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24.01.2019

 

La profezia di Monti sull’Europa che ci aspetta dopo maggio

di Nicola Berti

 

Mario Monti dalle pagine del Corriere della Sera fa capire chiaramente come vanno evolvendo letture e approcci nella post-Europa

 

L’ex Premier Mario Monti ha scritto ieri sul Corriere della Sera di non aver dubbi osservando da un lato la Francia e la Germania del patto di Aquisgrana e dall’altro l’Italia in escalation diplomatica sia con Parigi che con Berlino: lui starà sempre a fianco e dalla parte di Angela Merkel ed Emmanuel Macron e contro Luigi Di Maio e Matteo Salvini, suoi successori alla guida del Governo italiano. Il Presidente francese e la Cancelliera tedesca continuano a sembrargli due veri statisti, a maggior ragione quando fanno emergere la loro “relazione speciale” difensiva in un’Europa già molto divisa. I due leader italiani, invece, anteporrebbero sempre i propri interessi personali ed elettorali a quelli del Paese che sono stati chiamati a governare.

Per Monti, naturalmente, non c’è futuro per l’Europa se non nell’alveo “carolingio” riaffermato ad Aquisgrana. L’Italia gialloverde gli appare invece pura e abusiva negazione dell’Europa, zavorra distruttiva nella “vera Ue”. L’unica opzione accettabile sarebbe un ravvedimento italiano: la richiesta di essere riammessi nella “vera Ue” da Francia e Germania, evidentemente al prezzo della ri-accettazione dei principi della civiltà europea (in pratica delle direttive di Parigi e Berlino).

Quella del senatore a vita – chiamato nel 2011 a palazzo Chigi per dare esecuzione alla ricetta di austerità imposta dall’Ue e poi bocciato al voto politico 2013 come leader di Scelta Civica – è una posizione opinabile nel merito, ma rispettabile: come tutte. A Monti va in ogni caso riconosciuta un’indubbia ed efficace coerenza nel chiarire come vanno evolvendo letture e approcci nella post-Europa che si aprirà dopo il voto di maggio per l’europarlamento. Sotto questo profilo l’economista italiano appare sicuramente più trasparente – e quindi più utile al confronto – degli scomposti “pentimenti” in extremis di Jean-Claude Juncker: come Monti eurocrate di lungo corso nella Commissione di Bruxelles ed ex premier di un Paese fondatore dell’Ue.

Se Juncker davanti all’europarlamento uscente ha ammesso errori (politici) nell’uso del pugno duro (tecnocratico) contro la Grecia nel 2015, Monti non si mostra minimamente pentito di aver fatto da cinghia di trasmissione verso l’Italia del diktat sul rispetto inflessibile dei parametri di Maastricht, sollecitato dalla stessa Merkel e dall’allora presidente francese Sarkozy. È evidente che nella sua visuale gli odierni gilet jaunes francesi sono solo pericolosi eversori, esattamente come M5S (primo partito italiano alle ultime elezioni democratiche) è nulla più di un branco di incompetenti descamisados, mentre i cosiddetti sovranisti di ogni passaporto e declinazione sono discendenti in linea retta dei movimenti autoritari degli anni ‘30 del secolo scorso. E bene sta ovviamente facendo l’establishment finanziario della City di Londra a premere con ogni mezzo su tutti partiti britannici per una forzatura istituzionale – grave ma evidentemente necessaria – come un referendum abrogativo di un “errore della democrazia” come Brexit (nell’immediato, fra l’altro, il mantenimento artificiale della rappresentanza britannica a Strasburgo sarebbe una buona difesa diluitiva contro la prevedibile avanzata delle forze antagoniste dell’Europa “legittimista”).

È chiara – in questa prospettiva – anche la lettura dell’ultimo incidente fra Germania e Italia sulle operazioni della missione Sophia nel Mediterraneo. La Cancelliera Merkel avrebbe deciso di sospendere la partecipazione tedesca come legittima ritorsione “di governo” verso un Paese fedifrago in Europa. Il vicepremier Salvini – deciso a rispedire in Libia i migranti salpati nonostante la certezza che i porti italiani sono chiusi – starebbe invece violando l’accordo di Dublino (siglato nel 2013 dal governo Letta) soltanto per alimentare velenosi populismi pre-elettorali. La sua pretesa di verificare l’attuazione delle politiche europee di gestione dei flussi migratori sarebbe provocatoria e inaccettabile per l’Europa “vera”.

Fra Merkel e Salvini, comunque, per Monti ha per definizione ragione Merkel. L’Italia (per usare una recente espressione di Macron) ha invece un Governo “vomitevole”, perché chiede di ridiscutere la decisione europea di far entrare i migranti tutti e solo in Italia e mai in Francia o Germania. Salvo naturalmente quando i profughi siriani (non i migranti dell’Africa subsahariana) siano utili all’Azienda-Germania e la bundeskanzlerin corra a eseguire le indicazioni dei grandi gruppi di Monaco, Dortmund o Amburgo. Che a furia di tenere l’export tedesco strutturalmente al di sopra i parametri di Maastricht sono a corto di forza lavoro mentre in Italia la disoccupazione è all’11%.

Macron è sempre De Gaulle, la Merkel è sempre Adenuaer. Salvini è inesorabilmente Mussolini, mentre Di Maio è al di sotto di ogni riferibilità. E Monti, naturalmente è Monti: lo è sempre stato e sempre lo sarà. È il premier che – fra l’altro – ha archiviato l’Italia “impresentabile” di Silvio Berlusconi. Il 26 maggio, fra Paesi e partiti, fra tecnocrati, statisti e (supposti) agitatori di piazza, gli italiani, i francesi, i tedeschi, tutti gli europei voteranno. Mai potranno affermare che Monti non li ha edotti con congruo anticipo su chi avrà ragione e chi torto. A prescindere.

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