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22.01.2019

 

L’inganno dei nuovi reazionari

di Fernando De Haro

 

Il mondo sembra dominato dallo spirito della reazione che cerca una fuga dal presente per ricostruire un mondo del passato

 

“Orderrrr!”. Non sembra un caso che questo grido dello speaker della Camera dei comuni, che si è sentito durante i recenti dibattiti sulla Brexit e sulla mozione di sfiducia a Theresa May, sia diventato un fenomeno virale. Il video con le grida dell’eccentrico John Bercow, che cerca di mettere ordine nei dibattiti, ha ricevuto decine di migliaia di clic. È paradossale che ciò che più interessa del Regno Unito sui social network, in un momento in cui i politici del Paese sembrano determinati a consumare un suicidio di ispirazione nazionalista, sia l’episodio di un personaggio che cerca di far andare avanti un dibattito.

Non sembra nemmeno un caso che l’altro personaggio del momento sia Marie Kondo, la consulente giapponese che, attraverso la sua serie su Nextflix, ci consiglia come mantenere la nostra casa e, di conseguenza la nostra vita, in ordine. La #10yearschallenge (l’ultima sfida sui social network che consiste nel pubblicare una foto attuale e un’altra di dieci anni fa per vedere le differenze) ci ha colti tutti più desiderosi di ordine rispetto al 2008. Perché capiamo sempre meno il mondo e perché, in molte occasioni, puntiamo a difenderci da esso, a trovare una “opzione rifugio” che possa metterci al sicuro dai nuovi barbari.

Le conseguenze nefaste di ricercare una “opzione di rifugio” a tutti i costi sono sotto gli occhi di tutti nel Regno Unito. La Brexit, che avrebbe trasformato la Gran Bretagna in un’oasi, la sta facendo diventare un labirinto diabolico. È difficile che la May possa presentare il 29 gennaio un nuovo piano di uscita dall’Unione europea che abbia sufficiente sostegno. E il mese di aprile, con la disastrosa possibilità di una Brexit senza accordo, si sta avvicinando. Fortunatamente, l’Unione europea si mantiene ferma, non cambia le condizioni e pone il nazionalismo britannico di fronte alle sue stesse contraddizioni. I politici britannici non si rendono conto che ci sono solo tre opzioni: una Brexit brutale senza un accordo che li lascerebbe assolutamente soli e molto indifesi in un mondo globalizzato, accettare l’accordo di transizione (che significa non lasciare l’Unione del tutto, ma anche non avere i suoi vantaggi) raggiunto con Bruxelles o tornare indietro, indire un altro referendum e rimanere nell’Unione.

Politici laburisti e conservatori, sembra anche una parte importante della società britannica, sono soggiogati dallo spirito della reazione. Forse anche molti spettatori di Marie Kondo. Da ogni parte proliferano coloro che, di fronte alla confusione, chiedono un ritorno ai principi e ai valori della tradizione, all’ordine.

Questo spirito della reazione non è qualcosa di nuovo ed è molto simile allo spirito della rivoluzione. Uno vuole fermare la storia, un altro vuole accelerarla. I reazionari non sono conservatori, sono radicali quanto i rivoluzionari. Sono ossessionati dalla decadenza dei tempi bui che hanno distrutto un passato in cui tutto era a posto, dove le persone conoscevano il loro posto nel mondo. Lo spirito reazionario non riconosce nelle circostanze presenti un’occasione e una vocazione, vede solo rovine. È dominato dalla nostalgia, cosa che rende il reazionario una figura assolutamente moderna e non tradizionale. La nostalgia interpreta ogni evento come un argomento inconfutabile del fatto che la luce degli altri momenti è scomparsa e tutto è nelle tenebre. Ogni cosa nuova è pericolosa, minaccia le essenze che stanno per scomparire. Per questo occorre mettersi al sicuro.

La nostalgia non può mai essere smentita perché è rimasta senza tempo, non è mai disposta a fare un esercizio di discernimento razionale su ciò che sta accadendo. La nostalgia ha già deciso che non può accadere nulla di nuovo, che non c’è nessuna provocazione da attendere. Non è solo il male dei Brexiters, ma è anche quello dei nazionalisti indù, degli ebrei ortodossi, degli islamisti, di una corrente sempre più importante tra i protestanti e i cattolici.

Per lo spirito reazionario la storia ha cessato di essere una vocazione, la storia è ciò da cui si deve fuggire per ricostruire il “mondo che abbiamo perso”. È il sogno di ripercorrere la strada al contrario, di tornare a un bivio che è stato lasciato alle spalle e di prendere “il percorso che non abbiamo intrapreso”. Che la storia faccia il suo corso, noi – raccomanda lo spirito reazionario – correggeremo le decisioni prese da una modernità smarrita. Correggiamo la libertà sbagliata nel momento in cui si è verificato l’errore per recuperare il disegno divino sulla storia. Il problema dello spirito reazionario è che ha una visione molto moderna, molto razionalista, della libertà di Dio e della libertà dell’uomo.

Sant’Agostino in parte scrisse “La città di Dio” per coloro che credevano che la caduta di Roma fosse una conseguenza del “sentiero non preso”, del “mondo che si era perso” abbandonando gli dei della tradizione. E ai suoi lettori ha ricordato che la divina provvidenza è quella che fonda i regni della terra. I regni del presente, non quelli del passato.

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24.01.2019

 

Reazionari vs. rivoluzionari, il gioco delle parti che piace a chi non conosce la storia

di Dario Chiesa

 

L’ultimo editoriale di De Haro offre spunti di riflessione sul concetto di reazione. La Brexit in realtà mostra come il primo vero reazionario sia proprio l’Unione Europea

 

Caro direttore,
l’ultimo editoriale di Fernando De Haro offre utili spunti a una riflessione sul concetto di reazione. Questo termine a me ricorda immediatamente la terza legge della dinamica: “A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, principio che può essere esteso all’azione politica. Qui, i tempi e le modalità di reazione sono diversi e meno definibili rispetto al mondo fisico, ma il principio di massima vale. Per esempio, di fronte al sorgere di nuovi movimenti o partiti che, per pigrizia o malcelato strumentalismo, vengono sbrigativamente etichettati come “populisti” o “sovranisti”. Occorrerebbe, invece, approfondire le cause (cioè le azioni di chi ha governato finora) che hanno portato tanti cittadini a queste scelte.

Sotto questo profilo, se le potenze vincitrici nella Prima guerra mondiale non avessero umiliato la sconfitta Germania e avessero aiutato Weimar a uscire dalla sua profonda crisi, forse Hitler e il nazismo non avrebbero avuto la strada spianata. Se l’unità dell’Italia non fosse stata raggiunta ignorando la volontà di gran parte degli italiani, quando non addirittura contro di essi, come nel caso dei cattolici, forse Mussolini non avrebbe avuto il successo che ha avuto. Se la Russia zarista avesse accelerato la sua trasformazione in una democrazia, pur tenendo conto delle sue specifiche caratteristiche, forse i bolscevichi non avrebbero preso il potere. Tutte reazioni nefaste ad azioni non corrispondenti alla realtà dei vari popoli.

Gli esempi di reazione citati furono effettuati a opera di rivoluzionari e, infatti, De Haro mette sullo stesso piano rivoluzionari e reazionari, pur evidenziandone le differenze sostanziali. I primi, sognano il loro “sol dell’avvenire”; i secondi, rimuginano delusi “si stava meglio quando si stava peggio”: espressioni entrambe di un bisogno che non ha avuto risposta adeguata.

Il discorso di De Haro si concentra sui reazionari, utilizzando un significato piuttosto tradizionale della parola: i reazionari sono coloro che “chiedono un ritorno ai princìpi e ai valori della tradizione, all’ordine”. A costoro apparterebbero, se non ho frainteso, i movimenti che si oppongono all’Unione Europea, interpretazione resa lecita dal discorso negativo di De Haro sulla Brexit e dal suo plauso all’Unione Europea che “Fortunatamente si mantiene ferma, non cambia le condizioni e pone il nazionalismo britannico di fronte alle sue stesse contraddizioni”.

Personalmente, arrivo a conclusioni opposte: i reazionari sono i vertici di Bruxelles parossisticamente interessati solo a mantenere lo statu quo, da cui origina il loro potere auto-referente. Sono costoro che vogliono mantenere in piedi, e fuori da ogni discussione, una struttura che sta dimostrando ampiamente le sue notevoli crepe, come moltissimi interventi anche sul Sussidiario sostengono ormai da tempo.

Con la Brexit, il Regno Unito si è limitato a esercitare un diritto previsto dall’articolo 50: la possibilità di ritirarsi da un trattato liberamente firmato, non da un’unione imposta non si sa da chi. Si può anche considerare questa decisione sbagliata, ma le reazioni arrivate da Bruxelles sono state immediatamente di indignazione per “lesa maestà”. Le condizioni conseguenti alle trattative tra Regno Unito e Ue sono state sottoposte al Parlamento britannico, che le ha rifiutate, ma queste condizioni non riguardano solo i britannici, ma tutti i cittadini degli altri Stati membri. Eppure, i vari Parlamenti non hanno potuto discuterne, né – mi risulta – hanno approvato le condizioni che Bruxelles ha sottoposto, o imposto, a Londra.

Difficile non concludere che, comunque sia, l’importante è “non disturbare il manovratore”.

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