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mercoledì 27 marzo 2019

 

Lo scontro tra Italia e Kenya sulle ricerche di Silvia Romano … «Fateci indagare»

 

I carabinieri del Ros chiedono da mesi di partecipare alle indagini sul rapimento della cooperante italiana, racconta il Corriere, senza avere risposta

 

L’ultima richiesta per essere autorizzati a inviare un pool di investigatori a Nairobi è stata trasmessa via Interpol tre giorni fa. Ma, ancora una volta, dalle autorità locali non è giunta alcuna risposta. E così si è inasprito lo scontro tra Italia e Kenya sulla sorte di Silvia Romano, la ragazza di 23 anni volontaria per la Onlus «Africa Milele», rapita il 20 novembre scorso mentre si trovava nel villaggio di Chakama. Anche perché dallo Stato africano non è giunta alcuna notizia sulla sorte della giovane e con il trascorrere dei giorni aumentano i timori, alimentati del resto anche dalle dichiarazioni di una settimana fa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Posso dire che c’è stato un momento in cui sono stato confidente che si potesse avere un risultato positivo a portata di mano. I gruppi criminali sono stati individuati, ma non siamo ancora riusciti a venirne a capo e a raggiungere quel risultato per cui lavoriamo da mesi».

 

Le lettere

La prima istanza era stata presentata dai carabinieri del Ros appena qualche ora dopo la cattura di Silvia. In una lettera inviata al capo della polizia keniota, il generale Pasquale Angelosanto — d’accordo con il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e con il pm Sergio Colaiocco — aveva chiesto di poter partecipare alle indagini con un gruppo di investigatori specializzati che sarebbero partiti da Roma. Non aveva ricevuto alcuna risposta e così in questo periodo sono stati inviati numerosi solleciti, anche sfruttando i canali diplomatici. Tentativi che non hanno mai avuto riscontro, nonostante le difficoltà mostrate dagli investigatori locali che avevano assicurato di poter chiudere la vicenda in pochi giorni e invece si sono dovuti arrendere di fronte al fallimento delle indagini. E questo nonostante l’arresto di Ibrahim Adan Omar, uno dei sequestratori catturato nel villaggio di Bangale, nella contea di Tana River.

 

L’interrogatorio

Secondo le notizie arrivate dalla polizia locale, l’uomo avrebbe rapito Silvia insieme ad altri due complici che poi sarebbero sfuggiti alla cattura portando con sé la giovane. Le autorità avevano assicurato di aver messo una taglia da un milione di scellini sulla testa di Yusuf Kuno Adan e Said Adan Abdi, ma senza poi ottenere alcun risultato. Anzi, le notizie arrivate all’intelligence e agli investigatori sono state sempre più scarne fino ad arrivare allo stallo di questi giorni. E ciò nonostante il rapitore avesse anche fornito alcuni elementi sulla possibile destinazione. In particolare aveva raccontato che Silvia poteva essere stata trasferita nella zona tra il fiume Tana e il suo affluente, a nord di Garsen, a 80 chilometri da Malindi. Alcune persone sostenevano di averla vista con i «capelli rasati e ferita a una gamba».

 

Le verifiche

Proprio per poter verificare questi dettagli, parlare con eventuali testimoni e soprattutto ricostruire gli spostamenti della giovane e della banda, i carabinieri del Ros insistono dunque per andare in Kenya, come del resto è sempre accaduto in passato in occasione di altri rapimenti di italiani all’estero. Nelle lettere è stato sottolineato come la cooperazione tra investigatori potrebbe rivelarsi determinante anche per verificare l’ipotesi che Silvia sia stata «venduta» dalla banda a un gruppo terroristico di al-Shabaab e trasferita in Somalia. Ma durante le trattativa a livello diplomatico si è evidenziato che una presenza dei carabinieri — oltre a quella dell’intelligence che agisce su canali riservati — potrebbe fornire elementi di verifica e un aiuto nell’accertamento di alcune informazioni che erano state raccolte già all’inizio di questa drammatica vicenda. Pressioni finora senza esito, ma magistrati e carabinieri non sembrano intenzionati ad arrendersi.

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giovedì 28 marzo 2019

 

Silvia Romano, sparita in Kenya: sono sempre più forti i timori sulla sua sorte

di Angelo Ferrari

 

La volontaria, sequestrata mesi fa, sembra essere svanita nel nulla. Scontro tra Roma e Nairobi, che non ha ancora risposto alla richiesta della magistratura romana di inviare investigatori del Ros.

 

Tra Kenya e Italia è scontro aperto. In mezzo, purtroppo, c’è Silvia Romano, la cooperante italiana rapita il 20 novembre del 2018 nel villaggio di Chakama a 80 chilometri da Malindi in Kenya. Della giovane non si sa nulla. E dal sequestro sono passati più di 4 mesi. Le ultime notizie rese note dalla Polizia del Kenya risalgono al 21 gennaio scorso. Da allora più nulla.

Ecco perché la magistratura italiana, come scrive il Corriere della Sera, ha inviato, nuovamente, una richiesta alle autorità keniane per essere autorizzati a inviare un pool di investigatori a Nairobi. Il pm Sergio Colaiocco, che indaga sul sequestro di Silvia Romano, infatti, è in attesa di una risposta da parte delle autorità del Kenya dopo l’invio di una rogatoria internazionale con la quale si chiede di poter condividere, anche in assenza di un trattato di cooperazione tra i due paesi, gli esiti degli accertamenti investigativi effettuati dalla polizia locale.

 

Dove è finita?

Il Kenya, dal canto suo, non ha ancora risposto alla richiesta della magistratura romana di poter inviare sul posto un pool di investigatori del Ros, iniziativa da leggere – si fa notare in ambienti di piazzale Clodio – come “segno di attenzione poiché è stata fatta solo in casi particolari”.

Le domande, senza risposta, rimangono tante e quindi l’iniziativa italiana va letta in questa ottica. Dopo mesi di un sequestro piuttosto anomalo, che doveva essere risolto nel giro di pochi giorni – a detta della polizia del Kenya – i timori sulla sorte di Silvia Romano si moltiplicano.

Così come le notizie, spesso non verificate, che hanno riempito la stampa locale. La magistratura italiana e gli inquirenti vogliono fare chiarezza, soprattutto verificare ciò che è emerso, fino ad ora, dalle indagini. I timori, inoltre, si leggono tra le righe delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, di poco più di una settimana fa, quando sottolineava: “Posso dire che c’è stato un momento in cui sono stato confidente che si potesse avere un risultato positivo a portata di mano. I gruppi criminali sono stati individuati, ma non siamo ancora riusciti a venire a capo e a raggiungere quel risultato per cui lavoriamo da mesi”.

Timori e imbarazzo, inoltre, sono stati espressi in via confidenziale anche durante una riunione a Nairobi dalla rappresentanza diplomatica italiana che, secondo alcune indiscrezioni, di cui siamo venuti a conoscenza, non sa esattamente cosa stiano facendo gli inquirenti keniani, che sembrano tenere all’oscuro i nostri diplomatici sulle indagini in corso. Nessuno nasconde i rumors, sempre più insistenti, che evidenziano il fatto che la polizia non sa bene cosa fare e dove cercare. Si è di fronte a uno stallo preoccupante.

I Ros vogliono verificare, inoltre, se Silvia Romano sia stata “venduta” dalla banda dei sequestratori ai terroristi somali di Al Shabaab. Ipotesi, peraltro, già negata dalla polizia keniana che ha sempre insistito nel dire che i confini con la Somalia, dopo il rapimento, sono stati sigillati e che Silvia è ancora in Kenya. Ma dove?

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