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sabato 21 dicembre 2019 

 

Il Papa: «Oggi l'Occidente non è più cristiano»

di Riccardo Maccioni 

 

Nei tradizionali auguri alla Curia romana, Francesco ha denunciato come oggi la fede venga spesso negata e perfino derisa e ridicolizzata. Ascoltare il grido dei migranti. Per Dio nessuno è straniero

 

Il primo è più importante compito della Chiesa è l’evangelizzazione. A maggiore ragione oggi, in una società post cristiana dove non è più possibile distinguere come accadeva in passato tra due versanti: da una parte un mondo di credenti nel Risorto, dall’altra una realtà ancora da evangelizzare.

 

Nella tradizionale udienza dalla Curia Romana per gli auguri natalizi, il Papa si è soffermato sulle ragioni e le radici della riforma della Chiesa che sta portando avanti. Punto di partenza la consapevolezza che ormai «non siamo nella cristianità, non più». Significa che «le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale».

 

Detto in altro modo, più perentorio, «non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». Un cambiamento d’epoca che richiede anche un riposizionamento del modo di pensare e, sotto il profilo più strettamente pastorale la necessità di ripensare la tradizionale distinzione tra la Congregazione per la Dottrina della fede e quella per l’evangelizzazione dei popoli.

 

Allo stesso modo occorre rivedere l’atteggiamento nei confronti di un realtà informativa e culturale sempre più digitalizzata, in cui l’immagine prevale sull’ascolto e sulla parola scritta. Una sfida alla quale la Chiesa ha inteso rispondere con il nuovo Dicastero per la comunicazione. Oggi infatti «non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri».

 

Una prospettiva in virtù della quale «rispetto ai servizi diversificati, prevale la forma multimediale», il che implica, a livello di risposta, «una conversione istituzionale e personale per passare da un lavoro a compartimenti stagni – che nei casi migliori aveva qualche coordinamento – a un lavoro intrinsecamente connesso, in sinergia».

Ma nella lunga e densa analisi di papa Francesco una ampio capitolo è dedicato naturalmente anche agli ultimi, agli scartati, agli emarginati. O per meglio dire al dovere di mettere, alla luce del Vangelo, l’uomo nella sua interezza al centro di ogni azione pastorale. Per questo è nato il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Uno sviluppo che «si attua nel servire i più deboli ed emarginati, in particolare i migranti forzati, che rappresentano in questo momento un grido nel deserto della nostra umanità». La Chiesa è dunque chiamata «a ricordare a tutti che non si tratta solo di questioni sociali o migratorie ma di persone umane, di fratelli e sorelle che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata. È chiamata a testimoniare che per Dio nessuno è “straniero” o “escluso”. È chiamata a svegliare le coscienze assopite nell’indifferenza dinanzi alla realtà del Mar Mediterraneo divenuto per molti, troppi, un cimitero».

 

Sottolineature, prospettive, sfide, progetti,che nell’analisi di papa Bergoglio sono altrettante occasioni per far riagganciare la Chiesa alla società di oggi, per farle recuperare il ritardo «di duecento anni» denunciato dal cardinale Martini in un passaggio, citato da Francesco, dell’ultima intervista rilasciata prima di morire. La Curia Romana infatti non è e non deve essere «un corpo staccato dalla realtà, anche se il rischio è sempre presente, ma – ha sottolineato il Pontefice in chiusura di intervento –va concepita e vissuta nell’oggi del cammino percorso dagli uomini e dalle donne, nella logica del cambiamento d’epoca». La Curia Romana infatti – «non è un palazzo o un armadio pieno di vestiti da indossare per giustificare un cambiamento. La Curia romana è un corpo vivo, e lo è tanto più quanto più vive l’integralità del Vangelo».

https://www.huffingtonpost.it/

21/12/2019

 

La fine della cristianità e dell'epoca Sodano

By Maria Antonietta Calabrò

 

Nel discorso di Francesco alla Curia nessuna reprimenda, ma un appello accorato alla conversione e a una riforma che non sia quella del Gattopardo

 

Nessuna reprimenda per Natale (cui pure ci eravamo abituati) negli auguri alla Curia romana, quella che senza mezzi termini in passato aveva definita “una Sfinge” impossibile da ripulire con uno spazzolino da denti. Quest’anno il tradizionale discorso nell’imminenza della Notte Santa ha avuto un tono più profondo e drammatico. Mai, a memoria, un Papa aveva dichiarato che “non siamo nella cristianità, non più”. Perché la fede - specialmente in Europa ma pure in gran parte dell’Occidente - non costituisce più il presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene persino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata”.

Si riallaccia a Benedetto che indisse per il 2012 (l’anno più drammatico del Pontificato travolto da scandali) l’Anno della Fede, e che per far fronte alla nuova situazione già nel 2010 aveva istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, per promuovere l’annuncio cristiano proprio nei paesi in cui sono presenti Chiese antica fondazione.

 

Ma un’affermazione così netta, chiara, inequivoca non si era mai sentita dalla Cattedra di Pietro. La cristianità non c’è più: cioè non c’è più il vivere associato che traeva i suoi fondamenti dalla dottrina della fede. Altre sono le elaborazioni culturali dominanti. La Chiesa non è più la prima, né la più importante sede di cultura, di arte, di bellezza. Per cui Papa Francesco chiama a un cambiamento di mentalità pastorale (“che non vuol dire passare ad una pastorale relativistica” aggiunge subito per precedere le obiezioni della destra teologica) necessaria per affrontare “un’epoca di cambiamenti” ma un vero e proprio “cambiamento d’epoca”.

 

All’interno di questa visione si colloca la nuovamente evocata riforma della Curia, con la ridistribuzione di pesi e contrappesi tra organismi, dicasteri eccetera. La parola del Pontefice va a quelli che potremmo considerare i quattro cardini: la Congregazione della Dottrina della fede, quella per l’evangelizzazione dei Popoli (dove ha appena nominato il cardinale di Manila, “Chito” Tagle) e soprattutto ai due dicasteri di recente costituiti: quello per la Comunicazione, visto non solo come un coordinamento di apparati, ma come la necessaria adeguata risposta da parte della Sede Apostolica nell’ambito del mondo della comunicazione dove vivono immersi oggi gli uomini, e quello per lo Sviluppo umano integrale dell’uomo e di tutti gli uomini.

 

La riforma della Curia dovrà servire ad affrontare queste nuove sfide, e non a far sì che “tutto cambi perché nulla cambi”, ha detto Francesco citando ( sembra anche qui la prima volta di un Papa) il “romanzo italiano” “Il Gattopardo” di Tommasi di Lampedusa.

Questo ai cardinali, ai dipendenti vaticani Francesco indica una modalità semplice di riforma (positiva anche in questo caso, niente più anatemi sulle chiacchiere e il pettegolezzo) , “il sorriso” (nell’ambiente di lavoro dove si passano tante ore al giorno), quello stesso che viene spontaneo guardando un bambino, ed il Bambino.

 

Il Papa all’inizio del suo discorso , ringraziandolo per il pluridecennale servizio reso, ha annunciato che il cardinale Angelo Sodano (ex segretario di Stato, a capo per decenni della macchina diplomatica della Santa Sede) lascerà a 92 anni l’impegno di Decano del Collegio cardinalizio, una carica importante quando si indice il nuovo Conclave. I cardinali vescovi voteranno presto per scegliere il suo successore. Con un Motu Proprio il Papa ha anche stabilito che l’ufficio di Decano del Collegio cardinalizio non sarà più fino a rinuncia ma per cinque anni eventualmente rinnovabili.

 

Sodano fu Nunzio in Cile dall’inizio del caso Moro alla Caduta del Muro di Berlino. E nel paese sudamericano è stato sempre molto influente (fino alla crisi sulla pedofilia del 2018). Segretario di Stato di Giovanni Paolo II, si scontrò con Ratzinger e Bertone sul pedofilo Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo In Messico. Le accuse di pedofilia contro la Chiesa le definì “chiacchiericcio”. La sua uscita di scena arriva pochi giorni dopo la decisione del Papa di togliere il segreto pontificio sulle cause sui preti pedofili. 

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