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https://www.huffingtonpost.it/

16/02/2019

 

Annuncio Usa: il Califfato in Siria non esiste più. Ma la minaccia dell'Isis resiste

di Umberto De Giovannangeli

 

In attesa di Trump, la “V” di vittoria la mostra il suo vice Pence. Lo Stato Islamico però, è tutt'altro che annientato, e ora punta all'Europa

 

In attesa di Trump, la "V" di vittoria la mostra il suo vice. Anche l'ultimo tratto di territorio siriano, dove una volta sventolava la bandiera nera dell'Isis, è stato conquistato". Ad annunciarlo è il vice presidente Usa, Mike Pence, dalla Conferenza sulla sicurezza globale a Monaco: "Mentre sono qui davanti a voi, sul fiume Eufrate l'ultimo tratto di territorio dove una volta la bandiera nera dell'Isis sventolava è stato catturato", proclama Pence. Poco prima fonti curdo-siriane avevano comunicato che i jihadisti erano asserragliati nell'ultimo fazzoletto di terra nel sud-est della Siria e stavano "usando i civili come scudi umani".

"Il motivo del rallentamento dell'offensiva era dovuto proprio alla presenza di civili", avevano aggiunto le stesse fonti. Le Forze democratiche siriane (Fds) stanno ''assediando'' i militanti del sedicente Stato islamico in ''un'area di 600-700 metri quadrati' nel villaggio di Baghuz, nella Siria orientale. Lo ha dichiarato il comandante Ciya Furat delle Fds, alleanza curdo araba sostenuta dagli Usa nell'ottica della lotta all'Isis in Siria. Una settimana fa l'inizio dell'offensiva delle Fds per espellere l'Isis da Baghuz, unica area ancora in mano ai jihadisti nella provincia di Deir Ezzor. ''I mercenari di Daesh sono stati assediati in una zona di 600-700 metri quadrati'', ha detto Furat usando un acronimo arabo dell'Isis. Poi ha aggiunto che la sconfitta dell'Isis e la fine del califfato verranno annunciate entro pochi giorni: "In brevissimo tempo, non più di qualche giorno, annunceremo ufficialmente la fine dell'esistenza dell'Isis", ha affermato l'ufficiale.

Fonti curdo siriane in contatto con i combattenti al fronte hanno confermato che i combattenti dell'Isis , asserragliati nell'ultimo fazzoletto di terra nella parte sud orientale del Paese, stavano usando "i civili come scudi umani". Le forze curde stavano guidando l'assalto alle ultime centinaia di metri quadrati ancora in mano ai jihadisti. "Il motivo del rallentamento dell'offensiva è dovuto proprio alla presenza di civili. Noi cerchiamo di proteggerli", hanno detto le fonti. "Gli Stati Uniti manterranno una forte presenza nella regione" e "continueranno a mettersi sulle tracce dell'Isis, dovunque essi siano e ogni volta che mostreranno il loro lurido volto", assicura il numero due della Casa Bianca. "Abbiamo parecchi grandi annunci che hanno a che fare con la Siria e con il nostro successo nello sradicamento del califfato, cosa che sarà annunciata nelle prossime 24 ore", aveva proclamato ieri in conferenza stampa il presidente Usa Donald Trump. I tempi sono stati rispettati.

L'annuncio della fine dell'Isis arriva dopo che l'inquilino della Casa Bianca aveva comunicato, il mese scorso, il ritiro delle forze americane dalla Siria. Un ritiro che preoccupa gli alleati ma anche gli stessi vertici del Pentagono. Ieri, il capo del Comando centrale delle forze armate Usa (Centcom), Joseph Votel, ha detto alla Cnn di non condividere la decisione della Casa Bianca. "Non sarebbe stato il mio consiglio militare in quel particolare momento. Non avrei dato quel suggerimento, francamente", ha detto Votel a riguardo. Il Califfato "ha ancora leader, combattenti, sostenitori, risorse, quindi la nostra costante pressione militare è necessaria per continuare a dare la caccia a tutta la rete", ha aggiunto. Il generale Votel ha poi voluto sottolineare che riterrà l'Isis sconfitto soltanto quando sarà sicuro che non rappresenti più una minaccia per la sicurezza Usa. Le preoccupazione del generale Votel trovano conferma in un rapporto di osservatori indipendenti delle Nazioni Unite,. Secondo quanto afferma il documento elaborato dal gruppo di monitoraggio delle sanzioni, presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, fra Siria e Iraq ad oggi vi sono fra i 14mila e i 18mila combattenti attivi, fra i quali anche 3mila estremisti di origine straniera. "L'Isis non è stata sconfitta - spiega il documento - ma resta sotto una intensa pressione militare".

Daesh "ha evidenziato una determinazione a resistere e la capacità di contrattaccare". Il gruppo di osservatori dell'Onu ricorda invece che lo Stato islamico, più di al-Qaeda e di altri movimenti jihadisti, rappresenta "la più grave minaccia" per la regione. Il Califfato "compie più di ogni altro attività terroriste" e per questo "resta sempre la più grave minaccia". Avendo perso gran parte del proprio territorio nell'ultimo anno, esso opera oggi come una rete sotto copertura alla cui guida resta saldo in sella Abu Bakr al-Baghdad (dato più volte per morto in passato). Pur essendo ridotta di molto, la leadership dello SI "sta trasferendo gran parte dei combattenti in Iraq" per unirsi alla rete locale; l'obiettivo è quello di "sopravvivere, consolidarsi e risorgere in quest'area chiave". "In caso di successo - conclude il rapporto - l'Isis potrebbe dare un nuovo impulso alla propria attività, indirizzandosi verso operazioni terroristiche esterne".

Questa mattina l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) aveva comunicato che le forze curdo-siriane sostenute dagli Usa avevano preso il controllo dell'ultima roccaforte dell'Isis, nella Siria sud-orientale. L'Ondus parlava delle forze curde entrate a Baghuz, cittadina sulla sponda orientale dell'Eufrate, da settimane luogo dove si sono asserragliati centinaia di miliziani assieme a un numero imprecisato di civili, molti dei quali mogli e figli dei jihadisti. Intanto secondo l'agenzia Interfax che cita un comunicato congiunto delle autorità russe e siriane, la Russia e il governo di Damasco intendono creare due "corridoi umanitari" al confine con la zona di Al-Tanf, controllata dagli Usa, per consentire ai profughi che lo desiderino di lasciare il campo di Rukban. Stando al comunicato i due corridoi dovrebbero essere aperti la mattina del 19 febbraio e passeranno da Jleb e Jabal al-Ghurab. Come trasformare una sconfitta territoriale in una minaccia che porta al cuore dell'Europa. Lupi solitari più foreign fighters di ritorno. Una miscela esplosiva per l'Isis 2.0. La storia sembra ripetersi, ieri per al Qaeda, oggi per Daesh. In origine, l'organizzazione terroristica di Osama bin Laden aveva fatto dell'Afghanistan in mano ai compiacenti Talebani il proprio feudo territoriale: lì i qaedisti avevano i loro campi di addestramento, lì avevano trovato rifugio e protezione i vertici dell'organizzazione terroristica.

Fino alla sconfitta militare venuta al seguito della reazione americana all'11 Settembre. Ma proprio sulle macerie afghane, al Qaeda ridefinì se stessa, trasformandosi da organizzazione centralizzata in un sistema a rete. Una piovra dai mille tentacoli, e per questo più insidiosa, difficile da contrastare. La storia si ripete oggi con il Daesh. Le milizie al servizio di Abu Bakr al-Baghdadi stanno perdendo terreno sia in Siria che in Iraq, anche se, concordano gli analisti militari, è bene non parlare ancora di una "Waterloo" jihadista in Siraq. Tuttavia, i comandi militari del Daesh hanno rivisto i propri piani, cambiando strategia e puntando ad una Jihad globale che abbia l'Occidente, e in esso in particolare l'Europa come teatro di battaglia. Ecco allora l'attivazione di cellule "dormienti", l'indicazione ai "mujahiddin" con passaporto europeo di rientrare a casa per seminare morte e terrore nel Vecchio continente.

Sul piano operativo e della catena di comando, la divisione che si occupa degli attentati all'estero è una branca distinta all'interno dell'organigramma dello Stato islamico: recluta, addestra, fornisce i soldi e organizza la consegna delle armi ai combattenti del gruppo che sono pronti a compiere degli attentati. La divisione non si occupa solo degli attentati in ma anche in altri Paesi dove ci sono località turistiche frequentate dagli occidentali, per esempio la Turchia, l'Egitto e la Tunisia. Così agisce l'Isis 2.0. Sconfitta in Siria, ma tutt'altro che annientata.

 

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