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28/8/19

 

Pieni poteri a Grillo: l’uomo del Britannia ha in mano l’Italia

 

Beppe Grillo era sul Britannia, il 2 giugno 1993, insieme a Mario Draghi e a tutti gli altri uomini del Deep State italiano, reclutati dalla finanza globalista per spennare il Belpaese. Lo afferma l’avvocato Gianfranco Pecoraro, alias Carpeoro, saggista e massone progressista, acuto osservatore dei retroscena italici. Moviola storica: cade il Muro di Berlino, i partiti della Prima Repubblica diventano inutili come diga contro l’Urss e quindi vengono rasi al suolo dai giudici di Mani Pulite, che – dopo cinquant’anni – si accorgono che la corruzione domina la politica nazionale. Cadono Craxi e Andreotti, ma si risparmia il Pci-Pds, incaricato di ereditare il potere nella colonia-Italia. A inceppare il piano, l’anno seguente irrompe Berlusconi (variante classica del neoliberismo puro, visto da destra). Un anno prima, invece, a condurre il gioco è ancora l’ex sinistra, da integrare nell’establishment attraverso notabili e tecnocrati, a patto che ammaini tutte le bandiere della sinistra storica, le battaglie per i diritti sociali. Mario Draghi, di formazione keynesiana, è l’uomo giusto al momento giusto, ma anche nel posto giusto (la direzione del Tesoro, da cui gestirà le turbo-privatizzazioni all’italiana che metteranno in croce il paese, svenduto a Francia e Germania). L’altro partner si chiama Romano Prodi, in quota alla sinistra Dc, incaricato di smantellare l’Iri, cioè il complesso industriale (pubblico) più grande d’Europa. Oggi, Prodi e Draghi sono i due maggiori candidati a succedere a Mattarella. E il possibile king-maker, dietro le quinte, è proprio il finto outsider Beppe Grillo.

 

Legato a De Mita, poi cacciato dalla Rai per una celebre battuta sui socialisti “ladri”, l’ex comico genovese s’è reinventato – assai prima dell’incolore Giuseppe Conte – nel ruolo di “avvocato del popolo”. Per anni ha riempito i palasport con coraggiose Beppe Grilloinvettive contro gli abusi del potere politico-economico. Poi ha provocato il neonato Pd, proponendosi come candidato alle primarie. «Se vuol fare politica, Grillo si faccia un partito», lo respinse il sempre profetico Fassino. Dieci anni fa, il Partito del Vaffa nacque davvero. E che partito: vietato il dissenso, niente congressi, zero democrazia interna. Proprietario del marchio, Beppe Grillo. Socio, l’informatico-visionario Gianroberto Casaleggio, massone. Una spettacolare operazione di gatekeeping, per dirottare su un binario morto l’elettorato italiano, esasperato dall’austerity e dall’alternanza solo apparente tra centrodestra e centrosinistra, due blocchi in realtà alleati e proni entrambi al rigore Ue. Nella sua fantapolitica delirante, anni fa il grillismo farneticava su tutto, proponendo anche un referendum sull’euro, cioè lo strumento di dominio sponsorizzato dall’amico Draghi e dall’amico Prodi. Non ci sono cascati solo i grillini, ma milioni di italiani. Il primo exploit nel 2013, con il pensionamento di Bersani e l’avvento di Renzi. Cinque anni dopo, il boom: i 5 Stelle al 33%, primo partito italiano. Non composto da veri parlamentari, però, ma da marionette ricattate perché licenziabili all’istante dal Capo.

 

Per questo, le marionette hanno obbedito fino all’ultimo e quindi tradito una dopo l’altra tutte le promesse agitate in campagna elettorale: Ilva e Tap, trivelle, F-35, vaccini, Tav. Di che pasta fosse, il Capo, lo si era già visto nel 2017, quando provò a traslocare il gruppo europarlamentare – d’imperio – tra gli ultra-euristi dell’Alde, a Strasburgo. Fu respinto. «Il potere non ci vuole perché ci teme», riuscì a dire, senza ridere. E il peggio è che i grillini gli credettero. Non videro che il Britannia si stava inesorabilmente riavvicinando: gettata la maschera, Beppe Grillo si stava preparando a tornare a casa. Altro indizio palese: la scelta dell’inconsistente Di Maio come commissario politico dei 5 Stelle, diligente e innocuo, uso obbedir tacendo. Nel vuoto i ripetuti avvertimenti di Carpeoro: attenti, Di Maio è nelle mani del massone reazionario Michael Ledeen. Chi è Ledeen? Eminente politologo statunitense, docente universitario e autore di saggi, già accusato di aver depistato le indagini sul Michael Ledeencaso Moro. Ieri vicino a Di Pietro e poi a Renzi, Ledeen è un esponente della cupola massonica oligarchica mondiale, quella nel neoliberismo-canaglia. Membro delle superlogge dell’ultradestra, contigue al potentissimo Council on Foreign Relations. Di più: autorevole capataz del Jewish Institute e membro del B’nai B’rith, elusiva massoneria sionista dominata dal Mossad.

 

E’ Ledeen, ha ripetuto Carpeoro, ad aver portato Di Maio a spasso nei santuari del massimo potere post-democratico, nella speranza che fosse accreditato come uomo di fiducia, per poi varare (dietro il paravento del populismo) le politiche anti-italiane richieste dalla peggiore élite finanziaria globalista. Di Maio ha annaspato, come poteva, nel mare agitato della politica. Accanto a Salvini, in pochi mesi è letteralmente scomparso nell’anonimato dopo essersi coperto di ridicolo: ha trasformato in burletta il reddito di cittadinanza e ha tradito persino i Gilet Gialli, prima blanditi e incoraggiati nella loro lotta contro Macron e poi abbandonati. Nel giro di qualche settimana, Di Maio ha baciato la pantolofola di Angela Merkel, reduce dal Trattato di Aquisgrana stipulato proprio con Macron. Colpo finale: l’appoggio a Ursula von der Leyen, candidata della Merkel per la Commissione Ue. Una coltellata a Salvini, vibrata in modo premeditato per far cadere il precario governo gialloverde e le sue promesse di cambiamento, già insabbiate da mesi proprio grazie ai 5 Stelle. Killer prescelto per l’operazione: Giuseppe Conte, l’avvocato venuto in apparenza dal nulla, anche lui accuratamente selezionato da Grillo in versione Mosè nel post in cui lancia il governo col PdGrillo e imposto, senza colpo ferire, alla belante scolaresca dei sudditi grillini. Che ora, sempre su ordine del Capo, si preparano al suicidio collettivo definitivo: il governo con l’odiato Pd.

 

C’è da immaginare le risate che si sarà fatto, Grillo, nell’assistere allo spettacolo dell’obbedienza cieca, da parte dei suoi semi-parlamentari terrorizzati all’idea di perdere la poltrona. Un domatore istrionico, l’ex comico, ma spietato: chi non si allinea ai diktat, viene buttato fuori. A questo sono servite le espulsioni del passato: a far capire a tutti che nella caserma 5 Stelle non c’è posto per la libertà. “Uno vale uno”, era lo slogan orwelliano coniato dalla neolingua grillina: il contrario della verità. Uno spettacolo, appunto. Tutto da ridere? Non proprio, se oggi il signor Grillo ha in mano le chiavi del governo italiano, preparandosi a maneggiare – domani – anche quelle del Quirinale, che vorrebbe prenotare per il diletto Romano Prodi. L’incrollabile club dei cretini nazionali ha dato del fascista a Salvini, inorridendo di fronte alla richiesta di “pieni poteri” da parte del leghista, fingendo di non capire che il leader della Lega ha inteso denunciare il vero potere, lo Stato Profondo che lo ha finora sabotato in ogni modo, ricorrendo anche all’uso spericolato di una parte della magistratura. Il club dei cretini nazionali potrà ora godersi i pieni poteri di Beppe Grillo, l’uomo-ombra, attraverso i suoi burattini: l’avvocato Conte e i traumatizzati parlamentari grillini avvinghiati alle loro poltrone, in compagnia dei docilissimi colleghi renziani, altrettanto incollati allo scranno e spaventati dall’idea delle elezioni. L’Italia “subisce ancora”, come Fantozzi: è la dura legge del Britannia.

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