Roberto Saviano e Edward Snowden: "Lotto perché Internet torni di nuovo libero. Zuckerberg? Si pentirà"

The man whose state surveillance revelations rocked the world speaks exclusively to the Guardian about his new life and concerns for the future

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14/9/19

 

Snowden: il web ha hackerato la democrazia

di Roberto Saviano

 

«L’Europa ha perso un’occasione unica rifiutando l’asilo politico a Snowden: avrebbe potuto dimostrare il diverso approccio nel dare sicurezza ai cittadini». Lo afferma Roberto Saviano, nel presentare su “Repubblica” il suo colloquio via Skype con Edward Snowden, l’ex analista della Nsa rifugiatosi in Russia nel 2013 dopo aver rivelato il sistema di spionaggio di massa praticato dalla National Security Agency. «La cosa che rimpiango è non essermi fatto avanti prima», dice oggi Snowden, che ha 36 anni: «Rimpiango ogni anno che ho impiegato a decidere in cosa credessi, per rendermi conto di ciò che succedeva e decidere di fare qualcosa». Nel libro “Errore di sistema”, tradotto in Italia da Longanesi, l’ex operatore dell’intelligence Usa (cui è dedicato il film “Snowden” di Oliver Stone, uscito nel 2016) ripercorre la sua avventura: ha dato alla stampa le prove dei programmi XKeyscore, in grado di leggere qualsiasi email. Poi ha svelato l’esistenza di Prism, un programma di sorveglianza utilizzato per monitorare chat e videochat, comprese quelle su Skype. E infine ha tolto il velo su Tempora, programma che il governo britannico utilizzava per spiare le cancellerie europee. Se Paypal, Facebook, Apple e Microsoft nascono negli Usa – scrive Saviano – è anche perché l’Europa non ha considerato una sfida alla sua altezza il fatto di avere delle proprie piattaforme. Ma come poteva, l’Europa di cui parla Saviano, sfidare addirittura gli Usa?

 

«Ho percorso i corridoi più oscuri del governo», dice Snowden in un’intervista a Glenn Greenwald, «e ho scoperto che è la luce che temono». Nella conversazione con Saviano, affronta i temi-chiave della sua lunga battaglia: da strumento innocuo, il web è diventato il nostro padrone. Indovinato: la merce siamo noi. «Non puoi pensare che non ti interessa la privacy perché non hai nulla da nascondere», dice Snowden: «Sarebbe come dire che non ti interessa la libertà di stampa perché non ti piace leggere o che non ti importa della libertà di culto perché non credi in Dio». La privacy – aggiunge – è l’espressione individuale di un diritto collettivo. «Ma quando costruiscono un sistema che cataloga, immagazzina e sfrutta gli scambi tra esseri umani per usarli contro di noi, devi stare in guardia e chiederti: e ora cosa ci succederà?». Storia recente: dopo la bolla dell’entusiasmo iniziale, «le aziende capirono che le persone, quando si trovavano online, erano più interessate a condividere che a spendere, e che la connessione umana che Internet aveva reso possibile poteva essere monetizzata: dovevano semplicemente trovare il modo di inserirsi in questi scambi sociali e trarne profitto. Così è iniziato il capitalismo di sorveglianza, decretando la fine di Internet per come la conoscevo io».

 

Attirate dalla maggiore facilità d’uso, le persone «hanno preferito abbandonare i propri siti personali – che richiedevano un costante lavoro di manutenzione – a favore di pagine Facebook o account Gmail, dei quali però erano proprietari solo nominalmente». Chi era succeduto alle società che avevano fallito nell’e-commerce, perché non erano riuscite a trovare nulla che ci interessasse comprare, ora aveva un nuovo prodotto da venderci: «Quel prodotto eravamo noi stessi. I nostri interessi, le nostre attività, la nostra posizione e i nostri desideri». Se avesse di fronte Mark Zuckerberg, Eward cosa gli direbbe? «Gli chiederei: come vuoi essere ricordato? Credo che quando Zuckerberg invecchierà, si guarderà indietro, vedrà il suo fascicolo personale e si rammaricherà di non aver usato le risorse di cui oggi dispone per qualcosa di più nobile e importante, che non vendere più pubblicità». Sottolinea Snowden: «I cittadini oggi sono meno consapevoli di ciò che accade nelle nostre democrazie. E invece di essere soci della rete, sono diventati oggetto della rete. Quello che sentiamo è un malcontento crescente, perché vediamo il modo in cui queste tecnologie vengono utilizzate contro di noi».

 

L’ex genietto della Nsa cita l’inventore del World Wide Web, Tim Berners: si sta dedicando a una cosa che si chiama “re-decentralizzazione”. Significa: «Fare in modo che il sistema non abbia più bisogno di trattenere i nostri dati per fornire servizi». Il paragone è quello con il servizio pubblico: «Tu paghi l’acqua, ma le società che gestiscono servizi idrici non pensano a come la usi. La stessa cosa vale per l’elettricità. Ma quando si parla di Internet, o di qualsiasi forma di comunicazione che utilizzi Internet, come ad esempio le smart-tv, non ti permettono di usare una banale connessione Internet che non possono controllare». In più, «c’è un’aggressiva resistenza alla crescita della crittografia: vogliono poter vedere per cosa usi Internet e applicare tariffe diverse in base al traffico e ai siti che frequenti». I giovani sono naturalmente attratti dalla tecnologia «perché le macchine non discriminano». Quello con il web «è il primo vero incontro che i bambini hanno con una realtà in cui vengono trattati non da bambini, ma come gli altri, perché un computer o uno smartphone non coglie la differenza». Ciò che è cambiato, aggiunge Snowden, è che anni fa la tecnologia “non si ricordava” di noi, di come l’avessimo usata la volta precedente. Ora invece è tutto memorizzato.

 

Niente sfugge alla sorveglianza della Rete: se le mamme postano un’ecografia su Facebook, Twitter o Instagram, la storia privata dei bambini «viene catturata e conservata», anziché essere «posseduta o controllata da chi l’ha creata». Una volta raccolte le informazioni su di te e sulla tua vita, «quello che fanno è arricchire il grafico, per costruire il tuo fascicolo personale». Ragiona Snowden: «La differenza tra me bambino e la mia generazione è che io potevo fare errori, potevo dire cose terribili, provare momenti di vergogna e fare cose di cui mi pentivo e che facciamo tutti da piccoli, perché fare errori ci fa crescere. Oggi invece le persone sono desensibilizzate perché sanno che quello che hanno detto rimarrà. Non puoi dire che era stato un errore e devi difenderti e giustificarti». E così, «finisci per rafforzare un’identità in cui non ti ritrovi più, che non volevi. Ma ormai è troppo tardi: sei intrappolato nel tuo passato. Ogni cosa che facciamo ora dura per sempre, non perché vogliamo ricordarla, ma perché non ci è permesso dimenticarla».

 

Nel suo libro, Snowden descrive il senso di colpa che provava quando lavorava per la Nsa, mentre i giovani di mezzo mondo morivano per combattere i regimi che oscuravano il web e vietavano l’accesso ai social: «In tutto il Medio Oriente, civili innocenti vivevano sotto la costante minaccia della violenza. Le folle reclamavano la fine dell’oppressione, della censura, della precarietà. Sostenevano che in una società veramente giusta non erano le persone a dover rispondere al governo, ma era il governo che doveva rispondere alle persone». Nel frattempo, nel “paese della libertà”, la Nsa spiava gli americani e il resto del mondo. «Se si fa una ricerca su Internet, quelle parole sono registrate per sempre: ed è la stessa cosa per tutti i siti. Alla Silicon Valley usano il temine “frictionless”, senza attrito, cioè comodo, senza problemi. Ma quello che in realtà significa è celare le conseguenze, nascondere i costi e farti sentire al sicuro anche quando ti stanno danneggiando». Così, continua Snowden, «si stanno progressivamente trasformando le nostre vite». E si sta smontando «ciò che la democrazia aveva costruito: come ad esempio il diritto all’oblio, a commettere un errore (non un reato, ma un errore), senza doverti giustificare e restarne marchiato». E tutto questo sta accadendo “frictionless”, enza attrito.

 

Nonostante tutto, Snowden crede nella democrazia americana, nei suoi principi. Nel suo libro, sottolinea Saviano, usa un’espressione per descrivere cos’è accaduto e continua ad accadere: «Hanno hackerato la Costituzione». Se n’è accorto a sue spese: prima come analista della Nsa, poi come “traditore” del sistema, il Deep State che manipola la realtà e domina i governi. «Molte persone – racconta – dimenticano che non è stata una mia scelta vivere in Russia. Ero a Hong Kong in viaggio verso l’America Latina quando il governo americano, l’ex segretario di Stato John Kerry, mi ha annullato il passaporto». Così, Edward atterrò in Russia. «Da lì ho fatto domanda di asilo in 27 paesi nel mondo, inclusa l’Italia, ma anche Francia, Germania, Norvegia», vale a dire «i paesi che immaginiamo rispettino i diritti umani». E invece: «Ogni volta, i miei legali sentivano che “una di quelle due persone”, John Kerry o il vicepresidente Joe Biden, aveva chiamato i ministri degli esteri di quei paesi, e così ero intrappolato». Chi c’era, alla Casa Bianca? Lui: Barack Obama, il presidente che ha scatenato la Nato contro Putin. «Non sapremo mai perché i russi mi lasciarono uscire dall’aeroporto: al momento ero l’uomo più ricercato al mondo».

 

Snowden ha avuto un asilo temporaneo, per un anno, dopodiché non gli è più stato garantito lo status di rifugiato. Si ipotizza che Putin ora potrebbe “cederlo” a Trump, per aiutarlo nella rielezione. Un tradimento come quello che Londra ha riservato a Julian Assange, il fondatore di Wikileaks? Saviano non ne accenna, si limita a lasciar parlare Snoweden. Che racconta: «Non ho più scorta, agenti di protezione. Vado in metropolitana, prendo il taxi e pago l’affitto come chiunque altro. È una situazione rischiosa e non ne ho il controllo». In più, Snowden ha criticato il governo russo per le sue politiche di sorveglianza: ha anche supportato le proteste popolari per la gestione delle elezioni. Eppure, dice, «se il governo americano o i loro amici provassero a uccidermi, confermerebbero la mia teoria: perché io non ho fatto nulla per danneggiare il mio governo». Al contrario: «Volevo aiutarlo. Ciò che ho iniziato a fare, con questo lavoro di giornalismo, non è un atto di rivoluzione, ma un atto di ritorno agli ideali degli Stati Uniti», sostiene Edward. «E penso che sia la parte più tragica della mia presenza in Russia che, ripeto, non è voluta da me».

 

Accusa Snowden: «Tutto il mondo ha sempre creduto che fossero gli Stati Uniti a proteggere i dissidenti». Cosa accade, invece, se un dissidente come lui deve essere sottratto dalle grinfie degli Stati Uniti? «Credo ciò dimostri quanto sia un periodo oscuro della nostra storia, e spero non duri troppo». L’ex funzionario della Nsa, ricorda Saviano, sta subendo una campagna di pressione internazionale enorme: è il traditore, la spia, il nemico della democrazia americana, l’alleato dei terroristi, la quinta colonna degli Stati-canaglia. Lui ribatte con fermezza: «Se mi fossi difeso in televisione, l’attenzione si sarebbe concentrata solo su di me, mettendo in ombra la vera questione». E cioè: stabilire «se quei programmi fossero legali o meno, se il governo avesse davvero violato la Costituzione». E così, «il governo avrebbe saputo come rigirare le cose, tutti avrebbero parlato di me e non dell’Nsa: fa male». Edward Snowden combatte a viso aperto: «Vorrei tornare negli Usa – dice – e vorrei che mi fosse concesso un giusto processo, secondo la legge». E’ accusato via aver violato l’Espionage Act del 1917, creato per fermare «non le spie, ma la resistenza politica». Il super-ricercato è fiducioso: «Credo che questa legge non durerà». Pensa anche che, anno dopo anno, «tutte le accuse che mi sono state mosse crolleranno, sempre di più».

 

Aiuti insperati? «Gli agenti dell’Nsa ora dicono che avrebbero dovuto loro stessi rivelare quello che ho rivelato io, e che il programma che avevo denunciato lo stanno eliminando». Ma davvero pensa di poter un giorno tornare negli Usa, dopo tutto quello che è successo? «So solo che quando il mio paese avrà bisogno di me, io ci sarò», dice Snowden. Che insiste: «Non ho fatto quel che ho fatto per avere amici. L’ho fatto perché penso che le cose in cui crediamo contino. Ma contano soltanto in relazione a ciò che siamo in grado di rischiare per esse». Ecco il punto: quanti di noi sarebbero in grado di mettersi nei guai, per difendere quello in cui credono? Ciò che Edward ha svelato, ricorda Saviano, è «la più grande violazione di massa della privacy mai accaduta in una democrazia». Scrive Snowden, in “Errore di sistema”: «Nel più totale disprezzo dei principi della Carta costituzionale, il governo americano ha ceduto alla tentazione. E una volta assaggiato il frutto dell’albero avvelenato, è stato colto da una smania irrefrenabile. Ha assunto in segreto il controllo della sorveglianza di massa». Amara verità: quella è «un’autorità che, per definizione, affligge più gli innocenti che i colpevoli». Quanti di noi oggi sarebbero disposti a imitarlo? Di fronte alla sua persecuzione, l’Europa non ha mosso un dito. Non l’ha fatto nemmeno per Assange. Eppure, gli Assange e gli Snowden esistono. Malgrado noi.

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15 Settembre 2019 

 

“Il pericolo più grande deve ancora venire”, parola di E. Snowden

 

L’ex contractor della NSA ha indicato che i governi, con l’aiuto delle società sul web, stanno creando un registro permanente della vita quotidiana di tutte le persone nel mondo.

Edward Snowden, ex contractor della NSA e della CIA, che 6 anni fa ha denunciato la pratica illegale di spionaggio informatico di massa di queste agenzie statunitensi ai propri cittadini, ha avvertito in una nuova intervista con The Guardian che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) e l’accumulo di dati personali sulla rete rappresenta una minaccia significativa nel prossimo futuro.

“Il pericolo più grande deve ancora venire, con il perfezionamento delle capacità di intelligenza artificiale (AI), come il riconoscimento facciale”, ha spiegato.

Inoltre, ha sottolineato che “una telecamera di sorveglianza dotata dell’AI non sarebbe un semplice dispositivo di registrazione, ma potrebbe diventare qualcosa di più vicino a un agente di polizia automatizzato”.

A questo proposito, ha espresso preoccupazione per il fatto che gli Stati Uniti e altri governi, con l’aiuto di grandi società di Internet, si stanno muovendo verso la creazione di un registro permanente della vita quotidiana di tutte le persone nel mondo.

Si sente giustificato

Snowden al quotidiano britannico ha raccontato che attualmente si sente giustificato dopo aver denunciato la viziosa pratica dello spionaggio informatico di Stati Uniti, Regno Unito e dei suoi alleati. I sondaggi condotti negli Stati Uniti Nel 2013, immediatamente dopo le accuse di Snowden, hanno mostrato una divisione quasi uguale tra coloro che lo vedevano come un traditore e altri come un eroe.

“È curioso che ora, 6 anni dopo, l’immagine controversa che avevo ha cominciato ad ammorbidirsi”, ha detto l’ex contractor della NSA, aggiungendo che anche le persone a cui non piace personalmente erano ora pronte ad accettare che “viviamo in un mondo migliore, più libero e più sicuro” a causa delle rivelazioni della sorveglianza di massa.

Vale la pena ricordare che uno dei candidati alla presidenza democratica, Bernie Sanders, dichiarò che gli sarebbe piaciuto vedere una risoluzione che avrebbe posto fine all’esilio permanente di Snowden, mentre un’altra candidata, la deputata Tulsi Gabbard, disse che lo avrebbe perdonato.

Rilassato in Russia

Nel 2013, dopo aver esposto al mondo allo spionaggio occidentale da Hong Kong, Snowden intendeva recarsi da Russia e Cuba in Ecuador, ma gli Stati Uniti hanno annullato il suo passaporto e lo ha lasciato bloccato nel territorio russo.

 Nel contesto dell’intervista Snowden ha rivelato che all’inizio si sentiva “solo, isolato e paranoico che gli agenti statunitensi cercavano rappresaglie per le strade”.

Ma ora, ha confessato, “è rilassato” in Russia ed è in grado di condurre una normale vita quotidiana. Ha rinunciato alle sciarpe, ai cappelli e ai cappotti che un tempo usava per nascondersi e ora si muove liberamente per la città, usando la metropolitana, visitando gallerie d’arte o balletti, incontrando amici in caffè e ristoranti.

Inoltre, viaggia attraverso la Russia e ha già visitato San Pietroburgo e la città di Sochi, situata sulla costa del Mar Nero.

Ha anche rivelato che due anni fa ha segretamente sposato in un tribunale russo la sua partner, Lindsay Mills, che definisce “l’amore della sua vita”.

La lunga intervista si svolge pochi giorni dopo la pubblicazione del libro di memorie Snowden, “Permanent Record”, che sarà pubblicato il prossimo 17 settembre in oltre 20 paesi in tutto il mondo.

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