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14 aprile 2019

 

Venduto: come corruzione, frodi elettorali e svolta neoliberista hanno indotto il Lenin dell’Ecuador a consegnare Assange

di Denis Rogatyuk

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Nel disperato tentativo di ingraziare il suo governo presso Washington e di distrarre il pubblico dai suoi scandali montanti, il presidente ecuadoriano Lenin Moreno ha sacrificato Julian Assange, e l’indipendenza del suo paese. 

 

Le immagini di sei agenti della Polizia Metropolitana che trascinavano Julian Assange fuori dall’ambasciata ecuadoriana di Londra ha suscitato la rabbia di cittadini di tutto il mondo. Molti hanno avvertito che la sua estradizione negli USA per essere processato per accuse di cospirazione – e forse per molto di più se i procuratori federali l’avranno vinta – condurrà alla criminalizzazione di molte pratiche giornalistiche standard. Queste scene sono state possibili solo grazie alla trasformazione del governo dell’Ecuador sotto il controllo del presidente Lenin Moreno.

Almeno dal dicembre 2018 Moreno ha lavorato all’espulsione di Assange dall’ambasciata. Il comportamento del presidente ecuadoriano rappresenta una sbalorditiva inversione delle politiche del suo predecessore, Rafael Correa, il leader provocatoriamente progressista che inizialmente autorizzò l’asilo di Assange nel 2012, e che oggi vive in esilio.

Anche se il ministro degli esteri dell’Ecuador, Jose Valencia, ha attribuito la responsabilità dell’espulsione governativa di Assange alla “maleducazione” del giornalista australiano, la vendita è chiaramente un sottoprodotto dell’agenda di destra di Moreno.

L’instabilità politica ha travolto l’Ecuador dalle rivelazioni di una diffusa corruzione nei circoli interni di Moreno. Lo scandalo è coinciso con la svolta di Moreno verso riforme economiche neoliberista, dall’attuazione di un grosso pacchetto di prestiti del FMI al graduale e totale abbraccio e sostengo della politica estera statunitense nella regione. Nel suo tentativo di soddisfare Washington e sviare dai propri problemi, Moreno è stato sin troppo ansioso di sacrificare Assange.

Lo scandalo degli INA Papers e la crescente instabilità politica

La decisione di WikiLeaks di ripubblicare i dettagli dell’uso da parte di Moreno di conti bancari esteri a Panama, tristemente intitolati INA Papers dal nome della società di comodo al centro dello scandalo (INA Investment Corporation) risulta essere la causa principale della decisione di Moreno di espellere Assange dall’ambasciata.

 

Il ministro ecuadoriano delle comunicazioni Andrés Michelena si addirittura spinto ad affermare che gli INA Papers erano un complotto cospirato da Julian Assange, dall’ex presidente Rafael Correa e dall’attuale presidente venezuelano Nicolas Maduro.

Lo scandalo degli INA Papers ha gettato una lunga ombra sul regime di Moreno e fatto a pezzi la sua promessa di combattere la corruzione istituzionale. Lo scandalo rivela che uno stretto collaboratore di Moreno, Xavier Macias, ha esercitato pressioni per il contratto della centrale idroelettrica Coca Codo Sinclair (valore 2,8 miliardi di dollari) e per la centrale ZAMORA da 3.000 Megawatt da assegnare alla Synohydro, una società di costruzioni di proprietà statale cinese.

La traccia finanziaria dalla società cinese è passata attraverso conti bancari a Panama appartenenti alla INA Investment Corporation, una società di comodo inizialmente fondata in Belize, un noto paradiso fiscale, da Edwin Moreno Garcés, fratello dell’attuale presidente. Le prove più cruciali indicano che i fondi della INA Investments sono stati usati per l’acquisto di un appartamento da 140 metri quadrati nella città di Alicante, Spagna, e di numerosi beni di lusso per il presidente Moreno e per la sua famiglia a Ginevra, Svizzera, nel periodo in cui era inviato speciale per i diritti dei disabili presso le Nazioni Unite.

Col montare della pressione su Moreno, il Procuratore Generale dell’Ecuador ha diffuso il 19 marzo una dichiarazione indicante che aveva avviato un’indagine sullo scandalo degli INA Papers implicante il presidente e la sua famiglia. Successivamente, il 27 marzo, l’Assemblea Nazionale dell’Ecuador ha approvato un voto a favore dell’indagine sulle presunte attività di Moreno sui conti bancari all’estero. Secondo l’ecuadoriano Inmediato nell’audizione pubblica iniziale fissata il 1° aprile sono stati inclusi anche 153 dirigenti pubblici, insieme con tutti i membri dell’Assemblea Nazionale.

Lo scandalo della corruzione è arrivato in mezzo a numerose altre grosse crisi che hanno colpito sia l’amministrazione Moreno sia l’economia ecuadoriana. Le elezioni locali e regionali del 24 marzo, nonché l’elezione del Consiglio della Partecipazione e del Controllo Sociale dei Cittadini (CPCCS) del 24 marzo, sono state pervase da una serie di controversie e irregolarità riguardo al conteggio dei voti e denunce di frodi, compresi i tentativi di invalidare voti per nullità, squalificare e diffamare i candidati appoggiati dall’ex presidente Rafael Correa. La sbalorditiva mancanza di trasparenza e legittimità è stata evidenziata da un rapporto della missione di osservatori elettorali dell’Organizzazione degli Stati Americani.

In una svolta insolita l’ambasciatore statunitense, Todd Chapman, è stato individuato in visita alla direzione del Consiglio Elettorale Nazionale dell’Ecuador durante le elezioni del 24 marzo e avrebbe partecipato da osservatore elettorale ufficiale alle elezioni. Questa esibizione di interferenza è stata diffusamente condannata sui media sociali come illegale in base alle attuali norme elettorali, che vietano a potenze straniere di avere un ruolo attivo nell’osservare o interferire nel processo elettorale. Ma nell’Ecuador di Moreno è stato un simbolo perfetto del nuovo status quo.

 

L’accordo con il FMI e la svolta verso gli USA

Durante la recente riunione del Consiglio Esecutivo del FMI, l’organismo finanziario ha approvato un pacchetto di finanziamenti per 4,2 miliardi di dollari al governo di Lenin Moreno quella che ha chiamato una “economia più dinamica, sostenibile e inclusiva a beneficio di tutti gli ecuadoriani”. L’accordo è coinciso con il licenziamento di più di 10.000 lavoratori del settore pubblico, oltre alla continua politica di tagli alla spesa pubblica e sociale, a una diminuzione del livello del salario minimo e alla cancellazione di protezioni della sicurezza del posto di lavoro che hanno segnato l’acuto svolta neoliberista del governo ecuadoriano sotto Moreno.

L’accordo con il FMI è coinciso con l’intensificazione di tentativi del governo ecuadoriano di procedere con l’espulsione di Julian Assange dall’ambasciata di Londra. Il suo arresto, perciò, costituisce un segnale che Moreno è disposto a cedere qualsiasi parte della sovranità del suo paese – politica, diplomatica o economica – pur di soddisfare le richieste della finanza internazionale.

Lo stesso disegno si è visto nell’accresciuto livello di collaborazione di Moreno con l’amministrazione Trump e con la sua politica estera in America Latina. Dal tenere incontri privati con l’ex gestore della campagna di Trump, Paul Manafort, a ospitare pubblicamente Mike Pence nel palazzo presidenziale ecuadoriano, all’autorizzare l’apertura di un nuovo “Ufficio di Cooperazione alla Sicurezza” al posto della vecchia base militare statunitense a Manta, l’abbraccio della politica “Monroe” nei confronti dell’America Latina da parte di Moreno è divenuto sin troppo evidente.

Al tempo stesso, Moreno si è spinto molto in là nello smontare il progresso dell’unità e dell’integrazione latino-americana avviato dal suo predecessore e da altri leader progressisti della regione.

Il 13 marzo Lenin Moreno ha annunciato che l’Ecuador si sarebbe ritirato dall’accordo internazionale dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) fondato in origine nel 2008 da leader della cosiddetta marea rosa dell’America del Sud, come Nestor Kirchner dell’Argentina, Hugo Chavez del Venezuela e Lula da Silva del Brasile. Il progetto era ispirato dalla visione di lungo corso di Simon Bolivar che immaginava l’America del Sud come una federazione di varie repubbliche ed era mirato a consolidare la crescente integrazione politica ed economica tra i governi sempre più progressisti della regione, alla fine emulando la struttura attuale dell’Unione Europea.

Moreno ha denunciato nel suo comunicato stampa che l’UNASUR era stata compromessa dalla mancanza di partecipazione dei governi di sinistra della regione, nonché da quelle che ha definito le “azioni irresponsabili di certi leader che hanno replicati i vizi peggiori del socialismo del ventunesimo secolo”.

In modo simile a Francisco Santander e al progetto della Gran Colombia degli anni ’20 del 1800, Moreno ha optato per una politica estera filostatunitense e per relazioni commerciali basate sul libero scambio e la liberalizzazione dell’economia. Ha anche seguito il percorso di altri leader di destra della regione quali Jair Bolsonaro e Mauricio Macri riconoscendo ufficialmente Juan Guaido quale presidente del Venezuela. Moreno è stato persino tra i presenti al vertice della fondazione di Prosur, un blocco regionale di nuova convocazione di governi neoliberisti allineati agli Stati Uniti.

 

“Chi si fiderà più dell’Ecuador?”

La decisione di Moreno di mettere a tacere Julian Assange e di espellerlo ha consentito al presidente di guadagnarsi la fiducia dell’amministrazione Trump, contemporaneamente distraendo il pubblico ecuadoriano e i media internazionali dalla sua montante crisi in patria. Dalle corrotte operazioni conti bancari all’estero, alle elezioni fraudolente del 24 marzo e alla sua cattiva gestione dell’economia ecuadoriana, Moreno è in un mare di guai.

Questo non è sfuggito a Correa, l’ex presidente dell’Ecuador che ha inizialmente autorizzato l’asilo a Julian Assange nel 2012. Dopo essersi visto bloccare la sua pagina su Facebook, Correa ha affermato che “nel suo odio, a causa degli INA Papers sulla corruzione pubblicati da WikiLeaks, Moreno ha voluto distruggere la vita di Assange. Probabilmente c’è riuscito, ma ha causato anche un enorme danno al paese. Chi si fiderà più dell’Ecuador?”

Nel complesso l’Ecuador ha finito per assomigliare ai regimi neoliberisti degli anni ’90 nel continente, con l’austerità sanzionata dal FMI, istituzioni statali sempre più instabili e una quasi completa obbedienza alla politica estera statunitense nella regione quale nuovo standard politico. Consegnare Assange alla possibile estradizione negli USA è stato il risultato inevitabile della svolta a destra di Moreno, ma difficilmente è la fine della sua svendita.

 


Denis Rogatyuk è un autore, giornalista e ricercatore indipendente russo-australiano. I suoi articoli, interviste e analisti sono stati pubblicati su una varietà di fonti mediatiche di tutto il mondo tra cui Jacobin, Le Vent Se Léve, Sputnik, Green Left Weekly, Links International Journal, Alborada e altri. 

 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://thegrayzone.com/2019/04/14/lenin-moreno-julian-assange-wikileaks-ecuador/#more-6371

 

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