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9 Luglio 2019

 

“Una guerra contro l’Iran aprirebbe le porte dell’inferno”

di George Galloway

 

Lasciate che vi dica che, se solo si aprisse il fuoco sulla Repubblica Islamica dell’Iran, questo equivarrebbe ad aprire i cancelli dell’inferno.

L’Iran non è l’Iraq del 2003. L’Iran non è un paese senza amici nella regione del Golfo o alleati nel resto mondo; non è un Paese con la schiena spezzata, guidato da un leader impopolare.

L’Iran è un Paese potente, dinamico di quasi 80 milioni di persone. I giovani sono molti, e sono uniti, quantomeno nel rigetto di qualsiasi ingerenza straniera o nel rifiuto di qualunque attacco nei confronti del proprio Paese.

Militarmente l’Iran è forte, tanto quanto era debole l’Iraq del 2003.

Il popolo iraniano è capace di reagire, è di sicuro contrattaccherà; l’abbattimento del drone in quello che il governo di Hassan Rouhani dichiara essere territorio iraniano dà un’indicazione dell’abilità e del potere militare che ha questa Nazione; l’Iran può contare su milioni di uomini e donne già arruolati o in procinto di farlo.

Per molti di loro sarebbe un piacere combattere L’America o i loro alleati nella regione; ma di questo e degli alleati del Governo statunitense torneremo a parlare fra poco, perché, siatene certi che, qualsivoglia nazione del Golfo Persico dia il permesso di usare le proprie basi per lanciare un attacco americano verso l’Iran, verrebbe ridotta immediatamente in cenere, probabilmente in meno di mezz’ora.

Una crisi nello Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa più del 35% del flusso petrolifero mondiale, (comunque non petrolio americano, gli americani di petrolio non ne comprano quasi per nulla), porterà l’economia di molti Paesi, incluso il vostro, ad uno stop, ad una reazione a catena, un effetto domino nei giorni o nelle settimane che seguiranno.

Ma chiariamoci, il 35% del petrolio mondiale potrebbe passare attraverso lo stretto molto angusto di Hormuz, ma il Governo iraniano, lo può bloccare con molta facilità, chiudendo l’accesso ad Hormuz e, credetemi, con ogni probabilità lo farà.

L’Iran, dicevamo, non è l’Iraq anche perché a differenza di quest’ultimo, ha molti, molti amici in diverse regioni strategicamente nodali; cominciamo dall’alleato più ovvio: quando la Gran Bretagna e gli USA sbarcarono in Iraq, automaticamente resero l’Iran molto potente in quel Paese.

L’Iran ha milioni di alleati nell’Iraq stesso, e sono tutti ben armati ed equipaggiati militarmente o capaci di essere armati con molta facilità, perciò i primi a pagare un prezzo considerevole per un attacco di Donald Trump verso l’Iran sarebbero i capitali e gli alleati americani in Iraq, in Qatar e negli Emirati Arabi Uniti, da dove sembra sia decollato il drone che poi è stato abbattuto, ma in particolare l’Arabia Saudita.

I loro oleodotti sono assolutamente vulnerabili ad un eventuale contrattacco Iraniano e le loro leaderships, in particolare quella degli Emirati Arabi Uniti e quella Saudita sono ritenute in Iran le prime responsabili per i progetti d’attacco americani nei confronti della propria Repubblica.

In Libano l’Iran può contare su diversi milioni di amici, ha un intero e potentissimo esercito di guerriglieri che sono di stanza nel Paese, ha Hezbollah in Palestina, per tutta la regione del Golfo Persico, in tutto il pianeta, l’Iran ha amici, ed è per questo che diciamo di annullare questi attacchi aerei, di trattenere le portaerei il più lontano possibile dalle acque territoriali Iraniane; questa continua accelerazione verso una percezione di guerra, una vera e propria febbre può soltanto portarci ad un disastro per noi tutti.

L’Iran si è attenuto, ha rispettato il Trattato sul nucleare, il JCPOA (acronimo di Joint Comprehensive Plan of Action, n.d.r.), così come ogni altro Paese nel mondo che lo ha ratificato, eccetto gli USA ed i suoi satrapi.

Perciò diciamo, gridiamo: Non più guerra, no ad una guerra nel Golfo, no ad una guerra in Iran o all’Iran

George Galloway è stato deputato del Parlamento del Regno Unito dal 2012 al 2015 per il distretto di Bradford West; fu eletto la prima volta nel 1987 con il Partito Laburista.

Espulso dal partito, entra a far parte di “Respect”, Partito del Rispetto, di cui è considerato il leader.

Nel Parlamento Europeo è vicino alla corrente della Sinistra Anticapitalista Europea. 

La Sinistra Anticapitalista Europea (in inglese European Anticapitalist Left, EACL) è una rete di movimenti europei di ispirazione comunista, anticapitalista e trotskista. 

Nata nel 2000, il suo simbolo è una stella rossa.

 

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