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24/10/2019

 

"Il Likud sostenga Gantz e non resti ostaggio di Bibi". Intervista a Lapid, co-leader di Blu e Bianco

By Umberto De Giovannangeli

 

Per l'alleato del premier incaricato, "Netanyahu dovrebbe smettere di fare il 'piromane' e uscire di scena. Israele ha bisogno di stabilità e di un premier di legislatura"

 

Ventotto giorni per riuscire laddove il primo ministro più longevo nella storia d’Israele ha fallito. Ventotto giorni per scongiurare nuove elezioni anticipate, le terze nel giro di nove mesi. Una corsa contro il tempo, una corsa irta di ostacoli è quella intrapresa da Benny Gantz, il numero uno di “Blu e Bianco” al quale il capo dello Stato israeliano, Reuven Rivlin, ha affidato l’incarico di formare un nuovo governo dopo che il premier uscente, Benjamin Netanyahu, era stato costretto a gettare la spugna. E ora? “La nostra posizione non è cambiata. Non stare in un governo con un primo ministro che è stato incriminato o sta affrontando accuse così gravi”. A ribadirlo, in questa intervista esclusiva concessa ad HuffPost, è il co-leader di Blu e Bianco: Yair Lapid.

“Sappiamo – conviene Lapid – che il compito che ci aspetta è molto difficile. Ma siamo altrettanto consapevoli che Israele non può restare nel caos istituzionale o affrontare per la terza volta in pochi mesi nuove elezioni. È il momento della responsabilità nazionale, di mettere gli interessi del Paese davanti alle ambizioni personali. Per quanto mi riguarda, io l’ho fatto. Mi auguro che Netanyahu faccia altrettanto”.

Dopo il fallimento del premier uscente, Benjamin Netanyahu, il presidente Rivlin ha affidato ieri l’incarico di formare il nuovo governo al leader di Blu e Bianco. Perché Gantz dovrebbe riuscire laddove Netanyahu, politico estremamente navigato, ha fallito?

“Perché Israele non può permettersi altri mesi di campagna elettorale, di polemiche, di uno scontro politico permanente. Netanyahu ha fallito per l’ennesima volta, deve prenderne atto e non fare il ‘piromane’, puntando allo sfascio...”.

Netanyahu “sfascista”...

“Sostenere che o faccio il primo ministro, magari a rotazione, oppure si va di nuovo alla conta, è un atteggiamento non degno di un leader che ha l’ambizione di entrare nella storia d’Israele. Non esiste l’uomo della provvidenza, senza il quale il destino del Paese è segnato. Non lo sono stati personaggi che hanno davvero fatto la storia d’Israele, che hanno dato vita al sogno di uno Stato ebraico. Mi lasci aggiungere che la statura di un grande leader non si misura solo da quanto è riuscito a governare, ma da come ha saputo uscire di scena”.

Netanyahu l’ha chiamata direttamente in causa, nel motivare il fallimento del suo tentativo di formare un nuovo governo. Sostenendo che Lei ha lavorato per sabotare una intesa tra il Likud e Blu e Bianco, perché voleva diventare primo ministro in una staffetta con Gantz.

“Netanyahu è il campione mondiale dei colpi bassi. Ma stavolta il gioco non gli è riuscito. È vero, nell’accordo che ha portato alla nascita di Blu e Bianco (nel quale è confluito Yash Atid, il partito laico centrista di cui Lapid era leader e fondatore, ndr) c’era l’impegno a una staffetta a primo ministro tra me e Gantz nel caso di una vittoria elettorale. Ma chi pretende di esercitare una funzione di governo nell’interesse nazionale deve prendere atto della realtà, riflettere e trarne le conclusioni. Io l’ho fatto, dicendo apertamente nel mio discorso in occasione della seduta di apertura della nuova legislatura alla Knessset (il Parlamento israeliano, ndr) di aver rinunciato a quell’accordo. Non ci sarà un accordo di rotazione a due o tre. Israele ha bisogno di stabilità ai vertici e di un premier di legislatura. E questo premier è Benny Gantz”.

Sulla carta, almeno al momento, Gantz non ha i numeri per raggiungere i 61 voti necessari per avere una maggioranza di governo.

“I numeri non danno conto di una situazione che è in movimento. Il nostro obiettivo resta quello di dare vita a un governo liberale e di unità. Una proposta aperta...”.

Indirizzata anche al Likud?

“Assolutamente sì. Il Likud è una grande forza nazionale, oggi il secondo partito d’Israele. Ma proprio perché è tale, ciò che auspico è che al suo interno prevalga il senso di responsabilità...”.

Il che vuol dire far fuori, politicamente parlando, Netanyahu?

“Vuol dire non subire i diktat di un leader che continua ad anteporre i propri problemi personali agli interessi non solo del Paese ma del suo stesso partito. Non è questione di pregiudiziali ideologiche e non significa neanche cancellare le cose positive che Netanyahu ha realizzato in passato. Lo abbiamo detto in campagna elettorale e ribadito anche in queste convulse settimane di trattative: noi non staremo in un governo con un primo ministro che è stato incriminato o sta affrontando accuse così gravi come sono quelle di corruzione. Se tra due anni Netanyahu completerà il percorso legale e verrà assolto da tutte le accuse, allora non ci saranno problemi. Potrà tornare”.

Tra gli scenari tratteggiati dagli analisti politici, vi è anche quello di un governo di minoranza a guida Gantz con il supporto esterno della Joint List (La Lista dei partiti arabi israeliani, con 13 seggi, terza forza parlamentare, ndr) e di Yisrael Beiteinu (il partito di destra nazionalista dell’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman).

“La ‘politica del pallottoliere’ non m’interessa, è un esercizio che lascio volentieri agli appassionati del genere. Un governo liberale, non è per noi una formuletta, ma una idea, una visione, un programma che guarda al futuro puntando su investimenti in settori strategici quali l’innovazione tecnologica, la ricerca, l’istruzione. Un governo liberale, per noi, è quello che lavora per ridurre fortemente le disuguaglianze sociali, per far sì che non esistano cittadini di serie B. Tutto questo mantenendo fermo il punto della sicurezza, perché attorno a noi, vicinissimi a noi, vi sono regimi e organizzazioni terroristiche che mirano esplicitamente alla distruzione d’Israele e del popolo ebraico. Crescita e sicurezza non sono in alternativa. Ma è la grande sfida dalla quale dipende il futuro d’Israele. E la formazione del nuovo governo. Attorno a questa visione, stiamo cercando di realizzare una maggioranza di governo che non sia ostaggio del passato. Sappiamo che nel Likud vi sono personalità politiche interessate a lavorare in questa direzione”.

Il suo è un invito, anche se implicito, all’ammutinamento contro “Bibi”?

“No, nessuna invasione di campo altrui. La mia è la presa d’atto che nel Likud si è aperto un confronto che può avere importanti sviluppi”.

C’è chi ha detto e scritto in questi giorni che il più importante, addirittura decisivo, alleato di Gantz, alla fine potrebbe essere non un politico ma un magistrato: il Procuratore generale dello Stato d’Israele, Avichai Mandelblit. È una malignità?

″È un’assoluta stupidaggine. Per la sua storia, per come ha ricoperto importanti incarichi nell’ambito giudiziario fino alla carica più importante, quella di Procuratore generale, Mandelblit si è sempre mostrato una persona del tutto al di sopra delle parti. E lo è anche nelle vicende che riguardano Netanyahu. È stato quest’ultimo ad accusare la magistratura, a parlare di ‘caccia alle streghe’, a volere che il primo atto del governo che avrebbe presieduto fosse quello di garantire al primo ministro l’impunità di fronte alla legge. Con l’attacco frontale, scomposto, che ha mosso a poteri autonomi, quale è la Magistratura, Netanyahu rischia di minare le basi stesse del nostro sistema democratico. Ed è per questo che oggi non può essere un partner di governo, almeno per noi”.

 

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