Origin: journal-neo.org

Fonte: Comedonchisciotte

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/

22/09/2019

 

Hong Kong ha paura: dei manifestanti

di Andre Vltchek

Scelto e tradotto da Markus

 

Un tempo era una stazione di polizia britannica ed anche una struttura penitenziaria, con il Victoria Prison Compound. Gli abitanti di Hong Kong tremavano solo a sentirne pronunciarne il nome. Qui è dove le persone venivano arrestate, interrogate, umiliate, torturate e fatte sparire.

 

Ora, dopo che Hong Kong “è ritornata in Cina,” il complesso è stato convertito nel Tai Kwun Center, una delle istituzioni d’arte più grandi e dinamiche dell’Asia.

Questa trasformazione è stata simbolica, così come lo era stata la trasformazione degli ex bassifondi dell’era britannica in parchi pubblici.

Ma ora, mentre i teppisti sovversivi filo-occidentali ed anti-cinesi stanno dividendo e rovinando questa ex colonia britannica, le bandiere coloniali della “British Hong Kong” vengono sventolate accanto alle bandiere degli Stati Uniti, mentre quelle cinesi sono vilipese e gettate nella baia.

I rivoltosi sembrano non ricordare nulla di quei “bei vecchi tempi” (secondo loro), quando i cartelli riportavano senza vergogna: “No cani e cinesi.” Mentre sembrano chiudere entrambi gli occhi e ignorare il neo-colonialismo e i massacri che il Nord America e l’Europa commettono quotidianamente in tutti gli angoli del mondo.

Ora, i cittadini di Hong Kong hanno paura. Non del “governo,” non della polizia o di Pechino: sono spaventati dai cosiddetti manifestanti, da ragazzi che sembrano dei ninja, con le facce coperte e che brandiscono sbarre di ferro.

Il sig. Edmond, che lavora per il Tai Kwun Center, parla con tristezza degli eventi nella sua città:

“Ciò che è veramente spaventoso ora è che le famiglie, qui ad Hong Kong, sono profondamente divise. Il padre non parla con il figlio. Il silenzio regna dentro le famiglie. Fra colleghi non si parla della rivolta. La situazione sta veramente rovinando la nostra città, la nostra società, le nostre famiglie.”

“Se qualcuno dissente pubblicamente con i manifestanti, viene picchiato. Sono riusciti a far tacere la gente.”

“Le persone vengono qui, in questo meraviglioso centro d’arte e, se arrivano da Pechino, ora nascondono la loro identità. È perché hanno paura.”

Edmond continua a ripetere che “i disaccordi dovrebbero essere come i dissapori all’interno di una famiglia.” Intende i disaccordi tra gli abitanti di Hong Kong e Pechino. Secondo lui, gli estranei non dovrebbero esserne coinvolti.

Questo è ciò che la maggior parte della gente prova ora ad Hong Kong. E’ quello che avevano provato nel 2014, quando avevo scritto di un altro evento, prolungato e distruttivo, sponsorizzato dall’Occidente: la cosiddetta “Rivolta degli Ombrelli.”

Lo percepiscono, ma la maggior parte di loro non oserebbe esprimerlo. I rivoltosi sono giovani, in buona forma fisica e armati di bastoni e sbarre di ferro. Non hanno identità, perché i loro volti sono coperti da sciarpe. Sono ubriachi di fanatica arroganza, drogati da motivazioni primitive. Il loro comportamento non è razionale, è religioso.

Ho parlato con loro. Nel 2014 ed ora. Molti di loro non sanno nulla della politica estera occidentale. Non hanno idea della brutalità dell’Impero Britannico. Non vogliono sapere nulla dell’umiliazione e del dolore del popolo cinese quando il loro paese era stato invaso, fatto a pezzi e occupato.

Sono egoisti, spacconi ed estremamente arroganti.

Sventolano bandiere, bandiere straniere. Sputano sui loro stessi stendardi. Fanno ciò che viene detto loro di fare: dalle potenze ostili e straniere. E fanno quello per cui sono pagati. È deprimente, ed anche imbarazzante, starli a guardare.

“Presidente Trump, per favore liberaci!” “Per favore, salvaci, Presidente Trump!” Questo è ciò che gridano. Questo è ciò che dicono i loro striscioni.

È molto difficile parlare con loro. Ci ho provato. La maggior parte di loro non vuole scoprirsi il volto e parlare. Sembrano sentirsi sicuri solo quando sono in branco, in moltitudini. Quando vengono messi alla prova, rivelano di sapere ben poco, della Cina, o anche della stessa Hong Kong.

Ma sono pronti a predicare, a tenere conferenze.

Di fronte ad argomenti logici, che non possono confutare, diventano brutali.

Solo pochi giorni fa, hanno attaccato un insegnante del posto che stava cantando l’inno nazionale cinese. Lo hanno picchiato. Un bambino che aveva assistito all’evento era rimasto inorridito. Si era messo a piangere. L’insegnante aveva continuato a cantare.

Picchiano chi cerca di impedire loro di distruggere la città. Picchiano anche quelli che li svergognano.

Ogni volta che riesco a parlare un po’ di più con loro, mi sembra quasi di discutere con dei fanatici religiosi del Medio Oriente. Forse non dovrebbe neanche essere una sorpresa, visto che entrambi sono un prodotto dei propagandisti occidentali e dei loro alleati.

Le persone che si rifiutano di accettare i loro volantini in aeroporto vengono picchiate. Se i clienti dei centri commerciali sfidano i rivoltosi, si scatena un pestaggio pubblico.

Questo coprirsi la faccia con sciarpe nere sarebbe illegale in molte parti dell’Occidente, se le stesse sciarpe nere fossero indossate, diciamo, da donne musulmane o dai rivoltosi locali. Ma i media occidentali, oltraggiosamente di parte nei loro servizi, qui li stanno glorificando, semplicemente perché operano contro gli interessi della Repubblica Popolare Cinese.

I Cinesi, con alle spalle migliaia di anni di cultura, per lo più all’insegna della tolleranza, non sono abituati a tutto questo.

Gli eventi degli ultimi tre mesi sono per loro qualcosa di completamente estraneo. Pertanto, molti hanno paura. Sono molto spaventati. Disperati.

Ninja di questa genere, di solito saltano e colpiscono in tutte le direzioni, ma sullo schermo della televisione, non in mezzo alle strada.

Mentre ad Hong Kong giro filmati, mentre preparo servizi per le stazioni televisive, l’immagine sta diventando sempre più chiara.

Si alzano le bandiere degli Stati Uniti, viene cantato l’inno americano e subito centinaia di troupe televisive dei media occidentali iniziano le riprese.

Ma quando si danneggia la proprietà pubblica, le stazioni della metropolitana vengono vandalizzate, i pedoni e gli automobilisti sono attaccati, le telecamere occidentali non si vedono da nessuna parte.

Se i rivoltosi avessero devastato l’aeroporto di Heathrow, a Londra, sarebbe stato chiamato immediatamente l’esercito.

Qui, i rivoltosi vengono acclamati dagli stranieri.

È ovvio che i mass media occidentali e i rivoltosi stanno lavorando in perfetto accordo. Hanno gli stessi obiettivi.

La paura si mescola alla vergogna. Nessuno ad Hong Kong parla apertamente, in via ufficiale. Anche su argomenti apparentemente “innocui” come il crollo del turismo.

Quelli che stanno distruggendo la città, ovviamente, non sono disposti ad assumersi la responsabilità delle difficoltà che stanno causando ai suoi cittadini.

Quelli che stanno con Pechino, quelli che credono in “una sola Cina,” che sono poi la maggioranza silenziosa dei cittadini, si vergognano per i così tanti traditori che vivono in mezzo a loro, in un’area urbana sovraffollata.

Perciò, silenzio!

Tutti, qui ad Hong Kong e nella Cina continentale, comprendono quanto realmente pericolosa sia la situazione. I leader della rivolta, come Joshua Wong, sono pilotati da Washington, Londra e Berlino. Sono sostenuti moralmente e finanziariamente, non diversamente da personaggi come Guaido in Venezuela. Wong è noto per essersi associato ad organizzazioni come quella dei “Caschi Bianchi,” che lavora per conto dell’Occidente per il “cambio di regime” in Siria.

Danneggiare, fare a pezzi la Cina è ora l’obiettivo principale della politica estera occidentale. Pechino viene attaccata su tutti i fronti: Uiguri, Nuova Via della Seta, Taiwan, Tibet, Mar Cinese Meridionale, commercio. Più la Cina ha successo, più attacchi deve affrontare.

Hong Kong era una città in cui “le strade erano lastricate d’oro,” secondo la leggenda. La Cina continentale la considerava un mezzo paradiso. Tutto questo ora è cambiato, al contrario. Le città vicine, come Shenzhen e Guangzhou, sono dotate di infrastrutture migliori, hanno una vita culturale più intensa e livelli di povertà minori.

In uno degli hotel internazionali di Hong Kong, uno dei manager mi ha detto:

“I Cinesi continentali non considerano più Hong Kong qualcosa di attraente. Non vengono più qui. Qui non sono trattati bene. Vanno invece in Tailandia o in Europa.”

I cittadini di Hong Kong si sentono frustrati e arrabbiati. La loro “unicità” sta evaporando. Vengono lasciati indietro. I tassi di povertà sono alti. La conoscenza della lingua inglese sta diminuendo e le attività commerciali si stanno trasferendo a Singapore. Hong Kong è la città più costosa della Terra ed è troppo cara per la maggior parte dei suoi stessi cittadini.

Il capitalismo estremo qui non ha portato nulla di spettacolare alla popolazione. È sempre più evidente che il sistema comunista (o, se volete, “socialismo con caratteristiche cinesi“) ha avuto molto più successo del vecchio neoliberalismo in stile britannico in termini di politiche sociali, infrastrutture, arte e qualità generale della vita.

I giovani viziati ed egoisti di Hong Kong sono indignati. Che cosa? Improvvisamente non sono più il N° 1 al mondo? I comunisti al di là del confine sono migliori in quasi tutto ciò che fanno?

Invece di lavorare di più, si rivoltano contro la Cina, contro il continente.

Vogliono convincere l’intera Hong Kong e persino il continente, che il “sistema Hong Kong” è l’unica via giusta. E, naturalmente, ci sono molti finanziamenti disponibili per sostenere le loro folli affermazioni. I finanziamenti provengono dalle società che (come la loro) stanno collassando: quelle in Occidente.

 

La maggior parte dei cittadini di Hong Kong ha paura che i rivoltosi possano avere successo.

Hanno già forzato il ritiro della legge sull’estradizione, che avrebbe potuto aiutare Hong Kong a combattere la corruzione endemica e l’invulnerabilità delle sue élite commerciali.

Sono già riusciti a spaventare il governo di Hong Kong e spingerlo a compromessi.

I rivoltosi agiscono alla stregua di enormi bande violente e godono del pieno sostegno della propaganda occidentale.

Ma, che piaccia o no, Hong Kong è Cina. Chiedetelo ad un bottegaio di North Point, chiedetelo agli operai, alle vecchie signore sulle panchine del parco o ad un insegnante di scuola elementare e capirete. A queste persone non importa se Hong Kong sia eccezionale o no. Non hanno bisogno di mettersi in mostra. Vogliono solo vivere, sopravvivere, sperare in un futuro migliore.

E un futuro migliore è sicuramente con Pechino, non con Washington o Londra.

Londra l’hanno già avuta. E ne hanno avuto abbastanza.

“Più Pechino, non meno” sentireste dire, se le persone non avessero paura di parlare. Nel 2014, quando la situazione non era così estrema come ora, me lo dicevano.

Non è facile combattere centinaia di migliaia di esaltati e fanatici con il volto coperto e che brandiscono sbarre di ferro. La loro religione è semplicemente “l’Occidente.” È un concetto astratto. Come le loro richieste. Così come gli scoppi violenti dei loro complessi di inferiorità.

Sia la maggioranza locale, sia Pechino, devono riflettere attentamente sulla strategia da applicare, se vogliono proteggere e difendere Hong Kong e la Cina da questi teppisti brutali, frustrati, moralmente corrotti e per giunta traditori.

 


Link: https://journal-neo.org/2019/09/19/hong-kong-is-scared-of-the-rioters/

19.09.2019

 

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