Originale: Democracy Now

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26 dicembre 2018

 

I movimenti del futuro

Amy Goodman intervista Angela Davis

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

La leggendaria attivista e studiosa Dottoressa Angela Davis, docente emerita all’Università di California, sede di Santa Cruz. Ho parlato con lei in ottobre a Washington, D.C., nel centro culturale e ristorante, Busboys and Poets.

 

Per più di 40 anni, la Davis è stata una delle attiviste più influenti e intellettuali degli Stati Uniti. Icona del movimento per la liberazione dei neri, l’opera della Davis riguardo a problemi di genere, razza, religione e delle carceri, ha influenzato il pensiero critico e i movimenti sociali nel corso di varie generazioni. E’ una sostenitrice preminente dell’abolizione del carcere, una posizione influenzata dalla sua esperienza di prigioniera e di fuggitiva sulla lista dell’FBI delle 10 persone più ricercate, più di 40 anni fa. Una volta arrestata, ha rischiato la  pena di morte in California. Dopo essere stata prosciolta, ha trascorso la sua vita lottando per cambiare il sistema della giustizia penale. Proprio prima delle elezioni di medio termine, Angela Davis  si è incontrata con Amy Goodman a Washington D.C., da Busboys and Poets  (un ristorante, bar, caffè, libreria, sede di eventi, n.d.t.) per raccontarle la storia della sua vita.

AMY GOODMAN: Oggi trascorriamo un’ora con la leggendaria attivista e studiosa Angela Davis, docente emerita alla Università della California, sede di Santa Cruz. Per più di 40 anni, la Davis è stata una delle attiviste e delle intellettuali più influenti negli Stati Uniti, un’icona del movimento di liberazione nero. L’opera di Angela Davis su argomenti di genere, razza, classe e carceri ha influenzato il pensiero critico e i movimenti sociali di varie generazioni. È una delle principali sostenitrici dell’abolizione del carcere, una carica  che è stata ispirata dalla sua stessa esperienza come prigioniera e fuggiasca nella lista dei 10 massimi ricercati dell’FBI più di 40 anni fa. Una volta catturata, ha rischiato la pena di morte in California. Dopo essere stata prosciolta da tutte le accuse, ha passato la vita a combattere per cambiare il sistema di giustizia penale.

Le ho parlato di recente a  Washington D.C, appena prima delle elezioni di medio termine, da da Busboys and Poets. Ho cominciato chiedendole del suo rapporto con la defunta grande cantante di musica soul, Aretha Franklin.

AMY GOODMAN: L’ultima volta che ho avuto occasione di parlarti, Angela,

Era agosto. Era il giorno in cui morì Aretha Franklin.

Volevo leggerti una citazione di Aretha Franklin che aveva detto alla rivista Jet, nel 1970: “Il mio papà dice che non sa che cosa sto facendo. Ebbene, lo rispetto, naturalmente, ma rimarrò fedele alle mie convinzioni. Angela Davis deve essere libera. I neri saranno liberi. Sono stata messa in carcere (per avere disturbato la pace a Detroit) e so che si deve disturbare la pace se non si può avere la pace. E’ un inferno stare in carcere. La vedrò libera se c’è della giustizia nei nostri tribunali, non perché credo nel comunismo, ma perché Angela è una donna di colore che vuole la libertà per le persone di colore. Ho i soldi: li ho ricevuti dalla gente di colore – mi hanno messo finanziariamente in grado di avere il denaro – e lo voglio usare nei modi che aiuteranno la nostra gente.

Che cosa ha significato per te in quel periodo, il fatto che Aretha Franklin dicesse: “Ti voglio libera”?

ANGELA DAVISIn quel tempo ero in carcere, naturalmente, e quando ho saputo di queste parole, è stato il momento più commovente che ho sperimentato in quegli anni, perché, naturalmente, Aretha ci aveva già fornito la colonna sonora  delle nostre vite. Ed ero proprio così commossa e così sollevata per il fatto che volesse  pagare la cauzione per il mio rilascio. 

Dovrei dirti, però, che la cauzione non era stata fissata allora. E’ una storia interessante. Ero stata  accusata di tre reati capitali, ognuno dei quali non dava diritto alla libertà provvisoria dietro cauzione. Hi avuto delle discussioni con delle persone che si stavano organizzando, che volevano fare un movimento per il rilascio su cauzione. Ero in carcere e ho detto: ”Non ho il diritto al rilascio su cauzione. A che cosa serve? Mi dimostrarono, però, che avevo torto. E la gente in tutto il mondo firmò delle petizioni. E poi, alla fine, cosa abbastanza interessante, lo stato della California abolì  temporaneamente la pena di morte. E i miei avvocati fecero del loro meglio per mettersi in contatto con Aretha, che, però,  all’epoca era nei Caraibi.

AMY GOODMAN: Nelle Indie Occidentali.

ANGELA DAVIS: Ed era un’epoca diversa. Si è abituati al denaro, al capitale, che 

fluisce facilmente al di là dei confini nazionali. E non era possibile che Aretha potesse farci avere il denaro in tempo. E così, un agricoltore bianco, che si chiamava Roger McAfee, che aveva un’azienda agricola nella California centrale, si presentò allo studio del mio avvocato e disse: “Sono disposto a  ipotecare  la mia azienda” Il fatto è che non sono uscita in quel momento, non sarei uscita su cauzione, perché immediatamente la Corte Suprema ha stabilito che tutte i reati capitali che in precedenza non erano qualificati per la libertà su cauzione sarebbero rimasti non qualificati. E così c’era questa piccola finestra. E Aretha, annunciando pubblicamente che avrebbe pagato la mia cauzione, ha fatto in modo che tutti ascoltassero. E quindi, mi piace pensare che sia stato Aretha, a salvarmi. E lei mi ha salvato.

AMY GOODMAN: Abbiamo un problema terribile in questo paese anche con tutti I media, con tutti i canali televisivi. La storia viene cancellata così facilmente! E vedo così tanti giovani, qui, oggi e mi chiedo se ci puoi raccontare quella storia, perché ognuno dei momenti della tua vita sono stati, a dir poco, una lotta politica. Intendo dire che potremmo tornare indietro anche di più, e vi torneremo, a quando sei nata, a Birmingham, ma dato che stiamo parlando di questo periodo, del 1969, quando il Governatore Ronald Reagan, voleva che venissi buttata fuori dall’UCLA (University of California sede di LosAngeles) come docente perché sei comunista e lui non vuole nessuna voce comunista lì. E’ giusto?

ANGELA DAVIS: Sì. Sai che non mi sarei mai aspettata di essere al cento dell’attenzione in quel modo. Volevo soltanto insegnare filosofia. Probabilmente, se qualcuno mi avesse detto che sarei stata licenziata da Ronald Reagan, e mi avesse detto che ci sarebbe stato questo enorme putiferio in tutto il paese per il fatto che una comunista insegnava all’UCLA… voglio dire, pensavo che l’era di Mc Carthy fosse finita. Infatti c’è stato un periodo in cui se si era comunisti non si poteva insegnare, non si potevano fare i film. Tutti conoscete l’era di McCarthy, giusto? OK. Dico sempre che, anche se non avete la memoria attuale potere avere la memoria storica. Questo, quindi, dovrebbe essere una parte della nostra memoria storica. Sì, Ronald Reagan. Oh, mio Dio!

E’ così interessante, sai, che in questi momenti, quando sono state elette delle persone come Ronald Reagan, come Richard Nixon, non ci saremmo mai aspettati che potesse andare peggio. George W. Bush: voglio dire che l’attuale occupante di Pennsylvania Avenue n. 1600, fa sembrare George Bush molto migliore di quanto appariva in quel tempo. E questo è strano. 

AMY GOODMAN: Prima però, di arrivare lì, al 1970, stai lottando, come lotti oggi, più di 40 anni dopo, contro il complesso carcerario industriale, per liberare i fratelli Soledad, e c’è una sparatoria nel Palazzo di Giustizia Marin. E questo ti ha portato alle  accuse contro di te. Oggi, la Corte Suprema dello Stato di Washington, ha revocato la pena di morte in quello stato, che è il ventesimo stato a farlo. La tua esperienza, però – e penso che molti giovani forse non se ne rendono conto, ha origine anche dalla tua esperienza in carcere. Hai affrontato tre condanne alla pena di morte, tre condanne a morte?

ANGELA DAVIS: Sì. Nel 1969 1969, sono stata licenziata dall’UCLA , e quello è stato un anno piuttosto difficile. Ho ricevuto letteralmente centinaia di minacce di morte. Dovevo essere accompagnata da una classe all’altra dalla polizia del campus dell’UCLA. Dovevano mettere in moto la mia macchina  per essere sicuri che non ci avessero messo una bomba. E accompagnavano ai margini del campus, perché volevano garantire che non venissi uccisa nel campus. Quello era davvero il loro ruolo. E lo dico perché significava che dovevo avere la sicurezza per 24 ore. E ho dovuto avere qualcuno che si trasferisse nel mio appartamento con me, perché vivevo da sola in quel momento. Dovevo avere qualcuno: dovevo avere sicurezza armata 24 ore al giorno. E  ho comprato un paio di pistole, che sono state usate dalle persone che stavano facendo la sicurezza per me, sai, in particolare quando parlavo.

Dovrei dire che circa nello stesso periodo abbiamo appreso del caso dei fratelli Soledad – George Jackson, John Clutchette, Fleeta Drumgo – e ho iniziato a organizzare  nel sud della California. C’era un comitato nella California Settentrionale per liberare i fratelli Soledad. Abbiamo creato un comitato nella California Meridionale.. E il fratello minore di George, Jonathan, che era un giovane straordinario, davvero bello, che era uno scrittore incredibile, scriveva poesie. Era anche profondamente devoto a suo fratello. E ti do tutte queste informazioni perché a un certo punto Jonathan, che aveva fatto la sicurezza per me, ha preso quelle pistole che avevo comprato per la mia sicurezza ed è entrato nel tribunale della Contea di Marin. 

E non siamo ancora esattamente sicuri di quali fossero i piani, ma sembrava che Jonathan stesse per chiedere la libertà di suo fratello e dei fratelli Soledad. All’epoca George era nella prigione di San Quentin. Loro erano stati trasferiti a san Quentin. E al tribunale nella Contea di Marin si svolgeva un processo che coinvolgeva numerosi prigionieri di san Quentin. . Jonathan entrò  in tribunale e portò fuori il giudice con alcuni dei giurati su un furgone in attesa. E poi, come scoprimmo durante il mio processo, erano state le guardie di San Quentin ad aprire il fuoco, che sono state responsabili della morte del giudice, degli altri prigionieri, e di Jonathan. E’ stato orribile. E’ stato davvero orribile. 

Ricordo che abbiamo esaminato alcune delle guardie di San Quentin durante il mio processo e abbiamo domandato loro quale fosse la loro politica riguardo alle evasioni. Ci hanno detto che la loro politica era di evitare le fughe a ogni costo. E così, abbiamo detto: “Bene, se questo significa la morte di una persona o di venti persone, ò vero lo stesso?” E ha risposto: ”Sì”. Se voleva dire la morte di un bambino o di 20 bambini?” Ha detto: “Sì.” Così, comunque, sono stata accusata di omicidio, di sequestro e di cospirazione perché le armi erano registrate a mio nome. 

AMY GOODMAN: In quel momento hai dovuto prendere una decisione, e hai deciso di agire in clandestinità.

ANGELA DAVIS: Ebbene, Non mi sarei consegnata. Lo sai? Io, tutti noi eravamo molto consapevoli che di ciò che era accaduto Lil’Bobby Hutton, un membro diciottenne del Partito delle Pantere Nere, quando cercò di arrendersi alla polizia e fu ucciso. Ed è stato davvero interessante che si sia fatta un’intervista, o, piuttosto, uno studio, e che si sia fatto un sondaggio tra le persone di Los Angeles nelle comunità di colore. La domanda era se pensavano che facessi la cosa giusta andandomene. E il 90% disse di sì perché conoscevano il dipartimento di polizia di Los Angeles e sapevano quante persone erano state uccise dal dipartimento di polizia. Quindi, sai, non mi è mai passato per la mente di consegnarmi in quel momento. Stavo pensando che, sai, forse in un momento più propizio, forse se l’organizzazione fosse finita , non sono riuscita a farlo, perché l’FBI mi ha raggiunto e sono stato effettivamente catturata dall’FBI , che era un’altra storia. 

AMY GOODMAN: A New York.

ANGELA DAVIS: Sì ero a New York. In realtà stavo scappando dall’FBI , perché,  sai, la gente ha un’idea romantica di cosa significa essere clandestino . Ma, sai, in un certo senso, ero quasi sollevato, perché ogni volta che vedevo un uomo bianco in giacca e cravatta, pensavo che fosse l’ FBI . E se fossi rimasto clandestina,  probabilmente avrei avuto un infarto, quindi …

AMY GOODMAN: Sono quasi esattamente 48 anni fa, nel 1970 – era ottobre – che tu – che ti hanno preso – giusto? – e ti hanno messo  nel carcere femminile di Bedford – è vero? – uno dei posti in cui eri tenuta, al centro,  nel  Village di New York City?

ANGELA DAVIS::Sì, era la Casa di  Detenzione delle Donne nel Greenwich Village, sì. Mi hanno portato … prima mi hanno portato nell’ufficio dell’FBI. Voglio dire, loro … beh, devo tornare indietro con mia memoria a 48 anni fa. E ricordo che ero in ascensore e sapevo che ci avevano trovato. Salivo con un uomo  che era davvero incredibile. E finì per essere arrestato: David Poindexter. E alla fine ha battuto il caso. Ma ricordo che stavamo  salendo  per andare nella stanza d’albergo e ricordo di aver pensato che fosse così. Sentivo  che sarebbe successo. E non appena siamo arrivati al piano, mi hanno afferrato, lo hanno afferrato. Hanno strappato –avevo  una parrucca, perché ero travestita. Mi hanno strappato la parrucca. Ed è stata la prima volta ho indossato una parrucca in vita mia! E mio fratello ha visto – mio fratello ha visto una  foto o qualcosa del genere, e ha detto: “Non è mia sorella”.

Continuavano , però, a chiedermi: “Sei Angela Davis?” E, sai, ho imparato quando ero un bambina molto piccola a non parlare con l’ FBI . Non si deve dire niente all’FBI . L’ho imparato quando avevo 5 anni, quando gli amici dei miei genitori, che erano comunisti, erano in clandestinità, , e l’ FBI avrebbe sempre cercato di ottenere informazioni da noi. E imparai a non dire una parola all’FBI . Quindi, l’unica cosa che ho detto loro, alla fine, è che voglio fare la mia telefonata. Sì, sì, è stato un momento piuttosto drammatico. Si.

AMY GOODMAN: Quindi sei in carcere. Lotteranno per te per farti estradare in California. Hai lottato per questo, e poi ti hanno proprio messo su un furgone e hanno cominciato a spostarti a ovest.

ANGELA DAVIS: Beh, sono stata  in prigione per … vediamo. Sono stato arrestata il 13 ottobre e sono stata in prigione fino a novembre. Quindi ci sono molte cose  che sono accadute alla  Casa di  Detenzione delle Donne. Sono storie davvero importanti, perché penso di aver imparato molto lì. Era l’unica volta in cui mi trovavo con tutti gli altri, perché i miei avvocati hanno combattuto per me affinché rimossa dall’isolamento, così ho avuto contatti con le donne. In effetti ci siamo organizzate per la cauzione. Ed è così interessante che 50 anni dopo, 50 anni dopo, quello rimane il problema.

E c’erano persone all’esterno ed era grandioso che il carcere fosse nel Greenwich Village, perché la gente poteva riunirsi lì fuori, e si poteva parlare con loro dalle finestre.  Nella mia autobiografia parlo di quando ero alla scuola superiore, andavo al Greenwich Village e mi ricordo che, camminavo di fianco a quella prigione e sentivo le voci senza volto e di non sapere davvero come rispondere. E poi, in seguito, io faccio parte delle voci senza volto che chiedono ai passanti di contattare un avvocato; in quel modo siamo riusciti a organizzarci molto. Siano stati capaci di organizzare le donne che erano dentro, in modo che ci sarebbero state decisioni riguardanti chi sarebbe uscito su cauzione dopo che il denaro era stato raccolto nella comunità. E’ stata un’esperienza piuttosto straordinaria e ho imparato molto. Più ci penso e più mi rendo conto del modo in cui quella esperienza mi ha realmente 

formato. 

In seguito ho cominciato a fare yoga in carcere. Non avevo mai sentito parlare dello yoga. In quel tempo non c’erano neanche i tappetini per fare lo yoga. Non esisteva nulla come l’industria dello yoga. Ma ho sviluppato una pratica yoga quando ero lì. Ho imparato – ho imparato molto dalle donne. Ho imparato a conoscere il bisogno di prendersi cura di se stessi. 

ANGELA DAVIS: E sono diventata vegetariana. Non perché allora lo volessi. Scusa. Voglio dire che ora sono vegana, e questa i è una decisione consapevole. Quella di diventare vegetariana non è stata una decisione consapevole. L’ho deciso perché la carne aveva dei vermi ed era così cattiva che avevo detto alle guardie che non mangiavo carne. E non avevo idea che, quando sono uscita, e ho tentato di ricominciare a mangiare la carne, la cosa non avrebbe funzionato, e così…E poi, alla fine ho imparato a conoscere tutti i motivi per cui dovremmo impegnarci a mangiare in modo consapevole ea  non partecipare all’infliggere violenza, al solo scopo di produrre profitto.

 

AMY GOODMAN: la leggendaria attivista e studiosa, dott.ssa Angela Davis. Torneremo con lei tra un momento per parlare delle guardie carcerarie che uccisero George Jackson nel 1971 a San Quentin. Parleremo anche del movimento per l’abolizione del carcere e di altro ancora.

AMY GOODMAN : Questa è Democracy Now! , democracynow.org, The War and Peace Report . Sono Amy Goodman, e torniamo alla mia conversazione con Angela Davis. Ho parlato con lei in ottobre a Busboys and Poets, un centro culturale e anche  ristorante,  a Washington, DC.

AMY GOODMAN: Sono stata a San Quintino poche settimane fa. Uno dei nostri amici di Democracy Now! , ha lavorato al San Quentin News , e siamo andati a San Quentin. E la prima cosa che,  quando siamo entrati nella prigione, la prima  cosa che  i detenuti ci hanno indicato e quella che  e ci hanno detto, è stata: : “È qui che George Jackson è stato ucciso”. La prima cosa che ci hanno mostrato. Quel fatto è stato angosciante per te.

ANGELA DAVIS : Sì. Il 21 agosto 1971, George fu ucciso dalle guardie di San Quentin. In quel periodo, c’era così tanto da fare, che non riuscivamo a trovare il tempo di piangere e di addolorarci, perché, sai, sarebbe successo qualcos’altro. Jonathan era stato ucciso quasi esattamente un anno prima. Quel periodo era così compresso in tanti modi. E non dimenticherò mai quando il mio avvocato Howard Moore e il mio avvocato Margaret Burnham sono venuti a farmi visita, perché  in quel particolare momento ero di nuovo in isolamento, perché ero stata estradata in California.

AMY GOODMAN: E hai scelto di avere avvocati di colore, il che è stata una affermazione molto importante.

ANGELA DAVIS: Beh, sì. Il fatto era che c’erano molti prigionieri politici in quel periodo. E, sai, c’erano avvocati realmente bravi. Kunstler era straordinario, vero? C’erano, anche avvocati di colore, però, che erano impegnati, 

che avevano una storia nell’attivismo per i diritti civili, come Howard Moore, Margaret Burnham, che è la mia più cara  amica del mondo. E diciamo sempre che ci conosciamo da quando siamo nate, perché le nostre madri erano incinte insieme e le nostre madri erano ottime amiche. E lei fu la prima persona a presentarsi in prigione – lei è l’unico avvocato che è stata con me sin dall’inizio, fino a quando l’assoluzione è avvenuta, il che significava che doveva portare suo figlio, suo figlio che aveva una paralisi cerebrale. Questo, sai, la metteva molto alla prova. Si è trasferita con lui in California.

Non dimenticherò mai Margaret – Margaret è incredibile. Tutti la Dovreste conoscerla tutti, in effetti. Ha avuto circa cinque diverse carriere. E’ stata avvocato per i diritti civili. È stata il mio avvocato per due anni. E’ stata giudice a Boston. Ha gestito uno studio legale internazionale. Ha aiutato a scrivere la Costituzione del Sud Africa. Quindi è diventata una studiosa di legge e insegna legge alla Northeastern University di Boston.  Ha un programma che si chiama Diritti Civili e Giustizia Riparativa, dove indaga su casi di persone di colore nel Sud che sono stati uccisi o alle quali hanno portato via le proprietà, che sono stati linciati, in Alabama, in Georgia, nel Mississippi, in Louisiana . Quindi, sì. Ho avuto tre avvocati di colore.

AMY GOODMAN: Il suo terzo avvocato era..?

ANGELA DAVIS: Leo Branton.

AMY GOODMAN: E’ stato colui che, in tribunale, si è rivolto alla giuria e ha detto: “Siate neri per un minuto.” Giusto? Infatti l’dea che tu eri diventata clandestina,, ha detto, vi farà automaticamente pensare che è colpevole. Cambiate, però, il colore della vostra pelle, e, non preoccupatevi, tornerete indietro in un minuto, e penserete che cosa fareste.

ANGELA DAVIS: Sì, ha fatto così. Sì.

AMY GOODMAN: Giusto? Pensate a che cosa avreste fatto se eravate neri in America in quel tempo, e se la polizia e l’FBI vi perseguitavano. 

ANGELA DAVIS: Il primo amore di Leo era il dramma. Ha studiato teatro, e quindi aveva il senso di come catturare l’attenzione della giuria. E molti, molti anni dopo, eravamo ad Harvard. Charles Ogletree aveva organizzato un evento al quale aveva invitato me e i miei fratelli e sorelle e gli avvocati. Leo ricordava, parola per parola, l’arringa conclusiva. E stava in piedi davanti a questi studenti – succedeva negli anni ’90 – e declamava di nuovo l’arringa finale. 

AMY GOODMAN: E’ vero che a un certo punto hanno fatto sedere accanto a te una donna, una tua buona amica, per dimostrare l’inattendibilità dei resoconti dei testimoni oculari?

ANGELA DAVIS: Sì. La mia amica Kentra Alexander con la quale sono stata attiva nel Parti Comunista e in molte altre organizzazioni. Ha svolto la sua opera di legale in tutto il processo, così come ha fatto suo marito Franklin e mia sorella. Si è, quindi, seduta con noi al tavolo. Inoltra questa testimonianza è stata  controllata  per identificarmi. E Franklin ha identificato Kendra. 

AMY GOODMAN: Hanno detto: “Lei è in questa aula oggi?”

ANGELA DAVIS: Sì, sì, esattamente. Ci sono stati tutti questi momenti da Perry Mason, durante i processo che sono stati…

AMY GOODMAN: E tu sei stata liberata su cauzione. Poi, però descrivici il momento in cui la giuria è rientrata. La tua famiglia, tutta la tua famiglia era lì? Tua madre era, però, troppo nervosa per entrare nell’aula? 

ANGELA DAVIS: Sì, mia madre non è voluta entrare. 

Sì, mia madre non voleva entrare. E Margaret, che conosceva mia madre da quando era nata, ha detto, “Sallye”, tutti abbiamo imparato a chiamare i genitori con il loro nome; è stato un po ‘come un comunista, lo sai? Quindi, disse, Margaret disse: “Sally, non puoi stare fuori; devi entrare. “E lei entrò. Ma la cosa interessante era che Margaret era quella che era così totalmente composta, e lei ce l’aveva totalmente. Sai, lei era l’avvocato. Ma non appena la giuria è entrata in aula, l’ha persa. Le piaci … le sue mani si sono alzate in questo modo. Ma sì, la giuria ha annunciato il verdetto. E Franklin singhiozzò forte. Hai sentito questa voce forte di questo uomo che piangeva. Franklin era un altro amico del compagno, che organizzò il caso. Si si.

 

AMY GOODMAN : Una, due, tre, le accuse sono state lette.

ANGELA DAVIS : Sì.

AMY GOODMAN : E sei stata dichiarata non colpevole di tutte e tre le accuse.

ANGELA DAVIS : Sì.

AMY GOODMAN : Sei uscita alla luce del sole e il  capitolo successivo della tua vita è iniziato.

ANGELA DAVIS : Beh, sai, abbiamo fatto una festa quella sera, con lo champagne. È stato fantastico E poi  i giurati volevano stare  insieme, – così siamo diventati realmente molto amici del portavoce della giuria, il cui nome era Mary Timothy.

E così, proprio il giorno successivo, dopo aver fatto festa per tutta la notte,  ci siamo riuniti e abbiamo deciso che doveva essere fatto qualcosa per tenere insieme l’intero apparato che era responsabile dell’organizzazione per la richiesta della mia libertà, perché, inizialmente, è stati il Comitato Nazionale  Unito per Liberare Angela Davis e durante il periodo in cui ero in prigione, ho guardato tutte le donne che erano lì, che non avevano risorse, che non avevano possibilità di avere un avvocato, e ho detto: “Questo non può riguardare solo me”. E così , il nome è stato cambiato in: Comitato Nazionale Unito per Liberare Angela Davis e Tutti i Prigionieri  Politici. 

E così, proprio il giorno seguente, dopo aver festeggiato tutta la notte, abbiamo avuto un incontro per capire come  potevamo passare a  una nuova fase, come potevamo creare una nuova organizzazione. Abbiamo creato un’organizzazione chiamata National Alliance Against Racist and Political Repression (Alleanza nazionale contro la repressione razzista e politica).Alcuni dei primi casi furono gli Attica Brothers, perché la ribellione dell’Attica era avvenuta nel 1971, a settembre, subito dopo l’uccisione di George. C’è stato poi il caso del reverendo Ben Chavis e dei 10 di Wilmington (9 uomini e una donna erroneamente condannati per incendio doloso e cospirazione).  Ci sono stati tanti casi. Lolita Lebrón, che era ancora in prigione in quel momento-

AMY GOODMAN : l’attivista indipendentista portoricana.

ANGELA DAVIS : Sì. Quindi abbiamo subito iniziato a fare quel lavoro. E lo cito perché, sai, spesso non vediamo la storia, la traiettoria che rende possibile intraprendere certi tipi di azioni politiche 20, 30, 40 anni dopo. E così, penso che stavamo contribuendo a gettare le basi per i movimenti contro l’attuale violenza razzista della polizia. In effetti, abbiamo avuto un gruppo all’interno dell’organizzazione che si occupava in modo specifico di fermare la violenza della polizia.

AMY GOODMAN : Quarantasette anni fa, George Jackson è stato ucciso. E nel 47 ° anniversario, quest’anno, 2018, lo sciopero nella prigione è durato tre settimane, dall’uccisione di George Jackson alla rivolta dell’Attica. E i prigionieri in tutto il paese, ancora una volta, questo anno, sono insorti, con grande rischio  di punizione contro di loro, hanno fatto uno sciopero della fame, e  astensioni dal lavoro.

ANGELA DAVIS :Sì, quello sciopero nazionale dei prigionieri è stato molto importante. Spesso non riconosciamo il grado in cui la memoria storica, di cui stavo parlando prima, gioca un ruolo così importante nella vita dei detenuti. I prigionieri, anche i giovani che sono stati recentemente arrestati e condannati al carcere, sono istruiti politicamente. Imparano dagli anziani  tutti gli eventi accaduti nel corso degli anni, l’importanza di George Jackson, tutte le campagne che hanno avuto luogo negli anni ’60 e ’70. In realtà fanno un lavoro molto migliore delle persone nel mondo libero, circa  la conservazione della storia. E, naturalmente, il fatto che ora possiamo chiedere apertamente l’abolizione della reclusione come modalità di punizione esistente e l’abolizione della polizia come  principale forma di sicurezza nei nostri mondi, lo dobbiamo a chi ha lottato molti decenni fa. Non lo dimenticherò mai.

AMY GOODMAN : E prima di proseguire, volevo tornare indietro di otto anni , al fino al 1963, perché questo è anche un altro anniversario. Ed è vicino a casa tua, perché è dove sei nata. 15 settembre 1963, l’esplosione della chiesa di Birmingham in Alabama, una chiesa che conoscevi bene. Avevi 19 anni. Dov’eri quella domenica in cui quella chiesa, quell’icona a Birmingham, è saltata in aria e ha ucciso le quattro bambine?

ANGELA DAVIS: Ero in Francia. Stavo passando il mio anno da studente a a Parigi. E quando ho saputo del bombardamento della chiesa battista della 16th Street, ero lì. E a quei tempi, la tecnologia della comunicazione non era come  quella di oggi. Non si potevano , , mandare messaggi a qualcuno, e quindi chiamavo la mia famiglia forse una volta ogni due mesi quando ero lì. E così, quella è stata una telefonata che ricordo ancora vividamente.

Mia madre era molto amica della madre di Carole Robertson. E come ho detto molte volte, quasi tutte le ragazze erano vivevano alla nostra famiglia. Cynthia abitava a due case di distanza  da noi. E Carole era la migliore amica di mia sorella. Il nome della madre di Carole, era Alpha Bliss Robertson;  se qualcuno di voi ha visto il film di Spike Lee, Four Little Girls , è stata intervistata lì. Credo che quello sia stato uno dei film migliori di Lee.

AMY GOODMAN . Era così bello!

ANGELA DAVIS: Era davvero bello.. E così, Alpha Bliss Robertson chiamò mia madre e disse: “Per favore, potresti portarmi in chiesa? Devo andare a prendere Carole. E’ successo qualcosa lì. “E così mia madre era lì quando ha scoperto cosa era accaduto a sua  figlia.

Potremmo parlare di quell’incidente, ma penso che sia anche importante rendersi conto che quella non era la prima volta che una chiesa era stata bombardata. Spesso le persone che non sono del Sud non si rendono conto che quella era un’espressione di routine del terrore razzista. Accadeva di continuo. 

AMY GOODMAN : Non eri cresciuta a  Dynamite Hill? (Collina della Dinamite) Non la chiamavano così?

AMY GOODMAN: Sì, dove vivevo si chiamava Dynamite Hill, perché molto case  furono bombardate. La chiesa che frequentavo, che era a un paio di isolati da casa, è stata bruciata quando avevo 11 anni, perché lì facevamo un gruppo di discussione interrazziale. Ho detto molte volte che,  ci sono tutte queste discussioni sul terrore e la minaccia del terrore, e l’islamofobia che lo accompagna, ma non c’è mai alcun riconoscimento della misura in cui il terrore ha modellato il paese, e specialmente il sud. E nessuno ha fatto nulla al riguardo.

AMY GOODMAN : Allora, hai mai avuto una discussione con un’altra donna nata a Birmingham, l’ex Consigliera per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice?

ANGELA DAVIS : Non quella di cui stai parlando. 

AMY GOODMAN: Due traiettorie di vita leggermente diverse che hanno avuto origine a Birmingham: Condoleezza e Angela.

ANGELA DAVIS: Sì, tutti i generi di persone sono di Birmingham. In realtà ho letto la sua autobiografia un po’ di tempo fa e mi sono resa conto che c’era un’importante differenza:

AMY GOODMAN: Non ho letto la sua autobiografia e lo avevo già capito.

ANGELA DAVIS: Però, una delle cose che ho imparato, crescendo  a Birmingham, è stata di  amare  la comunità. Ho anche imparato che un’offesa a una persona è un’offesa a tutti, e soni davvero contenta di essere cresciuta in quel mondo di segregazione   perché mi ha insegnato le possibilità della comunità. E mi ricordo che quando i funzionari bianchi del Ministero dell’Istruzione venivano nella nostra scuola, chiamavano gli insegnanti con il loro nome proprio, perché era uno dei modi in cui esprimevano il loro razzismo. E così gli insegnanti hanno fatto sentire la loro voce e hanno finito con il perdere il lavoro, soltanto per aver risposto male a un rappresentante bianco del Ministero dell’Istruzione. E così, ho provato questo senso di vicinanza con loro.

Il motivo per cui faccio questo discorso è che nella sua autobiografia, Condoleezza Rice fa notare che era stata cresciuta pensando a se stessa come una persona che doveva distinguersi, che doveva essere migliore di chiunque altro, che, se facevamo una gara di corsa, doveva essere sempre avanti  di 5 miglia. Tutti noi impariamo che se, siamo neri, dobbiamo essere dieci volte migliori dei bianchi.

AMY GOODMAN: Quindi non hai affrontato una condanna a morte, ne hai affrontate tre.

ANGELA DAVIS Giusto. No, ma anche Condoleezza Rice voleva essere dieci volte migliore di tutte le persone di colore, e così…E non credo che sia crescita con il senso del potere della comunità. E’ cresciuta con il senso della necessità di distinguersi come individuo. Penso che questa sia la differenza fondamentale.

AMY GOODMAN: La leggendaria attivista e studiosa Dottoressa Angela Davis. Torneremo da lei fra un momento per parlare della sfida al capitalismo, degli attuali movimenti giovanili, delle lotte per la giustizia e di che cosa le dà la speranza.

AMY GOODMAN: Questa è Democracy Now!, democracynow.org,  The War and Peace Report . Sono Amy Goodman e torniamo alla mia conversazione  con la ex Pantera Nera Angela Davis, docente emerita all’Università di California, sede di Santa Cruz. Ho parlato con lei in ottobre a Washington, D.C., nel centro culturale e ristorante, Busboys and Poets.

AMY GOODMAN: Torniamo indietro di 50 anni. Guardiamo il 1968. Poi guardiamo oggi. Che differenza c’è tra le proteste nello Stato di San Francisco e alla Columbia University, le proteste a Parigi, il livello di organizzazione di quell’anno – naturalmente, ci furono l’assassinio di Martin Luther King e quello di Robert Kennedy – ma il livello di organizzazione che ci fu allora e quello che accadendo proprio adesso? Le dà speranza?

ANGELA DAVIS: Assolutamente, assolutamente. Penso, inoltre, che ciò che mi dà speranza è la misura in cui i giovano organizzatori sono stati capaci di incrementare l’opera di quelli  che c’erano stati prima di loro. E sono così colpita dai giovani organizzatori e dai gruppi: Dream Defenders (Difensori di un sogno), da Black Lives Matter, da Black Youth Project 100, da SURJ (Showing Up for Racial Justice – E’ una rete nazionale di gruppi e individui che organizzano i bianchi per avere la giustizia razziale, n.d.t.).

I bianchi stanno realmente cominciando a cambiare in maniera significativa. Intendo dire che mi ricordo che,  di solito presumevamo che il razzismo riguardasse soltanto l’atteggiamento. Giusto? E quindi l’unico modo in cui si può trattare con un razzista, è dire: “Dovresti partecipare  a un seminario per disimparare il razzismo.” A queste persone che hanno reso pubbliche queste affermazioni razziste è stato chiesto di fare ammenda e di imparare. E non c’era nessuna consapevolezza della misura in cui il razzismo è così profondamente radicato nelle strutture e nelle istituzioni di questa società. E penso che ora ci sia una comprensione popolare del fatto che non si può soltanto presumere che scoprire che Jason Van Dyke era colpevole dell’uccisione di Laquan McDonald cambierà la situazione. Il Dipartimento di Polizia  di Chicago continuerà a essere razzista come  lo era prima, e quindi questa idea di abolizione ha realmente, realmente preso piede. 

E non invidio i gli attivisti e gli organizzatori giovani perché devono vedersela con così tanto altro. Le cose erano molto più semplici per noi e il motivo è che non avevamo idea di quanto siano realmente complicati questi argomenti. Spesso faccio notare il fatto che quando abbiamo cominciato, quando chiedevamo la libertà per i neri, era sempre la libertà per gli uomini neri. E le donne facevano la maggior parte dell’organizzazione, e le donne che facevano questo non si rendevano neanche conto che stavamo escludendo noi stesse proprio per mezzo del nostro vocabolario, dal terreno della libertà. E non è più così. Il ruolo del genere e della sessualità e i rapporti  strani stanno diventando più convenzionali nei termini dell’organizzare approcci femministi omosessuali.  Questo è eccitante. Sì. 

Quindi, anche se so che il mondo sembra essere sempre così caotico, e che volte non riusciamo a vedere una via d’uscita, penso che il lavoro che dobbiamo fare sia garantire che passiamo un’eredità al gruppo successivo, la prossima generazione. E questa è la nostra unica speranza per ottenere un cambiamento. E vedo il lavoro che i giovani attivisti stanno facendo oggi e come sono anche loro – perché non si è così giovani. Sai, molte persone hanno l’impressione che la gioventù sia eterna. Non succede così. Prima che tu te ne accorga, sarai passato dalla gioventù alla vecchiaia. E’ quindi molto importante addestrare gli altri a condividere. E con ogni generazione, tutto diventa più ricco, più interessante e più complicato. A volte mi stupisco ascoltando giovani attivisti che parlano in modo così fluido dei modi in cui l’omofobia, la transfobia non influenzano soltanto coloro che si identificano come transessuali o LGBTQ,  il mondo intero. La sfida del binarismo di genere* ci ha permesso di riconoscere che tutto può essere affrontato. Se riesci a contestare quello che era considerato il garante più basilare della normalità – allora puoi contestare qualsiasi cosa. Puoi contestare il capitalismo.  Puoi vedere la tua strada verso un futuro al di là del tipo di oscena struttura capitalista che ha formato e plasmato le nostre vite. Quindi sono eccitata. Le cose sembrano molto… – quelli di voi che sono giovani potrebbero non pensare questo, ma la situazione mi sembrano molto più promettente. Sono i giovani che rappresentano il futuro. E così sono loro che devono prendere la guida. Sono loro che devono guidarci a entrare nella fase successiva.

E credo che mentre divento più vecchia, mi rendo conto di quanto sia importante immaginarci che siamo qualcosa di più che le nostre vite individuali, che siamo collegati con le persone che sono venute prime di noi, e che saremo collegati alle persone che vengono dopo di noi. E’ quindi nostra responsabilità e responsabilità dei giovani, anche, essere sicuri di fare quel lavoro che manterrà vive le idee, che manterrà viva la possibilità della libertà. Infatti no accadrà domani. Lo sappiamo, ma può accadere. Può accadere in qualche momento nel futuro. Non penso che possiamo realmente raggiungere il punto che chiamiamo libertà, perché ciò che è eccitante è che, lungi la strada, notiamo che le cose sono tanto più complicate. Sono eccitata riguardo a ciò che si scoprirà in futuro. Venti anni fa nessuno avrebbe potuto prevedere che i movimenti dei transessuali sarebbero stati così importanti oggi per la giustizia sociale. Nessuno avrebbe potuto prevederlo. 

E così,  vedo che  noi che amplieremo il terreno della libertà. E immagino che in futuro avremo movimenti per proteggere gli animali, che diventeranno molto più diffusi. Avremo una relazione diversa. Sperimenteremo la nostra relazione con coloro con cui condividiamo il pianeta in modi molto diversi. E poi ci sono tutte quelle idee per la libertà che non riesco nemmeno a immaginare, che so che in futuro emergeranno.  Quindi sono eccitata. In realtà, sai, non è poi così male essere vecchi. Non lo è, se si continua a mantenere quel tipo di prospettiva e di visione che  permette di sentirsi in contatto sia con quelli che sono più giovani sia con quelli che sono più anziani, con quelli che sono venuti prima di noi e con quelli che verranno dopo di noi per  molte generazioni nel futuro.

Nota

*https://it.wikipedia.org/wiki/Binarismo_di_genere


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-movements-of-the-future

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