Video: https://youtu.be/93MgeyNqc_k


Originale: The Intercept

http://znetitaly.altervista.org/

23 maggio 2019

 

Minacce globali, neoliberismo, Bolsonaro e altro

Glenn Greenwald intervista Luiz Ignacio Lula Da Silva

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Tra le figure eminenti del pianeta nessuna è simile a Lula. Nato in estrema povertà, analfabeta fino all’età di dieci anni, costretto a lasciare la scuola all’età di dodici anni per lavorare da lustrascarpe, avendo perso un dito nel suo lavoro in fabbrica a 19 e poi divenuto un attivista sindacale, leader sindacale e fondatore di un partito politico dedicato alla difesa dei lavoratori (il Partito dei Lavoratori, o PT), Lula è sempre stato, in ogni aspetto, l’esatto contrario del prototipo ricco, dinastico, leale all’oligarchia, aristocratico che tradizionalmente ha esercitato il potere in Brasile.

E’ precisamente questo che rende così straordinaria l’ascesa di Lula al potere e il suo incomparabile successo una volta ottenutolo. E questo è ciò, che fino a quest’oggi, lo rende così meritevole di essere ascoltato riguardo alle questioni politiche più complesse e pressanti del mondo. Mentre l’ascesa del nazionalismo e del populismo di destra a volte pare inarrestabile, Lula è una delle pochissime figure politiche mondiali degli ultimi decenni in grado di immaginare come vincere elezioni nazionali in un vasto paese sulla base di un populismo di sinistra nel senso migliore del termine.

Tanto improbabile era l’ascesa di Lula al potere che si era candidato a presidente, e aveva perso, tre volte prima di essere eletto con un margine schiacciante nel 2002 e poi rieletto con un margine ancora più ampio nel 2006. I suoi otto anni di presidenza, pur macchiati da scandali di corruzione da lungo tempo endemici nella politica brasiliana, sono stati una splendida testimonianza del potere della politica di migliorare la vita delle persone e di trasformare un paese: attuazione di programmi sociali innovativi che hanno tolto dalla povertà milioni di brasiliani e creato opportunità e speranza per un vasto segmento della popolazione che, per generazioni, non ne aveva avute nessuna.

Tanto audace e carismatica è stata la guida di Lula che non solo ha trasformato le vite di milioni ma anche la percezione dello stesso Brasile: sia all’interno sia globalmente. Al Brasile è stata assegnata la Coppa del Mondo e poi è divenuto il primo paese sudamericano a ospitare le Olimpiadi. Decine di milioni di brasiliani che si erano rassegnati a un’eterna, ineludibile privazione hanno cominciato a credere per la prima volta che fosse possibile un futuro più luminoso. Quando Obama lo ha incontrato al vertice del G-20 nel 2008 ha consacrato Lula come “mio uomo”, aggiungendo: “E’ il politico più popolare sulla terra”.

Obama aveva ragione; quando ha lasciato la carica nel 2010, Lula aveva una percentuale di approvazione dell’86 per cento. E in un paese fortemente patriarcale ha scelto come suo successore una poco nota ministra del PT, Dilma Rousseff, che nel 2010 è stata, con il veemente sostegno di Lula, eletta agevolmente a prima presidente donna del paese e poi rieletta nel 2014. In qualche modo un partito di sinistra a favore dei lavoratori fondato da un leader sindacale impoverito era diventato la forza politica dominante – vincendo quattro elezioni nazionali consecutive e ripristinando la fiducia del Brasile in sé stesso – in un paese ricco di petrolio a lungo tristemente noto per la sua estrema disuguaglianza di ogni genere.

Ma poi, proprio tanto rapidamente e spettacolarmente quanto Lula aveva costruito i suoi successi, tutto è andato a pezzi: per Lula, per Dilma, per il PT e, più tragicamente, per il Brasile. Durante la presidenza di Dilma l’economia è collassata, milioni sono tornati alla disoccupazione e alla povertà, è emersa un’epidemia di violenze di strada, la percentuale di consenso a Dilma è precipitata a una sola cifra, è stata incriminata durante il suo secondo mandato in circostanze molto dubbie e un’indagine di routine su riciclaggio di denaro attraverso un autolavaggio nella città brasiliana di medie dimensioni di Curitiba è rapidamente esplosa in un grande scandalo di corruzione.  Appropriatamente chiamata Operazione Autolavaggio, o Lava Jato, ha implicato e mandato in carcere figure tra le più ricche e potenti del Brasile, tra cui i finanziatori miliardari di molteplici partiti, leader del PT e, infine nel marzo del 2018, lo stesso Lula.

La condanna penale di Lula per accuse di corruzione l’anno scorso è arrivata in circostanze fortemente dubbie. Per tutto l’anno i sondaggi l’avevano mostrato come il chiaro favorito nella corsa presidenziale del 2018. Dopo che forze anti PT sono riuscite alla fine, con l’incriminazione di Dilma, a fare quello che avevano trascorso sedici anni a tentare futilmente di realizzare alle urne – rimuovere il PT dal potere – sembrava che il ritorno di Lula nel 2018 alla presidenza fosse virtualmente inevitabile e che esistesse soltanto uno strumento per impedirlo: condannarlo rapidamente per un reato che, in base alla legge brasiliana, l’avrebbe reso ineleggibile quale candidato alla presidenza.

E questo è esattamente ciò che è successo. Anche se Lula subiva una varietà di accuse di complessi piani corruttivi su vasta scala, i procuratori di Lava Jato hanno invece scelto uno dei casi minori e più semplici contro di lui, a lungo considerato futile ma che consentiva di ottenere rapidamente una condanna: accuse che aveva ricevuto un “triplex” [edificio a tre piani – N.d.T.] di modeste dimensioni in cambio dell’aiuto a una società di costruzioni ad assicurarsi contratti. Il giudice che presiedeva l’indagine Lava Jato e che è divenuto proclamato un’icona dell’anticorruzione in tutto il mondo, Sérgio Moro, ha rapidamente condannato Lula a quasi dieci anni di carcere, una condanna confermata all’inizio del 2018 da una corte d’appello che ha marginalmente aumentato la durata del carcere di Lula.

Da allora Lula è stato trattenuto in una cella improvvisata all’interno dell’edificio della Polizia Federale di Curitiba, in forza di una decisione di 6 voti contro 5 della Corte Suprema che ha sentenziato che poteva essere incarcerato in attesa dell’appello finale. Il divieto a Lula di candidarsi ha aperto la via all’elezione dell’estremista di estrema destra Jair Bolsonaro che ha sconfitto con largo margine il sostituto di Lula scelto dal PT, il poco noto e dallo scarso carisma ex sindaco di Sao Paulo, Fernando Haddad.

In una transazione che persino crociati anti Lula hanno trovato fortemente sgradevole, il giudice che ha ritenuto Lula colpevole e ha liberato la strada all’ascesa di Bolsonaro alla presidenza – il giudice Moro – ha successivamente accettato una posizione nel governo di Bolsonaro che è stata descritta come “super ministro della giustizia”: una posizione di nuova designazione che consolida sotto Moro poteri che in precedenza erano distribuiti tra varie agenzie. Ha reso il giudice Moro – meno di un anno dopo aver mandato Lula in carcere e aver così rimosso il maggiore ostacolo a Bolsonaro – uno degli uomini più potenti del Brasile.

Oltre al carcere, Lula ha recentemente sofferto una serie di profonde tragedie personali e politiche. Nel 2017, sua moglie da 43 anni, Marisa, è improvvisamente morta d’infarto all’età di 66 anni. A gennaio suo fratello è morto di cancro, ma il permesso della magistratura di partecipare al suo funerale è arrivato troppo tardi. A marzo di quest’anno un nipote di Lula è morto a sette anni di meningite. Per tutto il tempo Lula ha dovuto assistere alla crescita e al progresso del Brasile cui ha dedicato la sua intera vita rovesciati, smontati e calpestati da un estremista di estrema destra che sputa odio nei confronti di un’interminabile numero di gruppi emarginati, che il ministro dell’economia di Bolsonaro, addestrato a Chicago e ammiratore di Pinochet, si prepara a svendere e privatizzare risorse naturali, comprese quelle dell’Amazzonia, al maggior offerente.

Durante tutta l’elezione del 2018 Intercept Brazil e io personalmente abbiamo incessantemente richiesto il permesso della magistratura di intervistare Lula in carcere, così come facevano numerosi altri canali. Anche se ai criminali più violenti e pericolosi del paese era permesso di essere intervistati in carcere, la nostre richieste di intervistare Lula sono state sistematicamente negate da una magistratura chiaramente pietrificata dalla singolare abilità di Lula di persuadere l’elettorato. Solo dopo il completamento dell’elezione e la vittoria di Bolsonaro la magistratura brasiliana ha improvvisamente cominciato a concedere autorizzazioni a intervistarlo. Ci è stata concessa una sola ora con lui e io mi sono recato la settimana scorsa a Curitiba a condurre l’intervista.

Nonostante le intense tragedie personali e le dure sconfitte politiche che ha sofferto, ho incontrato un Lula che era notevolmente simile a quello che avevo intervistato nel 2016: intenso, energico, carismatico, combattivo e molto profondo. Gli ho sottoposto numerose critiche riguardo alla sua condotta e a quella del suo partito – tra cui politiche che molti hanno ritenuto aver aperto la strada alla vittoria di Bolsonaro – ma ho anche sfruttato l’occasione per chiedere a uno dei soli leader mondiali con una storia dimostrata di vittorie con una reale politica di sinistra che cosa la sinistra internazionale deve fare se vuole avere una possibilità di fermare il movimento nazionalista di destra, in crescita inesorabile, che si diffonde in tutto il mondo moderno.

Presentiamo l’intera ora di intervista con pochissime revisione in modo che possa essere colta la piena vivacità del nostro scambio. E’ stata una discussione vasta con una delle menti politiche più incisive del mondo che ha toccato una grande varietà di temi, alcuni dei quali a proposito di Bolsonaro e del Brasile, ma la maggior parte riguardanti i pericoli cui il pianeta incorre a causa di minacce collettive e cambiamenti politici globali in tutto il mondo. Segue la trascrizione completa.

Glenn Greenwald: Buon giorno, signor presidente. Bello rivederla e grazie per l’intervista. Questa intervista è sia per il pubblico brasiliano sia per il pubblico internazionale. Tutti fuori dal Brasile sanno già che lei ritiene di essere stato condannato ingiustamente, una questione cui torneremo tra un momento. Ma molti mi hanno anche chiesto come è stato trattato in carcere, e lei ha detto molte volte che le autorità qui sono umane e professionali. E’ ancora così?

Luiz Inácio Lula da Silva: Non so che cosa significa trattamento umanitario in un carcere. Sono rinchiuso e sono in isolamento… ed è davvero un isolamento, perché per la maggior parte del tempo sono del tutto solo. Incontro i miei legali, e questo è quanto. E la mia famiglia una volta alla settimana. Non so se considerare decente questo. Ciò che mi consente di sopportare tutto questo senza riluttanza, e con un aspetto più vivace, è sapere che ci sono milioni e milioni di brasiliani che vivono in libertà che, anche così, sono in condizioni peggiori delle mie. Almeno io ho l’opportunità di pranzare, di cenare, sai?

Ma il Brasile è il paese che lei ha governato per otto anni, e c’è una quantità di persone in carcere. Come paragona il suo trattamento qui con il trattamento che ricevono i detenuti comuni in carceri comuni?

Prendi i brasiliani che devono vivere in palafitte sopra paludi. Vivono da cittadini di seconda classe. Un cittadino che deve vivere in un’unica stanza di nove metri quadrati, che deve pranzare, cenare, cucinare, fare l’amore, andare in bagno e fare ogni cosa in questi nove metri quadrati… non vive meglio di me qui. E’ per questo che mi interessa meno la mia situazione e più quella di milioni di persone…

Capisco, ma sta subendo violenze o torture? E’ questo che la gente vuol sapere.

No, ascolta: abbiamo lottato per molti anni per por fine alla tortura. Di questi tempi la tortura ha forme più sofisticate. E’ basata sul patteggiamento, sulle migliaia di menzogne raccontate contemporaneamente in continuazione, e su persone incarcerate per due o tre anni fino a quando dicono quello che l’accusa o il commissario di polizia vuole sentire. Potrei citare l’esempio del patteggiamento di [Antonio] Palocci, in cui egli mente nel modo più incredibile. O si prenda ad esempio Leo [Pinheiro] che è in carcere e mente fuori dai denti per uscire. Il segreto sta nel parlare di Lula. Questo va avanti da cinque anni. Sai che sono qui anche se né il giudice, né l’accusa o il commissario della polizia federale che ha lanciato l’indagine hanno una qualsiasi prova contro di me. Sanno che l’appartamento non è mio, sanno che il ranch non è mio, ma continuano con queste menzogne…

Dunque maltrattano le persone al fine di ottenere accuse contro altri?

Sì, e la cosa prosegue a tutt’oggi. Scherzo con i miei legali che mi piacerebbe patteggiare e denunciare Sérgio Moro, denunciare il TRF4 [la quarta corte federale regionale], fare la talpa contro il commissario che ha avviato quell’indagine ingannevole, mi piacerebbe denunciare [Deltan] Dallagnol. Mi piacerebbe, sai, ma nessuno accetterebbe il mio patteggiamento. Vediamo che riesci a far venire le mie rivelazioni alla luce del sole, Glenn, perché ho bisogno di rendere chiaro qualcosa. C’è questa frase in un filoso inglese, che la maledizione della prima menzogna che si racconta è che si passa il resto della vita a raccontare altre bugie per giustificare la prima. Ricordi quando mi sono presentato alla mia prima deposizione con Moro? Gli ho detto in faccia: “Lei è condannato a condannarmi”, considerata l’enorme quantità di menzogne che hanno raccontato, sai, in questo accordo tra la l’Operazione Autolavaggio e la stampa brasiliana. Perché l’Operazione Autolavaggio non sarebbe nulla senza la copertura della stampa. Ma è una collusione tra media, televisioni, radio e giornali, in cui i redattori della stampa ottengono materiale persino prima degli avvocati. Prima che i legali della difesa ricevessero notizie, la stampa le aveva già. Grazie a questa collusione, si è intessuta una menzogna gigantesca. Ogni giorno, ogni ora, continuo a chiedermi: GloboNews userà mai il Jornal Nacional per dire: “Abbiamo commesso un errore nel caso di Lula”?

Nell’intervista che abbiamo fatto nel 2016 lei ha aspramente criticato l’Operazione Autolavaggio, insistendo che era selettiva e un’operazione dedita a distruggere il PT, come lei ha appena detto. Ma l’Operazione Autolavaggio ha proseguito mandando in carcere Eduardo Cunha, che aveva guidato la procedura di incriminazione contro Dilma, e anche Michel Temer, divenuto presidente dopo l’incriminazione di Dilma (anche se è stato rilasciato, poi tornato in carcere, poi rilasciato di nuovo ma almeno è sotto processo) e anche Sérgio Cabral, il governatore dello stato di Rio de Janeiro. E adesso stanno attaccando aggressivamente Aécio Neves, l’avversario di centrodestra di Dilma nel 2014. Dopo tutto questo può davvero dire che l’Operazione Autolavaggio è stata avviata per distruggere il PT?

Glenn, lascia che ti dica una cosa: l’Operazione Autolavaggio è stata selettiva per la maggior parte del tempo in cui è stata condotta. Tu sei un giornalista straniero; può investigare imparzialmente. Controlla chi ha fatto donazioni al PSDB (il Partito Socialdemocratico Brasiliano) e chi ha fatto donazioni al PT. Quanto ha ricevuto il PSDB e quanto ha ricevuto il PT? E riguardo agli altri partiti? Conduci uno studio completo, uno studio imparziale, e immagina perché solo [Joao] Vaccari del PT è stato condannato per finanziamenti elettorali. E gli altri tesorieri degli altri partiti?

Ma Aécio non è sotto processo?

Ma Aécio non è un tesoriere elettorale. Sto parlando di finanziamenti elettorali per mostrarti che fin dall’inizio c’è stata una concentrazione su un attacco contro il PT. Perché? Perché avevano bisogno di cacciare il PT dal governo e poiché non erano riusciti a farlo nel corso di quasi quattro elezioni, avevano bisogno di creare modi chiari per suscitare odio contro il PT. Storicamente in Brasile, e credo nel mondo intero, questo genere di ripugnanza aumenta una volta che si accusa qualcuno di corruzione.

Fammi essere chiarissimo: io penso che se uno ruba dovrebbe andare in carcere, che sia del PT o no, che sia cattolico o evangelico, sai? Rubi, vai in galera. Se la condanna è stata pronunciata, se i fatti sono stati stabiliti e se è stato dimostrato che hai rubato, deve andare in galera. Questo è il tipo di stato di diritto che vogliamo creare. Ora, io voglio sfidare quelli che mi hanno incarcerato a mostrare al mondo un singolo straccio di prova contro di me. Non chiedo nient’altro.

Ma è d’accordo che l’Operazione Autolavaggio sta attaccando altri politici, tra cui suoi avversari del centrodestra? 

Glenn, l’Operazione Autolavaggio è andata gradualmente trasformandosi in un’operazione politica che avvantaggia chiunque vi partecipi. Ti darò una dritta qui, un po’ di rivelazione dall’interno che puoi contribuire a indagare: non molto tempo fa abbiamo scoperto che era stato concluso un accordo tra il Dipartimento della Giustizia statunitense e quando Dallagnol stava gestendo per il Ministero Pubblico Federale, per l’Operazione Autolavaggio, al ritmo di 600 milioni di dollari.

Dagli Stati Uniti?

Dagli Stati Uniti. E successivamente è emerso che Sérgio Moro aveva autorizzato un altro accordo al ritmo di 1,6 miliardi di dollari da Odebrecht, qui in Brasile. Sappiamo anche che ci sono altri accordi monetari che finanziano l’Operazione Autolavaggio, ma adesso non abbiamo accesso ai dati. In effetti il PT sta chiedendo che il leader della Camera dei Rappresentanti coinvolga la Cassa di Risparmio Federale per aiutarci a scoprire chi ha concluso accordi con l’Operazione Autolavaggio. Perché in realtà ogni volta che qualcuno fa un accordo di questo tipo che implica centinaia di milioni di dollari, cerca di costruire una macchina politica, sta creando un racket.

D’accordo, bene, prometto che lavoreremo a questi temi, e investigheremo questi…

Fammi solo finire, Glenn. Non voglio fermarmi in mezzo a un discorso…

Proceda.

La sola cosa che voglio realmente, l’unica cosa, è che il mio caso sia giudicato obiettivamente. Non voglio nient’altro. Voglio che i giudici a un certo si curino di avere prove concrete, o dalla parte dell’accusa o da quella della difesa. Sapevi che avevo 73 testimoni ma che Dallagnol non si è nemmeno presentato alle udienze? Ha fabbricato quell’ingannevole presentazione in PowerPoint e poi è scomparso. La sola persona con la quale parla è Miriam Leitao di Rede Globo, e di tanto in tanto concede un’intervista. Adesso sta probabilmente andando in giro a tenere conferenze per far soldi. Comunque non voglio che le sue convinzioni abbiano l’ultima parola. Voglio che l’ultima parola l’abbiano le prove. Se può dimostrare che io possiedo quello che lui dice che io possiedo, non dovrebbe costargli nulla. Nel frattempo io sono stato totalmente demoralizzato di fronte all’opinione pubblica.

Non saremo in grado di risolvere questo adesso. Lei ha mosso le sue accuse, ma è questione di prove…

Ascolta: quando il PT ha denunciato la fondazione che è stata creata con quei fondi, Dallagnol si è recato alla Caixa Economica [banca federale] per cercare di firmare un documento per prendersi la fondazione. Mettiamola così: io sono stato condannato senza alcuna fondazione, senza un dollaro dietro di me, senza fondi, e lui va in giro libero a cercare di impossessarsi di 2,5 miliardi di dollari. Lo abbiamo denunciato al Consiglio Nazionale della Giustizia. Ma chi giudicherà il caso? Il Consiglio che è costituito da, sai chi?, otto membri del Ministero Pubblico Federale. Dunque quale pensi sarà il risultato? Ci sono dei dubbi?

Durante le elezioni del 2018 abbiamo trascorso un anno a cercare di ottenere un’intervista con lei, come altri giornalisti, ma nessuno è stato autorizzato a intervistarla, anche se alcune delle persone più violente dietro le sbarre nel paese, tra cui Nem, il capo del traffico di droga a Rio de Janeiro, sono state intervistate in carcere. Ma adesso che le elezioni si sono concluse e Bolsonaro ha vinto, tutto a un tratto le corti stanno permettendo ad alcuni giornalisti, come Folha de Sao Paulo, El Pais, e Kennedy Alencar della BBC, di intervistarla. Come spiegherebbe questo?

Non ho dubbi, Glenn, che tutto ciò che è accaduto in rapporto con l’Operazione Autolavaggio sia stato per impedire a Lula di correre per la presidenza. Oggi sono certo di questo, allo stesso modo in cui sono certo che il Dipartimento della Giustizia statunitense sia dietro questo, e allo stesso modo in cui sono certo…

Ci sono prove di questo?

Scusa?

Ci sono evidenze? Ci sono prove?

Posso avere solo forti convinzioni, sai, riguardo a ogni cosa. Allo stesso modo in cui sono assolutamente certo che sono gli interessi alle risorse petrolifere dello strato pre-salino del Brasile che sono dietro ogni cosa che è accaduta a me e a Dilma. Cioè il colpo di stato contro Dilma, la mia incarcerazione, le accuse. Vedi, l’Operazione Autolavaggio avrebbe potuto avere un ruolo importante nel punire gli uomini d’affari – se sono colpevoli – e nel consentire alle aziende di continuare a creare posti di lavoro, a pagare salari. Avrebbero potuto impedire il fallimento di Petrobras, la sua vendita, la sua divisione come è avvenuto. Comunque sono molto felice che abbiano consentito questa intervista e sono grato a voi tutti per averla chiesta in tribunale. Avrebbe dovuto essermi consentito di essere intervistato prima delle elezioni.

Beh, abbiamo chiesto l’intervista molto tempo fa, prima delle elezioni.

Lo so. E sono grato che l’abbiate richiesta. Ma è stata negata. Prima il ministro della Corte Suprema [Ricardo] Lewandowski l’aveva concessa, ma poi è stato opposto il veto da [Dias] Toffoli, credo, da presidente della Corte Suprema. Sapevo che era un gioco quello che stavano giocando e il gioco era: impediamo a Lula di partecipare all’elezione. Perché? Perché l’incubo peggiore dell’élite brasiliana è che Lula torni alla presidenza. Ma perché, esattamente, se hanno fatto tanti soldi durante la mia presidenza?

Sì, e non è vero, per esempio, che i profitti delle banche sono saliti alle stelle durante la sua presidenza?

Non so se sono saliti alle stelle, ma sono aumentati considerevolmente.

Sì, vero?

Ma la verità è che i poveri sono saliti di un gradino lungo la scala economica. E quando le classi inferiori hanno cominciato ad andare all’università, a uscire a teatro, ad andare a mangiare al ristorante, a viaggiare di più in aereo, questo ha cominciato a infastidire parte dell’élite.

Ma anche le classi superiori hanno visto grandi miglioramenti durante la sua presidenza. Dunque perché questa classe superiore, che aveva tratto ricavato tanti profitti quando lei era presidente, avrebbe dovuto essere così contraria al suo ritorno in carica? 

E’ perché non è solo una questione economica; è un problema culturale. Si deve ricordare che è stato solo poco più di un secolo fa che la schiavitù è stata legalmente abolita e che continua nella mente di molti. E’ per questo che le maggiori vittime della violenza della polizia sono neri, è per questo che i neri guadagnano il 50 per cento in meno rispetto ai bianchi ed è per queste che le donne nere guadagnano meno delle bianche. E’ per questo che i neri hanno un livello medio inferiore di scolarizzazione rispetto ai bianchi. Perché? Perché la schiavitù è tuttora prevalente nel profondo della coscienza delle persone. E’ brutto dirlo, ma è vero. E questo non cambia dall’oggi al domani. Se pensiamo ai diritti civili negli Stati Uniti, le cose hanno cominciato a cambiare negli anni ’60, ma quanti hanno dovuto morire, tra cui Martin Luther King Jr., per garantire che i neri fossero trattati con dignità? Realmente, io penso che nel profondo non sia una questione economica. E’ un insieme di problemi culturali, politici e sociologici.

Bene, parliamo di alcuni temi culturali. Il suo governo è stato responsabile, ad esempio, dell’approvazione di modifiche alle leggi sulla droga nel 2006, che sono state un grande progresso nel differenziare tra consumatori e trafficanti. Ma in conseguenza di queste leggi il numero dei detenuti è aumentato, specificamente di neri e di donne. Guardando indietro come giudicherebbe le politiche del suo governo, considerato che hanno condotto all’aumento delle detenzioni durante la sua presidenza e anche in quella di Dilma?

Permettimi di dirti una cosa. Tra il 2003 e il 2014 abbiamo lanciato una serie di strategie e approvato quante più leggi possibile per migliorare il sistema del controllo in questo paese, per ridurre il tasso di corruzione, e per mettere più criminali dietro le sbarre. Se guardi a qualsiasi cosa stia funzionando bene al ministero della giustizia ti renderai conto che quei progressi sono stati posti in atto specificamente durante il governo del PT. Esattamente allora. Ora ascolta: non siamo riusciti a risolvere il problemi della sicurezza pubblica in Brasile, ma abbiamo creato i meccanismi, tra cui altri civili, perché la polizia agisca più professionalmente, e abbiamo equipaggiato la polizia federale, abbiamo creato la polizia nazionale, tutto con l’obiettivo di ottenere che le cose fossero fatte. E tutto questo sta andando in malora, adesso. Ricordo quando il ministro della giustizia, Tarso Genro, ha approvato il PRONASCI, il Programma Nazionale per la Sicurezza Pubblica, che era una grande iniziativa per ridurre il crimine e aiutare giovani adulti. Non esiste più. Penso che ciò che è realmente necessario sia una serie di politiche pubbliche per contribuire a risolvere la situazione complessiva. Quali sono due componenti estremamente importanti?

Innanzitutto prendi il PAC, il Programma di Accelerazione della Crescita. Hai citato Nem prima e ricordo che in una delle sue interviste a una rivista, penso fosse Istoé, ha detto che il presidente che ha tolto più criminali dalle strade è stato Lula, perché durante il PAC hanno perso il venti per cento dei loro scagnozzi che invece sono andati a lavorare in programmi PAC. In altre parole, se vuoi ridurre la violenza, non dovresti distribuire armi; dovresti distribuire istruzione, lavoro, salari, opportunità e speranza.

Ma questo ha realmente funzionato durante la sua presidenza? Perché per molti il problema era che la violenza e i reati erano aumentati durante il governo del PT. Questi problemi erano esattamente quelli che Bolsonaro ha sfruttato nella sua retorica. Non è vero che il problema del…

Non sono aumentati durante il governo del PT. Durante il governo del PT abbiamo attuato le più vaste politiche di mobilità sociali in cinquecento anni dei storia del Brasile.

Ma i crimini sono aumentati o diminuiti?

Sono diminuiti, decisamente. Sono diminuiti. E c’è qualcosa di cui si deve tener conto quando si discute di questo nel contesto del Brasile. Una cosa è fare sul serio e tener nota di ogni caso che si verifica, e un’altra cosa e far semplicemente apparire il tasso di criminalità inferiore nascondendo i reati. Quella che noi abbiamo enfatizzato è stata una maggiore trasparenza con l’obiettivo di evitare la stessa vecchia tendenza dei poveri come vittime. Quando puoi garantire che un giovane avrà un lavoro, sai, allora non dovrà rubare il cellulare o le scarpe da tennis di qualcuno. Non dovrà uccidere qualcuno per rubargli il giubbino. Non ci vuole un genio. Quando dai a un giovane l’opportunità di sognare, di sognare “posso avere un lavoro, possono andare a un istituto tecnico, posso andare all’università”, allora quel giovane coglierà e si terrà strette quelle opportunità.

Capisco cosa intende.

Che genere di sogni hanno oggi?

Vorrei passare a discutere della situazione politica qui in Brasile e della sua relazione con la politica internazionale, perché il mondo intero è interessato a capire il Brasile dopo la presa del potere da parte di Bolsonaro. Nel 2015 negli Stati Uniti era impensabile che Trump vincesse le elezioni, e nessuno credeva che sarebbe accaduto, ma ora egli è presidente. La stessa cosa nel Regno Unito con la Brexit. La stessa cosa in Europa con i partiti nazionalisti e di estrema destra. Un anno fa in Brasile nessuno credeva che Bolsonaro sarebbe stato eletto. Era impensabile, ma ha vinto. Ora, io so che lei ritiene che la vittoria di Bolsonaro sia stata dovuta a cause e fattori unici del Brasile, come l’attacco dei media al PT, ma adesso possiamo considerare la vittoria di Bolsonaro come parte di un disegno globale più vasto nel mondo democratico di partiti di estrema destra che rovesciano partiti di centrosinistra?

Beh, come parte del processo democratico nel mondo intero, svolte e alternanze al potere sono uno schema normale. Questo vale negli Stati Uniti, vale in Germania e vale in Brasile. In un’elezione vince la destra, nella successiva vince la sinistra e nella successiva…

Ma la destra sta guadagnando terreno in molti paesi.

Ora, guarda: abbiamo avuto un periodo molto straordinario in America Latina. Il periodo con la maggiore crescita, la maggiore distribuzione di ricchezza e la maggiore inclusione sociale in America Latina è stato tra il 2000 e il 2014 con le elezioni di [Cristina] Kirchner, [Ricardo] Lagos, Lula, Evo Morales, [Hugo] Chavez, Rafael Correa… è stata un’età d’oro per l’America Latina. Ora siamo in una fase di estrema destra che sta fallendo in modi assurdi. Macri è un disastro per l’Argentina e doveva essere la risposta. C’è questo libro…

Perché sta succedendo questo?

Beh, c’è questo libro dello scrittore mozambichese Mia Couto, con la frase seguente: “In tempi di terrore scegliamo mostri per proteggerci”. Ora, quando si crea odio in seno a una società, quando si crea un sentimento antipolitico, quando si toglie ogni genere di speranza nelle persone o nelle istituzioni esistenti, allora, beh, va bene tutto. So che gli statunitensi pensavano che Trump non avesse alcuna possibilità. Dunque perché ha finito per vincere le elezioni? Non è stato con l’aiuto di Putin, come dicono tutti. E’ stato a causa delle menzogne delle notizie false, proprio come qui in Brasile.

E’ stato quello il solo motivo?

Non è il solo motivo; è stato a causa della disoccupazione, a causa della disperazione e a causa di questo discorso di ridimensionare il governo, che è sempre un interesse nell’aria. Sai cosa intendo? Quando Reagan e la Thatcher hanno creato la cosiddetta globalizzazione, la moda negli anni ’80 era dire che essere moderni era essere globalizzati e aprire l’economia al mondo intero e lasciare che il capitale si muovesse liberamente, anche se le persone non potevano muoversi liberamente. Ora che la globalizzazione ha causato problemi ai paesi sviluppati, soprattutto agli Stati Uniti, Trump ha trovato un ritornello facile: “Gli Stati Uniti sono per gli statunitensi, e i posti di lavoro sono per gli statunitensi”.

Beh, non è molto noto che molti che avevano votato per Obama nel 2008 e nel 2012 poi sono passati a votare per Trump nel 2016. In Brasile è successa la stessa cosa. Molti che avevano votato per lei e per Dilma sono passati a votare per Bolsonaro. Come lo spiega?

Glenn, fammi condividere qualcosa con te: conosco Hillary Clinton piuttosto bene. Sarebbe stato molto facile trovare qualcuno più popolare di lei. Lei non è una personalità attraente. La vittoria di Trump è stata dovuta al fatto che lui ha avuto il genere giusto di discorso per i colletti blu bianchi, sai, dell’industria dell’automobile, che erano disoccupati. Ha promosso l’ovvio: più posti di lavoro per gli statunitensi. Ha promesso di combattere i cinesi per creare più posti di lavoro e questo gli ha fatto vincere le elezioni. Ora è assolutamente possibile che molti che avevano votato per Obama abbiano votato per Trump, proprio come molti che avevano votato per Lula hanno votato per Bolsonaro, specialmente dato che Lula non stava correndo per la carica. Se Obama fosse stato candidato non so se Trump avrebbe vinto. Concretamente, non so se, anche nonostante lo straordinario risultato di [Fernando] Haddad… se io fossi stato candidato la gente avrebbe votato… gli elettori del PT avrebbero eletto Bolsonaro? Concretamente…

Conosco persone che avevano votato per lei, poi per Dilma e poi per Bolsonaro.  

Beh, forse se  fossi stato candidato queste persone non avrebbero votato per Bolsonaro. Glenn, siccome sei un giornalista, sai che cosa è successo in Brasile. Innanzitutto il Brasile ha sempre avuto una politica basata sua un monolitico “senso comune”. Fernando Henrique Cardoso ha avuto otto anni di senso comune favorevole a lui; io ho avuto otto anni di senso comune contro di me e Dilma ha avuto un senso comune favorevole quando la stampa ha cercato di creare una spaccatura tra Dilma e Lula, ma poi ciò non ha funzionato, così è stata contro di lei. E non appena è uscita l’idea di un’incriminazione, è stata al cento per cento contro di lei.

C’era questo clima di odio che attraversava l’intera società, cercando di incolpare il PT di tutte le disgrazie del Brasile, ma quando le elezioni sono state all’orizzonte non c’era un singolo candidato di destra sostenibile. (intendo della destra normale, perché quanto a Bolsonaro è paragonabile a Nerone che stava a guardare mentre Roma era rasa al suolo dall’incendio). E in realtà Bolsonaro è in carica da cinque mesi e non abbiamo mai sentito le parole “crescita”, “sviluppo”, “investimenti”, “creazione di posti di lavoro”, “distribuzione della ricchezza”… queste parole sono semplicemente scomparse dal dizionario. La sola cosa che si vede è che tutti fanno il gesto della pistola con le dita tutto il tempo e questa è in realtà la stessa forma che usavano prima per fare una “L” per Lula. Immagino che Bolsonaro abbia mutuato questo gesto da quando era usato nella mia campagna presidenziale. Il punto è che il nostro paese è abbandonato, tutti parlano solo di tagli di bilancio e di riforma del welfare e promettono che la società…

Abbandonato da chi? Voglio dire: durante la sua intervista a El Pais lei ha attribuito l’ascesa della destra globale ai fallimenti del neoliberismo. Vorrei saperne di più su questo tema del fallimento del neoliberismo qui in Brasile e anche internazionalmente. Qual è la relazione tra la sofferenza della popolazione e il suo improvviso abbraccio di leader di estrema destra come Bolsonaro e altri in tutto il mondo democratico?

Il neoliberismo, così come è asceso durante l’era della globalizzazione, sta perdendo terreno dovunque. Non sta perdendo terreno solo nei confronti della sinistra, ma anche della destra, e ha perso nei confronti di Hitler e Mussolini. Al tempo stesso abbiamo avuto due esempi recenti, in Spagna e in Portogallo, del ritorno della sinistra nel corso delle elezioni. E persino in Germania, dove Angela Merkel è un politico molto forte, se non avesse formato una coalizione con i Socialdemocratici non sarebbe al potere.

Ma persino là l’estrema destra sta crescendo.

Lo so, sta crescendo in tutto il mondo, e penso sia un campanello d’allarme per la sinistra, sì. Ma la destra non… si può star sicuri che dopo Bolsonaro e Macri, Cristina [Fernandez de Kirchner] vincerà le prossime elezioni. Si può essere certi che se Evo Morales si candiderà a presidente vincerà in Bolivia e che lo stesso accadrà in molti paesi.

Spero che gli statunitensi avranno il buon senso di impedire un altro mandato da presidente a Trump, perché lui non è solo un problema per gli Stati Uniti; è un problema per il mondo intero. Deve imparare che, considerata l’importanza degli Stati Uniti nello scenario internazionale, non può prendere decisioni impulsive senza riflettere sulle loro conseguenze globali. Non può minacciare di condurre una guerra contro tutti, minacciando attacchi tutto il tempo. Quando è troppo, è troppo! Abbiamo avuto abbastanza menzogne, come in Vietnam, come le menzogne sull’Iraq, come le menzogne sulla Libia.

E’ ora di finirla, sai; il mondo ha bisogno di pace, il mondo ha bisogno di scuole, il mondo ha bisogno di più libri e non di più armi, il mondo ha bisogno di posti di lavoro. A volte sono realmente sconvolto nel pensare all’incontro del G20 che abbiamo avuto a Londra, il primo cui ha presenziato Obama, in cui abbiamo raggiunto decisioni importanti per far fronte alla crisi finanziaria del 2008 e uno dei suggerimenti era che le nazioni ricche, in accordo con la riduzione dei loro consumi interni, potessero mettere a disposizione mezzi finanziari perché le nazioni povere si sviluppassero e modernizzassero, acquistassero macchinari più nuovi, avessero maggiore accesso alla tecnologia e alla scienza. Ma questo non è successo ed è tornato il protezionismo.

Ma, signor presidente, è una critica comune, anche del PT, che mentre lei e Dilma avete una reputazione e un passato politico di sinistra, la vostra forma di governo era neoliberista e ci sono numerosi esempi che abbiamo già discusso, come l’aumento dei profitti bancari, durante la sua presidenza. Allo stesso modo in cui il Partito Democratico negli Stati Uniti è finanziato da Wall Street e dalla Silicon Valley, il PT è stato finanziato dalle imprese più ricche del Brasile, come Odebrecht, OSA, JBS e molte banche. Lei ha attuato una riforma del welfare nel 2004 e Dilma ha attuato misure d’austerità nel 2014 ed è andata avanti con la diga idroelettrica di Belo Monte contro cui erano attivisti ambientalisti e indigeni e lei ha attuato tagli fiscali ai ricchi. Se lei ritiene che la vittoria di Bolsonaro sia stata dovuto ai fallimenti causati dal neoliberismo, non pensa che il PT li abbia sviluppati?

Oh no, no. No, Glenn non risponderà alla tua domanda prima di aver risposto a tutte queste cose che hai appena detto riguardo al PT e al mio governo.

Non ho bisogno che lei risponda a quelle…

E’ importante tener presente che…

E’ una critica comune, è per questo che chiedo.

Durante la mia presidenza non ho mai detto che il mio governo era socialista. Innanzitutto, quando si vince un’elezione si devono comprendere le relazioni tra le forze che si avranno al proprio fianco per attuare decisioni politiche. E’ importante ricordare, Glenn, che quando sono stato eletto presidente della repubblica con un parlamento di 513 rappresentanti, avevo 91 rappresentanti del mio partito. Collor e Bolsonaro ne hanno avuti cinquanta. Lui dovrà, molto più di me, costruire alleanze con forze che saranno disponibili ad approvare ciò che lui vuole. Non ha senso parlare di “vecchia politica” quando lui stesso è un politico vecchio! E’ stato in carica per 28 anni. E’ il politico vecchio e io sono quello nuovo. Io sono stato rappresentante solo per quattro anni e non ho voluto essere più un rappresentante, e lui lo è stato per 28 anni. Dunque basta con questa stupidaggine della “vecchia politica”. E se si vuole governare un paese si deve lavorare con quello che si ha!

Io ho governato il paese nel quale mi è capitato di trovarmi. Non stavo governando la Francia, o la Germania o gli Stati Uniti, stavo governando il Brasile. E quando sono arrivato alla carica c’erano 54 milioni di persone che morivano di fame, che non potevano permettersi la colazione, e ho promesso che entro la fine del mio mandato ogni persona in Brasile avrebbe avuto la sua colazione, il suo pranzo, la sua cena. Non ho avuto la possibilità di andare all’università, ma ho reso mio dovere assicurare che, poiché io non avevo avuto la possibilità di andare all’università, i lavoratori l’avrebbero avuta. Per tutti questi motivi, anche se io sono il solo presidente senza una laurea, non cambierei di posto con molti che ne hanno una, sai? Io sono il presidente che ha mandato all’università il maggior numero di studenti, che ha aperto la maggior parte delle università pubbliche, che ha avviato il maggior numero di istituti tecnici nella storia della paese, che ha avuto le più vaste politiche di distribuzione della ricchezza, che ha aumentato di più il salario minimo, e che ha contribuito di più a sistemare i senza terra.

Dunque come spiega la sofferenza avvertita dalla popolazione che ha portato al potere Bolsonaro, dopo 14 anni di PT al potere? 

Perché ho fatto tutte le cose che ho appena citato? Perché capisco che se si vuole risolvere i problemi del Brasile dobbiamo usare il termine “popolo”. Dobbiamo guardare al popolo e vedere essere umani invece di vedere solo numeri o cifre del debito. Vuoi ridurre il debito governativo in Brasile? Fai crescere l’economia. Vuoi ridurre il debito per il welfare? Crea occupazione. Perché il welfare aveva un avanzo nel 2014? Perché avevamo creato 20 milioni di posti di lavoro con contratti di lavoro regolarizzati e perché avevamo approvato legalmente sei milioni di microimprese individuali. Abbiamo fatto funzionare l’economia. Parlare solo di tagli, tagli, tagli non sistemerà le cose; si deve parlare di crescita, sviluppo, e guardare al popolo, non alle banche. Dài!, che genere di crescita può aspettarsi il nostro paese con un presidente che va in giro a salutare la bandiera statunitense?

No, quello che sto cercando di chiedere è perché lei incolpa le ideologie neoliberiste dell’ascesa di Bolsonaro e di altri estremisti. Sto cercando di capire la differenza tra come lei ha governato il paese, come Dilma ha governato il paese e quelle ideologie. Quali differenze vede?

Glenn, quando abbiamo cominciato questa intervista ho detto chiaramente che il maggior problema del PT deriva non dai suoi errori, ma dai suoi successi. Ogni volta che un presidente cerca di attuare politiche sociali in America Latina, alla fine è cacciato. L’élite in Brasile e in altri paesi non accetta politiche di sviluppo economico che contengano inclusione sociale. Il PT è riuscito ad attuare – e questo secondo l’ONU, non secondo me – i maggiori cambiamenti di inclusione sociale della storia di questo paese. E’ importante ricordare che durante il nostro mandato è stato l’unico momento nella storia in cui i poveri hanno avuto un tasso di miglioramento economico più elevato dei ricchi. Anche i ricchi hanno avuto guadagni, ma  i poveri con una percentuale maggiore. E’ stato il solo momento nella storia, e questo ha infastidito. Dovresti averlo sentito all’aeroporto di Rio de Janeiro, all’aeroporto di Sao Paulo, quando la gente diceva: “Questo aeroporto comincia a sembrare una stazione di autobus, con questi poveri dappertutto, persone che non hanno mai preso un aereo in vita loro”.

Sì, dunque perché c’è tanta raggia in questo paese, che ha condotto all’elezione di Bolsonaro?

Bene, ora mi stai dando l’occasione di spiegare al popolo brasiliano quello che è successo. Prendiamo il caso di Bolsonaro. Ha avuto il 39 per cento dei voti totali, non di quelli che si sono recati alle urne, ma il 39 per cento del totale.

Al primo turno?

No, al ballottaggio. Se fai i conti, ha avuto il 57 per cento dei voti di quelli che hanno scelto un candidato, ma solo il 39 per cento del totale dei voti.

Ma ha vinto con un largo margine.

E’ stato un terzo ma, sì, ha vinto. Ha vinto le elezioni, ma la maggioranza del popolo non ha votato per lui. Perché hanno votato per lui? Hanno votato per lui a causa di quella frase che ho citato prima: “In tempi di terrori, molti scelgono un mostro per proteggerli”. Così ci sono state persone che hanno preferito credere a una bugia chiamata Bolsonaro, in un uomo che ha predicato odio, che ha predicato violenza, in un uomo che odia i neri, che odia gli omosessuali, che odia i poveri, in un uomo che ha detto che uccidere era la risposta, sì, hanno votato per lui. Perché? Perché l’opposizione era il PT e il PT era stato demonizzato.

Chissà, Glenn… sai che quando mi chiedono io dico che forse Dio non ha voluto che vincessi alle elezioni del 1989. Perché? Ho perso nel 1989, ho perso nel 1994, ho perso nel 1998 e non mi sono mai arrabbiato, nessuno mi ha mai visto infuriato per la sconfitta. Sono tornato a casa e mi sono preparato alle elezioni successive. L’odio è cominciato tutto con la vittoria di Dilma nel 2014… no, in realtà con le dimostrazioni del 2013 ed è esploso quando Aécio ha perso poi sono cominciate le invettive contro Dilma, e l’odio, l’odio…

Non potevano accettare quella sconfitta. Ma voglio chiederle qualcosa di importante, perché lei ha appena detto che il PT era stato demonizzato e ha parlato dell’odio contro il PT. E c’è una critica comune che io sento spesso riguardo alla sua strategia nel 2018, che è che lei ha fatto tutto il possibile per indebolire la candidatura di Ciro Gomes del centrosinistra, che molti pensano avesse una possibilità di battere Bolsonaro migliore del candidato da lei scelto dal suo partito, Fernando Haddad. 

A causa dell’odio e della denigrazione del PT in Brasile, poiché Haddad era sconosciuto fuori da Sao Paulo. E ora questo è per il pubblico internazionale: nel primo turno Haddad è finito secondo, mentre nel secondo Bolsonaro ha sconfitto il suo candidato del PT con un ampio margine. I critici dicono che lei ha preferito perdere nei confronti di Bolsonaro e mantenere il controllo sulla sinistra con il PT, piuttosto che avere una possibilità di battere Bolsonaro se ciò significava lasciare che un altro partito, cioè quello di Ciro, rappresentasse la sinistra. E’ una critica valida?

Tu ci credi?

Beh, sto chiedendo che cosa pensa lei.

Chiedo se tu ci credi, sai perché?

Le dirò quello che so. So che il candidato che lei ha appoggiato in modo che potesse arrivare al secondo turno ha finito col perdere con un ampio margine rispetto a Bolsonaro e sto chiedendo se questa è stata la strategia giusta. 

Cercherò di spiegare. La mia strategia principale, la mia strategia più fondamentale, risale al 1989. Nel 1989 [Leonel] Brizola, che ricordo con affetto, pensava di poter vincere le elezioni. Brizola era tornato dall’esilio pronto per diventare presidente, ma io fui quello che arrivò al secondo turno. Sapevi che Brizola mi chiese di rinunciare in modo che lui e io potessimo invece appoggiare Mario Covas? Così io dissi: “Brizola, se il popolo avesse voluto eleggere Mario Covas, allora avrebbe votato per lui, dunque perché non l’ha fatto? Come apparirei agli elettori che mi hanno voluto in carica? Dovrei rinunciare per appoggiare Mario Covas che è molto indietro?” Realmente, se il popolo voleva che Ciro vincesse il secondo turno, perché non aveva votato per lui al primo turno?

Perché lei ha appoggiato Haddad e non Ciro e perché il suo partito ha anche bloccato la sua alleanza con il PSB [partito socialista brasiliano] e ha rinunciato a una possibile candidatura al governatorato di Pernambuco, tutto per aiutare il candidato del PT. Lei ha sentito tutte queste critiche.

Suvvia! Ciro davvero lamenta che il PT avesse i mezzi politici per far entrare il PCdoB [partito comunista del Brasile] e il PSB [partito socialista brasiliano]? Che cosa voleva che facesse il PT? Nulla? Voleva che il PT parlasse al PSB perché…

E’ stato lei a dire che il PT era demonizzato, era sempre sotto attacco…

Ascolta, lascia che ti dica una cosa. Ciro deve imparare qualcosa, questo è importante in politica e se mai vorrai entrare in politica, allora impara questo: se vuoi piacere a qualcuno allora devi imparare a fartelo piacere. Se vuoi che qualcuno ti rispetti, allora devi rispettarlo. Così se Ciro avesse davvero voluto il sostegno del PT avrebbe potuto venire a discutere le cose con il PT. Ti racconterò una storia che potresti non conoscere, che nessuno ha mai raccontato, e che Ciro non ha mai raccontato a nessuno. C’è stato un momento in cui Mangabeira Unger è venuto nel mio ufficio e ha detto: “Io, Haddad e Ciro ci siamo incontrati e abbiamo concordato che Haddad sarà il vicepresidente di Ciro”. E io ho detto: “Mangabeira, non pensi che avreste dovuto discuterne prima con il PT?” Che cosa pensi? Mangabeira, e questo risale al 1994… ero a cena a casa sua a Boston con lui, con l’amato Marco Aurelio Garcia, con la sua amata moglie, e lui mi dice: “Brizola vincerà l’elezione”. Io avevo più del 20 per cento dei voti e Brizola non ne aveva nessuno e lui dice: “Brizola vincerà”. Così io dico: “Perché lo pensi, Mangabeira?” E lui dice: “Perché appena Leonel Brizola si presenta davanti alle telecamere i lavoratori voteranno per lui!” E io ho detto: “Mangabeira, devi dare i numeri; non succederà”. Beh, arrivarono le elezioni e non so se ricordi che cosa successe quell’anno. Avevano vietato l’uso di immagini esterne e consentito ai candidati soltanto di parlare direttamente davanti alla telecamera. Così quanti voti ottenne Brizola? Perse rispetto a Enéas Carneiro. Io corsi di nuovo nel 1994 e ottenni il 27 per cento dei voti, ma non ci fu nessun secondo turno. Ciro andò a elezioni e non corse… no, lo fece, e ottenne l’11 per cento dei voti. Poi si presentò di nuovo nel 2002 e ottenne l’11 o il 12 per cento e l’anno scorso si è presentato di nuovo. Così io ho perso quattro volte prima di vincere e Ciro ha già perso tre volte, forse dovrà perdere un’altra volta. Se Ciro vuole fare alleanze deve imparare a dialogare, deve imparare come convincere le persone, e deve assumere determinati impegni programmatici.

Beh, Ciro conoscerà decisamente questa intervista.

Io penso che Ciro sappia quale genere di relazione io abbia con lui. Ho sempre avuto molto rispetto per lui e ringrazio Ciro per aver lavorato con me nel mio governo e ti dirò qualcos’altro: pensavo che Ciro non avrebbe neppure dovuto candidarsi alla Camera dei deputati, perché lo avevo invitato invece a essere presidente del BNDES [la Banca Brasiliana di Sviluppo].

Beh, questo è esattamente il motivo per cui ha pensato di avere una possibilità migliore del candidato che lei ha appoggiato nel secondo turno. Ma, comunque, io voglio cogliere questa occasione per parlare un po’ delle sfide che la sinistra ha di fronte internazionalmente, perché è davvero importante, e lei è uno dei pochi grandi leader della sinistra negli ultimi vent’anni che è riuscito a vincere elezioni nazionali in una grande nazione e di rivolgersi ai più indigenti ed emarginati.

Penso sia davvero importante sentire che cosa lei pensa dei problemi che la sinistra affronta in tutto il mondo, perché nella maggior parte dei paesi del mondo democratico, compreso il Brasile, la sinistra sta incontrando grandi difficoltà nell’attrarre sostegno dalle classi socioeconomiche inferiori, ma al tempo stesso sta assistendo a un accresciuto sostegno dalle classi più elevate, persone con un’istruzione superiore e lauree universitarie. Così voglio chiedere: che cosa è necessario perché la sinistra brasiliana e la sinistra mondiale siano in grado di ricollegarsi con il popolo, come è stato capace di fare lei?

Ascolta, durante la crisi economica del 2008 ho scoperto che il mondo mancava di dirigenza. Mi sono recato a incontri con i venti principali leader del mondo e mi sono reso conto che nessuno sapeva che cosa fare. Ero preoccupato, ad esempio, riguardo alla UE, perché la UE era diventata molto burocratica, e non erano più i politici a parlare, erano i burocrati, era questo comitato e quella commissione, e tutto era un comitato o commissione senza che i politici decidessero nulla. Pensavo che questo fosse molto brutto, sai.

E negli Stati Uniti anche Obama non aveva una via d’uscita. Ricordo di aver telefonato a Obama durante la crisi dell’industria automobilistica e di avergli raccontato i miei piani con la BNDES, con la Banca del Brasile, con la Caixa Economica… con tre banche pubbliche che ci consentivano di avviare la crescita economica in Brasile e impedire che la crisi ci strangolasse. Obama era rammaricato che negli USA non ci fosse modo di avere tale coinvolgimento delle banche, ma c’erano modi per creare banche di sviluppo. Comunque ecco che cosa penso che la sinistra debba fare: innanzitutto la sinistra deve, sai… ci sono partiti di sinistra con cento anni di esperienza, con centocinquanta anni di esperienza, con ottant’anni e il PT ha quarant’anni di esperienza e io penso che il PT abbia avuto un’esperienza molto vincente.

Ora, alcuni hanno detto che il PT è finito troppo lontano dal popolo. Ascolta, io direi che il PT deve fare un passo indietro, ma non alle sue origini… perché non si governa nell’interesse di un partito, si governa nell’interesse dell’intera società. Quando vince un’elezione devi governare nell’interesse di tutti, e naturalmente puoi scegliere su chi concentrare più o meno il tuo servizio, ma devi governare nell’interesse di tutti, devi rispettare tutti, devono piacerti tutti, devi servire tutti, ed è così che io ho fatto le cose. Dubito, Glenn, che troverai un altro paese, durante la mia presidenza, dubito che troverai un sindaco, un governatore o un deputato di un partito di opposizione che avesse qualcosa di negativo da dire sul mio governo, perché trattavamo tutti onestamente.

Sono d’accordo, e lei ha lasciato la carica con una percentuale di approvazione dell’86 per cento e uno degli aspetti più importanti, secondo me, della sua attrattiva politica era la sua infanzia e la sua storia: che lei veniva dalla povertà, che aveva imparato a leggere a dieci anni e che era un lavoratore all’età di sedici anni, come milioni di altri brasiliani. Voglio sapere se lei ritiene sia importante per i partiti di sinistra essere rappresentati da persone che hanno imparato circa la povertà non solo in teoria, al college, ma che sono cresciuti loro stessi in povertà e perciò hanno quell’esperienza nelle ossa e possono parlare con credibilità alla gente della povertà e della loro esperienza. Pensa che la sinistra brasiliana, o la sinistra internazionalmente, possa riuscire a far questo al modo in cui l’ha fatto lei?

Beh, penso che la sinistra abbia molte persone che hanno studiato molto duro e che sono intellettuali seri che possono realizzare questo. Ciò di cui abbiamo bisogno è…

Ma è la stessa cosa che avere l’esperienza?

Quelli che è realmente necessario è essere dedicati a queste cause. Non c’è modo di governare un paese se… Ricordi il mio atteggiamento quando ho vinto le elezioni? Ricordi che ho messo su un aereo ogni ministro e li ho portati tutti nei quattro luoghi più indigenti del Brasile? Perché l’ho fatto, comunque? Volevo che [Henrique] Meirelles, un banchiere, e [Antonio] Palocci, un dottore e [Luiz] Furlan, un uomo d’affari… volevo che vedessero una casa su palafitte appena sopra una palude, volevo che vedessero un uomo e una donna che doveva defecare nella stessa stanza in cui mangiavano, volevo che vedessero il gran numero di giovani ragazze con due o tre figli e nessun padre in giro, volevo che vedessero la povertà della Jequitinhonha Valley, volevo che vedessero il mondo reale così com’è, non solo il mondo come è a Brasilia. Quello di cui la sinistra ha bisogno è questo impegno.

Non riuscirai a governare se non sai definire quale parte della popolazione è tua priorità servire. Così potrebbero piacermi tutti, potrebbe piacermi Glenn, potrebbe piacermi Lula, potrebbe piacermi chiunque, ma devo scegliere. Glenn riesce a consumare tre pasti al giorno? Glenn ha accesso all’istruzione? Glenn possiede un’auto? Beh, allora Glenn non è la mia priorità. La priorità sono i calpestati, che non hanno quello che ha Glenn ma ne hanno bisogno.

Per far sì che questo accada, pensa sia importante avere candidati provenienti da questi quartieri che hanno una reale povertà e che non sembrano eccessivamente accademici?

No, quello che dobbiamo fare è prepararci. Preferisco trovare candidati che provengono da un passato di lotte popolari nel sangue, nelle vene, ma ovviamente ci sono molte brave persone là fuori, non necessariamente da passati di povertà, che sono dedite alla causa dei poveri.

Ma la cosa importante è avere i candidati. Pensa che sia questo che manca in Brasile?

Decisamente. E’ per questo che il partito… penso che quelle che mancano siano più persone coinvolte, più donne, più neri, più indigeni.

Mi rimangono solo cinque minuti e devo chiederle…

Vorrei sapere se mi chiederai del Venezuela.

Certo, ma devo chiede anche qualcos’altro, o tutti mi ammazzeranno, perché è una delle maggiori preoccupazioni internazionalmente riguardo alla situazione in Brasile: l’Amazzonia… considerata la sua importanza e ciò che rappresenta in termini di capacità degli esseri umani di proteggere il pianeta contro un disastro climatico catastrofico. Pensa che l’Amazzonia sia sotto minaccia a causa del governo Bolsonaro?

Le penso davvero, perché loro non hanno limiti. La sola cosa che sanno fare è distruggere, e a loro non importa un fico della biodiversità e degli ecosistemi in Brasile. Vogliono solo distruggerlo e io sono preoccupato per questo, perché la sostenibilità e la difesa dell’Amazzonia fanno parte della politica della sovranità nazionale. Il Brasile ha quasi 16.000 chilometri di confini con dieci paesi e quasi 8.000 chilometri di confini oceanici. Lo strato pre-salino è a 200 miglia dalla nostra costa e dunque giusto ai limiti delle nostra acque territoriali e va protetto, e il Brasile ha il 12 per cento dell’acqua dolce del pianeta. Il Brasile deve trattare i nostri confini, il nostro popolo, la nostra flora e fauna, e la nostra biodiversità come parte dell’eredità di tutta l’umanità, ma amministrata dal Brasile secondo i nostri interessi. Dobbiamo mettere al primo posto la scienza e la tecnologia, assieme a progressi farmaceutici che l’Amazzonia può contenere, come fonte di soluzioni a dozzine di malattie in tutto il mondo. Realmente, il Brasile deve davvero prendersi cura di tutto questo. Sono orgoglioso del fatto di aver partecipato al COP 15 [La conferenza dell’ONU sul clima del 2009] a Copenhagen, quando abbiamo preso un impegno, e dell’impegno di Dilma all’accordo di Parigi. In altri termini…

Ma lei è stato criticato anche da Marina Silva, che si è battuta per cause ambientali, e oggi siamo tutti più consapevoli dei pericoli che il nostro pianeta affronta. Dunque, tenendo presente questo, ci sono cose che lei vorrebbe aver fatto diversamente? 

Ascolta Glenn, sai che cosa ho capito? Sono arrivato ad apprezzare alcuni dei principi di mia madre solo dopo che lei è morta. Non mi rendevo conto di quanto l’apprezzassi. Ora, quanto alle critiche di Marina, beh, Marina è stata ministro dell’ambiente. E’ stata ministro per cinque anni. Non ha diritto di lamentarsi; era il ministro! Non le ho detto che cosa fare; mi diceva lei quali politiche ambientali attuare. In altri termini noi ovviamente non potevamo fare tutto, ma dubito che qualcun altro abbia realizzato tanto quanto noi.

Beh, in base al mio permesso di intervistarla, mi rimane poco più di un minuto, dunque ho un’unica domanda.

Hai intenzione di essere tollerante e chiedermi del Venezuela? Avanti!

No, immagino di no, perché lei ne ha già discusso con Kennedy [Alencar e la BBC], dunque oggi voglio davvero chiederle di Moro, perché è il giudice che l’ha condannato e l’ha messo in questo carcere, e quello che le ha negato il diritto di candidarsi alla presidenza. E dopo tutto questo è stato nominato ministro della giustizia da Bolsonaro, una scelta che molti considerano del tutto sospetta, se non corrotta, anche se la condanna da parte di Moro è stata confermata dalla Corte Suprema. E questa settimana è stato rivelato che a Bolsonaro ha apparentemente promesso a Moro il prossimo seggio presso la Corte Suprema. Come considera questo nuovo sviluppo in rapporto con il ruolo che Moro ha avuto nella sua causa penale e con il fatto che lei è qui in carcere?

C’è stata un’altra rivelazione ieri, che potresti non conoscere: il ministro che mi ha condannato durante il secondo processo ha rivelato ieri sera in un dibattito a Curitiba di aver semplicemente fatto un copia e incolla della stessa sentenza del primo processo con Moro. Fondamentalmente ora, lascia che ti guardi negli occhi con la massima serietà e responsabilità per dirti una cosa: Moro è un bugiardo. Moro è un sottoprodotto della televisione Rede Globo e dei media. Peggio di tutti, ha pianificato le cose con il giornale Estado de Sao Paulo, ha visitato tutti i canali di comunicazione mediatici prima di avviare l’Operazione Autolavaggio e ha scritto un articolo ammettendo che il successo di qualsiasi loro operazione dipendeva dalla stampa.

Un giudice che dipende dai media per pronunciare condanne non è un vero giudice. Un giudice che pronuncia una condanna deve esaminare attentamente i documenti della procedura, devo controllare tutte le prove, sia a favore sia contro. Dunque ti dirò chiaro e forte: è un bugiardo, il commissario che ha condotto l’indagine sul mio appartamento è un bugiardo e anche il TRF4 ha mentito su di me. Non fraintendermi; non mi piace dire nulla di tutto questo e so quali sono le conseguenze. Quello che realmente voglio è che Moro debba tenere discorsi ogni giorno, perché quanto più parla, tanto più rivela chi veramente è. Non è nato per altro che per leggere il codice penale. Quanto a me ho l’impegno di una vita intera per dimostrare che queste persone stanno mentendo su di me.

Sono rinchiuso qui da un anno e due mesi. Sono realmente, sai… ogni giorno mi esercito per mantenermi sotto controllo, per evitare di fremere di rabbia osservando il Brasile che viene distrutto, osservando la nostra sovranità nazionali e i nostri ufficiali militari svendersi, osservando questi attacchi insensati… Questo è interamente uno stato di cose cui non riesco a immaginare come siamo arrivati. Il Brasile nel 2008 era pronto a diventare la quinta maggiore economia del mondo. Ora ci siamo trasformati nei dannati della terra. Il Brasile era un paese che aveva contribuito a rafforzare Mercosul, che aveva contribuito a creare UNASUL, contribuito a creare CELAC, contribuito a creare BRICS, contribuito a creare IBAS, organizzato incontri tra l’America del Sud e il mondo arabo, creato incontri tra paesi africani e l’America Latina…

Il nostro tempo è quasi terminato…

Lascia che ti dica una cosa: questo paese sta gettando via tutto quello che è stato costruito e oggi sta gettando un sogno con questi tagli di bilancio alle università. E’ da non credere che possano essere così ignoranti. Alcuni di loro hanno anche lauree universitarie, dunque non sanno che non c’è modo migliore di investire nel futuro che l’istruzione? Questo è esattamente quello che noi avevamo creato, e questo è ciò che loro stanno distruggendo. C’è una sola cosa che il popolo può fare, ed è reagire. Lui non è stato eletto per distruggere il Brasile. Non è stato eletto per questo. Non ha nemmeno partecipato a dibattiti, non ha nessun piano, non ha nulla.

Dobbiamo concludere. Voglio ringraziarla…

[Mentre l’agente di polizia si avvicina a Lula]. Voglio che tu sappia quanto segue. Voglio finire con una domanda che non hai posto e cui risponderò. Penso non sia giusto, semplicemente non sia giusto, il modo in cui il Venezuela è trattato. Il Venezuela merita la propria sovranità, ha diritto all’autodeterminazione e i problemi del Venezuela sono problemi dei venezuelani, non sono problemi degli Stati Uniti. Trump dovrebbe occuparsi degli Stati Uniti e smetterla di ficcare il naso dove non è desiderato.

Signor presidente, mille grazie per questa intervista.

Grazie a te.


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/1020314/

 

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