russe (Vks).

 

Sembra che i lavori per il nuovo caccia di sesta generazione sia già avviati. Già l’estate scorsa Denis Manturov, allora ministro dell’Industria e del Commercio, aveva infatti detto che “considerata l’esperienza accumulata (con il progetto Pak nda), i nostri programmatori e sviluppatori di hardware per l’aeronautica stanno già preparando le basi tecniche e scientifiche nel campo dell’equipaggiamento di bordo, delle unità di propulsione, dell’armamento e relativi sistemi di controllo per sviluppare il caccia di prossima generazione”.

 

Per quanto riguarda l’Europa in ballo ci sono due programmi che ancora non si capisce bene se possano essere inquadrati in un caccia di sesta generazione o di “generazione 5+”: l’angloitaliano “Tempest” (con partecipazione svedese) ed il francotedesco Scaf. Quello che stabilirà se effettivamente questi due nuovi caccia, che sono già sui piani di lavoro dei progettisti, potranno essere annoverati tra quelli di sesta generazione sarà l’effettivo utilizzo di intelligenza artificiale, armi a energia diretta e tutto quanto sin’ora qui elencato.