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28 Ottobre 2019

EUGENIO MELANDRI È VOLATO VIA

Lo ricordano Alessio Di Florio, Guido Barbera e Maurizio Acerbo

ripreso da www.pressenza.com
Eugenio Melandri: pace e solidarietà impegni di vita
di Alessio Di Florio

La commozione ha viaggiato sul web molto prima che uscisse la notizia. E già questo moto spontaneo, questa commozione che ha fatto irruzione in una domenica d’Ottobre, è testimonianza verace. E’ morto Eugenio Melandri, una vita impegnato nell’attivismo pacifista, nella solidarietà, nella Chiesa degli ultimi. Un impegno politico svolto con totale dedizione e passione dal Parlamento Europeo all’assessorato (dal 2008 al 2010) a Genzano. Dove fu fortemente voluto da Armando La Fortezza. Scomparso sei anni fa nello stesso giorno, a cui è accomunato nello slancio generoso, nell’impegno totale e totalizzante. Nella lunga storia di Eugenio, dall’obiezione di coscienza alla solidarietà internazionalista, un momento fondamentale fu la fondazione di Senzaconfine. La prima associazione nel quale al pietismo e all’assistenzialismo, al considerare i poveri quasi come oggetti destinatari di qualcosa calato dall’alto, si sostituì una solidarietà, vera, concreta. Un impegno con, in cui le vittime, gli indeboliti, gli impoveriti, gli sfruttati diventavano protagonisti. In cui i migranti per la prima volta presero la parola, poterono affrontare le incombenze quotidiane e diventare soggetto politico. Era la fine degli Anni Ottanta, ma erano avanti anche all’attualità. Un’associazione che Eugenio Melandri fondò e animò per tantissimi anni insieme a Dino Frisullo. Le parole del ricordo che scrisse per Dino oggi le possiamo dedicare a lui.
Ti vestivi come i gigli del campo e ti nutrivi come gli uccelli dell’aria. Per te non cercavi mai nulla. Hai donato tutto. Senza tenerti niente. Neanche un momento di riposo, neanche una pietra dove poggiare il capo: “Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, ma il Figlio dell’uomo non ha dove poggiare il capo”. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. “Beati i poveri. Di loro e’ il Regno dei cieli”.
Dino, lo sai che, con tutta la mia povertà, io credo che ci sia l’altra vita. Sento la nostalgia di quel totalmente altro che ricondurrà tutto a giustizia, dove le vittime avranno finalmente ragione dei loro oppressori. E sono sicuro che, nel Regno che viene, tu avrai un posto grande, bello, pieno di luce. Allora ho meno paura. Con te il paradiso diventerà senz’altro più aperto. Romperà i confini per fare entrare tutti. Lo troverai sempre, infatti, il modo di far entrare anche quelli che – a rigor di legge – forse non dovrebbero. Ti metterai accanto a San Pietro e non lo mollerai fino a quando non darà il permesso di entrata e di soggiorno anche all’ultimo arrivato. Ti organizzerai con quelli che già sono arrivati, come don Luigi, e riuscirete davvero a fare entrare tutti nella grande casa che ci aspetta.
Il don Luigi a cui fa riferimento Eugenio Melandri è don Luigi Di Liegro, scomparso nel 1997 e altro grande protagonista di quella straordinaria stagione romana e nazionale di solidarietà e politica dal basso. E fautore di una Chiesa altra rispetto alla mondanità, alla borghesia, ai potenti, alle trame di palazzo e al dominio sull’uomo e sull’ambiente. Quella Chiesa che è tornata ad incrociare nelle ultime settimane l’esperienza terrena di Eugenio. Era stato sospeso a divinis dopo la candidatura e l’elezione con Democrazia Proletaria. Dopo un primo incontro con Papa Francesco l’anno scorso nelle scorse settimane era stato riaccolto e di recente era tornato a dire messa. Un ritorno vissuto con emozione, commozione. E vera fede. Sicuramente molto più vera e autentica di alcuni che hanno ironizzato contro di lui, affermando che chissà se dopo 30 anni si ricordava come si saliva sull’altare, e hanno sparso veleno e fango contro il suo ritorno alla celebrazione eucaristica. Quello stesso veleno e fango che contro i potenti, nella società e nella Chiesa, gli affaristi, i corrotti e chi realmente sfrutta e deruba gli ultimi e gli impoveriti non faranno mai. Questi anawin, i poveri del Vangelo vero, autentico e di cuore che Eugenio Melandri ha incarnato anche nei 30 anni della sospensione, che un’occasione di riscatto e protagonismo stanno avendo anche grazie al Sinodo sull’Amazzonia che si è concluso proprio oggi. Un Sinodo che può dare speranza, dove le strutture di sfruttamento, dominio, devastazione e oppressione sono state denunciate con forza. Ora quelle parole non devono rimanere lettere morte, devono diventare realtà. Nella Chiesa degli scandali finanziari, dei porporati che ancora oggi siedono a tavola con i potenti, i ricchi e gli oppressi mentre perseguitano chi non è allineato e desiderato dall’ipocrisia farisaica di chi vuol imporre una certa “morale”, ma tace ed è complice persino delle guerre, dei traffici di morte dei mercanti di armi e delle devastazioni ecologiche. O nella Chiesa degli anawin, degli ultimi, dei deboli, degli emarginati dal Sistema capitalista odierno e dalla devastazione ecologica e sociale. Sono anni difficili, impervia è la strada. Se vincerà la società dei primi o degli ultimi dipenderà anche da come raccoglieremo il testimone di padre Eugenio Melandri.


Ci ha lasciato il compagno Eugenio Melandri, una vita dalla parte della pace e degli ultimi
di Maurizio Acerbo
segretario nazionale di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

Con infinita tristezza ho appreso poco fa la notizia della scomparsa del compagno Eugenio Melandri. Perdiamo una personalità di cristallina coerenza e grande generosità che ha dedicato la vita alla causa della pace e degli ultimi, alla lotta per un mondo più bello e più umano. Solo una settimana fa era tornato a celebrare messa dopo trenta anni di sospensione a divinis. In chiusura della celebrazione aveva tenuto a ribadire il significato del definirsi compagni e con mia sorpresa mi aveva chiesto di intervenire come segretario di Rifondazione Comunista.
Era davvero felice di tornare sacerdote perchè aveva vissuto la scelta militante che lo aveva condotto alla sospensione come coerente con il suo impegno di missionario. Eugenio è stato protagonista – da missionario e poi da parlamentare e da attivista – dei movimenti per la pace e la giustizia sociale, contro il traffico d’armi, lo sfruttamento del sud del mondo, per il disarmo unilaterale, l’obiezione di coscienza, contro il razzismo. Il miglior riconoscimento per una vita di impegno glielo ha riservato Papa Francesco quando incontrandolo pochi mesi fa gli disse “hai fatto bene”. A nome di tutte le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista dico grazie a Eugenio per aver percorso con noi una lunga strada con umiltà, generosità, disinteresse personale e esprimo il nostro cordoglio ai suoi familiari e ai suoi fratelli saveriani.


Il ricordo di Guido Barbera per la “tavola della pace”

“La morte non è una fiaccola che si spegne, ma una lucerna che viene portata fuori perché è giunta l’alba.” Ciao Eugenio, questa mattina ci hai lasciato per “la grande vacanza” della vita eterna. Lo hai fatto felice per il cammino percorso lungo le mille strade del tuo servizio, come abitante di questa piccola terra, come uomo, come sacerdote, come politico, come servitore… ed infine, di nuovo, come sacerdote. GRAZIE EUGENIO!!! Ti ho incontrato la prima volta sotto una tenda mentre, giovane prete missionario saveriano, ti preparavi a celebrare la S. Messa al termine di un incontro giovanile. Fin da quel primo saluto, mi hai trasmesso gioia: gioia di vivere, gioia di lottare, gioia di Amare. Poi, ho imparato a conoscerti lungo 40 anni di cammino insieme, ben 35 nel CIPSI, che ci ha visto insieme a tanti amici in campagne, iniziative, battaglie… Ti ho seguito dal 1980 in poi quando come direttore della rivista dei Saveriani Missione Oggi, con Padre Zanotelli a Nigrizia, avete risvegliato, le coscienze di tanti giovani ed amici sui temi della pace, della cooperazione, della fame, della giustizia, dell’Africa… Pace, Obiezione di coscienza, vendita delle armi, basi nucleari, obiezione alle spese militari, disarmo unilaterale… non erano solo slogan, ma impegni concreti. Non erano progetti, ma: marce, occupazioni, dimostrazioni, che coinvolgevano migliaia di giovani, fino a trasformarsi anche in leggi dello stato italiano. Ci hai aiutato a costruire quell’anima sociale, quel coraggio sociale, quell’utopia ed entusiasmo che oggi forse abbiamo un po’ perso. Abbiamo veramente imparato che, insieme, ce la potevamo fare a cambiare le cose. Forse, anche questo, ti ha portato a metterti in gioco nelle elezioni europee del 1989, consapevole che questa scelta l’avresti duramente pagata con la sospensione a divinis dal tuo ministero presbiteriale. Sapevi però, che anche in politica è possibile servire i poveri. Credevi e hai sempre creduto che la politica deve essere al servizio dei deboli e dei diritti. Non del potere e dei primi. In questo, hai sempre vissuto il tuo ministero. Già da quegli anni ti sei schierato dalla parte dei diritti degli immigrati, ma la pace era il tuo grande obiettivo di vita e nel dicembre 1992 con altri parlamentari italiani sei stato tra i protagonisti della Marcia della Pace promossa dall’associazione pacifista Beati costruttori di pace per interrompere l’Assedio di Sarajevo. Sei stato fratello e padre allo stesso tempo. Ci sei stato accanto, ci hai accompagnato, sostenuto… nei momenti belli, ma soprattutto in quelli difficili e scuri. Sempre con rispetto: magari con il tuo linguaggio “fiorito”, ma sempre pieno di quella Speranza che porta in sé solo un uomo felice, perché libero da ogni egoismo. Hai percorso le “mille” strade del mondo da nord a sud e da est ad ovest, a fianco di piccoli e di potenti, ma soprattutto con le donne e i violentati-schiacciati dai poteri di ogni genere, sempre con quell’Amore verso il prossimo, come a te stesso. Per te, non ci sono mai stati né primi, né secondi. Tantomeno ci sono oggi primi o ultimi. Esisteva, il prossimo. Esisteva, una sola umanità. Per questo, caro Eugenio, il tuo posto, sarà sempre con noi, con le donne africane, con gli africani, con i violentati, in ogni periferia, in ogni barcone. Oggi, con la tua voce, si è spenta una delle voci più forti ed autentica dell’Africa di oggi. Quell’Africa violata e derubata che non ha mai chinato la testa, ma che rappresenta il futuro dell’umanità intera. Oggi si è spenta una voce forte del pacifismo italiano e mondiale. Una voce contro ogni individualismo e divisione, perché individualismi e divisioni non aiutano nessuno, dividono e facilitano i poteri.

Caro Eugenio, ti porteremo con noi ogni giorno, in ogni istante, in ogni nuova battaglia e siamo certi che ci aiuterai ad essere uniti nella giusta direzione. Sei stato e sarai ancora semplicemente, la nostra “ala di riserva”. Vogliamo quindi salutarti con questi versi di un altro testimone unico, a cui eri tanto vicino, Don Tonino Bello: “Signore, dammi un’ala di riserva” Voglio ringraziarti, Signore per il dono della vita;
ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare,
Signore, che tu abbia un’ala soltanto, l’altra la tieni nascosta,
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me; per questo mi hai dato la vita:
perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con Te, perché vivere non è trascinare la vita,
non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all’ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala,
con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore.
Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi.
Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala,
l’unica ala inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te;
soprattutto per questo fratello sfortunato, dammi, o Signore, un’ala di riserva.

Ciao Eugenio. Guido Barbera e tutti gli amici della Tavola della pace

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