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martedì 20 agosto 2019

 

Davvero vogliamo un paese come questo?

di Ivan Marchetti

 

Sono ormai due anni che vedo un esponenziale aumento del decadimento in tutti gli ambiti della vita del nostro paese. Una sorta di incantesimo nel quale ogni sforzo per poter andare al di là di ciò che è percepito come normalità sembra essere impossibile da attuarsi.

A me dispiace molto scrivere sempre le stesse cose, fare le medesime critiche ad un popolo, il mio, quello italiano che, se davvero decidesse, non solo potrebbe essere d’esempio per uscire dalla sua crisi esistenziale degenerativa, ma addirittura essere traino positivo per altre nazioni. Se penso quante cose interessanti a livello culturale, sociale, artistico siamo riusciti a porre in essere durante la nostra storia, davvero mi sento avvilito dalla pochezza di entusiasmo e di iniziativa che abbiamo in questo momento. Siamo una piccola periferia del mondo e abbiamo perso tutta la nostra creatività.

Mi guardo intorno e vedo che tutti, in fondo, strumentalizzano tutti per un loro tornaconto personale, sia il più becero, che il più alto, almeno per quanto riguarda il senso esteriore di ogni cosa, e mi domando: Chi può dirsi davvero disinteressato? Come si può capire se, di fronte a noi, troviamo un atteggiamento che non preveda un secondo fine?

Quasi tutto è corrotto, quasi tutto è finto e quasi tutto si specchia in vite che in realtà non si vorrebbero vivere e che si vivono perché il coraggio della verità è un impegno con se stessi a volte troppo grande da assumere. Qui nasce la contraddizione che genera violenza, una violenza subdola e liquida che, giorno dopo giorno, inquina le coscienze, producendo mostri prima piccoli e poi enormi che non si riescono a gestire e mangiano vita e futuro.

Il quieto vivere diviene una neo religione, sull’altare della quale tutto è possibile sacrificare, dai propri sentimenti più profondi, alle persone più care, per passare fino a noi stessi. Ecco come nasce un compromesso morale, ed ecco come muore un paese.

Si parla soltanto di economia e non di come le persone stanno, di come reagiscono dinanzi a un disfacimento epocale, del quale non si sa nulla e nemmeno si vuole sapere nulla. Schiavi di una informazione manipolata, della velocità isterica dei social e di relazione umane finte, navighiamo alla deriva su di una barca la cui rotta non ci interessa sapere, tanto ci sarà qualcuno, primo o poi, da delegare al comando. Invece quel qualcuno non c’è, perché la favola del salvatore della patria, anche se ancora molto di moda, va estinguendosi molto velocemente. Ecco spiegata la ragione dell’esplosione di forze politiche e del loro declino altrettanto fulmineo. Gli unici salvatori della patria siamo noi stessi e ognuno lo è per se stesso.

Un tempo si pensava che fosse l’organizzazione, partito, comitato, collettivo, a dover avere il ruolo predominante e prioritario nell’incarnare un qualsiasi ideale. Da questo punto di vista le persone erano funzionali, anzi, esse stesse si facevano organizzazione spersonalizzandosi a tal punto che, una volta tramontata l’organizzazione, tramontavano anche le persone. E ciò che è successo a Rossana Rossanda signora della Sinistra italiana che, il 13 novembre 2018 in un’intervista a 95 anni rendeva pubblica la sua solitudine e il rimpianto di non aver avuto figli. Una storia molto triste che ci insegna una grande lezione: prima viene l’essere umano. Senza questo assunto non è possibile riprendere tra le mani le sorti non solo italiane, ma del mondo intero. E’ una presa di coscienza profonda e ineluttabile, senza la quale il declino sarà sempre più veloce.

Il mondo dei Salvini, dei Bolsonaro, dei Trump, degli Orban e degli Erdogan è un mondo che non si improvvisa, si pianifica, instillandolo nelle menti di tutti noi a piccole dosi quotidiane, in modo tale che un bel giorno le idee aberranti di ieri sconfitte dalla storia oggi divengono accettabili e appoggiate dalla maggioranza che della memoria non sa che farsene. In questa maniera si sono instaurate a furor di popolo le peggiori dittature umane.

In tutto questo che fa la gente? La gente accetta, la gente soffre in silenzio, la gente si scaraventa sul più debole, la gente muore divenendo vittima e carnefice di se stessa. Quella minoranza che si oppone è troppo debole e frastagliata e non può far nulla che possa invertire una storia che pare già belle che scritta.

Riflettendo su tutto questo, ho capito che bisogna pensare a se stessi! Certamente non nel senso egoista o edonista del termine, ma nel significato di curare se stessi a livello psicofisico, cercando parallelamente a ciò di essere d’aiuto agli altri. In quel momento arriverà una nuova forma di organizzazione, che traccerà modi diversi di trattare il tema dell’umano.

In un certo senso, seppur in uno stato di decadenza totale, non siamo mai stati così vicini a una nuova concezione di essere umano. In tempi di oscurantismo come questi è possibile incontrare una o più scintille che possano illuminare il cammino. Tocca a noi, nati in quest’epoca, iniziare, da qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi forma. Far scoccare una scintilla sociale di proporzioni planetarie sarà possibile soltanto se quella scintilla scoccherà nel cuore e nella testa di tutti noi.

 

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