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maggio 1, 2019 

 

Ecco come Euro, fiscal compact e pareggio di bilancio in Costituzione ammazzano il lavoro

di Giuseppe Palma

 

Il lavoro, e i diritti ad esso connessi, trovano nel sistema dei cambi fissi – cioè nell’euro – un ostacolo molto pericoloso. In un Paese esportatore come l’Italia, quando le sue aziende vogliono tornare ad essere competitive, cioè ad esportare di più, sono costrette – considerato che lo Stato non può più intervenire sulla leva del cambio – a scaricare il peso della competitività sul lavoro, cioè su salari e diritti dei lavoratori. Con la particolarità che la moneta unica non ha alle spalle uno Stato, tant’è che la Banca centrale europea NON esercita (per suo stesso statuto) la funzione di prestatrice illimitata di ultima istanza, cioè non può garantire il debito pubblico degli Stati dell’eurozona. Ciò vuol dire che lo Stato, per poter garantire i mercati o per fronteggiare gli attacchi speculativi, avendo perso sovranità monetaria, deve scaricarne il relativo peso sulla collettività attraverso il consolidamento fiscale e i tagli alla spesa pubblica.

 

Dato per acquisito questo concetto, che in tanti fanno finta di non capire, altro “cappotto di cemento” che restringe i diritti connessi al lavoro è rappresentato dal fiscal compact, cioè da quel Trattato intergovernativo firmato il 2 marzo 2012 da 25 Paesi dell’Unione europea (fatta eccezione per Regno Unito e Repubblica ceca).


Il fiscal compact prevede principalmente queste tre misure: 

1) per i Paesi che hanno un rapporto debito pubblico/Pil superiore al 60%, portare il rapporto deficit/Pil allo 0,5%, cioè – sostanzialmente – fare pareggio di bilancio. 

Cosa vuol dire pareggio di bilancio? Significa, facendo un esempio molto semplice, che lo Stato spende 100 per la collettività e incassa dalla stessa sempre 100, lasciando zero ricchezza a cittadini e imprese; 

2) ridurre a ritmi serrati il rapporto debito pubblico/Pil nella misura di un ventesimo l’anno, fino al raggiungimento del 60%. In pratica lo Stato deve trovare circa 40 miliardi di euroogni anno per ridurre il debito pubblico. Una misura capace di uccidere chiunque; 

3) perseguire il pareggio di bilancio. Che poi, in realtà, al netto degli interessi passivi sul debito pubblico, sono quasi trent’anni che l’Italia fa avanzo primario, cioè lo Stato chiede alla collettività più di quanto non spenda per essa (le leve sono quelle del consolidamento fiscale e dei tagli alle voci di spesa pubblica più sensibili).

 

Come se ciò non bastasse, sempre nel 2012, il Parlamento introdusse in Costituzione il vincolo capestro del pareggio di bilancio (Legge costituzionale n. 1/2012), cioè la costituzionalizzazione del neoliberismo più selvaggio contro l’impostazione keynesiana della Costituzione primigenia. Ciò ha prodotto, unitamente al sistema dei cambi fissi, la distruzione dei diritti fondamentali, soprattutto del lavoro.

I responsabili di tutto questo si chiamano Partito democratico (e precedenti versioni della sinistra post-comunista), sinistra arcobaleno, sindacati e “più europeisti“.

 

Ora festeggiate pure il primo maggio, magari con un bel fazzoletto rosso al collo ed etichettando come “fascisti” chi la pensa diversamente da voi. Vi sentirete al passo coi tempi. Ma non appena farete i conti con la vostra coscienza, vi sentirete mancare la terra sotto i piedi.

 

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“Tra Globalismo e Medioevo“ (una mia poesia da leggere ed ascoltare)

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maggio 1, 2019 

 

La sinistra del fiscal compact e la farsa del primo maggio

di Giuseppe Palma

 

Tutta la finta sinistra, da quella fucsia e radical chic a quella sindacale e “piueuropeista”, festeggia oggi la ricorrenza della festa dei lavoratori.


Ma ancor peggio paventa un inesistente pericolo fascista che potrebbe incidere negativamente – dicono – sulla tutela dei diritti fondamentali.
Il problema, a dire il vero, è rappresentato proprio da quella sinistra che oggi manifesta a difesa dei diritti dei lavoratori, perché è proprio quella sinistra ad averli smantellati del tutto, facendo della Costituzione carta straccia.


Ecco alcuni esempi:
a) nel 2012 il Partito democratico espresse in Parlamento voto favorevole alla ratifica del fiscal compact, cioè di quel Trattato intergovernativo che impone austerità e rigore: zero spesa a deficit e riduzione a ritmi serrati (un ventesimo ogni anno) del rapporto debito pubblico/Pil. Questo vuol dire che lo Stato, imponendo a se stesso di fare pareggio di bilancio, spende per la collettività in misura pressoché equivalente a quello che incassa dalla stessa, lasciando ZERO ricchezza a cittadini e imprese;
b) sempre nel 2012, e sempre il Partito democratico, espresse in Parlamento voto favorevole – in seconda deliberazione (art. 138 Cost.) – all’inserimento in Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio (Legge costituzionale n. 1/2012). Un vincolo capestro capace di distruggere i diritti fondamentali sanciti nella Costituzione primigenia.

 

Questi solo due esempi, ma ve ne sarebbero tanti altri, come quello di aver legato i diritti fondamentali al sistema dei cambi fissi (moneta unica), condannando le imprese a scaricare il peso della competitività sul lavoro, cioè su salari e diritti sociali.

In tutto questo hanno giocato un ruolo fondamentale anche i sindacati, giubilanti in questo giorno di festa, ma che non mossero un dito né al cospetto del fiscal compact né quando fu costituzionalizzato il vincolo del pareggio di bilancio.

Ora festeggiate pure, cari amici della sinistra e dei sindacati. Che a patire e a morire ci restano i lavoratori.

 

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“Neoliberismo” (una mia poesia da leggere ed ascoltare): 

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