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16 Dicembre 2019

 

Hong Kong: una città bloccata in uno stallo senza fine 

di Gary Cheung

traduzione Bosque Primario

 

Sei mesi dopo la prima manifestazione di massa contro la sfortunata legge sull’estradizione, Hong Kong resta nel caos. Ma che cosa succederebbe se, semplicemente, i capi di Hong Kong e di Pechino dovessero scegliere di non far niente e di aspettare che passi la tempesta?

 

Sei mesi dopo l’inizio della  stagione del malcontento e delle proteste di massa, delle violenze e dei blocchi che paralizzano le strade di Hong Kong non c’è ancora nessun segnale su come o quando finirà tutto.

 

La cosiddetta rivoluzione senza leader che ha provocato il caos in tutta la città – su strade del centro e della periferia, negli aeroporti e nelle stazioni della metropolitana, nei centri commerciali e nei campus universitari – non è ancora finita.

 

Ci sono state tre settimane di tregua per il periodo delle elezioni dei Consigli Distrettuali del 24 novembre, che hanno spazzato via i candidati pro-establishment e insediato maggioranze democratiche di opposizione in 17 distretti su 18, una sorprendente inversione di rotta, attribuita ai mesi di proteste e alla profonda insoddisfazione per il governo.

Video: Hong Kong votes overwhelmingly for pro-democracy camp with record turnout in local elections

 

Ma i manifestanti radicali e i loro sostenitori sono scesi di nuovo in strada il 1° dicembre, scontrandosi con la polizia e gridando che continueranno a protestare fino a quando tutte le loro richieste non saranno soddisfatte.

 

Il movimento ha segnato un successo quando il governo ha ritirato l’odiata lette sull’estradizione che a giugno scatenò le proteste per timore che i fuggitivi potessero essere inviati sulla terraferma, dato che Hong Kong non ha un accordo ufficiale sui trasferimenti.  Ma il movimento di protesta vuole di più, in particolare vuole una commissione d’inchiesta che indaghi sulle accuse di brutalità della polizia e anche il suffragio universale per la città.

 

La Chief Executive Carrie Lam Cheng Yuet-ngor non ha fretta di rispondere a queste e altre richieste, che ha ripetutamente respinto come irrealistiche. Dopo la quasi totale disfatta del fronte  pro-estabilishment  alle recenti elezioni, ha dovuto riconosciuto che il popolo si è espresso (contro di lei), ma sembra determinata a fare ben poco.

 

Né Pechino ha fretta di risolvere subito il problema. Quelli che negli ultimi sei mesi si aspettavano una risposta del governo centrale contro il movimento di protesta sullo stile di Piazza Tiananmen stanno ancora aspettando, malgrado i richiami dei media internazionali a quel sanguinoso 4 giugno 1989 contro gli studenti di Pechino – a  Hong Kong, non è successo niente di simile.

 

Articoli e discorsi rilasciati alla stampa da funzionari della Cina continentale hanno condannato il caos provocato da una minoranza radicale e hanno accusato gli interessi stranieri di interferenze, ricordando agli abitanti di Hong Kong che la loro città sarà sempre una parte della Cina,  esortandoli a fare come gli abitanti di Macao e cercare di far funzionare il principio “un paese, due sistemi“.

 

Quindi, dopo mezzo anno di proteste, la vera domanda è: che cosa succede se Lam e Pechino decidono di non fare niente e restare semplicemente fermi e aspettare che passi la tempesta?

 

Gli esperti dicono che la crisi politica diventerà ancora più grave se il governo locale non dovesse affrontare i motivi delle proteste degli Hong Kongers, che lo scorso mese hanno fatto sentire la loro voce forte e chiara alle elezioni distrettuali che sono diventate un referendum di fatto sull’entità del sostegno pubblico al movimento di protesta.

L’ Executive councillor Ronny Tong Ka-wah non si aspetta che Pechino o il governo di Hong Kong facciano presto importanti concessioni alle richieste popolari.

 

Parlando della sua esperienza personale, Tong, 69 anni, ha affermato che nei prossimi anni si aspettar una escalation nel confronto tra le parti nella società.

 

“Non c’è molta speranza per riportare l’armonia e rilanciare le riforme politiche, nei prossimi anni, mi aspetto una situazione di stallo a Hong Kong e sono rassegnato al fatto che, nella mia vita, non vedrò il riconoscimento del suffragio universale.”

Alan Leong Kah-kit, presidente del Partito Civico dell’opposizione, ha dichiarato che la Lam ha sperperato un’opportunità d’oro durante il periodo di relativa calma per le elezioni dei Consigli Distrettuali. Invece, ha detto, la sua risposta è stata “patetica”.

Spiegando le scelte della Lam, ha detto: “Avrebbe potuto aprire una commissione d’inchiesta e poi pubblicare ie conclusioni dell’inchiesta, poteva dichiararsi disponibile a considerare l’amnistia per gli arrestati durante le proteste. Poteva anche chiedere attraverso la rete dei Consigli Distrettuale come poter realizzare il suffragio universale. ”

La Lam non ha fatto nulla di tutto ciò, permettendo a Leong di considerare questo suo atteggiamento come arroganza che riflette la sua inadeguatezza per la carica di chief executive. Una volta persa l’occasione d’oro, non vedo la possibilità di una conclusione pacifica per la crisi attuale, ha detto Alan Leong, presidente del Partito Civico di opposizione

 

Un uomo d’affari vicino al governo ha aggiunto che probabilmente Lam resterà in carica fino alla fine del suo mandato nel 2022 perché Pechino avrebbe difficoltà a mettere qualcun altro in una posizione tanto scottante.

 

Un funzionario del governo di Hong Kong ha affermato che mentre i problemi politici potrebbero essere risolti al meglio con la politica, al momento non c’è una soluzione disponibile. Il fatto è semplicemente questo: “Il governo deve continuare a fare affidamento sulla polizia per fermare la violenza e ristabilire l’ordine”.

 

Il 9 giugno, esattamente sei mesi fa è nato il movimento di protesta e quel giorno a Suzanne Choy si unì circa un milione di persone per protestare contro il disegno di legge sulla estradizione e contro la volontà del governo che voleva approvarlo, malgrado le critiche e le preoccupazioni generate.  “Ho partecipato per contestare contro il governo che non vuole dar retta all’opinione pubblica ed per esprimere la mia rabbia per il fronte dell’establishment, che resta irremovibile potendo approvare qualsiasi legge, pur se impopolare, grazie alla maggioranza che detiene nel Consiglio legislativo”, ha affermato.  Choy, che ha una quarantina d’anni e lavora nell’azienda commerciale di famiglia, non avrebbe mai immaginato che la marcia di quel giorno sarebbe diventata un movimento radicale di disobbedienza civile.

 

“Non mi aspettavo che le proteste diventassero violente e nemmeno che non si sarebbe vista la fine per quei disordini sociali”, ha detto, aggiungendo che aveva già partecipato ad altri due cortei pacifici.

 

“Nonostante i problemi che hanno provocato le proteste, penso che il governo sia responsabile della crisi in corso”.  Sei mesi dopo, Choy ammette di essere sorpresa dalla perseveranza e dalla tenacia dei manifestanti. “Le azioni radicali dei manifestanti, come gli atti di vandalismo contro i negozi che hanno legami con Pechino, hanno davvero superato il limite”, ha detto, esprimendo la sua determinazione a continuare a sostenere il movimento.

 

Durante questi mesi l’opinione pubblica non è mai sembrata convinta della buona volontà della Lam che, benché abbia ritirato la proposta di estradizione, è rimasta ferma nel respingere le insistenti richieste di indipendenza sulle indagini per la  condotta della polizia.

 

Numerosi sondaggi d’opinione indicano che la maggior parte degli Hongkonger vuole una indagine indipendente, ma la Lam continua voler che sia la Polizia stessa a rispondere al Independent Police Complaints Council (IPCC) per la propria condotta durante le proteste.

Fonti hanno riferito al Post che il governo prenderà in considerazione di istituire una commissione d’inchiesta solo se il rapporto del IPCC, che arriverà all’inizio del mese prossimo, non darà soddisfazione alle domande della popolazione. Il governo sta anche istituendo un comitato di revisione indipendente per esaminare i motivi delle proteste, come fece anche la Gran Bretagna dopo le rivolte di Londra del 2011.

 

A settembre, la Lam ha dichiarato che avrebbe invitato leader della comunità, professionisti e accademici a esaminare i problemi profondi della società per dare suggerimenti e possibili soluzioni. Ma alcuni alleati di governo e dell’ex ministro dei trasporti e dell’edilizia abitativa Anthony Cheung Bing-leung hanno affermato che è improbabile che il comitato di revisione possa soddisfare chi chiede una indagine indipendente.

 

Stephen Chiu Wing-kai, professore della cattedra di sociologia presso la Education University di Hong Kong, che ha studiato i disordini di Londra, ha affermato che, se si vuole condurre una vera indagine conoscitiva, un comitato di revisione non ha i poteri per sostituire una commissione d’inchiesta con poteri statutari.

 

Anna Wu Hung-yuk, presidente della Competition Commission ed ex consigliere esecutivo, ha detto di temere che non si arriverà a una vera chiusura senza una vera indagine indipendente. “Le proteste continueranno nei prossimi mesi se la gente si renderà conto che la richiesta di una indagine conoscitiva sull’uso della forza da parte della polizia non avrà risposte chiare”

 

Una fonte vicina al governo ha ammesso che un comitato di revisione non ha l’autonomia per soddisfare le richieste a cui può rispondere invece una commissione specifica con il potere di ottenere tutte le informazioni necessarie e di convocare i testimoni. “Una commissione d’inchiesta con poteri statutari è il modo migliore per rispondere alle preoccupazioni della gente  sulla presunta brutalità della polizia e per esaminare le cause delle proteste contro il governo”, ha detto la fonte.

 

Una persona che sa come la pensa il governo centrale e quello di Hong Kong ha affermato che si è dovuto tener conto della ferma resistenza delle forze di polizia contraria a tenere una indagine indipendente.

 

“Che cosa succederebbe se gli agenti di polizia ricorressero alla resistenza passiva, come darsi malati tutti nello stesso giorno?” – ha chiesto qualcuno – “Se dovesse succedere, interverrebbr l’Esercito popolare di liberazione? La gente di Hong Kong accetterebbe che una guarnigione del PLA di Hong Kong sia inviata a mantenere la legge e l’ordine, che scenario si presenterebbe? “

 

video: Hundreds of thousands joined Hong Kong’s first march approved by police since August

 

Il Partito Civico di Leong ha scartato l’idea di un possibile sciopero della polizia e di un intervento del PLA definendola “una indiscrezione” messa in giro da simpatizzanti del governo per creare paure.

 

“Se dovessero realizzarsi certi scenari, Hong Kong diventerebbe uno stato di polizia e Hong Kong finirebbe in cenere insieme alla Repubblica popolare cinese. Non c’è modo per far arrendere la gente di Hong Kong ”.

 

Mentre condurre un’indagine indipendente è rimasto un punto fondamentale per il movimento di protesta, alcuni lealisti di Pechino sono più preoccupati di metter fine alle violenze e vogliono solo che il governo faccia uno sforzo maggiore per ristabilire l’ordine.

Ng Chau-pei, presidente della Federazione dei sindacati pro-Pechino, ha suggerito all’amministrazione di richiamare in servizio giudici in pensione e di usare avvocati del governo per accelerare i procedimenti giudiziari nei confronti degli arrestati in relazione alle proteste.

 

Al 28 novembre, solo 921 delle 5.889 persone arrestate durante le proteste sono state formalmente accusate.

 

“L’effetto dissuasivo sarebbe maggiore se venissero portati tutti in tribunale e condannati”, ha affermato Ng. “Il governo dovrebbe anche invocare leggi di emergenza per reprimere i media che incitano alla violenza”.

 

Ng ha detto anche che il Segretario alla giustizia Teresa Cheng Yeuk-wah, il Segretario alla sicurezza John Lee Ka-chiu e il Segretario alla Pubblica Istruzione Kevin Yeung Yun-hung dovrebbero essere più fermi nel reprimere queste violenze.

 

“Non ci dispiacerebbe se il chief executive decidesse di cacciarli perché non sanno fare il loro lavoro”, ha detto Ng, ex deputato della massima legislatura al ­National People’s Congress.

 

La stessa fonte che conosce come la pensano quelli del governo centrale e di Hong Kong ha notato che l’amministrazione della Lam ha ripetutamente sottolineato la necessità di fermare le violenze. “Comunque l’aspirina da sola può solo far scendere la febbre ma non può davvero curare la malattia”, ha detto la fonte.

 

A gennaio, un gruppo di giovani neo-consiglieri inizierà a lavorare in un panorama politico completamente differente, dove i pandemocratici dell’opposizione avranno il controllo di tutti i 18 consigli distrettuali della città, eccetto uno. Ci sono giovani di vent’anni, alla prima candidatura, lavoratori e professionisti che hanno cavalcato lo tsunami dell’insoddisfazione contro il governo e che hanno sconfitto i candidati pro-establishment, i vecchi politici e quelli che sono rimasti attaccati alla poltrona per decenni. I consigli distrettuali sono organi fortemente municipali, senza poteri per scelte politiche. I nuovi consiglieri dovranno occuparsi di questioni di igiene pubblica, dei servizi degli autobus e varie altre esigenze dei residenti.

 

Ma con questa situazione di stallo tra manifestanti e amministrazione Lam, che sembra destinata a continuare anche nel nuovo anno, sono in gioco problemi politici più grandi e, dopo gli straordinari risultati riportati alle elezioni dei Consigli Distrettuali, potrebbero esserci delle ulteriori ripercussioni.

 

Il primo appuntamento sarà alle elezioni del prossimo anno per il  Legislative Council. Analisti e figure chiave del fronte pro-estabilishment si aspettano che alle elezioni dei Legco che si terranno a settembre i loro candidati vengano nuovamente puniti, come dicono i sondaggi. Settanta seggi sono assegnati, metà dei quali secondo i collegi elettorali geografici. I restanti 35 seggi vengono assegnati in base a regolamenti commerciali.

Nelle elezioni Legco 2016, i pandemocratici e le liste locali presero 30 seggi su 70 e i candidati pro-establishment se ne assicurarono 40.

 

I politici dell’opposizione, secondo alcune stime, potrebbero arrivare a 34 o più seggi nelle elezioni del prossimo anno, rendendo più difficile per il governo far passare i propri disegni di legge e finalizzare le iniziative politiche già approvate nella attuale legislatura.

L’impatto delle elezioni dei Consigli Distrettuali potrebbe avere ripercussioni sui sondaggi Legco, influenzando anche le elezioni del 2022 per il prossimo chief executive di Hong Kong.

 

Il crollo provocato dalla vittoria dell’opposizione il mese scorso porterebbe a pensare che potrebbero prendere tutti i 117 seggi assegnati ai consiglieri distrettuali nel Election Committee di 1.200 membri che saranno chiamati a scegliere il prossimo chief executive. Il fronte aveva 326 dei 1.194 seggi nel Comitato elettorale del 2016, rispetto ai 205 del 2011.

Il comitato comprende la élite imprenditoriale della città, professionisti, sindacalisti e politici, e le loro lobby sono fortemente rappresentate. Quasi 100 membri del Election Committee di 1.194 membri che hanno scelto  il chief executive nel 2017 rappreseno direttamente gli interessi delle lobby immobiliari e dei loro soci in affari. Senza calcolare i cani sciolti o le connessioni indirette e meno ovvie con la grande proprietà.

 

Se i pandemocratici riusciranno in una prestazione altrettanto stellare anche alle Election Committee del 2021, potrebbero ottenere un totale di 443 seggi. Prendendo in considerazione i posti riservati al settore dell’imprenditoria, l’opposizione potrebbe allearsi ai tycoon della città e diventare decisiva nelle elezioni del prossimo chief executive. Un candidato ha bisogno di 601 voti dai membri del comitato elettorale per vincere.

“Pechino presenterà un solo candidato per il fronte pro-establishment alle prossime elezioni del chief executive per ridurre al minimo il rischio che vinca un concorrente pandemocratico anche se accidentalmente ” ha affermato il consigliere esecutivo Tong.

Nelle precedenti elezioni del 2012 e del 2017 il fronte pro-establishment presentò due candidati istituzionali che si contesero il posto e due anni fa, la Lam divenne chief executive dopo aver battuto l’ex segretario finanziario John Tsang Chun-wah.

Sempre la fonte ben informata ha affermato che eventuali prossime vittorie dei pandemocratici in vari livelli elettorali potrebbero costringere Pechino a puntare maggiormente sul business e sui tycoon.

 

“Però allearsi con il settore imprenditoriale legherebbe le mani del governo nell’affrontare questioni essenziali come le case e la distribuzione della terra”, ha detto la fonte. A settembre, note e editoriali sui media dello Stato continentale hanno riferito della convinzione di Pechino che la crisi delle abitazioni di Hong Kong sia in gran parte dovuta alle proteste contro il governo. I padroni della città possiedono enormi estensioni di terra, tra questi Li Ka-shing, l’uomo più ricco di Hong Kong, che si è visto preso di mira dai media dello stato.

 

Il momento è confuso e si rischia di abbaiare sotto l’albero sbagliato. A dar ascolto alle voci dei manifestanti, come Suzanne Choy, in futuro si continuerà con le proteste pacifiche. “La ragione è semplice: bisogna far sapere a Pechino e al resto del mondo che quello che ha fatto il governo di Hong Kong è impopolare”.

 


Gary Cheung

Fonte: https://www.scmp.com

Link: https://www.scmp.com/news/hong-kong/politics/article/3041165/hong-kong-city-locked-stalemate-no-end-sight?fbclid=IwAR1d40gIX0MaXjttsLFblzFPZFN7uTBrj_Isv1V5vCuwCYz4jI55rwDtJh0

 

9.12.2019

 

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