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3 dicembre 2019

 

La rosa e la vigna: antisemitismo e crisi europea

By Verdiana Garau

 

I contadini sono sempre stati soliti piantare rose in cima ad ogni filare delle loro vigne. Si è sempre creduto e lo si ritiene ancora, che lo stato di salute della rosa e l’eventuale contrazione di qualche malattia di questa, potesse esprimersi come un campanello d’allarme, che avrebbe messo in guardia il coltivatore da una compromissione del buono stato dell’intera coltivazione dell’uva.

 

Con questa metafora si è aperto il convegno che si è tenuto a Roma il 26 novembre 2019 presso i Pitigliani – Centro Ebraico Italiano. 

Il titolo del convegno: “Antisemitismo e Xenofobia nell’era dei populismi in Europa”

Ne hanno discusso Vincenzo Amendola, Ministro per gli Affari Europei, Marta Dassù, Direttore di Aspenia e Senior Advisor e European Affair di Aspen Institute e Mario Toscano, Professore di Storia Contemporanea della Sapienza Università di Roma. 

L’allarme antisemitismo si fa sentire, sempre più forte, così come si sono fatte sentire le reazioni. In Italia come nel resto di Europa.

La responsabilità che investe tutti noi e non solo coloro che fanno capo o sono parte della comunità ebraica, deve essere il motore da accendere per spingere il cammino sociale verso il clima della tolleranza e non il suo contrario. 

Il problema che riguarda il nostro paese, riguarda infine l’intero continente e riguarda tutto l’Occidente, che da sempre è esempio ed esponente di valori liberali e democratici.

Sensibilizzare il pubblico per riattivarne la consapevolezza.

Si è parlato della necessità di tracciare le dovute considerazioni su cosa sia la verità e  cosa siano le opinioni, quando si affronta un tema così delicato come quello dell’antisemitismo e sui nuovi rigurgiti nazifascisti.

Ci scontriamo nella vasta confusione dell’opinione pubblica e politica, tra revisionismi storici o antistorici e negazionismi, strumentalizzazioni politiche delle questioni religiose, che invece di proporsi l’abbattimento dei muri sociali e culturali antidemocratici proprio in nome di valori etici, alzano e continuano a sostenere la costruzione di barriere ideologiche, “ideologie sottili”, come le definisce il Ministro per gli Affari Europei, “che appoggiano su idee pesanti”: un vento che pare soffiare contro il potere mentre invece diventano sostanza e si fanno legittime.

 

La destra nazionalista si è fatta così in Europa populismo. 

Di fronte a questa emergenza si sono così andati a costituire commissioni parlamentari e provvedimenti che intendono presiedere il web per stemperare il clima di intolleranza e gli episodi di odio, con l’obiettivo di debellare, se non sopprimere, tali esplosioni. Provvedimenti discussi e discutibili nella loro forma, ma certamente necessari. Su un punto fondamentale si è comunque convenuto: quello del disagio sociale che sta alla fonte di questo crescendo di intolleranza e di una Europa “non cosciente” dei passi fatti fino ad oggi, fino a qui, e che ha potuto fare perché forte dei diritti conquistati al prezzo di grandi sofferenze, un regalo che la storia le ha fatto, ma che pare non essere stata capace di onorare.

La sperequazione economica e il divario sempre maggiore tra ceti sociali, fomenta e nutre i mostri, quelle ideologie sottili che poggiano su idee pesanti. 

E le idee pesanti trovano spazio tra quel malcontento che si leva dalle classi allargate che private di una sicurezza sociale e sentendo il loro stato di diritto minacciato, agiscono d’impulso e si gettano contro il primo nemico che qualcuno ha dato loro nome, forma e anche religione, identità.

Il populismo è stato il risultato, perché di ciò si sta parlando, ovvero una facile comunicazione e delle facili soluzioni che si sostituiscono alla difficile e complessa macchina democratica che lentamente cerca sempre di ricucire a fatica il tessuto sociale con certosina pazienza, a volte talmente lentamente che pare esser ferma, un populismo che nella sua repulsione istintiva copre la libertà che potrebbe invece cancellare queste barriere.

Si ricostruiscono così muri invisibili della società, e ci si accorge che l’abbattimento del muro di Berlino forse sia stata improvvida scelta. 

La repulsione verso l’immigrato, il rifiuto di una o l’altra religione, mettono l’Europa in difficoltà più di quanto non ci si sia già messa, ottemperando per scelte economiche che hanno sottovalutato alcuni scenari che oggi vanno presentandosi come effetto a queste sgradevoli sviste.

Fino ad arrivare alle populiste scelte del parlamento europeo come quella dell’approvazione di una risoluzione che equipara il nazifascismo al comunismo stalinista, senza considerare la forma e la sostanza delle rispettive ideologie, (dove la prima si basa sulla superiorità della razza e l’altra sull’uguaglianza sociale) senza considerare i riferimenti storici fondamentali che permisero a noi democratici europei di abbattere Hitler e il suo nazifascismo e di rivendicare infine la nostra apostolica battaglia per la libertà e la democrazia per tutti. 

Oggi vi è inoltre, sottolineano gli oratori, una nuova emarginazione: quella dal lavoro. 

Politiche miopi e timide hanno reso l’Europa preda dei giochi geopolitici tra le grandi potenze dei grandi spazi. Non si riesce così a trovare una soluzione all’emergenza emigrazione che ci fa pressione da sud come da est, la mancata strategia finanziaria che non ha saputo investire nel domani ha reso il vecchio continente alla mercé dei grandi colossi delle tecnologie, il permissivismo verso paesi che con il loro dumping hanno creato squilibri oggi difficilmente recuperabili; tutto ciò si è trasformato in malcontento e il malcontento in disagio, infine il disagio in intolleranza e in rigurgiti ideologici, alla ricerca di una ragione di causa a questi effetti devastanti. 

Ma non arrendiamoci. Sarà necessario ritrovare la strada e non perdere il filo, in un accurato, faticoso e minuzioso lavoro, in nome della democrazia e della libertà.

Infatti la crisi oltre ad essere economica è di natura psicologica oltre che politica.

Ma viviamo in un pessimismo cosmico che a fatica si riesce ad arginare.

Come suggerito al convegno “Non si deve pensare che non ci sia un futuro migliore del passato”.

L’Europa ha fatto i conti col passato? Ha fatto i conti col fascismo? Ha fatto i conti con l’antisemitismo? O davvero dobbiamo credere che sia passato tutto in sordina negli ultimi settanta anni perché il problema a parte essere materia di storia nemmeno poi così approfondita, non costituiva elemento di profonda attenzione essendo ormai cosa lontana e quindi anni luce di distanza dagli europei di oggi? 

Questi vuoti di prospettiva, che senza passato non trovano futuro, prendono la forma delle erosioni carsiche. Lo svuotamento graduale, incontrollato e ciclico di alcune risorse siano esse economiche o culturali e il superamento di certi confini che ad ogni passo in avanti l’uomo e la sua specie compie, pongono di fronte paure e cambiamenti di forma che non tutti riescono ad accettare sentendo soltanto di esserne travolti. Si formano doline, inghiottitoi, la formazioni di grotte buie e pericolose. Il carsismo sociale è anche là dove si può ricostituire e riemergere il fascismo. 

Ancora una volta ci si domanda dove sia la sinistra, cosa abbia fatto sino ad oggi, venendo meno alla difesa dei bastioni fondamentali che proprio in caso di slittamento a maggior ragione dovranno essere presieduti e difesi.

Ma pare essere troppo tardi e anche lì l’erosione si è fatta sentire, generando persino confusioni nei riaccesi dibattiti tra antisemitismo e antisionismo. 

L’antisemitismo in definitiva si pone come l’anticipatore della crisi democratica liberale. 

Quando ci si chiede sul come mai Israele è riuscita in poco tempo durante il solo XX secolo a divenire così all’avanguardia e unico modello democratico del Medio Oriente le risposte che vengono date sono :

- lo stato di necessità, che crea la volontà e l’intenzione

- un grande talento

- l’insoddisfazione perenne (indice e sintomo di stimolo nell’ottica positiva che spinge a cambiare sempre in meglio)

- disubbidienza psicologica (che stimola l’individuo a trovare le out of the box solutions)

Cosa ci manca in Italia per non fare altrettanto? Possiamo provare ad essere modello in Europa?

Guardiamo alla rosa, nostra bella e utile sentinella. 

 

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