https://frammentivocalimo.blogspot.com/

http://www.labottegadelbarbieri.org/
martedì 4 giugno 2019

 

Gaza, se una bambina di 5 anni muore da sola

di Gideon Levy

 

Venerdì 12 aprile Aisha si è svegliata tornando in vita. Racconta ai suoi genitori che il dolore è sparito. La famiglia ha un video clip che mostra il suo risveglio dopo l’operazione effettuata per inserire il tubo.

 

Suo padre, Wissam al-Loulou di 37 anni, e sua madre, Muna Awad di 27 anni , riferiscono tutto questo dal balcone chiuso della loro casa nel campo profughi di Bureij. La coppia ha altri tre bambini piccoli. Di tanto in tanto uno di loro – Ribka di 4 anni o Hasan di 2 anni e mezzo – si arrampica sulle ginocchia del padre o della madre e si rannicchia tra le loro braccia. Wissam è laureato in management presso l’Università Islamica di Gaza, ma attualmente è disoccupato. E’ stato costretto a chiudere il suo piccolo negozio di alimentari perché non c’erano clienti. Da allora l’unico reddito della famiglia è costituito dalle indennità di assistenza sociale che ricevono dalle agenzie di soccorso.

La Striscia di Gaza è sotto assedio. La faccia di Muna è velata, solo i suoi occhialuti occhi sono visibili attraverso il rivestimento nero. Wissam indossa un galabiya di colore chiaro. La nostra conversazione si svolge tramite Skype: negli ultimi 13 anni le autorità israeliane hanno impedito ai giornalisti israeliani di entrare a Gaza.

Aisha: è stata ricoverata in ospedale per cinque giorni nel dipartimento neurochirurgico di Shifa. Ai suoi genitori è stato detto che aveva bisogno di essere trasferita urgentemente all’ospedale Makassed a Gerusalemme Est per un intervento chirurgico finalizzato a rimuovere il tumore ed essere sottoposta a chemioterapia non disponibile nella Striscia di Gaza. E’ stato necessario affrontare la burocrazia dell’occupazione israeliana per portare Aisha a Gerusalemme il più rapidamente possibile. Era chiaro che la sua vita era in pericolo. I suoi genitori hanno fatto domanda al Ministero per gli affari civili dell’Autorità palestinese, che lavora con l’amministrazione israeliana di coordinamento e collegamento. E’ stato detto loro che ci sarebbero voluti cinque giorni per i documenti di autorizzazione.

Wissam afferma che gli era stato riferito dall’ufficio palestinese che, a causa della sua giovane età, sarebbe stato molto difficile ottenere un permesso di ingresso in Israele per lui e che ci sarebbero volute tre settimane per il controllo di sicurezza israeliano . La situazione era ancora più complicata per la madre di Aisha: Muna non ha una carta d’identità rilasciata dal registro israeliano della popolazione, che è ciò che conta a Gaza. È una palestinese nata in Libia, la famiglia originariamente proveniva da Majdal, l’odierna Ashkelon, ed è cresciuta in Egitto. E’ entrata nella Striscia di Gaza con un permesso di visita e rimasta a Gaza senza una carta d’identità riconosciuta dal governo israeliano; lei ha solo un documento di identità emesso da Hamas, che non ha alcun valore per Israele. Il Ministero per gli affari civili dell’Autorità Palestinese ha avvertito entrambi che non c’erano possibilità di ottenere il permesso per entrare in Israele. Hanno chiesto i nomi di altri parenti che avrebbero potuto accompagnare Aisha nel suo calvario.

Wissam ha suggerito sua madre, la nonna di Aisha, Ribk di 75 anni. I funzionari palestinesi sono tornati dagli israeliani che hanno risposto che ci sarebbero volute altre tre settimane per eseguire un controllo di sicurezza sulla nonna. Wissam allora ha dato loro i nomi di tre zie di Aisha, più quelli di uno zio e la moglie di uno zio. Ha presentato cinque richieste sperando Israele ne approvasse almeno una. Al Makassed Hospital l’operazione chirurgica era programmata per Aisha il 16 aprile. Il tempo era essenziale, la sua vita era appesa a un filo. Nessun permesso di ingresso è stato concesso da Israele. Il suo ricovero è stato riprogrammato per il 17 aprile. Nel frattempo il Ministero per gli affari civili ha suggerito a Wissam di presentare nomi di altre persone, estranei, non membri della famiglia, forse il controllo di sicurezza sarebbe stato più veloce per loro. La famiglia disperata ha seguito il consiglio . Dopo un rapido controllo l’apparato dell’occupazione israeliana ha scelto il nome di Halima al-Adess, 55 anni, abitante del campo profughi di Shati. Né Aisha né i suoi genitori conoscevano la donna che avrebbe trascorso le prossime fatidiche settimane con la loro piccola figlia.

Quel giorno stesso i genitori e la scorta si sono recati all’incrocio di Erez con Aisha. Lei e la donna, che l’avrebbe accompagnata, dovevano salire sull’ autobus che li avrebbe portati dal posto di blocco palestinese al checkpoint israeliano. I genitori sono stati costretti a staccarsi dalla loro figlia malata. Aisha emotivamente era fuori di sé. Non smetteva di piangere e si rifiutava di essere allontanata dai suoi genitori. Ha urlato che voleva andare a casa e non voleva andare con una donna che non conosceva. Aisha non aveva mai lasciato la Striscia di Gaza.

Sua madre ha cercato di calmarla. Le ha detto che doveva andare per essere curata e non avrebbe avuto più mal di testa . Quando sarebbe tornata a casa le avrebbero comprato tutti i giocattoli che voleva. Esausta e ancora in lacrime, Aisha ha accettato di salire sull’autobus. Non avrebbe mai più rivisto la bambina.

Dopo aver attraversato il valico , i due hanno viaggiato in taxi fino a Gerusalemme. I genitori di Aisha le hanno parlato per telefono, cercando di tirarle su di morale. Eppure, Aisha ha pianto per la maggior parte del viaggio. L’operazione, eseguita il 21 aprile, ha richiesto cinque ore. Aisha si è svegliata il giorno dopo. I medici hanno detto che avevano rimosso il tumore, ma che la chemioterapia deve essere iniziata rapidamente. Hanno riferito ai suoi genitori che lo stato psicologico della loro figlia era terribile, essendo stati allontanati da lei e che questo poteva influenzare le sue possibilità di recupero. Era imperativo che almeno uno di loro venisse per starle accanto. Successivamente le sue condizioni sono peggiorate .

I volti dei genitori sono cupi, a volte guardano il pavimento. La madre di Aisha è silenziosa, suo padre racconta la storia. Ricorda come un rappresentante di una ONG israeliana per i diritti umani li abbia chiamati per chiedere dettagli e una copia dei loro documenti di identità nel tentativo di aiutarli. Un parente israeliano che vive a Lod ha presentato una richiesta al Centro per la Pace di Peres, nel tentativo di ottenere un permesso di ingresso per uno dei genitori. Anche il Centro palestinese Al Mezan per i diritti umani ha presentato una richiesta simile. Non è stato ottenuto nulla. I giorni sono passati senza una risposta da parte israeliana. Aisha era sola con una donna che non conosceva. Il portavoce dell’Unità per il coordinamento delle attività governative nei Territori ha detto ad Haaretz questa settimana: “Israele ha permesso l’ingresso di Aisha a-Loulou per cure mediche in un ospedale di Gerusalemme Est, dopo che i suoi genitori hanno firmato un documento dove dichiaravano di non voler andare con lei, chiedendo che fosse accompagnata da un’amica della famiglia che è rimasta con lei durante i trattamenti. Desideriamo sottolineare, inoltre, che Aisha a-Loulou è deceduta nella Striscia di Gaza, dopo essere tornata a casa sua due settimane fa, al termine di un’operazione che, sfortunatamente, non ha avuto successo, all’ospedale Makassed. Desideriamo sottolineare che, in conformità con la sua politica, l’Amministrazione di coordinamento e collegamento richiede la scorta dei genitori per il trattamento medico dei minori, in base alla comprensione che un bambino ha bisogno dei suoi genitori in questi momenti. Anche in questo caso, secondo la procedura CLA, ai genitori di Aisha è stato richiesto di scrivere una dichiarazione dove sottolineassero di non essere interessati ad accompagnare la figlia per motivi personali e , quindi, fosse scortata da qualcun altro”.

Wissam, il padre di Aisha, ci ha detto questa settimana: “L’IDF ha ucciso mia figlia. Israele l’ha uccisa”.

Alla fine la bambina è stata trasferita all’ospedale Augusta Victoria di Gerusalemme Est per la chemioterapia. Le sue condizioni sono rapidamente peggiorate. Di nuovo ai suoi genitori è stato detto che il fatto che si trovasse in un ambiente estraneo , senza di loro e senza nessuno che conoscesse, stava influenzando negativamente le sue condizioni. Dopo due giorni la bambina è rimasta paralizzata perdendo anche il potere della parola. La famiglia ha deciso i provare di nuovo ad ottenere un permesso per raggiungerla, ma le autorità hanno detto loro che non c’era alcuna possibilità. I medici hanno consigliato di farla tornare a casa il più presto possibile. Non era più cosciente. Era il 7 maggio.

Un autista di ambulanza privata ha richiesto 1.500 shekel ($ 415) per portare Aisha da Gerusalemme al checkpoint di Erez. La donna che stava scortando Aisha non aveva i soldi. Ha avvolto Aisha in un lenzuolo dell’Augusta Victoria Hospital e l’ha lasciata sul sedile posteriore di un taxi. Questi sono stati gli ultimi giorni di Aisha. Per la fotografia che appare nell’articolo, i genitori si avvolgono nel lenzuolo che porta il profumo della loro figlia, come per avvolgersi nel suo corpo.

Impossibile portarla con un autobus a Erez a causa della gravità del suo stato; è stata portata su uno scooter a tre ruote a Gaza. Dal posto di blocco i suoi genitori l’hanno portata ad Al-Rantisi, un ospedale pediatrico, che ha rifiutato il ricovero a causa delle condizioni della bambina . Alla fine l’hanno portata a casa, a Bureij.

Il giorno seguente si sono recati nell’ospedale di Rantisi. I medici hanno detto che non c’era più nulla da fare. Ha trascorso sette giorni in ospedale senza che lo staff facesse nulla. Mercoledì scorso, 15 maggio, alle 6 del mattino, l’ospedale ha telefonato ai suoi genitori perché venissero immediatamente. Sono rimasti con lei tutto il giorno, guardando la loro figlia morire. Alle 6 di quella sera, Aisha è morta con i suoi genitori accanto. Finalmente.

top