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23 ottobre 2019

La sconfitta di Mauricio Macri sembra inevitabile

di Andrea Walton

                       

Domenica 27 ottobre si terranno, in Argentina, le elezioni generali: un appuntamento cruciale per il Paese latinoamericano colpito da una grave crisi economica e con un’amministrazione presidenziale, quella del liberale Mauricio Macri, in grave difficoltà. Il Capo di Stato in Carica, infatti, aveva subito una cocente sconfitta elettorale alle primarie aperte simultanee obbligatorie (Paso), svoltesi l’11 agosto, quando Alberto Fernandez, candidato del peronista e progressista Frente de Todos,  aveva ottenuto il 47 per cento dei voti contro il 32 per cento di Macri, che non dovrebbe avere così molte speranze di riuscire ad invertire il trend. I sondaggi elettorali, infatti, assegnano a Fernandez una percentuale di consensi oscillante intorno al 50 per cento mentre il Presidente uscente è fermo a poco più del 30 per cento. La legge elettorale argentina prevede che se al primo turno un candidato ottenga più del 40 per cento dei voti e distacchi il suo rivale di almeno il 10 per cento non debba poi aver luogo il ballottaggio.

 

Un destino segnato

Mauricio Macri non si è ancora rassegnato alla sconfitta e nel corso di una manifestazione svoltasi ieri a Buenos Aires ha chiamato i propri sostenitori ad appoggiarlo con ancora più convinzione. Il tentativo sembra, però, disperato. Gli indicatori economici continuano a segnalare come l’Argentina viva un grave periodo di crisi: il peso è tra le valute più deboli del mondo, il 35 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, l’inflazione viaggia su tassi superiori al 50 per cento l’anno e le industrie nazionali sono state danneggiate dall’indebolimento della domanda interna. Il Fondo Monetario Internazionale prevede una riduzione del Pil del 3,1 per cento nel 2019 e dell’1,3 per cento nel 2020 e lo stesso ente ha già cercato di supportare, con un maxi prestito, la debole economia del Paese. Il timore è che il sistema possa collassare definitivamente e colare a picco verso l’ennesimo default della storia argentina: uno sviluppo che metterebbe in pericolo la stabilità politica della nazione e quella dell’intera regione latinoamericana.

 

Controcorrente

L’imminente e probabile sconfitta di Mauricio Macri è destinata a riaprire le porte della Casa Rosada ai peronisti, sconfitti alle consultazioni svoltesi nel 2015. La vicepresidente del ticket di Alberto Fernandez è, infatti, Cristina Fernandez de Kirchner già capo di Stato per due mandati ed esponente di spicco della sinistra latinoamericana. In questo senso le dinamiche politiche di Buenos Aires sembrano andare controcorrente rispetto al trend generale della regione, dove i partiti progressisti sono in difficoltà mentre emergono con forza quelli conservatori. Bisognerà poi vedere come Alberto Fernandez e la sua nuova amministrazione riusciranno a gestire un sistema economico in grave crisi e come e se riusciranno ad evitare un default. L’aspirante presidente ha recentemente annunciato che una delle sue priorità sarà la lotta alla fame nel Paese ed ha affermato che ritiene inaccettabile come in una nazione dalle grandi capacità di produzione agricola così tante persone stiano soffrendo per la mancanza di cibo. I prezzi degli alimenti di base dovrebbero così diminuire per cercare di favorire l’accesso al cibo da parte di quante più persone possibili. Le prospettive di Buenos Aires non sono però affatto buone e serviranno grandi sforzi per tornare a far funzionare il sistema nella maniera corretta.

 

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